TAR Roma, sez. I, sentenza 2019-06-18, n. 201907937

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2019-06-18, n. 201907937
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201907937
Data del deposito : 18 giugno 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/06/2019

N. 07937/2019 REG.PROV.COLL.

N. 06954/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6954 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avv.ti P L, Michele -OMISSIS- e P A, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. V B in Roma, piazza di San Bernardo, n. 101;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Interno e Ufficio Territoriale del Governo-OMISSIS-, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comune di -OMISSIS-, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

- del d.P.R. 19 marzo 2018 che ha disposto lo scioglimento degli organi elettivi del Comune di -OMISSIS- ex art. 143 del D.Lgs. n. 267/2000;

- della relazione del Prefetto di-OMISSIS- prot. 809/OPS/2017 del 28 dicembre 2017;

- della relazione del Ministro dell'Interno del 15 marzo 2018;

- della relazione predisposta dalla Commissione d'indagine presso il Comune di -OMISSIS-;

- del provvedimento del Prefetto di-OMISSIS- prot. n. 18090 del 16 maggio 2017, di nomina della Commissione d'indagine presso il Comune di -OMISSIS-;

- del provvedimento del Prefetto di-OMISSIS- prot. n. 29856 del 14 agosto 2017, di proroga per ulteriori tre mesi dei lavori della Commissione di accesso;

- del parere del Comitato Provinciale per l'Ordine e la Sicurezza, con il quale è stata ritenuta la sussistenza delle condizioni di cui all'art. 143 del T.U.E.L.;

- delle note e delle informative di Polizia giudiziaria richiamate negli atti sopra indicati.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri con il Ministero dell'Interno e l’Ufficio Territoriale del Governo-OMISSIS-;

Vista l’ordinanza n. 4049/2018;

Visti tutti gli atti della causa e le memorie difensive;

Relatrice la dott.ssa Laura Marzano;

Uditi, nell'udienza pubblica del giorno 22 maggio 2019, i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO

Il Prefetto di-OMISSIS-, con decreto del 16 maggio 2017, successivamente prorogato, ha nominato i componenti della Commissione di indagine e ha disposto l’accesso presso il Comune di -OMISSIS-, poiché a seguito di accertamenti svolti dalle Forze di Polizia, anche a seguito di esposti, sono emersi possibili condizionamenti degli esponenti dell’amministrazione locale da parte di soggetti riconducibili alla criminalità organizzata, fortemente radicata sul territorio.

Dagli accertamenti svolti è risultata l’esistenza di rapporti parentali e di collegamenti diretti ed indiretti degli organi elettivi con le consorterie radicate nel territorio e forme di condizionamento anche solo passivo degli stessi, che hanno sviato il perseguimento dei fini istituzionali con pregiudizio dei principi di buon andamento, imparzialità e trasparenza. Pertanto, con relazione del 28 dicembre 2017, il Prefetto ha proposto l’adozione della misura prevista dal citato art. 143 ed il consiglio comunale è stato sciolto con decreto del Presidente della Repubblica del 19 marzo 2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 85 del 12 aprile 2018, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri in data 16 marzo 2018.

Con il ricorso in epigrafe i ricorrenti, nelle qualità precedentemente rivestite di sindaco, vice sindaco, assessori e consiglieri del Comune di -OMISSIS-, eletti nella tornata del 25 maggio 2014, hanno impugnato il decreto del Presidente della Repubblica del 19 marzo 2018 e gli atti connessi indicati in epigrafe, con i quali gli organi del predetto Comune sono stati disciolti ai sensi dell’art. 143 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

I ricorrenti formulano i seguenti motivi.

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 143 T.U.E.L. - Violazione e falsa applicazione degli articoli 3, 7, 8, 9 e 10 della legge 7 agosto 1990, n. 241 - Eccesso di potere per sviamento di potere, erroneità del presupposto, violazione del procedimento, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, difetto di istruttoria, illogicità ed irragionevolezza della motivazione, ingiustizia manifesta, violazione del principio di proporzionalità, carenza di motivazione.

Con tale articolato motivo essi sostengono l’inidoneità probatoria di tutte le singole vicende ed argomentazioni, che censurano partitamente, poste dall’Amministrazione alla base del provvedimento impugnato.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 143 T.U.E.L. - Violazione e falsa applicazione degli articoli 3, 7, 8, 9 e 10 della legge 7 agosto 1990, n. 241 - Eccesso di potere per sviamento di potere, erroneità del presupposto, violazione del procedimento, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, difetto di istruttoria, illogicità ed irragionevolezza della motivazione, ingiustizia manifesta, violazione del principio di proporzionalità, carenza di motivazione per ingiustificato omesso esame della documentazione offerta in sede endoprocedimentale.

Con tale motivo i ricorrenti lamentano che la Commissione d’Indagine avrebbe acquisito documenti amministrativi in maniera parziale e discontinua, rifuggendo ogni contatto con gli “esaminati” e rifiutando di ricevere, da questi, ogni documento o chiarimento che potesse incrinare il quadro accusatorio. Infatti il Sindaco si è recato, seppur non invitato, in Prefettura a fornire documenti ed illustrazioni ma l’Amministrazione avrebbe completamente ignorato quanto prodotto dal Sindaco in funzione collaborativa.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell'Interno, costituiti in giudizio, hanno chiesto la reiezione del ricorso per infondatezza.

Con l’ordinanza n. 4049 del 5 luglio 2018 è stata disposta l’acquisizione, dall’amministrazione, in versione integrale e fermo il rispetto delle cautele imposte dalla natura classificata del testo, copia degli atti istruttori sulla base dei quali è stato emanato l’impugnato provvedimento di scioglimento.

A seguito della conoscenza della relazione conclusiva della Commissione d’accesso e degli altri atti prodotti dall’amministrazione, nonché in vista della trattazione del merito, i ricorrenti hanno depositato memoria conclusiva a ulteriore sostegno delle domande proposte e, con memoria di replica del 10 maggio 2019, hanno chiesto lo stralcio dagli atti e dei documenti depositati dall’amministrazione il 9 maggio 2019, poiché tardivi.

All’udienza pubblica del 22 maggio 2019, sentiti i difensori presenti, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Prima di passare all’esame delle singole questioni dedotte in ricorso, deve tratteggiarsi sinteticamente il quadro normativo applicabile alla fattispecie.

Ai sensi del citato art. 143 TUEL, comma 1, “ i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito di accertamenti effettuati a norma dell’articolo 59, comma 7, emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori di cui all’articolo 77, comma 2, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica ”.

