TAR Torino, sez. II, sentenza 2021-07-12, n. 202100725

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. II, sentenza 2021-07-12, n. 202100725
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 202100725
Data del deposito : 12 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/07/2021

N. 00725/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00731/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 731 del 2020, proposto da -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato S M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Torino, largo Migliara 16;

contro

Comune di -OMISSIS- non costituito in giudizio;

per l'annullamento

- dell’ordinanza n.-OMISSIS-, notificata alla Sig.ra -OMISSIS- in data-OMISSIS-, che ha ordinato alla ricorrente di provvedere allo sgombero del modulo abitativo e al ripristino dello stato dei luoghi;

- della relazione tecnica del-OMISSIS-, del verbale di sopralluogo a seguito di segnalazione n. -OMISSIS- e della nota prot. -OMISSIS- del Servizio di Polizia Municipale;

nonché di ogni altro atto e/o provvedimento antecedente, connesso o consequenziale, anche di portata e contenuto sconosciuti, dei quali si chiede che venga ordinato al Comune l'esibizione.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 luglio 2021 il dott. Marcello Faviere e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 25, comma 2, del d.l. n. 137/2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’odierna ricorrente, a causa di esigenze personali di emergenza abitativa, presentava al Comune di -OMISSIS- domanda per l’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale.

In attesa dell’esito del procedimento di assegnazione, la famiglia della ricorrente ha trovato sistemazione, dal mese di dicembre 2019, in un alloggio situato in un modulo prefabbricato acquistato dalla stessa e collocato su un terreno di proprietà dei suoceri.

Il prefabbricato, rimorchiabile, dotato di ruote, stabilizzato con supporti rimovibili e sollevato da terra è stato dotato di allacciamento alle ordinarie utenze tra cui quella idrica, assentita dal Comune che richiedeva alla SMAT S.p.A., con nota del -OMISSIS-, di provvedere in tal senso sino alla assegnazione di un alloggio di edilizia sociale.

A seguito di un sopralluogo (sollecitato dalla Polizia Municipale in occasione delle verifiche in ordine alla richiesta di residenza da parte della ricorrente) effettuato in data -OMISSIS- e della successiva relazione redatta dai tecnici comunali, l’alloggio veniva dichiarato non idoneo all’utilizzo abitativo permanente, pur con la premessa della attestata temporaneità della sistemazione, in considerazione della mancanza dei “ principali requisiti occorrenti per l’utilizzo abitativo quali condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti stessi installati, idoneità statica e conformità alle barriere architettoniche ”.

Con ordinanza n. -OMISSIS-, notificata in data-OMISSIS-, il Comune ordinava alla ricorrente di provvedere allo sgombero del modulo abitativo e al ripristino dello stato dei luoghi entro il termine di 90 giorni, salvo motivate richieste di proroga.

2. Avverso tale provvedimento è stato proposto ricorso munito di istanza cautelare avanti questo Tribunale, notificato il 26.09.2020 e depositato il 14.10.2020. La ricorrente lamenta violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere sotto diversi profili, articolando le proprie doglianze in quattro distinti motivi.

Questo Tribunale con ordinanze n. 520/2020 e n. 11/2021 disponeva la produzione, da parte del Comune, di una documentata relazione sui fatti e, nel bilanciamento complessivo degli interessi in gioco, sospendeva l’efficacia del provvedimento impugnato riconoscendo la prevalenza della stabilità abitativa, benché temporanea, della ricorrente anche in considerazione delle peculiarità dell’emergenza pandemica in corso.

Il Comune non si è costituito e non ha dato seguito alle ordinanze di cui sopra. La ricorrente ha depositato memoria, in data 04.06.2021.

All’udienza pubblica del 06.07.2021, in prossimità della quale il difensore di parte ricorrente ha depositato note alternative alla discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

3. Il ricorso è infondato.

4. Con il primo motivo si lamenta violazione degli art. 50, comma 5, e 107 del D.Lgs. n. 267/2000, dell’art. 222 del R.D. n. 1265/1934, difetto di motivazione nonché eccesso di potere per sviamento e incompetenza.

