TAR Ancona, sez. I, sentenza 2021-03-15, n. 202100218

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Ancona, sez. I, sentenza 2021-03-15, n. 202100218
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Ancona
Numero : 202100218
Data del deposito : 15 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/03/2021

N. 00218/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00625/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 625 del 2017, proposto da
G A e C S, E G, A e C S, M/P E C di C M &
C S, P V e C S, M G e D S, rappresentati e difesi dall'avvocato G M, con domicilio eletto presso lo studio Pierluigi Micucci in Ancona, via Marsala,12;

contro

Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, rappresentato e difeso dagli avvocati A C, F F, S M, G V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio A C in Ancona, Avvocatura Inps via S. Martino 23;

Inps - Direzione Provinciale Sede di Macerata non costituito in giudizio;

per l'annullamento

dei provvedimenti con cui l'Istituto Nazionale Previdenza Sociale - Inps- direzione provinciale di Macerata disponeva la reiezione delle domande presentate dalle ricorrenti società di cassa integrazione guadagni in deroga settore pesca - annualità 2016 inerenti i soci delle medesime e in particolare:

per G A &
c. snc del provvedimento INPS.4400.25/10/2017.0145154, emesso dall’INPS, Direzione Provinciale di Macerata, datato 25 ottobre 2017, (socio G A)

per E G, A e c. snc, già E G e Domenico snc, del provvedimento INPS.4400.17/10/2017.0141048, emesso dall’INPS, Direzione Provinciale di Macerata, datato 17 ottobre 201 (socio E G) e del provvedimento INPS.

CMBDR.

19/09/2017.3316713, emesso dall’INPS, Direzione Provinciale di Macerata, datato 19 settembre 2017 ( socio Emili Domenico);

- per M/P E C di C M &
c. snc del provvedimento INPS.

CMBDR.

18/09/2017.3311156, emesso dall’INPS, Direzione Provinciale di Macerata, datato 18 settembre 2017, notificato a mezzo posta elettronica certificata in data 19 settembre 2017 (socio C M);

- per P V e c. snc del provvedimento INPS.

CMBDR.

22/09/2017.3416818, emesso dall’INPS, Direzione Provinciale di Macerata, datato 22 settembre 2017 (soci Palestini

Carlo e Palestini Giuseppe);

-per M G e Domenico snc del provvedimento INPS.

CMBDR.

19/09/2017.3320776, emesso dall’INPS, Direzione Provinciale di Macerata, datato 19 settembre 2017 (soci Micucci

Giuseppe e Micucci Domenico);

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 25 del D.L. n. 137 del 2020;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2021 il dott. G R;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Le imprese ricorrenti impugnano i provvedimenti con cui la Direzione Provinciale dell’I.N.P.S. di Macerata ha negato la corresponsione, per l’annualità 2016, della cassa integrazione guadagni in deroga (di seguito anche “CIG”) ai soci-armatori delle società medesime, e ciò sul presupposto che il trattamento “….non è riconoscibile agli armatori e ai proprietari armatori imbarcati sulle navi dai medesimi gestite per mancanza del rapporto di subordinazione….”.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:

a) violazione di legge, e specificatamente del Decreto Interministeriale n. 1600069 del 5 agosto 2016;
eccesso di potere per difetto di motivazione ed altri profili e/o erronea e/o insufficiente motivazione e/o per travisamento ed erronea valutazione dei fatti. Eccesso di potere per manifesta illogicità dell’atto, contraddittorietà dell’atto, contraddittorietà tra atti.

b) violazione dell'art. 3 della L. n. 241/1990, mancando nei provvedimenti impugnati qualsivoglia indicazione riguardante i termini per l’impugnazione dell’atto e l’organo competente a ricevere il ricorso;

c) violazione di legge, nello specifico violazione dell'art. 3 della L. 241/90, eccesso di potere per mancata o insufficiente motivazione;

d) eccesso di potere per disparità di trattamento,

Si è costituito l’INPS, resistendo al ricorso.

