TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2023-02-24, n. 202301192

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2023-02-24, n. 202301192
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202301192
Data del deposito : 24 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/02/2023

N. 01192/2023 REG.PROV.COLL.

N. 03139/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3139 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato A P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in S.Maria Capua Vetere, via Gramsci 36;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Armando Diaz, 11;

per l'annullamento:

A) dei decreti nn. 7 del 21.06.18 e notificato il 03.07.18;
n. 41 del 21.06.18 e notificato il 02.07.18 e dei nn. 12- 17- 21- 22- 26- 27- 29- 30- 31- 33- 47- 51 del 21.06.18 e notificati in data 22.06.18 dal Ministero della Giustizia – Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria – Casa Circondariale di-OMISSIS-, con i quali veniva disposto, per ogni ricorrente, la decurtazione dell'indennità di amministrazione, per i periodi di assenza di malattia a partire dall'anno 2008 e fino all'anno 2015;

B) unitamente a tutti gli atti presupposti connessi e consequenziali ed, in particolare, nella parte lesiva per i ricorrenti, la nota n. 105351/16 del Ministero dell'Economia e delle Finanze e quelle n. 254284/15 e n. 0119975/18 emesse dal Ministero della Giustizia – Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza di smaltimento del giorno 9 febbraio 2022, tenuta da remoto a termini dell’art. 87, comma 4-bis c.p.a., il dott. Fabio Maffei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.;


FATTO e DIRITTO

1.- Con il ricorso in trattazione, gli odierni ricorrenti, tutti appartenenti al personale civile penitenziario della Casa Circondariale “N. C.” di-OMISSIS-, hanno impugnato i provvedimenti in epigrafe con cui il Ministero della Giustizia – Dipartimento Amministrazione Penitenziaria -, in attuazione della circolare prot.

GDAP

254284/15, aveva attivato le procedure di recupero dell’indennità servizio penitenziario in caso di assenza per malattia, corrisposta al personale civile dell’Amministrazione, anche per il periodo pregresso all’emanazione della succitata circolare.

Le determinazioni gravate, in particolare, si fondavano sull’applicazione dell’art. 71 comma 1 del d.l. 25 giugno 2008, n.112 convertito con l. 6 agosto 2008, n.133, nel testo ratione temporis vigente secondo cui, “ Per i periodi di assenza per malattia, di qualunque durata, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1 comma 2, del d.lgs 30 marzo 2001, n. 165, nei primi dieci giorni di assenza è corrisposto il trattamento economico fondamentale con esclusione di ogni indennità o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento accessorio”

Avverso tali atti sono insorti gli odierni ricorrenti formulando le seguenti censure:

I. Violazione e falsa applicazione dell’art. 34 C.C.N.L. ministeri - Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. 07/08/90 n. 241 – Violazione del giusto procedimento – Difetto assoluto di motivazione – Carenza di istruttoria – Eccesso di potere - Violazione del principio di imparzialità e di buon andamento della p.a. – Violazione del diritto di difesa -

II. Ulteriore violazione e falsa applicazione dell’art. 34 CCNL ministeri - Violazione e Falsa applicazione dell’art. 4 del d.l. n. 356/87 convertito con modifiche nella legge n. 436/87 – Disparità di trattamento – Ingiustizia manifesta- Violazione dell’art. 3 e 97 della costituzione.

In sintesi, secondo la prospettazione attorea, oltre l’evidente carenza di motivazione inficiante i provvedimenti impugnati, non avendo l’amministrazione né specificato gli effettivi giorni di malattia fruiti da ciascun ricorrente, né formulato un prospetto analitico di quanto percepito per siffatto emolumento, l’indennità penitenziaria, alla stregua della disciplina ad essa applicabile, si sarebbe dovuta considerare come assimilabile al trattamento salariale e, quindi, non decurtabile in quanto non legata alla presenza in servizio, corrisposta con la tredicesima e assoggettata alle stesse ritenute dello stipendio, essendo pertanto assoggettata ad un regime diverso da quello proprio dell’indennità di amministrazione, cui era stata indebitamente parificata.

Inoltre, parte ricorrente ha sostenuto sia l’adozione dei provvedimenti impugnati in palese disparità di trattamento rispetto al personale della polizia penitenziaria ed ai dirigenti penitenziari che avevano continuato a percepire la contestata indennità, sia la lesione del legittimo affidamento a causa dell’applicazione retroattiva della disciplina contestata.

