TAR Torino, sez. I, sentenza 2024-07-01, n. 202400803
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Pubblicato il 01/07/2024
N. 00803/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00024/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 24 del 2021, proposto da
Autostrada Torino Ivrea Valle d'Aosta (ATIVA) s.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero delle Infrastrutture e trasporti, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Torino, via dell'Arsenale, 21;
per l'annullamento
del provvedimento M_INF-SVCA-25999 del 19 ottobre 2020 con cui il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti ha restituito la perizia di variante tecnica e suppletiva presentata dalla ricorrente;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e trasporti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 giugno 2024 il dott. Luca Pavia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. La ricorrente gestisce in concessione una tratta autostradale, di circa 220 km, che attraversa il territorio piemontese, nelle province di Torino e Vercelli. Il rapporto concessorio è regolato dalla “Convenzione Unica” prevista dall’art. 2, comma 82, del d.l. 3 ottobre 2006 n. 262, sottoscritta il 7 novembre 2007 e resa efficace con la legge n. 101/2008.
La concessione è scaduta il 31 agosto 2016 e, da quel momento, ATIVA ha continuato a gestire l’infrastruttura in regime di prorogatio , nelle more dell’individuazione del nuovo concessionario;nello specifico, il regime de quo impone alla concessionaria di porre in essere tutte le attività di manutenzione ordinaria e straordinaria necessarie per assicurare la sicurezza della rete autostradale di sua competenza.
Tra essi la ricorrente asserisce che vi rientrerebbero anche quelli attuativi degli « Interventi di adeguamento delle protezioni laterali del sovrappasso posto alla progr. Km 21+432 (Cavalcavia n. 13) », situato lungo l’autostrada A5 Torino - Quincinetto.
2. Il 6 luglio 2016 la società presentò un piano degli interventi necessari per il mantenimento dei livelli di sicurezza dell’infrastruttura ai sensi dell’art. 14 del Codice della strada: il piano comprendeva 79 interventi, fra i quali anche l’intervento de quo , che, tra l’altro, venne inserito anche nel « Piano degli interventi urgenti ed indifferibili per il mantenimento degli standard di sicurezza dell’infrastruttura ai sensi dell’art. 14 del Codice della Strada » presentato al MIT il 9 febbraio 2017 mentre, il successivo 23 febbraio, la concessionaria inoltrò il progetto esecutivo dei lavori ma il Ministero non lo approvò nei termini prescritti.
3. Stante il silenzio dell’amministrazione procedente, la ricorrente propose un ricorso ex art. 117 c.p.a., che venne accolto da questo tribunale con la sentenza n. 778 del 28 giugno 2017 e, il 20 luglio 2017, il Ministero approvò espressamente i progetti numero 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 12, 13, 14, 23, 24, 25, 26, 28, 29, 30, 34, 43, 44, 45 e 61.
4. Nonostante il perdurare dell’inerzia dell’amministrazione procedente sui restanti progetti, il 5 luglio 2019 la Società comunicò al Concedente la propria intenzione di avviare le procedure di evidenza pubblica per l’affidamento dei lavori di interventi compresi nel piano del 9 febbraio 2017, ivi compreso quello in esame;la cui aggiudicazione definitiva venne disposta il 14 ottobre 2019 e, il successivo 21 novembre 2019, venne stipulato il relativo contratto.
5. Il 26 marzo 2020 l’ATIVA ha comunicato al Concedente la necessità di apportare una modifica dell’appalto in corso d’opera, il cui progetto è stato inviato, per l’approvazione, il successivo 15 giugno 2020.
6. Il 9 ottobre 2020 la società ha rappresentato al Ministero che, poiché erano scaduti i 90 giorni previsti dalla convenzione per l’approvazione dei progetti, essa avrebbe proceduto alla stipula dell’atto aggiuntivo secondo lo schema di variante a suo tempo inviato.
7. Il 19 ottobre 2020 il Concedente ha restituito la perizia relativa alla variante perché, in assenza dell’approvazione del progetto esecutivo degli interventi, non sussisterebbero i presupposti per il suo esame e l’eventuale approvazione, con la conseguenza che gli oneri connessi sarebbero rimasti a carico della stessa (provvedimento M_INF-SVCA-25999).