In particolare la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 50 del TUEL poiché lo strumento dell’ordinanza contingibile e urgente risulterebbe utilizzato per fini diversi dai suoi presupposti tipici. Nel caso di specie la ricorrente non ravvisa un’eccezionale, straordinaria ed imprevedibile situazione di pericolo per l’incolumità pubblica né, tantomeno, l’urgenza a provvedere considerando che la situazione abitativa della ricorrente era nota all’amministrazione comunale da mesi. Il provvedimento sarebbe affetto altresì da incompetenza poiché adottato dal sindaco e non, come prescrive l’art. 107 del D.Lgs. N. 267/00, dal dirigente competente trattandosi di un atto di gestione e che esula dalla funzione di indirizzo e di controllo politico-amministrativo.

La doglianza non ha pregio.

Il provvedimento impugnato richiama espressamente, quali norme presupposte, sia l’art. 50 del TUEL che l’art. 222 del RD n. 1265/1934.

Il primo, al comma 5, fonda il potere del sindaco di emanare ordinanze extra ordinem in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale, all'urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell'ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana.

Il secondo descrive invece un potere tipizzato (oggi riconducibile al sindaco) e testualmente recita: “ il podestà, sentito l'ufficiale sanitario o su richiesta del medico provinciale, può dichiarare inabitabile una casa o parte di essa per ragioni igieniche e ordinarne lo sgombero ”.

Trattasi di due funzioni riconosciute al Sindaco in quanto rappresentante della comunità locale da esercitare in situazioni urgenti e di particolare gravità. Le disposizioni citate presuppongono entrambe l’esercizio di discrezionalità tecnica.

Tali disposizioni però disciplinano facoltà molto diverse: nel primo caso la possibilità di emanare atti atipici da valutare caso per caso;
nel secondo, invece, il potere è tipizzato nei presupposti, oggetto ed effetti.

Entrambe le norme non dispongono alcuna formalità specifica per l’adozione dei provvedimenti disciplinati.

Nel caso di specie il potere esercitato dal Sindaco può ricondursi agevolmente, nonostante il richiamo all’art. 50 del TUEL, alla fattispecie di cui all’art. 222 del RD 1265/1934. In tali casi, infatti, la legge richiede esclusivamente il ricorrere di presupposti e ragioni igieniche per ordinare lo sgombero delle abitazioni. Non è necessaria la compresenza di situazioni di calamità o un’eccezionale, straordinaria ed imprevedibile situazione di pericolo per l’incolumità pubblica, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente. La validità del provvedimento non può essere inficiata dal mero richiamo al citato art. 50 dal momento che lo stesso contiene tutti gli elementi per poter essere riconosciuto come manifestazione di un potere tipico dell’ordinamento.

Del pari priva di pregio è la doglianza circa l’incompetenza del Sindaco, quale organo di governo ed operante nella sfera dell’indirizzo politico, ad adottare ordinanze di sgombero che invece sarebbero da ricondurre alla competenza dei dirigenti ai sensi dell’art. 107 del TUEL. Trattasi infatti di poteri riconosciuti esplicitamente dalla legge in capo al sindaco quale rappresentante della comunità locale.

La giurisprudenza consolidatasi sul punto ha avuto modo di evidenziare che “ l'art. 222 del R.D. n. 1265/1934, dispone che il Sindaco può dichiarare inabitabile una casa o parte di essa per ragioni igieniche e ordinarne lo sgombero. Tale norma non è da considerarsi confinata ai soli edifici ab origine destinati all'uso abitativo, ma estesa a qualsiasi edificio o manufatto cui sia stata impressa quella destinazione, anche di fatto. La previsione della possibilità di avvalersi di poteri tipicizzati, ancorché d'urgenza, come quelli di cui al citato art. 222 esclude, dunque, la legittimità del ricorso ai poteri atipici e sussidiari disciplinati dall'art. 54, co. 2 del D.Lgs. 267/2000 ” (T.A.R. Puglia Bari Sez. II, 04/05/2020, n. 609).

