TAR Salerno, sez. I, sentenza 2021-09-27, n. 202102006

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. I, sentenza 2021-09-27, n. 202102006
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 202102006
Data del deposito : 27 settembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/09/2021

N. 02006/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00772/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 772 del 2021, proposto da Rubicon Spv S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

ASL Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati V C, L F, e C V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

Giudizio di ottemperanza su dd.ii. e la sentenza definitivamente esecutivi emessi in danno della ASL di Salerno e da quest'ultima non soddisfatti nonostante i molteplici precetti notificati


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Asl Salerno;

Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 settembre 2021 il dott. F D L e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


1. Con atto ritualmente notificato e depositato parte ricorrente ha adito l’intestato Tribunale per ottenere l’ottemperanza di vari decreti ingiuntivi e di una sentenza, diventati definitivi perché non opposti, con i quali l’ASL è stata condannata a pagare a fronte di molteplici crediti dell’odierna parte ricorrente.

2. Parte ricorrente, a fronte del perdurante inadempimento dell’amministrazione debitrice, ha chiesto a questo Tribunale di voler adottare tutte le misure necessarie per assicurarne l’integrale esecuzione dei titoli, con condanna dell’intimata Amministrazione al pagamento in suo favore della somma dovuta nonché delle spese del presente giudizio.

3. Si è costituita l’ASL per resistere al ricorso.

4. All’esito dell’udienza camerale del 14.7.2021, il Collegio ha rilevato d'ufficio, ex art. 73, c. 3, la eventuale inammissibilità del ricorso sotto i seguenti profili: 1) con riguardo a tutti i decreti ingiuntivi azionati, fino al 31.12.2021 non possono essere intrapresi giudizi di ottemperanza nei confronti dell’ASL ai sensi dell'art. 117 comma 4 del D.L. 34/2020;
2) con riguardo a due dei quattro decreti azionati, il n. 4793/2009 e il n. 1748/2010, la formula esecutiva apposta in calce è generica, in quanto non indica in maniera chiara il soggetto a favore del quale è rilasciata. In tale udienza la causa è stata quindi rinviata a successiva camera di consiglio, al fine di assicurare il diritto di difesa della parte ricorrente.

Con memoria depositata in data 29.7.2021 parte ricorrente ha insistito per l’accoglimento del ricorso, sostenendo che l'art. 117 comma 4 del D.L. 34/2020 non inibisce l’accoglimento del ricorso e la nomina del commissario ad acta , e sostenendo che non sussiste il profilo di inammissibilità per la genericità della formula esecutiva.

Alla camera di consiglio del 22.9.2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

5. Parte ricorrente nulla ha prodotto, e non ha argomentato in modo convincente per superare la prima questione di inammissibilità, relativa all’applicazione dell'art. 117 comma 4 del D.L. 34/2020 (convertito, con modificazioni, dalla Legge 17 luglio 2020, n. 77). Tale norma, ratione temporis applicabile al momento della proposizione del presente giudizio, dispone nei seguenti termini: « Al fine di far fronte alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19 nonché per assicurare al Servizio sanitario nazionale la liquidità necessaria allo svolgimento delle attività legate alla citata emergenza, compreso un tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive. I pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni agli enti del proprio Servizio sanitario regionale effettuati prima della data di entrata in vigore del presente provvedimento non producono effetti dalla suddetta data e non vincolano gli enti del Servizio sanitario regionale e i tesorieri, i quali possono disporre, per le finalità dei predetti enti legate alla gestione dell'emergenza sanitaria e al pagamento dei debiti, delle somme agli stessi trasferite durante il suddetto periodo. Le disposizioni del presente comma si applicano fino al 31 dicembre 2021 ».

