TAR Genova, sez. I, sentenza 2012-12-04, n. 201201565
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N. 01565/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01058/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1058 del 2010, proposto da:
R C, rappresentata e difesa dall'avv. F M, con domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via Roma 11;
contro
Comune di Recco, rappresentato e difeso dall'avv. A G, con domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via R. Ceccardi 1/15;
per l'annullamento
del provvedimento a firma del responsabile del servizio edilizia e urbanistica 27 luglio 2010 n. 16416, avente ad oggetto diniego di permesso in sanatoria relativo alla ristrutturazione del fabbricato di Via Carbonara n. 5.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Recco;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 novembre 2012 il dott. A V e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato in data 26.10.2010 la signora C Roberta ha impugnato il provvedimento 27.7.2010, n. 16416 del comune di Recco, recante diniego di permesso di costruire in sanatoria per opere di ristrutturazione di un fabbricato rurale in via Carbonara n. 5, in difformità dalla D.I.A. 2.10.2007.
Il diniego è motivato dal fatto che l’intervento avrebbe comportato un incremento volumetrico derivante sia dalla sopraelevazione dei corpi di fabbrica esistenti, sia dalla trasformazione in volume residenziale di un manufatto posto ad ovest dell’edificio, manufatto privo di rilievo urbanistico-edilizio in quanto non figurante né nelle immagini aerofotogrammetriche di voli compiuti negli anni 1973, 1983, 1993 e 2003, né nelle planimetrie catastali;che tale incremento volumetrico da un lato si porrebbe in contrasto con quanto disposto all’art. 34 della N.T.A. del P.U.C., in quanto non supportato da idoneo asservimento di terreno, dall’altro non risulterebbe comunque sanabile per effetto di quanto disposto dagli artt. 167 e 181 del D. Lgs. n. 42/2004.
A sostegno del gravame ha dedotto cinque motivi di ricorso, rubricati come segue.
1. Violazione dell’art. 49 L.R. n. 16/2008 in relazione alla violazione dell’art. 5 del regolamento edilizio. Difetto di istruttoria.
2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 49 della L.R. n. 16/2008 e s.m. in relazione alla violazione degli artt. 167 e 181 D. Lgs. n. 42/2004. Travisamento di fatti. Perplessità. Difetto di istruttoria e di motivazione.
3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 49 L.R. n. 16/2008 e s.m. nonché del P.U.C. comunale (art. 34 N.A.). Difetto di istruttoria.
4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 49 L.R. n. 16/2008 e del regolamento edilizio comunale. Difetto di istruttoria e di motivazione. Travisamento.
5. Violazione dell’art. 49 L.R. n. 16/2008 sotto ulteriore profilo. Difetto di presupposto. Difetto di istruttoria e di motivazione. Illogicità.
Si è costituito in giudizio il comune di Recco, controdeducendo nel merito ed instando per la reiezione del ricorso.
Alla pubblica udienza del 22 novembre 2012 il ricorso è stato trattenuto dal collegio per la decisione.
DIRITTO
Occorre preliminarmente affrontare l’eccezione di improcedibilità del ricorso sollevata dalla difesa comunale nella memoria conclusionale, sul rilievo che, successivamente alla proposizione del ricorso, la signora C ha chiesto ed ottenuto autorizzazione paesaggistica in sanatoria (21.2.2012, n. 14) sulla base di un nuovo progetto, ciò che avrebbe determinato l’improcedibilità del ricorso per acquiescenza.
La difesa della ricorrente concorda sulla circostanza che, relativamente alle opere già oggetto del diniego di sanatoria impugnato e successivamente assentite con autorizzazione paesaggistica 21.2.2012, n, 14, é venuto meno l’interesse al ricorso, che deve dunque, in parte qua, essere dichiarato improcedibile.
Permane invece l’interesse alla decisione del ricorso per quanto riguarda il diniego di sanatoria del corpo aggiunto (stralciato dall’autorizzazione paesaggistica 21.2.2012, n. 14, che ne ha previsto la demolizione, oggetto della S.C.I.A. presentata in data 12.7.2012), vuoi perché la presentazione di una nuova domanda di concessione edilizia non è atto di per sé idoneo a dimostrare la rinuncia alla domanda precedente o l’acquiescenza alla sua reiezione (T.A.R. Piemonte, I, 21.2.2005, n. 340), vuoi perché, nel caso di specie, la ricorrente ha esplicitato una specifica riserva in tal senso (doc. 25 delle produzioni 11.10.2012 di parte ricorrente).
