TAR Venezia, sez. III, sentenza 2013-04-22, n. 201300605
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N. 00605/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00687/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 687 del 2012, proposto da:
-OMISSIS-, -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avv. M L T, con domicilio eletto presso la segreteria del TAR;
contro
Azienda-OMISSIS--OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv. F D M, Eliana Bertagnolli, con domicilio eletto presso Eliana Bertagnolli in Venezia- Mestre, via Fapanni, 46 Int. 1;
Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
Regione Veneto, rappresentato e difeso per legge dall'E Z, domiciliata in Venezia, Cannaregio, 23;
per l'annullamento
del provvedimento dell'Azienda U.l.s.s. 22 -OMISSIS- n. 10477 del 16/2/2012, a firma del Direttore Generale, con il quale l'Azienda Sanitaria deteminava di non "essere tenuta a corrispondere nessuna altra quota per la degenza della sig.ra -OMISSIS- poichè la quota di retta di residenzialità qualifica "alberghiera" è a carico della persona ospite o, se del caso, del Comune";
della nota del Comune di -OMISSIS- prot. n. -OMISSIS- del 29/3/2011 che rigettava l'istanza di integrazione della retta alberghiera presentata dalla ricorrente i data 19/3/2012 ai sensi e per gli effetti degli artt. 6, IV comma, e 25 della L. 8/11/2000 n. 328;
della nota del Comune di -OMISSIS- prot. n. 2225 del 16/4/2012 che rigettava nuovamente l'istanza di integrazione della retta alberghiera ex art. 6, IV comma, e 25 della L. 8/11/2000;
del DGR 3632 del 13/12/2002, DGR 38 del 17/1/2006, DGR 456 del 27/2/2007, DGR 457 del 27/2/2007, DGR 474 del 28/2/2006;
delle delibere giuntali e/o consiliari della Regione Veneto, non note alle ricorrenti, che hanno stabilito i criteri di compartecipazione al costo dei servizi sociosanitari;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda-OMISSIS--OMISSIS- e di Regione Veneto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2013 il dott. Riccardo Savoia e uditi per le parti i difensori M. L. Tezza per la parte ricorrente, Dalla Mura per il Comune resistente e Londei per la Regione del Veneto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso in epigrafe la signora Sartori in proprio e nella qualità di amministratore di sostegno della madre impugnava la nota dell’azienda Usl numero 22 di -OMISSIS- del 16 febbraio 2012 con la quale l’azienda sanitaria comunicava di non essere tenuta a corrispondere nessun altra quota per la degenza, poiché la quota diretta di residenzialità qualificata “alberghiera” è a carico della persona ospite o, se del caso, del comune.
1.1. La ricorrente impugnava allora le note 29 marzo 2012 – 16 aprile 2012 del Comune di -OMISSIS- con la quale venivano respinte le istanze di integrazione della retta alberghiera conseguentemente presentate dalla stessa ai sensi e per gli effetti degli articoli 6 comma 4 e 25 della legge 8 novembre 2000, numero 328.
Venivano altresì impugnate le deliberazioni della giunta regionale del Veneto numero 3632 del 13 dicembre 2002 “residenzialità a favore delle persone anziane-criteri di mobilità, numero 38 del 17 gennaio 2006 criteri di accesso ai servizi residenziali per persone anziane non autosufficienti e numero 456 del 27 febbraio 2007 integrazioni allo schema tipo di regolamento, numero 457 disposizioni alle aziende ULSS per l’assistenza di persone non autosufficienti nei centri di servizio residenziale e per la predisposizione del piano locale della non autosufficienza e numero 474 del 28 febbraio 2006 residenzialità extra ospedaliera per anziani non autosufficienti, nonché tutti gli atti che hanno stabilito i criteri di compartecipazione al costo dei servizi socio sanitari.
Si sono costituite la Regione, eccependo difetto di legittimazione attiva, di giurisdizione, di interesse al ricorso, e la tardività dell’impugnazione degli atti regionali, e la ULSS chiedendo la reiezione del ricorso, in esito all’accertamento incidentale della piena legittimità della nota di risposta impugnata in via principale.
