TAR Napoli, sez. V, sentenza 2015-07-07, n. 201503627

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. V, sentenza 2015-07-07, n. 201503627
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201503627
Data del deposito : 7 luglio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02512/2011 REG.RIC.

N. 03627/2015 REG.PROV.COLL.

N. 02512/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2512 del 2011, proposto da:
Istituto di Vigilanza Privata "Il Gatto"S.A.S., rappresentato e difeso dall'avv. A V, con domicilio eletto presso Antonio Messina in Napoli, viale Gramsci N. 19;

contro

Questura di Napoli, Ministero dell'Interno, rappresentati e difesi per legge dall'Avvoc.Distrett.Stato Napoli, domiciliata in Napoli, Via Diaz, 11;

per l'annullamento

REGOLAMENTO DI SERVIZIO DEGLI ISTITUTI DI VIGILANZA PRIVATA OPERANTI NELLA PROVINCIA DI NAPOLI,

APPROVATO DAL QUESTORE IN DATA

23/02/2011.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Questura di Napoli e di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 giugno 2015 il dott. C B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente istituto di vigilanza “ il Gatto” s.a.s. ed alcuni altri istituti di vigilanza privata impugnavano il regolamento ministeriale del 1.12.2010 pubblicato in G.U. del 15.02.2011, che definisce le caratteristiche minime cui deve conformarsi “il progetto organizzativo e tecnico operativo di ciascun istituto e stabilisce “i requisiti di capacità tecnica necessari per la direzione degli stessi”, dinanzi al Tar Lazio.

Il Tar Lazio con sentenza n. 2103/2013 ha accolto parzialmente il ricorso e annullato in parte il provvedimento impugnato.

Con il ricorso in esame l’istituto di vigilanza ha impugnato il regolamento di servizio degli istituti di vigilanza operanti nella provincia di Napoli, adottato dal Questore di Napoli in data 23 febbraio 2011.

Il gravame è affidato alle seguenti censure:

- violazione e falsa applicazione degli artt. 133 e ss. RD 18.06.1931, n.773;

- violazione degli artt. 240 e ss. RD 06.05.1940, n.635;

- violazione degli artt. 41 e 97 Cost;

- violazione degli artt. 2 e 3 R.D.L. 26.09.1935, n.1952;

- violazione degli artt. 1 e 3 l. 241/90;
violazione dell’art. 17 comma 1, lett. c) l. 400/88;

- eccesso di potere per violazione del giusto procedimento;
illogicità, sproporzione;
incompetenza, contraddittorietà, difetto di istruttoria e di motivazione, inesistenza dei presupposti.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata, depositando memoria difensiva e documenti.

Giova premettere una sintetica ricognizione del quadro normativo.

Ai sensi dell’art. 257 del r.d. 6 maggio 1940, n. 635 (regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), i soggetti che richiedono il rilascio della licenza per le attività di vigilanza ex art. 134 TULPS debbono corredare la domanda con un progetto organizzativo e tecnico-operativo dell'istituto (art. 257, co. 2) e con un progetto di regolamento tecnico dei servizi che si intendono svolgere (art. 257, co. 3, in base al quale esso «dovrà risultare adeguato, per mezzi e personale, alla tipologia degli stessi, all'ambito territoriale richiesto, alla necessità che sia garantita la direzione, l'indirizzo unitario ed il controllo dell'attività delle guardie particolari giurate da parte del titolare della licenza, o degli addetti alla direzione dell'istituto, nonché alle locali condizioni della sicurezza pubblica»).

La caratteristiche minime cui deve conformarsi il progetto organizzativo ed i requisiti minimi di qualità degli istituti e dei servizi sono determinati con decreto del Ministro dell’interno (art. 257, co. 4).

Al Questore, cui spetta la vigilanza sul servizio delle guardie particolari giurate (art. 249, co. 5, r.d. n. 635/40;
art. 1 r.d.l. 26 settembre 1935, n. 1952, conv. con legge 19 marzo 1936, n. 508) e sugli istituti di vigilanza privata (art. 1 r.d. 12 novembre 1936, n. 2144), è affidata invece la potestà di approvare le modalità con cui deve essere eseguito il servizio espletato con l’impiego di guardie particolari giurate, le quali modalità debbono essergli sottoposte da coloro che tali guardie utilizzino (art. 2 r.d.l. n. 1952/35).

Nell’esercizio di questo potere «è data facoltà al Questore di modificare le norme di servizio proposte […] e di aggiungervi tutti quegli obblighi che ritenesse opportuno nel pubblico interesse» (art. 3 r.d.l. n.1952/35).