Il comma 2 della stessa norma dispone che, al fine di verificare la sussistenza degli elementi di cui al comma 1, anche con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti ed ai dipendenti dell’ente locale, il prefetto competente per territorio dispone ogni opportuno accertamento, di norma promuovendo l’accesso presso l’ente interessato. In particolare, il prefetto può nominare una commissione d’indagine, composta da tre funzionari della pubblica amministrazione, attraverso la quale esercita i poteri di accesso e di accertamento di cui è titolare per delega del Ministro dell’Interno ai sensi dell’articolo 2, comma 2 quater , del D.L. 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410. Entro tre mesi dalla data di accesso, rinnovabili una volta per un ulteriore periodo massimo di tre mesi, la commissione termina gli accertamenti e rassegna al prefetto le proprie conclusioni.

Il comma 3 prevede che, entro il termine di quarantacinque giorni dal deposito delle conclusioni della commissione d’indagine, ovvero quando abbia comunque diversamente acquisito gli elementi di cui al comma 1, ovvero in ordine alla sussistenza di forme di condizionamento degli organi amministrativi ed elettivi, il prefetto, sentito il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica integrato con la partecipazione del procuratore della Repubblica competente per territorio, invia al Ministro dell’Interno una relazione nella quale si dà conto della eventuale sussistenza degli elementi di cui al comma 1 anche con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti e ai dipendenti dell’ente locale. Nella relazione sono, altresì, indicati gli appalti, i contratti e i servizi interessati dai fenomeni di compromissione o interferenza con la criminalità organizzata o comunque connotati da condizionamenti o da una condotta antigiuridica. Nei casi in cui per i fatti oggetto degli accertamenti o per eventi connessi sia pendente procedimento penale, il prefetto può richiedere preventivamente informazioni al Procuratore della Repubblica competente, il quale, in deroga all’articolo 329 c.p.p., comunica tutte le informazioni che non ritiene debbano rimanere segrete per le esigenze del procedimento.

Infine, come innanzi ricordato, secondo il comma 4 dell’art. 143 TUEL, lo scioglimento è disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’Interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri entro tre mesi dalla trasmissione della relazione di cui al comma 3, ed è immediatamente trasmesso alle Camere. Nella proposta di scioglimento sono indicati in modo analitico le anomalie riscontrate ed i provvedimenti necessari per rimuovere tempestivamente gli effetti più gravi e pregiudizievoli per l’interesse pubblico;
la proposta indica, altresì, gli amministratori ritenuti responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento. Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale comporta la cessazione dalla carica di consigliere, di sindaco, di presidente della provincia, di componente delle rispettive giunte e di ogni altro incarico comunque connesso alle cariche ricoperte, anche se diversamente disposto dalle leggi vigenti in materia di ordinamento e funzionamento degli organi predetti.

2. Appare, altresì, utile richiamare, in linea generale, gli indirizzi di interpretazione e applicazione della normativa in materia, come definiti dalla giurisprudenza costituzionale e amministrativa.

Valga per tutti quanto precisato dal Consiglio di Stato (Sez. III, 24 aprile 2015, n. 2054), secondo cui lo scioglimento del Consiglio comunale per “infiltrazioni mafiose” costituisce una misura straordinaria di prevenzione (Corte Cost. n. 103/1993), che l'ordinamento ha apprestato per rimediare a situazioni patologiche di compromissione del naturale funzionamento dell'autogoverno locale (Cons. Stato, Sez. III, 28 maggio 2013, n. 2895);
il d.P.R. con il quale è disposto lo scioglimento e la relazione ministeriale di accompagnamento costituiscono, quindi, atti di “alta amministrazione”, perché orientati a determinare ugualmente la tutela di un interesse pubblico, legato alla prevalenza delle azioni di contrasto alle c.d. “mafie” rispetto alla conservazione degli esiti delle consultazioni elettorali.

La stessa giurisprudenza amministrativa ha posto in luce che la misura di cui all'art. 143 cit. non ha natura di provvedimento di tipo “sanzionatorio” ma preventivo, con eminente finalità di salvaguardia dell’amministrazione pubblica di fronte alla pressione e all’influenza della criminalità organizzata e la possibilità di dare peso anche a situazioni non traducibili in addebiti personali, ma tali da rendere plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell'esperienza, l'ipotesi di una possibile soggezione degli amministratori alla criminalità organizzata (Cons. Stato, Sez. III, 18 ottobre 2018, n. 5970).

In relazione agli elementi sulla base dei quali può essere disposto il provvedimento di scioglimento ex art. 143 TUEL, le vicende che ne costituiscono il presupposto devono essere considerate “nel loro insieme”, non atomisticamente, e devono risultare idonee a delineare, con una ragionevole ricostruzione, il quadro complessivo del condizionamento “mafioso” (in termini: Cons. Stato, Sez. VI, 10 marzo 2011, n. 1547).

Ne consegue che assumono rilievo situazioni non traducibili in episodici addebiti personali ma tali da rendere - nel loro insieme - plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell’esperienza, l’ipotesi di una soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata (tra cui, in misura non esaustiva: vincoli di parentela o affinità, rapporti di amicizia o di affari, frequentazioni) e ciò pur quando il valore indiziario degli elementi raccolti non sia sufficiente per l’avvio dell’azione penale o per l’adozione di misure individuali di prevenzione (Cons. Stato, Sez. III, 2 luglio 2014, n. 3340).

La norma di cui all'art. 143 cit., quindi, consente l’adozione del provvedimento di scioglimento sulla scorta di indagini ad ampio raggio sulla sussistenza di rapporti tra gli amministratori e la criminalità organizzata, non limitate alle sole evenienze di carattere penale, e perciò sulla scorta di circostanze che presentino un grado di significatività e di concludenza serio, anche se – come detto - di livello inferiore rispetto a quello che legittima l'azione penale o l'adozione di misure di sicurezza (Cons. Stato, Sez. III, 6 marzo 2012, n. 1266).

Nell’esercizio del potere di scioglimento del consiglio comunale per “infiltrazioni mafiose”, trovano perciò giustificazione i margini, particolarmente estesi, della potestà di apprezzamento di cui fruisce l’Amministrazione statale nel valutare gli elementi su collegamenti, diretti o indiretti, o su forme di condizionamento da parte della criminalità di “stampo mafioso” (Cons. Stato, Sez. III, n. 3340/2014 cit.).

A ciò deve aggiungersi che, se è vero che gli elementi raccolti devono essere “concreti, univoci e rilevanti”, come è richiesto dalla “nuova formulazione” dell’art. 143, comma 1, TUEL, è tuttavia solo dall’esame complessivo di tali elementi che si può ricavare, da un lato, il quadro e il grado del condizionamento mafioso e, dall’altro, la ragionevolezza della ricostruzione operata quale presupposto per la misura dello scioglimento degli organi dell’ente, potendo essere sufficiente allo scopo anche soltanto un atteggiamento di debolezza, omissione di vigilanza e controllo, incapacità di gestione della “macchina” amministrativa da parte degli organi politici che sia stato idoneo a beneficiare soggetti riconducibili ad ambienti “controindicati” (Cons. Stato, Sez. III, 28 maggio 2013, n. 2895).