Non si è costituito invece il Comune di -OMISSIS-, al quale competerebbe, in caso di accoglimento della domanda subordinata proposta dalla ricorrente la compartecipazione, posto che, una volta ricevuta la nota in cui l’azienda sanitaria segnalava di aver integralmente ottemperato ai propri obblighi, la ricorrente aveva chiesto tempestivamente al Comune l’integrazione di sua competenza.
All’odierna udienza, dopo discussione la causa è stata trattenuta in decisione.
2. Premesso che vanno respinte le eccezioni preliminari, essendo l’impugnativa nei confronti degli atti regionali “nella misura in cui pretendono di limitare l’accollo della prestazione sanitaria al servizio sanitario nazionale nei limiti della quota determinata dalla regione ogni anno, parendo in palese violazione della normativa nazionale su richiamata, che attenendo a livelli essenziali a seguito della riforma del titolo quinto della Costituzione sarebbe attribuita alla competenza esclusiva dello Stato con divieto di deroga da parte del legislatore regionale”, e ritenuta la giurisdizione, trattandosi di impugnative di dinieghi opposti da pubbliche amministrazioni, con il primo motivo viene dedotta la violazione dell’articolo tre septies del decreto legislativo numero 504 del 1992, dell’articolo tre, comma tre del decreto del presidente del Consiglio dei Ministri 14 febbraio 2011, dell’articolo 30 del decreto del presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001, posto che le prestazioni socio sanitarie a elevata integrazione sanitaria devono essere assicurate dalle aziende sanitarie e comprese nei livelli essenziali di assistenza sanitaria, e sarebbero classificabili in tal modo quelle caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria attinente prevalentemente tra l’altro alle patologie terminali, alle inevitabili disabilità conseguenti a patologie cronico degenerative.
In via subordinata viene censurata la violazione dell’articolo tre, comma due ter del decreto legislativo numero 109 del 1998, in forza del quale il Comune, nel caso in cui non vi fosse la prevalenza delle spese di natura sanitaria delle prestazioni erogate, dovrebbe assumersi la quota differenziale fra la situazione reddituale dell’assistito inserito nella struttura e quando da questa richiesto.
3. La sezione ha da tempo aderito all’impostazione del giudice d’appello.
In un recente caso, in cui i ricorrenti avevano chiesto al Comune un’integrazione economica per il pagamento della quota alberghiera della casa di riposo-OMISSIS- di -OMISSIS-, in cui era ricoverata la mamma, anziana non autosufficiente, ( esattamente la stessa struttura di cui è causa, il cui intervento in causa parrebbe sotteso alla richiesta delle parti, che hanno anche adombrato l’ipotesi di necessità di integrazione del contraddittorio), avendo il Comune con il provvedimento allora impugnato respinto l’istanza ritenendo di dover fare riferimento, ai fini della verifica dei presupposti per il riconoscimento dell’integrazione, ai redditi dell’intero nucleo familiare, e non solo ai redditi dell’assistita, osservando che il diniego è impugnato lamentando la violazione dell’art. 3, comma 2 ter, e dell’art. 2, comma 6, del Dlgs. 31 marzo 1998, n. 109, la sezione accoglieva il ricorso argomentando che” la più recente giurisprudenza, cui il Collegio aderisce (cfr. Tar Sardegna, Sez. I, 11 maggio 2012, n. 475;Tar Veneto, Sez. III, 3 febbraio 2012, n. 132;id. 7 giugno 2011, n. 950;Consiglio di Stato, Sez. V, 16 settembre 2011, n. 5185;id. 16 marzo 2011, n. 1607;id. 26 gennaio 2011, n. 551;Tar Lombardia, Milano, Sez. III, 7 febbraio 2011 , n. 362), ha precisato che l’art. 3, comma 2 ter, del Dlgs. 31 marzo 1998, n. 109, ha introdotto un principio immediatamente applicabile, in quanto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ivi contemplato, può si introdurre misure innovative per favorire la permanenza dell’assistito presso il nucleo familiare di appartenenza, ma non sarebbe comunque abilitato, stante il tenore della legge, a stabilire un principio diverso dalla valutazione della situazione del solo assistito ( cfr. da ultimo la sezione, n.765/2012).”