Quanto al rapporto tra i poteri extra ordinem e quelli più tipizzati la giurisprudenza ha anche avuto modo di statuire che “ l'ordinanza contingibile e urgente prevista dall'art. 54 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, in considerazione del suo carattere extra ordinem, può essere emessa solo allorquando siano preclusi gli strumenti ordinari. Dunque, non torva fondamento ove sia possibile ricorrere ad uno strumento ordinario, quale ad esempio ordinanza in materia di rimozione dei rifiuti e di bonifica ambientale ex art. 192, comma 3, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, ovvero potere del sindaco ex art. 222 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, di dichiarare inabitabili una casa o parte di essa per ragioni di igiene e di ordinarne lo sgombero” (T.A.R. Puglia Bari Sez. II, 06/03/2020, n. 366).

La ricorrente per fondare le proprie argomentazioni circa l’incompetenza del sindaco alla adozione delle ordinanze di sgombero cita giurisprudenza non calzante in quanto incentrata su altre tipologie di poteri e contesti. La sentenza citata nel ricorso, infatti, riguarda la diversa fattispecie delle ordinanze di sgombero delle proprietà comunali “ L'attività di sgombero di proprietà comunali spetta al dirigente anche se esercitata in applicazione dell'art. 378 della L. 20 marzo 1865, n. 2248, il cui riferimento al Sindaco è da intendersi non più attuale a seguito della riforma della L. 8 giugno 1990, n. 142 e al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, che ha comportato l'affermazione di un principio generale in ordine alla separazione delle funzioni, tra quelle d'indirizzo politico e quelle di gestione dell'amministrazione pubblica, riservate queste ultime alle figure amministrativo-dirigenziali. Pertanto, l'ordinanza ex art. 378 cit. rientra nella competenza del Dirigente, ed è sottratta a quella del Sindaco ” (TAR Lombardia, 24 giugno 2020, sent. n. 1184).

Fermo restando quanto sopra riportato, si aggiunga che la più recente giurisprudenza ha riconosciuto che “ l'organo competente ad adottare il provvedimento che ingiunge ad un soggetto l'immediata messa in sicurezza di un bene, l'esecuzione delle conseguenti opere di consolidamento e di ripristino delle parti interessate ovvero, in relazione allo stato dei luoghi, lo sgombero immediato è il Sindaco e non il Dirigente comunale” ( T.A.R. Puglia Bari Sez. I, 26/06/2019, n. 892).

Per tali ordini di ragioni il primo motivo di ricorso non è fondato.

5. Con il secondo motivo si lamenta violazione ed errata applicazione del DMS 05.07.1975, del d.lgs. n. 192/2005, della L. n. 13/1989 e del DM n. 236/1989;
eccesso di potere per errata interpretazione e travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, violazione del legittimo affidamento del privato.

In particolare la ricorrente contesta l’applicazione al caso di specie dei parametri di cui al Decreto del Ministero della Sanità 5.07.1975 (recante Modificazioni alle istruzioni ministeriali 20 giugno 1896, relativamente all'altezza minima ed ai requisiti igienico-sanitari principali dei locali di abitazione ) sostenendo che lo stesso recherebbe la disciplina dei requisiti per le abitazioni permanenti e non degli alloggi temporanei come il prefabbricato di cui si discute (lo stesso Comune avrebbe ammesso implicitamente tale inapplicabilità sia in occasione dell’allacciamento alla rete idrica che in sede di relazione tecnica). Secondo la ricostruzione della ricorrente nel caso in esame occorrerebbe apprezzare l’abitabilità dell’alloggio con riferimento a parametri sostanziali da valutare caso per caso (la stessa produce una relazione tecnica, redatta da un ingegnere di fiducia, che nel descrivere e valutare la sistemazione temporanea ne dà un giudizio di sostanziale abitabilità). Il fatto poi che l’azienda erogatrice del servizio idrico abbia accordato l’allacciamento all’utenza sarebbe ulteriore indizio della abitabilità della struttura (a maggior ragione perché richiesta dallo stesso Sindaco) sulla base della applicazione analogica degli artt. 48 e 24 del DPR n. 380/2001 al caso di specie.

L’ordinanza, infine. violerebbe il legittimo affidamento generato dal comportamento del Comune che prima ha acconsentito all’utilizzo dell’alloggio (attivandosi per l’allacciamento dell’acqua) e poi, qualche mese dopo, senza risolvere la questione dell’emergenza abitativa, avrebbe assunto comportamenti diametralmente opposti.

Le doglianze non colgono nel segno.