Gli elementi sintomatici del condizionamento criminale devono caratterizzarsi per “concretezza” ed essere, anzitutto, assistiti da un obiettivo e documentato accertamento nella loro realtà storica;
per “univocità”, intesa quale loro chiara direzione agli scopi che la misura di rigore è intesa a prevenire;
per “rilevanza”, che si caratterizza per l’idoneità all’effetto di compromettere il regolare svolgimento delle funzioni dell’ente locale. La definizione di questi precisi parametri costituisce un vincolo con il quale il legislatore della L. 94/2009 non ha voluto elidere quella discrezionalità, ma controbilanciarla, ancorandola a fatti concreti e univoci, in funzione della necessità di commisurare l’intervento più penetrante dello Stato a contrasto del “fenomeno mafioso” con i più alti valori costituzionali alla base del nostro ordinamento, quali il rispetto della volontà popolare espressa con il voto e l’autonomia dei diversi livelli di governo garantita dalla Costituzione (Cons. Stato, Sez. III, 20 gennaio 2016, n. 197;
id. 19 ottobre 2015, n. 4792).

Proprio in ragione della straordinarietà dell’indicata misura e della sua fondamentale funzione di contrasto alla capillare diffusione, tramite connivenza con le amministrazioni locali, della criminalità organizzata sull’intero territorio nazionale, deve ritenersi che la suindicata modifica dell’art. 143 cit. non implica una regressione della ratio sottesa alla disposizione, poiché “la finalità perseguita dal legislatore è rimasta quella di offrire uno strumento di tutela avanzata, in particolari situazioni ambientali, nei confronti del controllo e dell’ingerenza delle organizzazioni criminali sull’azione amministrativa degli enti locali, in presenza anche di situazioni estranee all’area propria dell’intervento penalistico o preventivo” (così Cons. Stato, Sez. III, 23 marzo 2014, n. 2038), nell'evidente necessità di evitare, con immediatezza, che l'amministrazione locale rimanga permeabile all'influenza della criminalità organizzata per l’intera durata del suo mandato elettorale (Cons. Stato, Sez. III, n. 3340/2014 cit.).

Sulla base di tali presupposti, quindi, e in riferimento al grado di ampiezza dei poteri di cui dispone il giudice amministrativo nell’esame delle impugnazioni di tali provvedimenti di scioglimento, considerata la suddetta natura del procedimento dissolutorio, può essere esercitato solo un sindacato di legittimità di tipo “estrinseco”, senza possibilità di valutazioni che, al di fuori dell’espressione dell’ipotesi di travisamento dei fatti o manifesta illogicità, si muovano sul piano del “merito” amministrativo (Cons. Stato, Sez. III n. 1266/2012, cit.).

3. Così tratteggiato il quadro di riferimento, preliminarmente deve essere dichiarata la tardività del deposito documentale effettuato dall’amministrazione il 9 maggio 2019, ossia oltre il termine di cui all’art. 73 c.p.a. che, dimidiato ai sensi dell’art. 119 c.p.a., spirava il 30 aprile 2019, stante la perentorietà dei termini fissati dalla citata norma (cfr. ex multis : T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. IV, 4 dicembre 2018, n. 2303;
T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 3 ottobre 2018, n. 2200;
T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I Quater , 13 settembre 2018, n. 9333).

4. L’esame del merito deve essere condotto sulla scorta di tutte le coordinate normative, interpretative e giurisprudenziali innanzi tratteggiate.

Le questioni sostanziali prospettate dai ricorrenti attengono all’asserita inesistenza, nella fattispecie, degli elementi componenti il grave quadro che legittima il ricorso alla misura straordinaria di cui si discute.

Detti elementi possono essere compiutamente desunti dalla proposta di scioglimento del Ministro dell’Interno.

Come rilevato dalla Sezione in analoghi contenziosi ( ex multis , T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 22 febbraio 2019, n. 2386;
id. 27 ottobre 2016, n. 10557;
id. 10 luglio 2015, n. 9685;
id. 21 novembre 2013, n. 9941), nell’ambito della complessità dell’ iter , sotto il profilo oggettivo e soggettivo, che caratterizza l’andamento del procedimento ex art. 143 del D.Lgs. 267/2000, la relazione ministeriale va identificata come il momento centrale di rappresentazione analitica delle anomalie riscontrate nelle fasi antecedenti alla sua adozione, e, quindi, quale vero nucleo espressivo della determinazione tecnica sottostante allo scioglimento.

Nel caso in esame, nella proposta di scioglimento formulata dal Ministero dell’Interno sono riassunte le conclusioni della commissione d’indagine, sulle cui risultanze il Prefetto di-OMISSIS- ha stilato la relazione del 28 dicembre 2017, in cui si dà atto della sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti e indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata di tipo mafioso e su forme di condizionamento degli stessi, evidenziando come l'uso distorto della cosa pubblica si sia concretizzato nel favorire soggetti o imprese collegati direttamente o indirettamente ad ambienti malavitosi.

Le risultanze di indagine su cui si sofferma la proposta ministeriale sono le seguenti.

Si dà conto innanzitutto del contesto territoriale del comune di -OMISSIS- - centro turistico situato all'interno del -OMISSIS- - caratterizzato dalla pervasiva ingerenza di agguerrite associazioni criminali, spesso in conflitto tra loro, strutturate essenzialmente su base familiare ed operanti in stretta sinergia con altri sodalizi radicati nelle aree limitrofe.

La criminalità garganica - connotata da un rigido codice di condotta interno e dalla propensione ad imporsi facendo uso di metodi particolarmente cruenti - ha nel tempo consolidato un capillare controllo del tessuto economico e sociale, anche a seguito di una lunga scia di efferati fatti di sangue e di episodi di c.d. “lupara bianca”, di cui recentemente si è registrata una recrudescenza in concomitanza con il riaccendersi della conflittualità tra le consorterie locali per il dominio del territorio.

Viene evidenziata la continuità che ha caratterizzato la conduzione dell'ente negli ultimi anni, atteso che ben quattro membri dell'attuale consiglio comunale, nonché il sindaco ed il vicesindaco, hanno fatto parte dell'amministrazione eletta nel 2010;
viene, altresì, evidenziato che diversi esponenti della compagine di governo e dell'apparato burocratico del comune - alcuni dei quali con pregiudizi di natura penale - annoverano frequentazioni ovvero relazioni di parentela o di affinità con persone controindicate o con elementi delle famiglie malavitose localmente egemoni.

Sono stati presi in considerazione anche gli atti intimidatori compiuti nel confronti del responsabile del settore polizia municipale, il quale ha più volte denunciato di avere subito danneggiamenti alla propria autovettura, pur avendo sottolineato il Prefetto che il predetto responsabile ha omesso di sporgere denuncia contro un tentativo di incendio verificatosi ad agosto 2016 sempre ai danni dell'autovettura di sua proprietà.