8. Con ricorso, notificato il 18 dicembre 2020 e depositato il successivo 13 gennaio, la ricorrete ha impugnato il provvedimento de quo , unitamente a tutti gli atti della procedura, perché asseritamente illegittimi.
9. All’udienza pubblica dell’11 giugno 2024 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
10. Con un unico e articolato motivo di ricorso la ricorrente contesta la decisione del ministero in quanto, a suo dire, sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 143 d.lgs. 163/2006 (oggi confluiti negli artt. 165 e 177 d.lgs. 50/2016), con la delibera CIPE n. 39/2007, con i principi di ragionevolezza e di buon andamento della p.a. nonché con quelli di buona fede e correttezza;senza contare che il provvedimento impugnato sarebbe comunque affetto da eccesso di potere.
A suo dire, infatti, l’intervento de quo sarebbe essenziale per assicurare la sicurezza dell’infrastruttura autostradale mentre il progetto esecutivo e la successiva proposta di variante sarebbero stati oggetto di silenzio - assenso in quanto il Ministero non si sarebbe determinato entro il termine perentorio convenzionalmente previsto (90 giorni).
Nello specifico, la ricorrente asserisce che, poiché il Concedente avrebbe prescritto di effettuare appositi monitoraggi e di intervenire qualora le protezioni esistenti non garantissero adeguati livelli di sicurezza, anche per la viabilità autostradale sottostante, e siccome il sovrappasso non sarebbe dotato di barriere di sicurezza ma unicamente di parapetti in ferro con lame semplicemente installate sui montanti degli stessi, l’intervento sarebbe necessario per rendere l’opera conforme alla normativa vigente.
La ricorrente evidenzia, inoltre, che l’intervento de quo sarebbe imposto anche dall’ASL - Torino 1 la quale, il 28 dicembre 2015, avrebbe richiesto la realizzazione dei necessari interventi di protezione per eleminare o ridurre al minimo il fenomeno del c.d. lancio sassi dai cavalcavia.
A dire della concessionaria, inoltre, poiché l’opera realizzata aumenterebbe notevolmente il valore dell’infrastruttura, la condotta del Concedente sarebbe contraddittoria nella parte in cui, da un lato, evidenzierebbe la necessità di eseguire gli interventi per la sicurezza, precisando, altresì, che il loro valore sarebbe stato riconosciuto al momento del subentro di un nuovo concessionario e, dall’altro, si sarebbe rifiutato di approvare al variante.
11. Il ricorso è infondato.
In primo luogo, il Collegio è tenuto a premettere che la presente controversia ha essenzialmente ad oggetto la possibilità, ai fini convenzionali, della concessionaria di effettuare un intervento ritenuto essenziale per la sicurezza in assenza di un valido contraddittorio con il concedente avente ad oggetto la necessità dell’opera e, soprattutto, le modalità della sua realizzazione, anche perché è innegabile che la procedura in esame è stata avviata dalla società in totale assenza delle prescritte autorizzazioni ministeriali.
Ciò posto, il fatto che la convenzione preveda che la concessionaria resti obbligata anche dopo il suo spirare ad assicurare la corretta gestione e la manutenzione dell’infrastruttura non implica affatto che essa possa realizzare ogni progetto ritenuto necessario, in assenza della prescritta autorizzazione del Ministero, anche perché l’art. 20 della convenzione, prevede, per quanto qui di interesse, che i progetti definitivi ed esecutivi, compresi quelli di manutenzione straordinaria e le seguenti varianti, debbano essere approvati dal concedente entro 90 giorni.
Nello specifico, occorre nuovamente evidenziare che l’intervento de quo è stato inserito da ATIVA nel piano degli interventi necessari per il mantenimento dei livelli di sicurezza, ai sensi dell’art. 14 del Codice della Strada, del 6 luglio 2016 e ribadito, il successivo 9 febbraio 2017, allorquando la Società ha trasmesso al Ministero una proposta contenne l’indicazione degli interventi ritenuti indifferibili ed urgenti ma essa è stata approvata solo parzialmente il 20 luglio 2017, tra l’altro, in ottemperanza alla sentenza di questo TAR (n. 778/17).