Il potere del Ministro dell’Interno di determinare le caratteristiche ed i requisiti minimi di cui all’art. 257 r.d. 635/40 è stato, di recente, esercitato con il decreto ministeriale del 1° dicembre 2010, n. 557/PAS/10971.10089.D(1)Reg.


L’istituto di vigilanza ricorrente ha impugnato il “regolamento di servizio degli istituti di vigilanza operanti nella provincia di Napoli” adottato dal Questore di Napoli in data 23 febbraio 2011, sostenendo che, alla luce del suddetto quadro normativo, al Questore non sarebbe consentito l’esercizio in materia di potestà regolamentari.

Tale motivo di ricorso che muove dal presupposto della natura regolamentare dell’atto emanato dal Questore di Napoli non merita accoglimento.

Ritiene il Collegio, infatti, che, in assenza di qualsivoglia deroga all’obbligo degli istituti di vigilanza privata di presentare al Questore per l’approvazione un proprio regolamento di servizio redatto sulla base delle regole tecniche dettate con decreto ministeriale, debba attribuirsi all’atto della Questura di Napoli, solo apparentemente regolamentare ed impositivo alle singole imprese di un regolamento di servizio eteronomo, piuttosto la natura di documento con cui la autorità preposta al controllo ed all’approvazione dei singoli regolamenti d’istituto individua semplicemente, in via preventiva e generalizzata, i parametri cui intende attenersi nell’esercizio del potere autorizzatorio che la legge le attribuisce ( Tar Campania sent. n. 5509/2011).

Rientra nelle migliori prassi amministrative proprie della autorità pubbliche di vigilanza e controllo, rispondendo a principi di coerenza, trasparenza e buona amministrazione, la predeterminazione e pubblicizzazione dei criteri ai quali tali autorità intendono informare la propria azione. In tal modo, infatti, i soggetti destinatari di tale azione sono resi preventivamente avvertiti degli indirizzi e del tipo di valutazioni cui si adeguerà l’esercizio discrezionale del potere e possono, quindi, prepararsi in anticipo a quanto richiesto.

Nel caso di specie il Questore gode, appunto, di un ampio potere di aggiungere alle norme di servizio proposte dagli istituti privati di vigilanza «tutti quegli obblighi che ritenesse opportuno nel pubblico interesse» (art. 3 r.d.l. n.1952/35), fermo restando il rispetto delle ordinarie regole, sostanziali e procedimentali, che presidiano il legittimo svolgersi dell’attività provvedimentale della pubblica amministrazione.

In questi termini, nulla vieta che possa predisporre un modello o schema di regolamento tipo cui le imprese possono rifarsi.

La seconda censura mossa dal ricorrente concerne la difformità tra quanto previsto dal regolamento ministeriale del 01.12.2010 e l’impugnato provvedimento.

Ad avviso del ricorrente l’obbligo imposto agli istituti, ai sensi degli artt. 1, lett. e) f) g);
4 e 10 del regolamento questorile, di regolare il rapporto di lavoro delle guardie particolari giurate con le disposizioni contenute nel CCNL di categoria, è illegittimo in quanto non previsto da alcuna disposizione legislativa e regolamentare: i contratti di comparto, infatti, sono atti di autonomia negoziale delle parti, non vincolanti per i soggetti, come l’istituto ricorrente, che non aderiscono ad alcuna associazione sindacale firmataria.

L'obbligo di osservanza delle disposizioni del CCNL risulta erroneo anche sotto altro profilo, perché postula che le GPG debbano essere necessariamente dipendenti degli Istituti di Vigilanza e che l'attività non possa essere svolta da lavoratori autonomi.Al contrario, la giurisprudenza amministrativa ha rilevato che l'attività di GPG può essere espletata anche da lavoratori autonomi, non ravvisandosi nel dettato degli artt. 133 e 134 TULPS alcuna ragione ostativa al riguardo (cfr. TAR Emilia, Bo, I, 672/04;
Cons. Stato, I Parere 5.03.96 n. 241).

Tale possibilità di svolgimento dell'attività di GPG quale lavoratore autonomo è stata evidenziata anche dalla Sezione Consultiva Atti Normativi del Consiglio di Stato, nel parere n. 4251/2010 reso sul progetto di Regolamento.

A parere del Collegio, secondo un linea ermeneutica già emersa nella citata sentenza del Tar Lazio n. 2103/2013, la censura è fondata in quanto a mezzo di una disposizione contenuta in un regolamento di servizio, si è introdotto un obbligo, relativo all'integrale osservanza della contrattazione collettiva di settore, che non è previsto da alcuna disposizione legislativa e regolamentare.