Particolare risalto è dato all'attività gestionale dell'ente con specifico riferimento al settore degli affidamenti di lavori e servizi pubblici, tradizionalmente esposto al rischio di infiltrazioni da parte della criminalità organizzata, nel quale assumono valore emblematico le vicende relative all'affidamento delle opere di realizzazione di un impianto sportivo aggiudicate a gennaio 2014, ai sensi dell'art. 143 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 allora vigente, ad una società il cui socio ed amministratore unico ed il cui responsabile tecnico sono stretti parenti di un noto “capoclan”.

La relazione evidenzia che sebbene le opere non risultino concluse, l’impianto risulta aperto e utilizzato, in assenza di certificato di agibilità.

Ulteriori anomalie sintomatiche di uno sviamento dell'agire amministrativo a vantaggio di ambienti controindicati sono state riscontrate in relazione alla gara informale mediante procedura negoziata per l'affidamento - limitatamente al periodo maggio-ottobre 2016 - del servizio di gestione delle aree di sosta per parcheggio a pagamento senza custodia nel centro urbano, avviata a marzo 2016. Ed invero, con determina del successivo mese di maggio il servizio è stato aggiudicato ad un'impresa il cui amministratore unico, oltre ad avere pregiudizi di natura penale, annovera frequentazioni con pregiudicati locali. Inoltre, taluni dipendenti della ditta affidataria - che è stata l'unica partecipante alla gara - sono risultati vicini a personaggi di notevole spessore criminale ed hanno tratto vantaggio dall'organizzazione del lavoro adottata dalla ditta medesima.

Sempre con riferimento al settore degli affidamenti di lavori e servizi comunali, si fa menzione di un procedimento ad evidenza pubblica avviato con delibera di giunta di maggio 2016 per la concessione annuale del servizio di gestione di un'area destinata a parcheggio pubblico, sita in una località ad elevata vocazione turistica. Anche in questo caso alla procedura ha preso parte una sola ditta, già concessionaria del servizio nei due anni precedenti, il cui titolare è ritenuto contiguo ad un potente gruppo criminale.

Viene quindi segnalato che un chiosco bar collocato nell'area verde della villa municipale è gestito da una società titolare di una concessione all'occupazione di suolo pubblico rilasciata nel 1995, il cui amministratore unico è un consigliere comunale del quale è stata documentata la vicinanza ad un personaggio con pregiudizi penali, legato alle consorterie locali, società che nel giugno 2017 è stata autorizzata ad occupare una porzione aggiuntiva di suolo pubblico, tuttavia a canone concessorio invariato.

Irregolarità altrettanto gravi e significative sono state rilevate con riferimento all'attività svolta da un'altra società - parimenti concessionaria di un chiosco bar sito in un tratto di arenile di proprietà comunale - di fatto gestita da un pluripregiudicato contiguo ad uno dei sodalizi territorialmente egemoni, il quale figura tra i dipendenti della società medesima formalmente amministrata da un suo stretto parente.

Sono stati riscontrati manufatti realizzati in difetto dei necessari titoli abilitativi su un terreno posto all'interno dell'area protetta del -OMISSIS-, in cui si trovavano in sosta, tra gli altri, tre compattatori in uso alla ditta affidataria del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani di -OMISSIS-, senza che l’amministrazione abbia effettuato controlli.

Inoltre sono segnalati numerosi affidamenti diretti, sempre alle stesse ditte che annoverano tra i propri dipendenti o amministratori taluni soggetti vicini ad ambienti malavitosi per rapporti di parentela, affinità o frequentazione.

Assume rilevanza sintomatica la circostanza che il comune - pur avendo sottoscritto a marzo 2017 un protocollo di intesa finalizzato ad ampliare l'ambito di applicazione delle misure di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 - ha omesso di svolgere accertamenti antimafia con riferimento alle imprese esercenti attività particolarmente esposte al rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata quali strutture alberghiere, locali di pubblico intrattenimento e stabilimenti balneari.

Inoltre, su circa sessanta ditte iscritte nell'elenco dei fornitori dell'ente, soltanto tre sono risultate in possesso di certificazione antimafia e nessuna di quelle operanti nel settore del movimento terra è iscritta nell'elenco dei fornitori, prestatori ed esecutori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa (c.d. -OMISSIS- ) gestito dalla Prefettura di-OMISSIS-.

Il Prefetto e la Commissione di indagine rilevano altresì che a maggio 2014 la giunta - in violazione della normativa di settore ed attingendo ad una pregressa graduatoria a tempo determinato approvata con determina dirigenziale di luglio 2013 - ha disposto l'assunzione in qualità di agenti di polizia municipale, limitatamente alla successiva stagione estiva, di un parente del menzionato pluripregiudicato contiguo alla criminalità garganica e del coniuge di un soggetto di cui sono state documentate frequentazioni con elementi delle consorterie locali. Nello specifico, l'amministrazione comunale ha proceduto all'assunzione delle medesime persone già reclutate a seguito della richiamata determina del 2013, confermandole anche per la stagione estiva del 2015.

Altra vicenda emblematica è quella relativa a due circoli privati titolari di autorizzazioni alla somministrazione di alimenti e bevande ed all'installazione di apparecchi da gioco lecito, notoriamente frequentati da soggetti controindicati, tra cui il “capoclan” di cui si è detto. In proposito, viene segnalato che a settembre 2017 un dipendente comunale è stato controllato all'interno di uno dei circoli in parola e che al momento del rilascio delle predette autorizzazioni l'amministrazione comunale ha omesso di effettuare la comunicazione di cui all'art. 19, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, provvedendo alla revoca delle stesse a seguito della motivata richiesta in tal senso da parte del Prefetto.

L'Organo ispettivo evidenzia infine che tra i fondatori di un'associazione costituita nel 2016 e beneficiaria di contributi comunali figurano uno stretto familiare del sopra indicato “capoclan”, un assessore ed il summenzionato consigliere comunale, del quale è stata documentata la vicinanza al più volte citato personaggio con pregiudizi penali legato alle consorterie locali.

5. I ricorrenti, seguendo la scansione della relazione prefettizia, contestano le su riportate circostanze, come di seguito sintetizzato.

L’amministrazione disciolta è avversaria rispetto alla precedente (2010), nella quale -OMISSIS- (sindaco e vicesindaco) erano consiglieri di opposizione. L’unica continuità sarebbe da individuare con la precedente Amministrazione commissariale prefettizia (che aveva scelto l’-OMISSIS- come responsabile addetto al Settore Lavori Pubblici, confermato dall’amministrazione -OMISSIS-).

Al di là di ogni considerazione sulla presenza delle cosche sul territorio, non dirimente sul tema con riferimento al Comune di -OMISSIS-, la Prefettura di-OMISSIS- e la Commissione di indagine avrebbero dovuto addurre elementi (univoci, concreti e rilevanti) sull'esistenza di condizionamenti, da parte di quella realtà territoriale e culturale, sull'azione amministrativa degli odierni ricorrenti: condizione che non sarebbe stata nemmeno prospettata nella parte della relazione dedicata al "contesto territoriale". Tanto che lo stesso Prefetto indica nella relazione che solo nelle liste non elette vi erano candidati imparentati con pregiudicati mentre nessuno, appartenente all’Amministrazione disciolta, ha legami con esponenti di consorterie.