Sul punto, il Collegio richiama l’orientamento espresso da condivisibile giurisprudenza, che si è espressa nei seguenti termini:

« Ritenuto che l’amministrazione soccombente rientri nel perimetro soggettivo delineato dalla norma (cfr. art. 19 del d.lgs. 118/2011);
che il giudizio di ottemperanza, specie se ha ad oggetto un provvedimento giurisdizionale passato in giudicato del giudice civile, abbia natura di giudizio esecutivo con conseguente annoverabilità dell’azione intrapresa con l’odierno ricorso, tra quelle “esecutive” indicate dal legislatore con la norma in esame;
che l’utilizzo “dell'espressione "non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive" (fra le quali rientra evidentemente anche il ricorso per l'ottemperanza) non lasci altra opzione interpretativa in ordine alla improcedibilità dei giudizi proposti prima della sua entrata in vigore e alla inammissibilità di quelli proposti dopo” (T.A.R. Sicilia Catania Sez. IV, 26 febbraio 2021, n. 606;
anche perché qualora il legislatore avesse inteso prevedere unicamente una causa di sospensione, avrebbe utilizzato una locuzione diversa: cfr. artt. 54-ter e 103 del D.L. 18/2020, convertito in l. 18/2020);
che, in ogni caso, la finalità della prescrizione di carattere straordinario in esame sia volta ad evitare che possano essere intralciati o rallentati i flussi finanziari degli enti del servizio sanitario connessi all’emergenza sanitaria da pandemia COVID-19, senza ovviamente pregiudicare i diritti di credito non concernenti rapporti obbligatori connessi a tale emergenza, sorti sia prima che dopo, i quali non sono estinti e potranno essere fatti valere una volta terminata la crisi emergenziale, come noto, di rilievo sovranazionale per la quale il medesimo legislatore ha individuato ex ante una data finale (salve ulteriori proroghe);
Ritenuto in conclusione che debba dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
» (Tar Campania, Napoli, 15 marzo 2021, n. 1703).

Il Collegio ritiene che, a fronte del chiaro tenore letterale della norma, non vi è spazio per la contraria interpretazione secondo cui il giudice amministrativo potrebbe ugualmente accogliere il ricorso e nominare il commissario ad acta la cui attività semplicemente resterebbe sospesa fino al 31.12.2021;
in realtà la norma è chiara nel precisare che fino al 31.12.2021 le esecuzioni, e quindi anche le ottemperanze, non solo non possono essere « proseguite », ma a monte non possono essere neppure « intraprese » e quindi incardinate. Quindi le esecuzioni già in corso al momento dell’entrata in vigore della norma in esame non possono essere proseguite, mentre quelle non ancora incardinate non possono essere intraprese, a pena di inammissibilità. La contraria interpretazione fornita dalla parte ricorrente non spiega per quale motivo la norma espressamente preveda che le esecuzioni non solo non possono essere proseguite, ma neppure intraprese;
se fosse corretta la ricostruzione di parte ricorrente, la norma avrebbe previsto solo il divieto di prosecuzione, ma non anche quello di intraprendere le esecuzioni.

La norma, sul piano della legittimità costituzionale, non è irragionevole, in quanto non si comprende l’utilità concreta per il ricorrente di intraprendere un giudizio di ottemperanza al solo fine di ottenere una sospensione del giudizio in attesa della scadenza del 31.12.2021.

Il ricorso è pertanto inammissibile.

6. Ad abundantiam , sussiste anche il secondo profilo di inammissibilità relativo alla genericità della formula esecutiva apposta su due dei quattro decreti azionati, cioè n. 4793/2009 e n. 1748/2010 sul titolo azionato. Ritiene il Collegio quindi che anche per tale ulteriore ragione il ricorso debba pertanto essere dichiarato inammissibile.