4. Oggi sul punto rileva la recentissima decisione della Corte cost. n.296/2012, che merita di riportare:
“1.- Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, con l'ordinanza indicata in epigrafe (reg. ord. n. 5 del 2012) ha sollevato, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 2, lettera c), della legge della Regione Toscana 18 dicembre 2008, n. 66, in quanto dispone che nel caso di prestazioni di tipo residenziale a favore di persone disabili «la quota di compartecipazione dovuta dalla persona assistita ultrasessantacinquenne è calcolata tenendo conto altresì della situazione reddituale e patrimoniale del coniuge e dei parenti in linea retta entro il primo grado».
1.1.- Al fine di chiarire il quadro normativo nel quale si inserisce la disposizione impugnata, giova premettere che l'art. 14, comma 1, della legge regionale n. 66 del 2008, prevede che in via transitoria, in attesa della definizione dei livelli essenziali di assistenza sociale (LIVEAS), e del loro relativo finanziamento, sono previste forme di compartecipazione da parte della persona assistita ai costi delle prestazioni non coperti dai livelli essenziali di assistenza sanitaria, secondo livelli differenziati di reddito e patrimoniali definiti da apposito atto regionale di indirizzo, tenendo conto dei principi in materia di indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), di cui al decreto legislativo n. 109 del 1998.
Il comma 2 dello stesso art. 14, indica i criteri generali ai quali deve attenersi il richiamato atto di indirizzo, ed a tal fine, alla lettera b), dispone che «nel caso di prestazioni di tipo residenziale, oltre alla situazione reddituale e patrimoniale della persona assistita, determinata secondo il metodo ISEE, sono computate le indennità di natura previdenziale e assistenziale percepite per il soddisfacimento delle sue esigenze di accompagnamento e di assistenza»;e, alla lettera c), prevede che «nel caso di cui alla lettera b) la quota di compartecipazione dovuta dalla persona assistita ultrasessantacinquenne è calcolata tenendo conto altresì della situazione reddituale e patrimoniale del coniuge e dei parenti in linea retta entro il primo grado».
Il giudice remittente ritiene che quest'ultima disposizione violi l'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, in quanto contrasta con l'art. 3, comma 2 ter, del decreto legislativo n. 109 del 1998, che imponendo di evidenziare la situazione economica del solo assistito, anche in relazione alle modalità di compartecipazione al costo della prestazione a favore di soggetti ultrasessantacinquenni con handicap permanente grave, accertato dalle aziende sanitarie locali, costituisce un livello essenziale delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. In particolare, il citato comma 2 ter, prevede: «Limitatamente alle prestazioni sociali agevolate assicurate nell'ambito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno o continuativo, rivolte a persone con handicap permanente grave, di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, accertato ai sensi dell'articolo 4 della stessa legge, nonché a soggetti ultra sessantacinquenni la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata dalle aziende unità sanitarie locali, le disposizioni del presente decreto si applicano nei limiti stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la solidarietà sociale e della sanità. Il suddetto decreto è adottato, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, al fine di favorire la permanenza dell'assistito presso il nucleo familiare di appartenenza e di evidenziare la situazione economica del solo assistito, anche in relazione alle modalità di contribuzione al costo della prestazione, e sulla base delle indicazioni contenute nell'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 3-septies, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni».
Lo stesso giudice a quo, aderendo all'orientamento espresso da alcune pronunce del Consiglio di Stato, ritiene che la norma suddetta, relativa alla evidenziazione della situazione economica del solo assistito, da un lato, sia immediatamente applicabile, malgrado il d.P.C.M. previsto per la sua attuazione non sia mai stato adottato, e, dall'altro, che esso costituisca determinazione, da parte dello Stato, di un livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali nella materia relativa ai servizi sociali.
2.- La questione sollevata non è fondata.
La prospettazione del giudice remittente si fonda sul presupposto secondo il quale la disposizione dell'art. 3, comma 2 ter, del decreto legislativo n. 109 del 1992, costituisce, anche in assenza del previsto d.P.C.M., un livello essenziale delle prestazioni relative ai servizi sociali a favore degli anziani non autosufficienti e delle altre categorie protette ivi indicate.”
Pare che la Corte allora abbia inteso pronunciarsi unicamente sulla possibilita' che l'art. 3 comma 2 ter D.Lgs.n.109/92 concerna i livelli assistenziali per non autosufficienti – escludendola – posto che non vengono presi in considerazione il