Il fatto che la ditta appaltatrice della mensa scolastica avesse alle dipendenze la moglie di un pregiudicato sarebbe circostanza non addebitabile all’amministrazione, atteso che l’appalto per il servizio di preparazione, trasporto e somministrazione dei pasti per gli alunni della scuola materna fu originariamente affidato ad altra ditta, la -OMISSIS-, cui subentrò nell’aggiudicazione -OMISSIS- in esecuzione della sentenza del Tar Puglia n. 541 del 23 aprile 2014. Inoltre gli amministratori comunali non avrebbero potuto in alcun modo interferire sulle assunzioni di personale della ditta aggiudicataria.

I ricorrenti poi affermano:

- che la procedura di concessione degli impianti sportivi in -OMISSIS-è stata svolta durante il mandato della precedente Amministrazione;

- che la ditta -OMISSIS- che gestisce il parcheggio di -OMISSIS- non è stata scelta dall’Amministrazione ma è risultata vincitrice di apposita gara nella quale, malgrado vi fossero sei manifestazioni di interesse, nessuno ha impugnato l’aggiudicazione;
il ritardo nei pagamenti è stato oggetto di immediata contestazione, per cui sarebbe errata l’affermazione secondo cui i ricorrenti avrebbero attivato le procedure di recupero solo dopo l’insediamento della commissione prefettizia;
l’Ente sarebbe privo di strumenti normativi e convenzionali per intervenire sulla scelta dell’azienda aggiudicataria dei dipendenti da assumere;

- che per il parcheggio località -OMISSIS-, la concessione è stata affidata con gara, il 17 giugno 2016, alla -OMISSIS-con sede in -OMISSIS- alla -OMISSIS-, che il sig. -OMISSIS-, dalla documentazione esibita, risulta incensurato;
che la prosecuzione abusiva dell’attività è stata sanzionata al -OMISSIS- dalla Polizia Municipale di -OMISSIS-;

- che l’incendio al veicolo del Comandante della Polizia municipale non è stato denunciato perché avvenuto per autocombustione, come certificato dagli stessi Vigili del Fuoco intervenuti sul posto;

- che il sig. -OMISSIS- da oltre venti anni, consigliere comunale dal 2014, è un onesto insegnante di scuola superiore e gestisce una società titolare di una concessione all’occupazione di suolo pubblico rilasciata nel lontano 1995, di cui ha chiesto l’ampliamento, autorizzato (e quindi soggetto al pagamento per l’occupazione di suolo pubblico) dal 23 gennaio 2018, data di sottoscrizione della convenzione, e solo da questa data e non dalla data delle determinazioni dirigenziali, come erroneamente indicato nella relazione del Prefetto;

- che il lavoro degli LSU non avrebbe nulla a che vedere con condizionamenti mafiosi;

- che dal 25 maggio 2014 (data delle elezioni amministrative) alla data di redazione della relazione prefettizia l’Amministrazione Comunale disciolta non ha rilasciato alcuna concessione demaniale al porto alla -OMISSIS- né alcun rinnovo a tale soggetto;

- che l’esercizio commerciale denominato “-OMISSIS-, è stato ceduto dal concessionario in fitto di azienda alla sig.ra -OMISSIS-, incensurata e titolare dei requisiti di legge, per cui il fatto che sia moglie di un soggetto che, seppure anch’egli incensurato, è stato controllato in compagnia di un pluricensurato, non avrebbe rilevanza;

- che il -OMISSIS-, è in concessione alla società -OMISSIS- il cui socio accomandatario, il dott. -OMISSIS-, è padre di un soggetto pregiudicato, tuttavia i precedenti penali del figlio non avrebbero attitudine a cancellare l’integrità di un settantenne incensurato;

- che le opere accertate il 24 ottobre 2017 dai Carabinieri Forestali nel territorio di -OMISSIS- non sarebbero abusive risultando agli atti del Comune una SCIA per parcheggio;

- che gli incarichi alla -OMISSIS-non sarebbero difformi dall’attività prevalente di “Autoparcheggio a cielo aperto” e sarebbero stati regolarmente affidati con gara;

- che gli interventi di valorizzazione turistico – ricreativa dei boschi, in località “-OMISSIS-”, sono stati affidati all’unico operatore economico locale in possesso dei requisiti previsti dalla legge, per il quale peraltro vi è stato il rilascio di una comunicazione antimafia liberatoria;

- che non vi sarebbero le asserite irregolarità riscontrate nella procedura di assunzione a tempo determinato di agenti della polizia municipale, in quanto le due agenti della Polizia Locale sono state attinte da una graduatoria della durata triennale fino al 31 dicembre 2015 che si è formata a seguito di un concorso pubblico;

- che la contestazione riferita ai Circoli ricreativi sarebbe incomprensibile atteso che l’Ente non potrebbe elevare sanzioni ulteriori o diverse da quelle già richieste dall’Autorità;

- che le contestazioni riferite all’asserito carente utilizzo degli strumenti di prevenzione antimafia sarebbero infondate avendo l’Ente rispettato con la massima attenzione la normativa del Codice Antimafia.

6. A mezzo dei su riportati rilievi i ricorrenti puntano, in sostanza, ad affermare che l’organo politico da una parte ha agito molto, e bene, per fronteggiare i più gravi problemi che da anni affliggono l’Ente ed il relativo territorio, d’altra parte che esso organo politico non poteva essere al corrente della contiguità alle locali cosche criminali di alcune imprese affidatarie di servizi o lavori, in quanto non ancora colpite da interdittive antimafia, né poteva impedire attività commerciali a soggetti incensurati, solo perché imparentati con esponenti della criminalità organizzata o pregiudicati.

Il Collegio innanzitutto osserva che gli anzidetti rilievi sono formulati parcellizzando la visione di insieme che, viceversa, come si è detto, sottende al giudizio di permeabilità delle istituzioni al condizionamento mafioso, con la conseguenza che l’apprezzamento giudiziale delle acquisizioni prefettizie e della commissione d’indagine non può essere effettuata mediante estrapolazione di singoli fatti ed episodi, al fine di contestare l'esistenza di taluni di essi ovvero di sminuire il rilievo di altri in sede di verifica del giudizio conclusivo sull'operato consiliare.

7. Per comprendere appieno la condizione oggettiva in cui operano le amministrazioni locali è necessario tratteggiare, per quanto possibile sinteticamente, la situazione della criminalità organizzata in provincia di-OMISSIS-, come ricostruita dalla Commissione d’indagine.