Ciò non vuol dire, però, che gli istituti di vigilanza siano esonerati dal rispetto della contrattazione collettiva, perché l’art. 257-quater, co. 2, lett. b), del R.D. n. 635/1940, stabilisce che “Le licenze sono altresì revocate o sospese quando è accertato: … b) la reiterata adozione di comportamenti o scelte, ivi comprese quelle attinenti al superamento dei limiti della durata giornaliera del servizio o ad altre gravi inadempienze all'integrale rispetto della contrattazione nazionale e territoriale della vigilanza privata, che incidono sulla sicurezza delle guardie particolari o sulla qualità dei servizi resi in rapporto alla dotazione di apparecchiature, mezzi, strumenti ed equipaggiamenti indispensabili per la sicurezza, alle esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, alle prescrizioni dell'autorità ed alle determinazioni del questore ai sensi del regio decreto-legge 26 settembre 1935, n. 1952 convertito dalla legge 19 marzo 1936, n. 508.”.

Il rispetto di quanto stabilito a livello di contrattazione collettiva della vigilanza privata, in sostanza, è stabilito dal citato RD n. 635/1940 ai fini dell’irrogazione delle sanzioni (mediante l’adozione di un provvedimento vincolato) della sospensione o della revoca della licenza, e non ai fini del rilascio della stessa, e le violazioni alla contrattazione collettiva che rilevano ai fini che interessano in questa sede non sono tutte quelle possibili ed immaginabili, ma sono quelle relative alla sicurezza delle GPG, alla qualità dei servizi resi in rapporto alla dotazione di apparecchiature, di mezzi, strumenti ed equipaggiamenti indispensabili per la loro sicurezza, alle esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, alle prescrizioni dell'Autorità.

Con gli altri motivi di ricorso il regolamento di servizio è stato contestato nelle parti in cui prevede, differenziandosi dal regolamento ministeriale, a) la conservazione per un periodo di cinque anni della documentazione relativa ai turni di servizio espletati dalle guardie giurate, b) che il servizio di vigilanza saltuario debba essere espletato da almeno due guardie giurate, c) l’obbligatorietà di attività di aggiornamento, d) l’obbligatorietà della certificazione di svolgimento delle esercitazioni di tiro, f) che l’istituto debba disporre di una Centrale Operativa funzionante anche quando non vi siano servizi in corso di espletamento, g) l’obbligo di garantire idonei collegamenti radio su tutto il territorio in cui si opera, h) che il trasporto debba essere effettuato con veicoli di proprietà del singolo istituto, i) l’obbligo per ciascun IVP che svolga servizio di custodia valori di disporre di un caveau, l) che il servizio di vigilanza antirapina all’interno di box blindato debba essere effettuato da guardia munita di giubbotto antiproiettile e di radio ricetrasmittente.

Tutte le menzionate previsioni comporterebbero un’indebita lesione dell’autonomia d’impresa giacchè l'Amministrazione, in assenza di necessità attinenti alla sicurezza pubblica, ha ritenuto di poter dettare disposizioni concernenti le modalità di organizzazione interna degli IVP, ed, altresì, una lesione del diritto di contrattazione essendosi normata materia che costituisce, invece, espressione dell'autonomia negoziale delle parti sociali.

Tali censure vanno respinte. Contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, infatti, sotto tale profilo, con il regolamento ci si è limitati a dettare delle ragionevoli regole inerenti ai requisiti minimi di qualità degli istituti e dei servizi (la cui disciplina è demandata alla fonte regolamentare dall’art. 257, co. 4, RD n. 635/1040), delle regole di prudenza in ordine alle dotazioni di uomini e mezzi e non ad ‘invadere’ indebitamente i poteri e le facoltà espressione della libertà di impresa.

Con ulteriore motivo di ricorso il ricorrente lamenta l’incongruità del termine assegnato per l’adeguamento organizzativo alle nuove misure.

A tal riguardo giova rappresentare che, in ottemperanza all’ordinanza del Tar Campania n. 823/11, il Questore di Napoli ha adottato il decreto di sospensione del termine di 30 giorni per l’entrata in vigore del regolamento di servizio.

Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso sia fondato in parte e debba essere accolto nei limiti indicati.

Sussistono i motivi di legge, in ragione dell’esito della lite e delle questioni trattate, per disporre la compensazione delle spese di giudizio.

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