Si è costituita la difesa erariale, eccependo in via preliminare il difetto di giurisdizione dell’adito Tribunale. Nel merito, ha insistito per l’infondatezza del gravame.

La causa è stata inserita nel ruolo dell’udienza pubblica del 9 febbraio 2023, calendarizzata in attuazione delle Linee guida per lo smaltimento dell'arretrato negli uffici della giustizia amministrativa, di cui al Decreto del Presidente del Consiglio di Stato dell’8 febbraio 2022, in attuazione del D.L. 80 del 2021, convertito dalla L. n. 113 del 2021, all’esito della quale, sentito il difensore di parte ricorrente, è stata ritenuta in decisione.

2.- Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo come eccepito, con la memoria di costituzione, dalla difesa erariale.

Giova premettere che in tema di pubblico impiego contrattualizzato la giurisdizione del giudice ordinario è, ai sensi dell'art. 63 del T.U.P.I. tendenzialmente generalizzata, estendendosi a tutte le controversie concernenti l'assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali, la responsabilità dirigenziale, i comportamenti antisindacali e la contrattazione collettiva.

In questi settori, ogni controversia relativa al rapporto di lavoro appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, che può conoscere incidentalmente l'atto amministrativo presupposto, anche esercitando il potere di disapplicazione.

Come chiarito dalla giurisprudenza, "in tema di riparto di giurisdizione nelle controversie relative a rapporti di lavoro pubblico privatizzato, spetta alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo la controversia nella quale la contestazione investa direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo mediante la deduzione della non conformità a legge degli atti organizzativi, attraverso i quali le amministrazioni pubbliche definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici e i modi di conferimento della titolarità degli stessi;
ciò sul rilievo che possono darsi situazioni nelle quali la contestazione in giudizio della legittimità degli atti, espressione di poteri pubblicistici, previsti dall'art. 2 comma 1, D.lgs. 165/2001 implica la deduzione di una posizione di interesse legittimo, nella quale il rapporto di lavoro non costituisce l'effettivo oggetto del giudizio ma lo sfondo rilevante ai fini di qualificare la prospettata posizione soggettiva del ricorrente, derivando gli effetti pregiudizievoli direttamente dall'atto presupposto;
tuttavia, quando l'impugnazione degli atti di macro-organizzazione presupposti è fatta al solo fine di sottrarre fondamento ai successivi atti di gestione del rapporto di lavoro ritenuti lesivi, deve ritenersi che il petitum sostanziale - su cui fonda la giurisdizione - non attiene alla legittimità in via immediata e diretta del provvedimento di macro-organizzazione, ma alla concreta gestione del rapporto di lavoro;
in tali casi, ai sensi dell'art. 63, D.lgs. 165/2001, il giudice ordinario ben può disapplicare gli atti amministrativi presupposti, ove li ritenga illegittimi" (cfr., Consiglio di Stato, sez. III, 11 ottobre 2017, n. 4719).

E ancora, "sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie concernenti gli atti amministrativi adottati dalle Pubbliche Amministrazioni nell'esercizio del potere loro conferito dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2 aventi ad oggetto la fissazione delle linee e dei principi fondamentali della organizzazione degli uffici, nel cui quadro i rapporti di lavoro si costituiscono e si svolgono, caratterizzati da uno scopo esclusivamente pubblicistico, sul quale non incide la circostanza che gli stessi, eventualmente, influiscano sullo "status" di una categoria di dipendenti, costituendo quest'ultimo un effetto riflesso, inidoneo ed insufficiente a connotarli delle caratteristiche degli atti adottati "iure privatorum" (tra le altre, Cass. SSU 8821/2018, 8363/2007).

Nell'emanazione di tali atti organizzativi la Pubblica Amministrazione datrice di lavoro esercita, infatti, un potere autoritativo in deroga alla generale previsione del successivo art. 5, secondo cui la gestione del rapporto avviene con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro ... Va precisato che la giurisdizione del giudice ordinario non soffre deroga per il fatto che venga in questione un atto amministrativo presupposto, che può essere disapplicato a tutela del diritto azionato (Cass. SSU 8821/2018, 16756/2014, 3032/2011, 15904/2006)" (cfr., Cassazione Civile, sezione lavoro, 26 giugno 2019, n. 17140).