Risulta dalla relazione della Commissione che, nella suddetta provincia, operano, da oltre un ventennio, tre grosse organizzazioni di tipo mafioso, riconosciute con sentenze definitive: la prima, denominata "-OMISSIS-", operante sul capoluogo e i comuni del centro-nord della provincia, strutturata in "batterie" che fanno diretto riferimento a un nucleo di vertice costituito da personaggi carismatici del crimine locale, ciascuno a capo della rispettiva batteria;
la seconda, denominata "-OMISSIS-", organizzata su tre livelli, "i milanesi, o, i più grandi di tutti", "i grandi" e "i piccoli", che opera in "squadre", con base operativa a -OMISSIS-;
la terza, denominata "-OMISSIS-", avente una struttura mista, con modulo di tipo federato e forte caratterizzazione su base familiare, egemone sui territori di -OMISSIS-. In area garganica, inoltre, negli ultimi anni ha assunto un notevole rilievo sul piano criminale un'organizzazione egemone a -OMISSIS-, oggi al centro di un violento scontro per la definizione degli assetti e di nuove alleanze, con i chiari connotati del sodalizio mafioso.

Gli ambiti di influenza spaziano dalle estorsioni agli stupefacenti, dalle rapine al riciclaggio, comprese le truffe di consistente entità perpetrate ai danni sia di enti pubblici che di compagnie assicurative, anche attraverso la ricerca di collegamenti con la P.A..

Nel descrivere la situazione della criminalità-OMISSIS-na, la Commissione di indagine riferisce che nella stessa assume rilievo centrale la -OMISSIS-qualificata dalla Corte di Cassazione, con sentenza resa il 13 ottobre 1999, associazione di stampo mafioso, come già visto suddivisa in "batterie", che controllano e monopolizzano interi settori di attività illecita, quali il traffico di sostanze stupefacenti e le estorsioni, con la commissione strumentale di una serie di omicidi e tentati omicidi.

La forza intimidatoria delle suddette “batterie” e il modus operandi degli associati nella commissione dei reati è stata ritenuta tale da indurre le vittime a ricondurre “ il loro stato di assoggettamento a quella che avvertono come una unica, duratura e potente organizzazione criminale ” (così nella relazione della Commissione). Afferma, inoltre, la relazione che “ Nella maggior parte dei casi il condizionamento ambientale è talmente pervasivo che lo scopo estorsivo viene raggiunto anche in assenza di riferimenti a concrete ed esplicite minacce, così come, alcune operazioni (….) hanno messo in luce situazioni di acquiescenza alla richiesta estorsiva che potrebbe sfumare in vera e propria contiguità, basata su di un calcolo di convenienza ”.

Sebbene la presenza di tali numerosi gruppi criminali autoctoni non favorisca la presenza stabile nella provincia di-OMISSIS- di altre organizzazioni criminali nazionali, tuttavia, sono stati segnalati contatti e sinergie nella gestione delle attività illecite da parte della mafia-OMISSIS-na con la criminalità organizzata campana e di quella garganica, lucerina, sanseverese e -OMISSIS-na con alcune importanti cosche calabresi, segnatamente nel campo degli stupefacenti.

A tali organizzazioni si aggiungono gruppi di criminalità stranieri, dell'est Europa (soprattutto bulgari e romeni), del nord e centro Africa (in particolare nigeriani), cui si affiancano le criticità derivanti, a -OMISSIS-, dalla presenza di autentiche “ bidonville ” abusive, sorte a ridosso del comprensorio del -OMISSIS- e in aperta campagna, che determinano ulteriori criticità in tema di ordine e sicurezza pubblica, anche a causa delle degradate condizioni di vita, talvolta alla base di tragici episodi.

Nel descritto quadro ambientale si inserisce la situazione di -OMISSIS-, decisamente interessata dalle dinamiche criminali della mafia del -OMISSIS-, che hanno ivi originato numerosissimi fatti di sangue, dal 2000 a oggi, il cui comune denominatore è l'efferatezza, la ferocia, ma anche il senso di impunità, in quanto nei molti processi celebrati è stata l'omertà a condizionarne gli esiti.

Riferisce la relazione che i nomi delle vittime di tali delitti, ivi dettagliatamente riportati, “ torneranno più avanti, con inquietante frequenza, collegati a quelli presenti nella compagine politica del Comune, in quella dei suoi dipendenti, nelle società che dal Comune di -OMISSIS- traggono lavori, incarichi, denaro, e tra quelli di chi, a -OMISSIS-, sa di poter approfittare della Cosa Pubblica senza la preoccupazione di controlli e verifiche, sicuro di poter rafforzare e prosperare il proprio "rispetto" ”.

La relazione osserva che la quantità di omicidi, tentati e consumati, è ancora più impressionante se rapportata alla popolazione: poco più di 6.000 (seimila) persone sono infatti letteralmente in ostaggio del terrore, autentico, che pochi hanno nel tempo saputo diffondere. Dopo oltre 15 pagine in cui elenca gli episodi criminosi e i pregiudizi occorsi nel territorio cittadino, la relazione segnala, in particolare, alcuni nominativi tratti da una indagine dei Carabinieri, che, con il carico del loro potere intimidatorio, frutto della loro capacità criminale, condizionano a proprio vantaggio, diretto o indiretto, la vita a -OMISSIS-, anche nel modo più subdolo, senza cioè aver nemmeno più bisogno di chiedere.

La Commissione osserva che il perseguimento degli obiettivi criminali “ presuppone inevitabilmente l'incrocio con i pubblici poteri e, innanzi tutto, con gli enti locali, le cui decisioni o, se si preferisce, le cui politiche, possono essere essenziali per ostacolare tali disegni di infiltrazione. Ovviamente, laddove le classi politiche locali tendono ad agevolare i disegni di infiltrazione mafiosa o, quanto meno, restano colpevolmente o anche per semplice ignavia inerti, il risultato inevitabile è il progressivo consolidamento delle organizzazioni criminali e l'acquisizione di un controllo del territorio anche sotto il profilo delle attività economiche, con conseguenze distorsive sull'armonioso sviluppo delle comunità ”;
riferisce che, in esito a un'analoga attività di accertamento, con D.P.R. 20 luglio 2015 veniva disposto lo scioglimento del consiglio comunale di -OMISSIS- ai sensi dell'art. 143, T.U.E.L., comune non solo confinante con -OMISSIS-, ma storicamente legato a quel territorio tenuto conto che fino ad alcuni decenni addietro -OMISSIS- non era che una frazione di -OMISSIS-.

8. Osserva il Collegio che il descritto quadro ambientale è essenziale per comprendere il contesto in cui operava l’amministrazione disciolta con l’impugnato provvedimento.

Deve infatti rilevarsi che, per quanto suggestivi, i rilievi di parte ricorrente non sono idonei a spiegare alcune significative anomalìe rilevate dalla Commissione prefettizia, indicative di possibile condizionamento da parte di una criminalità organizzata di stampo mafioso, come si è visto fortemente radicata sul territorio.