Ebbene il Ministero concedente non ha mai approvato l’intervento in esame (numero 70) in quanto il provvedimento M INF.SVCA.REGISTR0 UFFICIALE.U.0013469.20-07-2017 del 20 luglio 2017, dopo aver premesso che gli « interventi previsti, descritti in sintetiche schede e riportati in un quadro riepilogativo, risultano un numero di 75 (lavori al netto del ribasso convenzionale + somme a disposizione) per un investimento complessivo pari a € 15.023.000,00 », ha affermato che a « seguito di numerosi incontri ed alla trasmissione da parte di codesta società, con nota dell'11.05.2017 prot. n. 19/2017/U della "mappatura della pericolosità e valutazione del rischio per tuoi gli interventi del piano” è stato concordato e condiviso, tra questa Direzione e codesta Società un programma che individua gli interventi prioritari per i quali i relativi progetti. a seguito di trasmissione saranno approvati secondo le disposizioni di riferimento », con la precisazione che gli « interventi individuati come sopra detto sono quelli riportati ai numeri: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 12, 13, 14, 23, 24, 25, 26, 28, 29, 30, 34, 43, 44, 45, 61 ».
Non solo, il 23 febbraio 2017 la Concessionaria ha trasmesso il progetto esecutivo relativo ai lavori de quibus ma anch’esso non è stato approvato.
Dagli atti di causa emerge, quindi, non solo che l’intervento numero 70 non è stato espressamente approvato ma anche che la ricorrente, anziché impugnare la decisione di approvare solo parzialmente il piano degli interventi ovvero censurare il silenzio serbato dall’amministrazione procedente sul progetto esecutivo presentato, ha arbitrariamente deciso di procedere alla sua realizzazione: a pagina 4 del ricorso si legge, infatti, che « Poiché le ragioni di urgenza e di sicurezza nella circolazione non consentivano differimenti nell’esecuzione degli interventi, ATIVA procedeva a dare corso agli affidamenti, tenendone costantemente informato il Concedente ».
Del resto, la mancata approvazione del progetto esecutivo è stata pacificamente ammessa dalla stessa ricorrente la quale, a pagina 13 del ricorso, ha affermato che « come anticipato nella superiore parte in fatto, ATIVA ha presentato al MIT il progetto esecutivo relativo ai lavori in questione in data 23.2.2017 senza tuttavia ricevere nessun riscontro in merito da parte della Direzione di vigilanza il cui operato, viceversa, si è risolto in un assoluto silenzio » e che solo « con il provvedimento impugnato il Ministero si è pronunciato in argomento », confermando, così, di aver agito in modo del tutto arbitrario.
Sul punto si evidenzia, infine, che nell’inviare il progetto de quo , la ricorrente ha dimostrato di essere consapevole di poter procedere solo a seguito della sua formale approvazione: essa ha, infatti, dichiarato espressamente che « In caso di mancata approvazione dei progetti presentati ci riterremo sollevati da qualsiasi responsabilità per la mancata attuazione dei relativi interventi ».
Né l’inerzia del Ministero può essere in alcun modo supplita dalla nomina della commissione di collaudo in quanto una cosa è assicurarsi della regolarità della procedura e della funzionalità delle opere realizzate e un’altra è decidere di accollarsi l’onere economico delle stesse che, in virtù delle conseguenze della scelta, implica necessariamente un’espressa e inequivocabile manifestazione di volontà.
Del resto, la stessa amministrazione resistente ha precisato, con affermazioni non contestate dalla ricorrente, che la Commissione di Collaudo nominata potrà procedere alla redazione di certificato di collaudo tecnico - amministrativo relativo al rapporto Concessionario - Impresa appaltatrice, ai fini dell'accertamento dell'esecuzione dei lavori a regola d'arte, a garanzia della sicurezza degli utenti stradali, ma non potrà emettere il certificato di collaudo, relativo al rapporto Concedente - Concessionario, a garanzia del rispetto delle norme convenzionali.
Tanto premesso, il 26 marzo 2020 la ricorrente ha comunicato al Ministero la necessità di approntare in corso d’opera una perizia di variante tecnica e suppletiva a un progetto che, come visto, non è mai stato approvato, la quale è stata poi trasmessa per l’approvazione il successivo 15 giungo 2020 e, anche in questo caso, ATIVA ha arbitrariamente deciso di attribuire significato al silenzio del concedente.