Ai fini del riparto della giurisdizione, poi, non rileva la circostanza che la pretesa giudiziale sia stata prospettata come richiesta di annullamento e di conseguente disapplicazione di un atto amministrativo, atteso che l'individuazione della giurisdizione è determinata dall'oggetto della domanda, il quale è da identificarsi in base al criterio del petitum sostanziale e all'effettiva consistenza della posizione soggettiva dedotta in giudizio e non avuto riguardo alla prospettazione della parte.

Infatti, compete al giudice ordinario il potere di verificare, in via incidentale, la legittimità degli atti generali di autoregolamentazione dell'ente pubblico, qualora il giudizio verta su pretese attinenti al rapporto di lavoro e riguardi, quindi, posizioni di diritto soggettivo del lavoratore, in relazione alle quali i suddetti provvedimenti di autoregolamentazione costituiscono solamente atti presupposti (Sez. Un., 5 giugno 2006, n. 13169;
Sez. Un., 16 febbraio 2009, n. 3677).

La giurisprudenza delle SSUU della Corte di Cassazione civile (vedi ex multis SSUU n. 3052/2009 e SSUU n. 4881/2017) e del Consiglio di Stato (vedi sentenza n. 508/2015), ha, infatti, ricondotto alla giurisdizionale del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 63 DLGS n. 165/2001, unicamente quelle controversie nelle quali la contestazione investa direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo, sempre che l'atto in questione incida su posizioni giuridiche soggettive di diritto soggettivo (per le evenienze di giurisdizione esclusiva) ovvero di interesse legittimo.

In altri termini è competente il giudice amministrativo laddove venga dedotta e lamentata la violazione della situazione soggettiva per la non conformità a legge degli atti di macro organizzazione, ossia di quegli atti che definiscono le linee fondamentali degli uffici, ovvero per quei provvedimenti che determinano le modalità di conferimento della titolarità degli incarichi dirigenziali.

Alla luce delle suesposte considerazioni, la contestazione della legittimità degli atti, espressione di poteri pubblicistici, previsti dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 1, deve, sempre, collegarsi direttamente ed immediatamente al pregiudizio di una posizione, in questo caso, di interesse legittimo.

In buona sostanza, la giurisdizione si radica nel giudice amministrativo solo se la qualificata posizione soggettiva del ricorrente risulta pregiudicata direttamente dall'atto presupposto (Sez. Un., 8 novembre 2005, n. 21592;
Sez. Un., 6 novembre 2006, n. 23605;
Sez. Un., 1 dicembre 2009, n. 25254), ma non attiene al rapporto di lavoro.

Nel caso in esame, le censure dei ricorrenti, appartenenti al personale contrattualizzato del Ministero della Giustizia – D.A.P. - si risolvono, in sostanza, in rivendicazioni di carattere economico, volte ad evitare il recupero della contestata indennità, azionate per il tramite dell'impugnativa di atti e provvedimenti amministrativi, ritenuti contrari rispetto a quanto stabilito dal CCNL di categoria.

La pretesa azionata ha dunque la consistenza del diritto soggettivo e trova titolo nel rapporto di lavoro intercorrente tra le parti, inciso da atti aventi chiaramente natura datoriale/gestoria.

Applicando, quindi, i suesposti principi al caso in esame e sulla base del petitum sostanziale, la giurisdizione sulla presente controversia non può che spettare al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro.

Né è condivisibile la tesi della parte ricorrente secondo cui, avendo impugnato anche la circolare ministeriale richiamata nei predetti atti, atto di macro-organizzazione correlato all'esercizio di poteri autoritativi direttamente lesivo della posizione giuridica fatta valere, quest’ultima avrebbe la consistenza dell'interesse legittimo, cosicché la giurisdizione si radicherebbe innanzi al giudice amministrativo. A tale conclusione osta la considerazione che l'impugnazione è stata proposta non per contestare il non corretto esercizio del potere amministrativo mediante la deduzione della non conformità a legge di atti organizzativi, bensì per lamentare l'omesso riconoscimento, in proprio favore, di un trattamento economico più favorevole nell'ambito della gestione del rapporto di lavoro intercorrente con l’amministrazione (e ciò sempre in virtù del criterio del petitum sostanziale).

In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile, spettando la cognizione della presente controversia al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro, innanzi al quale la causa potrà essere riassunta nei tempi e nei modi stabiliti dall’art. 11, comma 2 c.p.a..

3.- Sussistono i presupposti per disporre la compensazione delle spese del giudizio, in ragione della novità e peculiarità della questione trattata.

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