Non può essere condivisa la tesi dei ricorrenti secondo cui la presenza delle cosche sul territorio non sarebbe dirimente sul tema con riferimento al Comune di -OMISSIS-, atteso che l’amministrazione ha evidenziato che il Comune in questione è moto piccolo, circa 6.000 abitanti, per cui è non solo ragionevole ma fisiologico che organizzazioni criminali così ampie, così capillarmente diffuse e tanto potenti, abbiano esponenti imparentati con amministratori locali o siano direttamente coinvolti con la gestione della cosa pubblica.

Non coglie nel segno l’osservazione, che secondo parte ricorrente deporrebbe per l’erroneità della ricostruzione prefettizia, che il Prefetto indica nella relazione che, solo nelle liste non elette, vi erano candidati imparentati con pregiudicati mentre nessuno, appartenente all’Amministrazione disciolta, ha legami con esponenti di consorterie;
invero tale affermazione va contestualizzata con la considerazione successiva in cui si osserva che la partecipazione alla competizione elettorale di soggetti a vario titolo legati alla criminalità evidenzia una indubbia permeabilità del mondo politico locale alla cooptazione di personalità quanto meno "inopportune".

Nel dare atto che la famiglia del Sindaco,-OMISSIS-, “non risulta avere legami di parentela né frequentazioni con i pregiudicati di -OMISSIS-, legati alla criminalità organizzata garganica” e che quasi tutti gli amministratori sono incensurati, la relazione commissariale tuttavia riferisce: di frequentazioni controindicate di -OMISSIS- consigliere di maggioranza;
la circostanza che-OMISSIS-, Assessore e consigliere di maggioranza, è coniugata con -OMISSIS- che risulta avere frequentazioni controindicate;
di frequentazioni controindicate di -OMISSIS-;
di una intervista rilasciata nel corso di una trasmissione televisiva da -OMISSIS-, padre non convivente di -OMISSIS-, Assessore e consigliere di maggioranza, per la quale l’estensore di un volantino anonimo diffuso in città lo accusa di aver negato l'esistenza del fenomeno mafioso all'interno del Comune di -OMISSIS-, nonché di gravi atti vandalici subiti da costui ad un immobile di sua proprietà, sito in area confinante a quella di un esponente della criminalità, che hanno indotto il -OMISSIS- ad abbandonare la proprietà senza sporgere alcuna denuncia per il suddetto accadimento;
che -OMISSIS- è nipote di -OMISSIS-, che ha come attività prevalente la silvicoltura ed altre attività forestali ed ha effettuato lavori per conto del Comune, come, ad esempio, da contratto d'appalto del 29 ottobre 2015, per interventi di "Valorizzazione turistico- ricreativa dei boschi in località -OMISSIS-, mediante la realizzazione di percorsi naturalistici e ginnici", in territorio di -OMISSIS-, nel cui Consiglio di amministrazione sedevano in passato anche soggetti ritenuti legati a clan criminali.

La Commissione riferisce che il Consigliere di maggioranza -OMISSIS-è censurato ed è il suocero di -OMISSIS- che ha precedenti di Polizia, risulta collegato a clan mafiosi e frequentatore di malavitosi ed è cugino del noto pluripregiudicato -OMISSIS-", attualmente sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari.

La relazione si sofferma su ulteriori numerosi fatti, anche riguardanti i consiglieri di opposizione, complessivamente indicatori del legame esistente tra gli amministratori ed esponenti delle organizzazioni criminali, o per rapporti di parentela, o per frequentazioni, o per interessi economici e commerciali, ivi comprese le circostanze specifiche su cui si appuntano i rilievi dei ricorrenti.

A seguire si sofferma sul contesto politico-amministrativo e sugli addetti agli uffici comunali, alcuni dei quali attinti da precedenti penali o legati ad esponenti della malavita, riferisce di agenti della Polizia Municipale, alcuni dei quali censurati ed altri che sono stati vittime di reati, senza tuttavia denunciarli, ovvero denunciandoli senza tuttavia fornire alcun elemento utile alle indagini.

Un altro profilo valorizzato dalla Commissione d’indagine è quello relativo: alle dichiarazioni rilasciate dall'assessore -OMISSIS- in occasione della revoca dell'incarico da parte del Sindaco -OMISSIS-, aventi ad oggetto la totale continuità di quest’ultimo con chi guidava l'Amministrazione precedente “da cui prende ordini”;
le dichiarazioni rese da -OMISSIS-, che si è dimesso il 24 agosto 2015 avendo registrato "la inspiegabile forte contrarietà personale del sindaco alle mie due note di richiesta di chiarimenti in merito all'appalto relativo alla "Gestione integrata del servizio di illuminazione pubblica", realizzazione di interventi di efficienza energetica e di adeguamento normativo sugli impianti, mediante il sistema di finanziamento tramite terzi, che vede esposto il Comune di -OMISSIS- per diversi milioni di euro e per venti anni, nei confronti della "-OMISSIS-", società oggetto di indagini per corruzione verso amministrazioni locali e per i consolidati legami con organizzazioni criminali mafiose", nonché " i gravi e reiterati episodi di stravolgimento delle delibere di Giunta da parte del sindaco, rispetto a quelli discussi nelle riunioni di Giunta";
le dimissioni, in data 19 settembre 2016, dell'assessore -OMISSIS-stigmatizzando pubblicamente "la mancanza di rispetto delle persone, di trasparenza degli atti e di collegialità nelle decisioni della Giunta".

Infine la relazione analizza quanto emerso dall'attività di accesso presso gli uffici comunali, ossia tutte quelle vicende su cui esclusivamente si appuntano analiticamente le censure dei ricorrenti.

9. Il Collegio ritiene, alla luce dell’ampia disamina dei fatti innanzi compiuta, che la valutazione effettuata dalla Amministrazione nell’atto impugnato, considerata globalmente ed unitariamente, risponda ai criteri che la giurisprudenza innanzi citata ha enucleato per stabilire se la decisione di sciogliere un comune ai sensi dell’art. 143 T.U.E.L. possa considerarsi legittima in quanto rispondente a ragionevolezza e logicità;
ciò in quanto le vicende che costituiscono il presupposto sulla base del quale può essere disposto il provvedimento di scioglimento ex art. 143 TUEL devono essere, come già visto, considerate “nel loro insieme”, non atomisticamente, e devono risultare idonee a delineare, con una ragionevole ricostruzione, il quadro complessivo del condizionamento “mafioso” (in termini: Cons. Stato, Sez. VI, 10 marzo 2011, n. 1547).

Sulla legittimità della decisione impugnata non può incidere la circostanza che il condizionamento mafioso sia esercitato da dipendenti all’insaputa degli amministratori o da alcuni degli amministratori ad insaputa degli altri: non trattandosi, infatti, di una misura “sanzionatoria”, essa non è finalizzata a punire condotte illecite caratterizzate da coscienza e volontà;
ciò che conta, in definitiva, è la constatazione che l’attività dell’ente risulti asservita, anche solo in parte, agli interessi delle consorterie mafiose, giacché tale constatazione denuncia che l’organo politico non è in grado, per complicità, connivenza, timore o mera incompetenza, di prevenire o di contrastare efficacemente il condizionamento mafioso (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 5 febbraio 2019, n. 1433).