Alla pubblica udienza del 27 gennaio 2021 il ricorso è stato trattenuto in decisione

1 Il ricorso è fondato, per le ragioni indicate dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 3449 del 1 giugno 2020, che in riforma della sentenza di questo Tar n.777 del 2018, ha accolto analogo ricorso per l’annualità 2015.

2 In particolare con riguardo all’eccezione di inammissibilità del ricorso collettivo (che di fronte al Consiglio di Stato era stata proposta con l’appello incidentale) la citata sentenza ha condivisibilmente osservato che:

-la invocata regola generale dell’impugnabilità con il ricorso di un solo provvedimento, riferibile peraltro ad un originario e risalente modello meramente impugnatorio oramai superato dalla evoluzione del giudizio amministrativo nel senso della effettiva tutela del bene della vita oggetto della pretesa, per pacifica giurisprudenza non trova applicazione nelle ipotesi in cui la cognizione di più provvedimenti nel medesimo giudizio sia imposta dall’esigenza di concentrare in un unico contesto processuale l’accertamento di profili suscettibili di inficiare la legittimità di diverse ma connesse sequenze di atti. A tal fine è necessario che i distinti provvedimenti impugnati con il ricorso cumulativo siano riferibili ad un medesimo procedimento amministrativo, che vengano dedotti motivi di illegittimità identici volti a definire compiutamente gli eventuali profili di illegittimità di ciascun provvedimento e che vi sia una omogeneità di condizioni, sotto il profilo considerato, dei diversi ricorrenti, fra i quali non devono poter essere ravvisate possibili situazioni di conflitto di interesse.

- tutti i predetti presupposti sono peraltro visibilmente presenti nella fattispecie considerata, posto che le posizioni dei ricorrenti rispetto alla pretesa azionata sono identiche, che i singoli provvedimenti di diniego impugnati sono identici e sono stati adottati dalla medesima autorità secondo il medesimo procedimento;
identiche sono anche le censure dedotte, di modo che l’accertata illegittimità di uno degli atti travolgerà necessariamente tutti gli altri.

- neppure sono ipotizzabili situazioni di conflitto di interessi, considerato che tutti gli istanti hanno formalmente chiesto e ora reclamano l’applicazione di una provvidenza economica di legge, ciascuno affermando per sé il possesso di requisiti che la legge considera necessari e sufficienti ai fini dell’ingresso nella platea degli aventi diritto, aventi diritto che sono tutti accumunati dalla medesima condizione giuridica rispetto alla pretesa secondo l’ordine storico, ormai cristallizzato, dell’ordine di presentazione delle domande,

-ne consegue che ciascuno dei ricorrenti vanta un proprio interesse differenziato, comune agli altri ricorrenti, a che l’intera categoria di soggetti cui appartiene, ed alla quale appartengono anche gli altri ricorrenti, entri a far parte della platea dei beneficiari, senza che la solo eventuale futura applicazione, a ciascuno di essi, delle regole che disciplinano le conseguenze per l’intera platea dei beneficiari nella dedotta eventualità di esaurimento delle risorse finanziarie possa determinare, nella fase attuale, alcun seppure ipotetico conflitto di interessi.

3 Con riguardo al merito della questione, questa sono state le considerazioni del giudice di appello (originariamente espresse per il decreto Ministeriale n. 91411 del 7 agosto 2015 e applicabili anche al 1600069 del 5 agosto 2016, relativo all’annualità successiva):

– sono state considerate non dirimenti ai fini del riconoscimento del beneficio richiesto, e quindi non suscettibili di accoglimento, le censure di disparità di trattamento rispetto ad altri uffici provinciali e di difetto di motivazione, in quanto l’ottenimento di un beneficio economico speciale posto a carico della finanza pubblica deve trovare una espressa base normativa in una specifica disposizione di legge vigente, restando del tutto irrilevante, in mancanza sia la sinteticità della motivazione di diniego, sia il diverso operato degli uffici nella procedura, nel tempo e nello spazio, che porterà se del caso a una responsabilità dei titolari di quegli uffici, ma mai ad un diritto dei richiedenti non aventi titolo.

