TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2024-05-02, n. 202408743
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Testo completo
Pubblicato il 02/05/2024
N. 08743/2024 REG.PROV.COLL.
N. 01660/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1660 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Agostino D'Alterio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, rappresentato e difeso dall'avvocato C P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Difesa- Aeronautica Militare- Direzione di Intendenza Roma Sede in Roma (Rm), Direz. di Intendenza per L'Aeronautica Militare di Roma, non costituiti in giudizio;
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
previa richiesta di sospensione,
Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
del provvedimento di recupero credito “Numero partita NOIPA -OMISSIS-emesso dalla DIREZ. DI INTENDENZA PER L''AERONAUTICA MILITARE di Roma, notificato all'odierno ricorrente - a mezzo pec- in data 26/01/2022, e ogni atto allo stesso connesso, presupposto e consequenziale.
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da -OMISSIS- il 5/7/2023:
della ingiunzione emessa il 09.05.2023 da aeronautica militare, Direzione di intendenza Roma, ufficio trattamento economico, notificata in pari data con nota di accompagno nr m_d arm094 reg 2023 -OMISSIS-09-05-2023.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2024 la dott.ssa Alessandra Vallefuoco e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con il ricorso in epigrafe il ricorrente ha impugnato, previa richiesta di sospensione, il provvedimento NOIPA n. -OMISSIS-emesso dalla Direz. di intendenza per l’Aeronautica Militare di Roma, notificato in data 26.01.2022, di recupero delle somme corrisposte per interro al ricorrente medesimo oltre il 12° mese di aspettativa per motivi di salute per patologia riconosciuta non dipendente da causa di servizio.
Avverso il predetto provvedimento ha articolato i seguenti motivi di diritto:
“ Violazione e falsa applicazione di legge” dell’art. 15 del Decreto del Presidente della Repubblica 16 Aprile 2009 n. 52 e ss.mm.ii., per eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche;erroneo computo dei giorni di aspettativa usufruiti dal militare ricorrente, e violazione e sviamento di potere della giurisprudenza pacifica in materia aspettativa per infermità ex. art. 905 del D.Lgs 66/2010 concernente il Codice dell’Ordinamento Militare;violazione e falsa applicazione dell’art. art. 905 del D.Lgs 66/2010 C.O.M., per violazione dei termini previsti dal DPR 461/2001, ovvero dal “Regolamento recante semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio”;violazione della Sentenza n. 7/2007 delle Sezioni Unite della Corte dei Conti;condotta contraria al buon andamento della pubblica amministrazione ex. art. 97 della Costituzione;condotta ai danni del dipendente pubblico.
Il provvedimento sarebbe illegittimo in quanto sarebbe stato erroneamente calcolato il periodo di aspettativa fruito dal ricorrente in quanto nello stesso non avrebbero dovuto essere computati i periodi in cui il ricorrente medesimo era a disposizione degli organi sanitari per l’espletamento delle visite mediche. L’amministrazione, peraltro, avrebbe agito illegittimamente non avendo tempestivamente concluso i predetti accertamenti. Inoltre, ai sensi dell’art. 15, co.2. del D.P.R. 16 Aprile 2009 n. 52, il recupero non avrebbe dovuto essere disposto se l’accertamento della non dipendenza da causa di servizio fosse intervenuto oltre due anni dal collocamento in aspettativa (come asseritamente avvenuto nel caso di specie: collocamento in aspettativa in data 26.10.2016, provvedimento di diniego della dipendenza da causa di servizio dell’11.10.2021). Dunque il maturarsi della posizione debitoria del ricorrente sarebbe stata causata dall’inerzia dell’Amministrazione, che avrebbe violato i termini del procedimento di cui al DPR 461/2001 e non avrebbe valutato, oltre che la buona fede del ricorrente medesimo, la sussumibilità della fattispecie de qua nel co. 4 della normativa citata.
2. L’Amministrazione si è ritualmente costituita tramite l’Avvocatura di Sato.
3. Con ordinanze n. -OMISSIS- e n. -OMISSIS- è stato ordinato all’amministrazione il deposito di una documentata relazione in ordine alle censure dedotte dal ricorrente nel gravame nonché di ogni altro atto e documentato chiarimento ritenuto utile ai fini del giudizio, con sospensione del provvedimento impugnato. L’Amministrazione, in data 3.05.2022, ha adempiuto al predetto incombente depositando documentazione, controdeducendo alle censure di parte ricorrente e chiedendo, nel merito, il rigetto del ricorso in quanto infondato. In particolare ha richiamato la prevalente giurisprudenza riguardo alla differente disciplina dei termini ai fini del recupero prevista nel caso di infermità temporanea o permanente, riconducendo la fattispecie in discorso in quest’ultima categoria, con conseguente irrilevanza del tempo dell’accertamento ai fini del recupero stesso.
4. Con ordinanza n. -OMISSIS- è stata respinta la richiesta cautelare, tenuto conto della doverosità del recupero delle somme e della disciplina applicabile al caso di specie.