Dall’ art. 143, comma 2, T.U.E.L. innanzi richiamato si evince che il condizionamento degli amministratori ad opera della criminalità organizzata di stampo mafioso, ovvero un loro collegamento diretto o indiretto alle relative consorterie, può legittimamente essere presunto ove tali collegamenti o condizionamenti siano acclarati – mediante l’accertamento di elementi concreti, univoci e rilevanti - in capo ai dipendenti o ai dirigenti dell’ente locale.

Sicché, ad evitare la decisione di sciogliere l’ente – pur sempre possibile ai sensi dell’art. 143, comma 5, T.U.E.L. – gli amministratori hanno l’onere di dimostrare di aver agito non solo per riportare ordine nella amministrazione dell’ente, ma più specificamente per individuare e contrastare le forme e le fonti del condizionamento mafioso, e del conseguente pregiudizio per l’ente.

I ricorrenti molto hanno scritto per dimostrare di aver cercato di mettere ordine nella amministrazione dell’ente, ma tutti gli elementi presi in esame depongono per una inefficace attività di contrasto. Viceversa, dall’esame complessivo di tutte le circostanze evidenziate è possibile ricavare la ragionevolezza della ricostruzione del quadro di condizionamento mafioso, assunto nel caso di specie come presupposto per lo scioglimento dell’organo consiliare.

Il provvedimento impugnato non solo risponde ai criteri individuati dalla giurisprudenza in subjecta materia , ma l’intervento dissolutorio risulta poggiare su elementi concreti, univoci e rilevanti dai quali emerge un quadro indiziario grave, adeguatamente trasfuso nella motivazione del decreto presidenziale di scioglimento.

Né rileva la censura per cui la relazione prefettizia non avrebbe valorizzato l’attività positiva posta in essere dall’amministrazione disciolta, atteso che si tratta di elementi fattuali che, come già visto, non sono in grado di smentire la rilevanza e la significatività dei molti altri elementi, indicativi dei condizionamenti subiti dalla disciolta amministrazione comunale.

10. Infondata è anche la doglianza secondo cui l’amministrazione non avrebbe tenuto conto dell’apporto spontaneamente fornito dal Sindaco, atteso che in più di un passaggio la relazione della Commissione d’indagine riporta affermazioni e circostanze evidenziate dallo stesso.

Conclusivamente, per quanto precede, il ricorso deve essere respinto.

11. Per completezza deve osservarsi che il particolare profilo, su cui si è soffermato il difensore anche nel corso della discussione orale, riguardante l’interesse dei ricorrenti ad ottenere una pronuncia che li riconosca non legati o, in qualche modo contigui, alla criminalità organizzata di “stampo mafioso”, il Collegio rileva che, in conseguenza dello scioglimento del Consiglio Comunale per presunti condizionamenti mafiosi, gli amministratori sono sottoposti a giudizio di incandidabilità ex art. 143, comma 11, D.Lgs. 267/2000 nella competente sede giudiziaria (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 2 marzo 2018, n. 2327).

Tale norma dispone “ Fatta salva ogni altra misura interdittiva ed accessoria eventualmente prevista, gli amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento di cui al presente articolo non possono essere candidati alle elezioni per la Camera dei deputati, per il Senato della Repubblica e per il Parlamento europeo nonchè alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, in relazione ai due turni elettorali successivi allo scioglimento stesso, qualora la loro incandidabilità sia dichiarata con provvedimento definitivo. Ai fini della dichiarazione d'incandidabilità il Ministro dell'interno invia senza ritardo la proposta di scioglimento di cui al comma 4 al tribunale competente per territorio, che valuta la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 con riferimento agli amministratori indicati nella proposta stessa …”.

In proposito la giurisprudenza amministrativa ha osservato che l’incandidabilità, pronunciata con provvedimento dell’Autorità giurisdizionale, ai sensi dell’art. 143, comma 11, TUEL, non è conseguenza automatica dello scioglimento del Comune (cfr. da ultimo: T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 3 maggio 2019, n. 5584, che richiama Cons. Stato, Sez. III, 7 dicembre 2017 n. 5782, id. 28 giugno 2017, n. 3170 e T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 5 ottobre 2016, n. 10049).

Anche la Corte di Cassazione ha affermato che l'incandidabilità degli amministratori non è automatica, ma richiede una valutazione delle singole posizioni in nome del diritto costituzionale all'elettorato passivo, per verificare che collusioni o condizionamenti abbiano determinato una cattiva gestione della cosa pubblica (Cass., Sez. I, 11 gennaio 2017, n. 516).

Viceversa – come detto - lo scioglimento del Consiglio comunale “per infiltrazioni mafiose” costituisce una misura straordinaria di prevenzione (Corte Cost. n. 103/1993), che l'ordinamento ha apprestato per rimediare a situazioni patologiche di compromissione del naturale funzionamento dell'autogoverno locale (Cons. Stato, Sez. III, 24 aprile 2015, n. 2054;
id. 28 maggio 2013, n. 2895);
ne consegue che assumono rilievo situazioni non traducibili in (anche episodici) addebiti personali ma tali da rendere - nel loro insieme - plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell’esperienza, l’ipotesi di una soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata e ciò pur quando il valore indiziario degli elementi raccolti non sia sufficiente per l’avvio dell’azione penale o per l’adozione di misure individuali di prevenzione (Cons. di Stato, Sez. III, 2 luglio 2014, n. 3340).

Dunque “lo scioglimento del Consiglio comunale prescinde dall’accertamento di responsabilità di singoli soggetti ed è rimedio attraverso il quale il legislatore ha inteso ovviare ad una condizione patologica dell’ente nel suo complesso. Il provvedimento di scioglimento non è quindi la conseguenza di responsabilità del singolo amministratore…” e “L’unico provvedimento al quale si potrebbe quindi semmai riconoscere natura sanzionatoria, è, invece, quello, diverso, ex art. 143, comma 11 TUEL, con il quale viene decretata l’incandidabilità ed il quale è adottabile nei confronti dei soggetti ritenuti responsabili dello scioglimento” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, n. 5782/17 e n. 3170/17, cit.).

In definitiva, si tratta di giudizi autonomi che hanno ad oggetto accertamenti distinti: quello di incandidabilità una valutazione delle singole posizioni e dei singoli comportamenti, ove può essere adeguatamente tutelato l’interesse di ciascun amministratore a sentirsi dichiarare estraneo a qualunque coinvolgimento con la criminalità organizzata, laddove il presente giudizio verte sulla legittimità del provvedimento di scioglimento del Consiglio comunale, il quale, come si è detto, prescinde dall’accertamento di responsabilità di singoli soggetti (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 11 giugno 2019, n. 7575).

12. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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