6.1. In punto di fatto va ribadito, come rilevato nell’ordinanza collegiale, che la formula esecutiva apposta sul titolo portato ad esecuzione (“ Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti di mettere a esecuzione il presente titolo, al pubblico ministero di darvi assistenza, e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi, quando ne siano legalmente richiesti ”) non riporta in modo preciso e determinato, come invece richiesto dall’art. 475, comma 2, c.p.c., l’indicazione in calce della persona alla quale è stata spedita in forma esecutiva, ma si presenta in forma generica. Infatti, premesso che in tutti i decreti ingiuntivi azionati le spese della fase monitoria sono liquidate in favore del difensore distrattario e che l’ottemperanza è stata proposta per il credito della parte rappresentata, le formule esecutive in calce ai due indicati decreti azionati recano sempre e solo, quale soggetto richiedente, l’indicazione « Avv. Bisogno », non risultando quindi possibile individuare con certezza se tali formule esecutive siano state rilasciate al difensore per il credito della parte sostanziale o per il credito del difensore quale distrattario, e ciò in quanto l’avvocato indicato non solo è il procuratore della parte nei procedimenti monitori conclusosi con l’emissione dei decreti in esame su cui sono apposte le formule esecutive, ma è anche l’avvocato distrattario indicato nei dispositivi dei decreti, per cui dalla genericità della formula esecutiva non è possibile individuare se l’exequatur è stato disposto in favore dell’avvocato quale distrattario, o invece quale difensore della parte e per conto della parte.

6.2. Ai sensi dell’art. 14, comma 1, del decreto legge 31 dicembre 1996, n. 669, norma speciale di contabilità pubblica, per l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali che condannano le pubbliche amministrazioni al pagamento di somme di denaro è necessaria l’apposizione della formula esecutiva (TAR Campania, Napoli, n. 1440 del 2019;
TAR Calabria, Reggio Calabria, n. 479 del 2020).

6.3. La disciplina della “spedizione in forma esecutiva” è contenuta nell’art. 475 c.p.c., ai sensi del quale: “ Le sentenze e gli altri provvedimenti dell'autorità giudiziaria e gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, per valere come titolo per l'esecuzione forzata, debbono essere muniti della formula esecutiva, salvo che la legge disponga altrimenti.

La spedizione del titolo in forma esecutiva può farsi soltanto alla parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o stipulata l'obbligazione, o ai suoi successori, con indicazione in calce della persona alla quale è spedita.

La spedizione in forma esecutiva consiste nell'intestazione « Repubblica italiana - In nome della legge» e nell'apposizione da parte del cancelliere o notaio o altro pubblico ufficiale, sull'originale o sulla copia, della seguente formula: «Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti, di mettere a esecuzione il presente titolo, al pubblico ministero di darvi assistenza, e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi, quando ne siano legalmente richiesti » ”.

6.4. Con riguardo alla ratio dell’apposizione della formula occorre rilevare come tale adempimento, lungi dal rappresentare un vacuo formalismo, assolva ad una pluralità di funzioni, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità: “ occorre considerare che la stessa va apposta all'esito di un controllo sulla "perfezione formale" del titolo prescritto dall'art. 153 disp. att. c.p.c., sicchè l'adempimento in questione vale a sugellare la rilevanza dell'atto come idoneo a sostenere l'azione esecutiva (a tal proposito è stato affermato che il diritto a procedere ad esecuzione forzata sarebbe soggetto ad una condicio iuris impropria - l'apposizione della formula - il cui avveramento soltanto ne consente l'esercizio). Dunque, mediante la spedizione in formula esecutiva si verifica: (a) l'esistenza di una norma che conferisca all'atto la qualità di titolo esecutivo, giusta la riserva di legge contenuta nell'art. 474 c.p.c.;
(b) l'esigibilità del diritto, che - secondo la chiara lettera dell'art. 474 c.p.c., comma 1, - costituisce un presupposto dell'azione esecutiva distinto dalla valenza astratta dell'atto come titolo esecutivo;
(c) trattandosi di credito di somme di denaro o di cose determinate secondo il genere, la sussistenza del requisito della liquidità, anch'esso richiesto dell'art. 474 c.p.c., comma 1;
(d) trattandosi di scritture private autenticate, che esse contengano una obbligazione di somme di denaro (art. 474 c.p.c., comma 2, n. 2).