Come sopra evidenziato il potere di ordinare lo sgombero per motivi igienico sanitari esercitato dal sindaco è connotato da un elevato tasso di discrezionalità tecnica. I parametri che l’art. 222 sopra citato indica sono molto ampi. È appena il caso di evidenziare che la giurisprudenza ha da tempo tracciato i limiti del sindacato giurisdizionale in tali casi. “ Le ordinanze in materia di igiene e sanità sono espressione della discrezionalità tecnica attribuita per legge agli enti preposti alla tutela della salute, e non sono pertanto impugnabili se non per vizi di macroscopica irragionevolezza o illogicità o travisamento del fatto ” (T.A.R. Piemonte Torino Sez. I, 16/10/2018, n. 1128, conforme T.A.R. Campania Salerno Sez. II Sent., 27/07/2011, n. 1380).

La relazione tecnica redatta dal funzionario comunale, sulla quale l’ordinanza fonda il proprio dispositivo (cfr doc. n. 5 allegato al ricorso), evidenzia esplicitamente che il prefabbricato non rispetta i requisiti di altezza e superficie minima di cui al DM 05.07.1975;
i requisiti minimi di coibentazione termica (ai sensi del D.Lgs. n. 192/2005);
i parametri per l’abbattimento delle barriere architettoniche (situazione che emerge con una certa rilevanza in considerazione del fatto che nel nucleo familiare è presente un minore disabile). La struttura inoltre non ha certificazione statica né di conformità degli impianti ed è posizionata a sbalzo sul vuoto con ancoraggi precari.

Orbene la decisione assunta dal Sindaco si fonda sulla analisi di standard di riferimento multipli per evidenziare che i parametri tecnico normativi presi in considerazione non vengono rispettati.

Più nel dettaglio, dalla lettura del decreto ministeriale più volte citato, si desume che tutti i parametri nello stesso individuati non sono rivolti agli immobili o alle abitazioni permanenti ma ai locali adibiti ad abitazione senza distinguere sulla tipologia di uso (se temporaneo, semi-temporaneo o permanente). Il DM 05.07.1975, in altri termini, fa riferimento all’uso dei “locali” considerando la loro natura funzionale (camere, soggiorno, cucina, e così via) e non il loro profilo strutturale o la tipologia di edificio in cui sono collocati.

Orbene non appare irragionevole o illogico che l’amministrazione comunale abbia potuto prendere a parametro di riferimento, per la valutazione della salubrità del prefabbricato, tali standard tecnico-dimensionali riferibili, come precisato, a “locali” adibiti comunque ad abitazione principale (nei quali peraltro la ricorrente ha chiesto di prendere la residenza adibendo il prefabbricato quindi a stabile ed abituale dimora). Il provvedimento inoltre parte dalla constatazione che l’utilizzo dei locali in questione è di tipo permanente e ciò giustifica una volta di più la ragionevolezza dell’uso dei più comuni parametri igienico sanitari.

Senza contare, peraltro, che le ragioni che hanno determinato la scelta comunale poggiano anche su criticità ulteriori riferite alla ubicazione, alla staticità ed agli impianti.

Non persuade neanche il tentativo di associare il concetto di abitabilità desumibile dal DPR n. 380/2001 (e dal fatto che vi siano utenze allacciate) a quello di salubrità, poiché i poteri esercitati con l’ordinanza (riferibili all’art. 222 del RD 1265/1934) possono essere esercitati a prescindere addirittura dalla presenza o meno della formale abitabilità dei locali.

La giurisprudenza sul punto non ha mancato di evidenziare che “ il rilascio del certificato di agibilità non impedisce l'esercizio del potere di dichiarazione di inagibilità di un edificio o di parte di esso ai sensi dell'art. 222 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 ” (T.A.R. Campania Salerno Sez. I Sent., 07/01/2013, n. 21). “ L'art. 24 del D.P.R. n. 380/01 estende la verifica di agibilità a qualsiasi tipologia di edificio, quale che ne sia la destinazione d'uso, mentre il successivo art. 26 espressamente prevede che il rilascio della relativa certificazione non impedisca l'esercizio del potere di dichiarazione di inagibilità ai sensi dell'art. 222 R.D. n. 1265/34 (in forza del quale il Sindaco può dichiarare inabitabile una casa o parte di essa per ragioni igieniche e ordinarne lo sgombero);
così come non può rappresentare un ostacolo all'esercizio di quel potere l'eventuale passaggio non autorizzato da una destinazione d'uso non abitativa alla destinazione abitativa, mutamento che, oltre alle possibili sanzioni sul piano urbanistico-edilizio, resta comunque sottoposto al controllo, sempre immanente, dell'idoneità igienico-sanitaria dell'edificio ai fini dell'uso abitativo non corrispondente a quello originario”
(T.A.R. Toscana Firenze Sez. II Sent., 12/07/2010, n. 2503).