-il nodo centrale della presente controversia è stato individuato nella valutazione se il “personale imbarcato” destinatario della CIG in deroga del settore pesca possa essere costituito dal solo “personale imbarcato dipendente” e se a tal fine la qualifica di armatore-socio amministratore imbarcato sia incompatibile con la qualifica di lavoratore subordinato, restando estranea alla fattispecie la sentenza della Corte di Cassazione n. 6795/1996, così come ritenuto nella sentenza n. 777/2018 di questo Tar e come sostenuto dall’Istituto resistente, oppure se, così come dedotto con il l’impugnata esclusione sia erronea e quindi illegittima per la violazione del decreto Interministeriale n. 1600069 del 5 agosto 2016 e del presupposto accordo governativo per l’anno 2016, che individuava i destinatari del citato ammortizzatore sociale nel “personale imbarcato” delle imprese di pesca, in quanto posto agli ordini del capitano dell’imbarcazione e con retribuzione commisurata all’attività lavorativa svolta e non all’utile d’impresa derivante dall’investimento imprenditoriale effettuato in caso di proprietà o comproprietà del bene produttivo (il peschereccio), con un contratto di lavoro che risulta, quindi, del tutto assimilabile, ai fini che qui rilevano, ad un rapporto di lavoro dipendente.

- dunque la circostanza che si tratti di CIG in deroga, se da un lato consente l’estensione a nuovi settori come quello della pesca senza far venire meno i requisiti di fondo (e in particolare la necessità di un rapporto di lavoro dipendente) previsti dalla normativa primaria, dall’altro impone di valutare la sussistenza di quei requisiti alla luce delle peculiarità dei nuovi settori di intervento che, nel caso del settore pesca, hanno indotto la giurisprudenza (Corte di Cassazione, sentenza n° 6795/1996, citata) a statuire che il ruolo di armatore e di proprietario o comproprietario dell’imbarcazione da pesca sulla quale si è imbarcati come marinaio non è espressione di uno status imprenditoriale, e quindi è compatibile con la configurazione di un rapporto che deve essere considerato, almeno ai fini che qui rilevano, di lavoro dipendente.

- vengono in rilievo, al riguardo, la circolare della stessa INPS n° 61 del 16 marzo 1999, secondo la quale i caratisti, gli armatori e proprietari armatori e, quindi, ancor più i soci di società armatrici o proprietarie di imbarcazioni da pesca sono da ritenersi, ove imbarcati, lavoratori dipendenti, e anche il decreto interministeriale n° 5 del 2 novembre 2017 che prevede, nelle ipotesi di fermo pesca, la corresponsione di una indennità giornaliera per i lavoratori di imprese adibite alla pesca marittima estesa ai soci proprietari dell’imbarcazione che risultino imbarcati, previa autocertificazione circa l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato;
nonché infine gli accordi regionali che, ai sensi dell’articolo 22 del decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020 hanno disposto, nell’ambito dell’emergenza epidemiologica COVID-19, la concessione della cassa integrazione salariale in deroga per i pescatori anche delle acque interne, imbarcati a qualunque titolo e /o iscritti a ruolino di equipaggio, e ciò non perché l’Amministrazione debba adeguarsi a tali altri provvedimenti, ma perché gli stessi provvedimenti risultano coerenti con una più vasta impostazione volta a valutare l’applicabilità della CIG in deroga, come sopra esposto, in relazione alle effettive esigenze di tutela dei lavoratori perseguite dalla normativa di riferimento prescindendo da distinzioni che si rivelano estranee a tali finalità (Cons. Stato 1 giugno 2020 n. 3449).

4 Come già accennato, le condivisibili conclusioni del giudice di appello relative ai provvedimenti che hanno negato la CIG in deroga 2015 sono valide anche per il ricorso in epigrafe, che riguarda l’annualità successiva-

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