Pertanto, qualora si ponga in esecuzione un provvedimento giudiziario, la spedizione del titolo in forma esecutiva postula l'accertamento che non ne sia stata disposta la sospensione della provvisoria esecutività o che lo stesso non sia stato revocato, annullato o cassato. Ed ancora, non potrà provvedersi alla spedizione se non siano provati l'avveramento della condizione sospensiva, l'esecuzione della controprestazione, l'avvenuta scelta nell'obbligazione alternativa.

Altra funzione della spedizione in forma esecutiva è quella di individuare la parte che ha diritto ad utilizzare il titolo, alla quale soltanto può esserne dato il possesso (art. 475 c.p.c., comma 2).

Infine, la spedizione in forma esecutiva consente il controllo del numero delle copie del titolo esecutivo in circolazione, giacchè l'art. 476 c.p.c., dispone che non può spedirsi "senza giusto motivo" più di una copia in forma esecutiva alla stessa parte. Tale previsione, unitamente a quella secondo cui solo il presidente del tribunale o il giudice dell'esecuzione possono autorizzare il creditore a ritirare il titolo esecutivo, sostituendolo con copia autentica (art. 488 c.p.c., comma 2), valgono a mantenere sotto il controllo dell'autorità giudiziaria l'esercizio della facoltà di cumulo dei mezzi di espropriazione (art. 483 cod. proc. civ.) ” (Cassazione civile, sez. III, n. 3967 del 12/02/2019).

6.5. In altri termini, e con riguardo al profilo di interesse, il combinato disposto dell’art. 475, comma 2, c.p.c. e dell’art. 153, comma 1, disp.att. c.p.c. (ai sensi del quale " Il cancelliere rilascia la copia in forma esecutiva a norma dell'articolo 475 del codice quando la sentenza o il provvedimento del giudice è formalmente perfetto "), evidenzia la fondamentale funzione della formula esecutiva, cioè il controllo, da parte del cancelliere, della legittimazione del soggetto attivo del titolo a servirsi di esso per la soddisfazione in concreto del proprio diritto accertato, e della regolarità formale del provvedimento. Lo scopo dell'adempimento in parola è dunque quello di assicurare che un pubblico ufficiale eserciti il controllo, nel momento della spedizione del titolo, sulla legittimazione all'azione esecutiva da parte di colui a cui favore è richiesta l'apposizione della formula;
la sola notificazione del titolo esecutivo (che non è in contestazione nella presente controversia) non è idonea ad assicurare detto scopo, poiché porta a conoscenza del debitore che c'è un titolo che lo condanna ad una o più prestazioni nei confronti di uno o più soggetti e che si intende procedere ad esecuzione forzata in base a quel titolo, non anche che vi sia coincidenza tra colui che questa esecuzione minaccia e colui a cui favore (eventualmente con altri) il titolo sia stato emesso.

6.6. Ne discende che la mancata indicazione del nominativo in favore del quale viene effettuata la spedizione in forma esecutiva, o la mancata specificazione del soggetto per conto del quale il difensore (anche distrattario) ottiene la formula esecutiva, oltre a porsi in contrasto con il disposto dell’art. 475 c.p.c., finisce altresì per frustrare quelle esigenze di certezza a cui presidio è posta la speciale disciplina di contabilità pubblica di cui all’art. 14, comma 1, del decreto legge 31 dicembre 1996, n. 669.

7. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

7.1. In ragione della novità delle questioni giuridiche esaminate, derivanti dalla introduzione di una normativa emergenziale per l’epidemia Covid-19 e su cui non si è formata una giurisprudenza consolidata al momento della proposizione del ricorso, sussistono gravi motivi che giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite.

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