Con riferimento, infine alla lamentata violazione del legittimo affidamento è palese, nel caso di specie, che non ne ricorrano i presupposti poiché, in base a tale principio, né il passare del tempo né singoli comportamenti (peraltro non risalenti, quali la richiesta del sindaco alla SMAT di allaccio dell’utenza idrica, avvenuta in data -OMISSIS-) sono in grado di far maturare alcuna posizione di vantaggio o alcuna pretesa fondata una situazione di partenza giuridicamente non legittima.

Per tali ordini di ragioni, pertanto, anche il secondo motivo di ricorso è infondato.

6. Con il terzo ed il quarto motivo, che si trattano insieme per ragioni di connessione oggettiva, si lamenta eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà di atti, difetto di motivazione e motivazione perplessa nonché violazione degli artt. 3 e 97 Cost. per violazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione.

Secondo la ricostruzione della ricorrente il provvedimento impugnato sarebbe contraddittorio nella propria parte motivazionale;
da un lato, infatti, richiama la relazione tecnica sopra citata (che riconosce lo scopo della ricorrente di sopperire “temporaneamente” alla necessità abitativa della propria famiglia) e poi dichiara il prefabbricato “non idoneo all’utilizzo abitativo di tipo permanente”. Anche il riferimento alla assenza dei requisiti previsti nel DPR 380/2001 (contenuti nel provvedimento) sarebbe affetto da difetto istruttorio poiché non si specifica né la norma violata né la motivazione. La ricorrente infine sostiene la mancanza delle motivazioni e dei presupposti per l’adozione di una ordinanza contingibile e urgente.

La doglianza non convince.

Alla base del corredo motivazionale del provvedimento vi è la constatazione che l’utilizzo del prefabbricato è di tipo stabile e che la ricorrente dimora stabilmente nel prefabbricato con due figli minorenni. Nella relazione tecnica (parte integrante del provvedimento) il riferimento al fatto che il prefabbricato sia stato allestito “ al fine di sopperire temporaneamente alla necessità abitativa della propria famiglia ” non è indicativo di risultanze istruttorie o di accertamenti condotti dai tecnici comunali quanto piuttosto alle finalità palesate dalla ricorrente.

Non è ravvisabile pertanto alcuna contraddizione interna al provvedimento.

Anche il difetto motivazionale in ordine alla mancata indicazione dei requisiti di cui al DPR n. 380/2001 non convince poiché, come sopra evidenziato, il riferimento contenuto in motivazione a tale normativa è associato a quello rivolto al DM del 05.07.1975 (ulteriormente arricchito da quanto contenuto nella allegata relazione tecnica) che, come già sopra argomentato, è ragionevolmente sufficiente a reggere sul piano logico e strutturale l’intero provvedimento. Peraltro è appena il caso di ricordare che la giurisprudenza ha sancito l’autonomia dell’esercizio del potere sindacale in scrutinio ed i requisiti di agibilità di cui al DPR n. 380/2001. “ Ai fini della dichiarazione di inabitabilità, l'art. 26 del d.P.R. n. 380/2001 (T.U. Edilizia) si limita a confermare la permanenza del potere previsto dall'art. 222 r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, disposizione che non può ritenersi operativa nella parte in cui prescrive l'apporto procedimentale di specifiche figure sanitarie oggi non più esistenti ” (T.A.R. Liguria Genova Sez. II Sent., 15/12/2011, n. 1837).

7. Conclusivamente il ricorso non è fondato e, pertanto, dev’essere respinto.

8. Si ritiene di non disporre sulle spese di giudizio in considerazione della mancata costituzione dell’amministrazione comunale.

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