Anziché, infatti, sollecitare l’amministrazione ad approvare la variante ovvero proporre un ricorso ex art. 117 c.p.a., essa ha deciso di agire come se il documento fosse stato approvato per silentium : il 9 ottobre 2020 la concessionaria ha rappresentato al Ministero « che erano scaduti i 90 giorni previsti in convenzione per l’approvazione della perizia e che, essendo tale termine perentorio (come statuito dal TAR Piemonte, sentenza. N. 778/2017), avrebbe proceduto alla stipula dell’atto aggiuntivo secondo lo schema allegato alla perizia, onde evitare eventuali contenziosi con l’appaltatore » (cfr. pagina 5 del ricorso introduttivo).
Nonostante le considerazioni de quibus siano di per sé dirimenti, il Collegio evidenzia, inoltre, che non sussiste alcun contrasto con le precedenti determinazioni in quanto la disparità di trattamento è configurabile soltanto in caso di assoluta identità tra le posizioni equiparate ( ex multis Consiglio di Stato sez. IV, 11 ottobre 2017, n. 4703) e « l'eventuale commissione di un errore in alcuni casi non può costringere la Pubblica Amministrazione a perseverare nel medesimo errore, pertanto l'eccesso di potere per disparità di trattamento non può fondarsi su precedenti provvedimenti illegittimi » (ex multis T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, 14 ottobre 2022, n. 791).
Ebbene, nel caso di specie il Collegio non ravvisa la sussistenza dei presupposti de quibus né alcuna contraddittorietà nell’operato del Ministero concedente in quanto una cosa è sollecitare la concessionaria a eseguire i necessari interventi per la messa in sicurezza dell’infrastruttura, precisando che essi saranno valorizzati in sede di subentro di un nuovo concessionario, mentre un’altra è autorizzare la società a realizzare in modo arbitrario ogni intervento ritenuto unilateralmente necessario, in assenza di alcuna preventiva autorizzazione.
Si evidenzia, inoltre, che non è neppure possibile rinvenire l’autorizzazione de qua nella nota M INF.SVCA.REGISTRO UFFICIALE.U.0015778.24-06-2019 del 24 giugno 2019 in quanto non è possibile desumere dalla locuzione « Per assicurare celerità nell'esecuzione degli interventi in questione si richiede l'espletamento delle attività connesse anticipatamente alla regolazione dei rapporti convenzionali » che la concessionaria sia stata implicitamente autorizzata, ai fini convenzionali, a realizzare ogni intervento in assenza di un’espressa determinazione di segno positivo.
Infine, al contrario di quanto sostenuto dalla ricorrente, la concessionaria autostradale rientra pacificamente nel novero delle stazioni appaltanti: per giurisprudenza pacifica, infatti, esse sono organismi « di diritto pubblico ai sensi e per gli effetti del codice dei contratti pubblici, con l'ulteriore conseguenza dell'attrazione dell'attività contrattuale attinente all'esercizio del servizio di cui essa è concessionaria nell'ambito applicativo della direttiva 2004/18/CE, anche ai sensi dell'art. 11, comma 5, lett. c), della legge n. 498 del 1992, come sopra si è detto, essendo essa qualificabile come amministrazione aggiudicatrice » (cfr. T.A.R. Trentino-Alto Adige, Trento, sez. I, 5 gennaio 2016, n. 11). Tant’è che ai sensi del menzionato dato normativo le società concessionarie autostradali devono, tra l’altro, « provvedere, nel caso di concessionari che non sono amministrazioni aggiudicatrici, agli affidamenti a terzi di lavori nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 142, comma 4, e 253, comma 25, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. In tali casi le commissioni di gara per l'aggiudicazione dei contratti sono nominate dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, fermi restando i poteri di vigilanza dell'Autorità nazionale anticorruzione di cui all'articolo 222 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 ».
Ne consegue che, in caso di mancata approvazione del progetto da parte del concedente, le spese dell’intervento non possono che restare in capo alla concessionaria.
12. Alla luce di quanto esposto, il ricorso è infondato e deve essere respinto.
13. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.