Può dunque procedersi all’esame del merito del ricorso, limitatamente ai primi tre motivi, cioè a quelli che attengono al diniego di sanatoria del corpo aggiunto (così la memoria di replica 31.10.2012 di parte ricorrente, p. 3).
1. Con il primo motivo la ricorrente censura la mancata assunzione del parere della commissione edilizia, in violazione dell’art. 5 del regolamento edilizio.
Il motivo è infondato.
E’ noto che, ai sensi dell’art. 4 comma 2 del D.P.R. n. 380/2001, spetta al regolamento edilizio indicare gli interventi sottoposti al “preventivo” parere di tale organo consultivo.
Nel caso di specie, l’art. 5 del R.E. del comune di Recco stabilisce che “i componenti della Commissione formulano pareri in relazione alle domande di permesso di costruire” riguardanti una serie di interventi.
L’uso del tempo presente del modo indicativo induce a propendere per la natura obbligatoria del parere la C.E..
Sennonché, esso è richiesto soltanto in relazione alle “domande di permesso di costruire”, cioè nell’ambito dell’ordinario e fisiologico procedimento di cui all’art. 31 della L.R. n. 16/2008, mentre il caso in questione riguarda lo speciale – e patologico – procedimento per l’accertamento di conformità ex art. 49 L.R. n. 16/2008, in cui oltretutto il parere é privato della sua naturale funzione di consulenza preventiva.
Stante la ontologica diversità del procedimento di accertamento di conformità e di quello per il rilascio del permesso di costruire, non può ritenersi che le disposizioni sul parere obbligatorio della C.E. dettate per il secondo siano automaticamente estensibili al primo (in tal senso cfr. T.A.R. Campania, VIII, 10.9.2010, n. 17398), ostandovi il principio generale di divieto di aggravamento del procedimento di cui all’art. 1 comma 2 L. n. 241/1990.
2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta che il provvedimento di diniego sarebbe stato assunto sulla base di una lacunosa ed insufficiente istruttoria circa la preesistenza del manufatto in lamiera e legno demolito e ricostruito in muratura, accorpato al fabbricato principale.
In realtà, l’amministrazione comunale è giunta alla conclusione negativa circa la preesistenza del fabbricato sulla base di due indizi gravi e concordanti, quali l’assenza del fabbricato nelle mappe catastali e – soprattutto - la circostanza che esso non è rilevabile da alcuna delle immagini aerofotogrammetriche di voli compiuti negli anni 1983, 1993, e 2003.
Ciò posto, occorre rammentare che, per costante giurisprudenza, l'onere di dimostrare l’epoca di realizzazione di un’opera edilizia ai fini dell’ottenimento del condono o dell’esenzione ratione temporis dalla necessità di un titolo edilizio grava sul privato richiedente e comporta che anche la dichiarazione sostitutiva di atto notorio non è sufficiente a tal fine, essendo necessari ulteriori riscontri documentali, eventualmente anche indiziari, purché altamente probanti (così T.A.R. Lombardia-Brescia, I, 8.4.2010, n. 1506).
Tale onere può ritenersi a sufficienza soddisfatto soltanto quando le prove addotte risultano obiettivamente inconfutabili sulla base di atti e documenti che, da soli o unitamente ad altri elementi probatori, offrono la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione del manufatto (T.A.R. Piemonte, I, 5.6.2009, n. 1564), mentre la semplice produzione di una dichiarazione sostitutiva non può in alcun modo assurgere al rango di prova, seppur presuntiva, sull'epoca di realizzazione dell'abuso (Cons. di St., IV, 24.12.2008, n. 6548;T.A.R. Campania, II, 8.1.2010, n. 27).
Nel caso di specie, parte ricorrente non è stata in grado di addurre elementi probatori in grado di sovvertire le conclusioni cui è giunta l’amministrazione comunale sulla base delle univoche risultanze istruttorie in suo possesso.
3. Parimenti infondato è il terzo motivo di ricorso.
Anche a voler prescindere dalla portata assorbente e pregiudiziale, ai fini ambientali e paesaggistici, del mancato riconoscimento della preesistenza del manufatto in lamiera e legno demolito e ricostruito in accorpamento al fabbricato principale, è evidente che, una volta negata tale preesistenza, è giocoforza concludere che il conseguente incremento volumetrico doveva essere accompagnato da idoneo atto di asservimento di terreni.
Le spese seguono come di regola la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.