5. Con ricorso per motivi aggiunti, notificato e depositato in data 5.07.2023, il ricorrente ha impugnato, previa richiesta di sospensione, il provvedimento del 9.05.2023 con cui l’Aeronautica Militare ha ingiunto al ricorrente medesimo il pagamento, in un’unica soluzione, della somma dovuta di € 26.138,21, entro il termine perentorio di 30 giorni dalla comunicazione, con contestuale diffida propedeutica all’esecuzione forzata, in mancanza di pagamento.
6. In data 25.07.2023 le parti hanno depositato documentazione e memoria.
7. Con ordinanza cautelare n. -OMISSIS- è stata accolta la richiesta cautelare del ricorrente in quanto
il provvedimento di ingiunzione impugnato con i motivi aggiunti non ha tenuto conto dell’obbligo, in capo all’Amministrazione, di procedere al recupero delle somme con modalità idonee e tali da non incidere significativamente sulle esigenze di vita del debitore, stante la riconosciuta buona fede dello stesso.
8. All’udienza pubblica del 28 febbraio 2024 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso introduttivo è infondato.
1.1. Dalla documentazione versata in atti emerge che la il Dipart. Militare di medicina legale di Roma, abbia sottoposto a visita il ricorrente e lo abbia giudicato inidoneo temporaneamente al servizio per plurimi periodi, all’esito dei quali ha sottoposto nuovamente a visita il ricorrente fino alla diagnosi di inidoneità permanente al servizio militare per disturbo dell’adattamento con aspetti emotivi misti confermato al test. Diversamente da quanto evidenziato nel ricorso, dunque, dalla documentazione in atti emerge che i giudizi medico-legali relativi al ricorrente erano tutti corredati dalla diagnosi e che lo stesso sia stato giudicato temporaneamente non idoneo al servizio all’esito di plurime visite mediche, fino al giudizio finale di inidoneità permanente, persistendo l’infermità. Il ricorrente è stato collocato in aspettativa per infermità a decorrere dal 26.10.2016 e, pertanto, appare inconferente la giurisprudenza richiamata nel ricorso che fa, diversamente, riferimento, al caso in cui il dipendente non risulti in aspettativa ma “a disposizione degli organi sanitari”, ai fini della non computabilità di tali periodi nell’ambito dei periodi di aspettativa fruiti dal ricorrente.
Per quanto concerne la doglianza relativa all’asserita erronea applicazione della normativa alla fattispecie de qua , con conseguente sussumibilità della fattispecie nell’alveo del co. 4 dell’art. 39 del DPR n. 51/2009, il Collegio osserva quanto segue.
La ripetizione degli emolumenti corrisposti ai militari durante il periodo di aspettativa è disciplinata, come evidenziato, dall’art. 39 del DPR n. 51/2009.
Il ricorrente ha sostenuto che la vicenda per cui è causa fosse sussumibile nell’alveo del 3° comma dell’art. 39 cit., che dispone: “ Nel caso in cui non venga riconosciuta la dipendenza da causa di servizio e non vengano attivate le procedure di transito in altri ruoli della stessa Amministrazione o in altre amministrazioni, previste dall'articolo 14, comma 5, della legge 28 luglio 1999, n. 266, sono ripetibili la metà delle somme corrisposte dal tredicesimo al diciottesimo mese continuativo di aspettativa e tutte le somme corrisposte oltre il diciottesimo mese continuativo di aspettativa. Non si dà luogo alla ripetizione qualora la pronuncia sul riconoscimento della causa di servizio intervenga oltre il ventiquattresimo mese dalla data del collocamento in aspettativa ”.
Il ricorrente evidenzia la circostanza per cui il procedimento per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio si è concluso in data 11.10.2021 ben oltre il termine di ventiquattro mesi dal collocamento in aspettativa (26.10.2016), così che, a mente della riportata norma, la ripetizione delle somme reclamate avrebbe dovuto ritenersi prescritta.
La censura non può trovare positiva valutazione.
La giurisprudenza consolidatasi in merito ha già avuto modo di evidenziare che il terzo comma dell’art. 39 citato si riferisce al personale militare in aspettativa giudicato permanentemente non idoneo al servizio in modo parziale, mentre il ricorrente è stato giudicato permanentemente inidoneo al servizio in modo assoluto, così che la previsione normativa utilizzabile è quella indicata nel quarto comma del citato articolo 39, che non prevede alcuna ipotesi di prescrizione della richiesta di ripetizione degli emolumenti corrisposti nel periodo di aspettativa, se non nell’ordinario termine decennale. Si tratta, pertanto, di due diverse e non sovrapponibili ipotesi, cui corrispondono due diversi regimi giuridici circa la ripetizione degli emolumenti corrisposti nel periodo di aspettativa, proprio in relazione alla natura dell’infermità riscontrata, parziale o definitiva.
Nel caso di specie, dunque, la fattispecie applicabile, non è, come ha sostenuto il ricorrente, il terzo comma dell’art. 39 del D.P.R. n. 51 del 2009, bensì il comma 4, che non prevede alcun termine in relazione al recupero delle somme.
Correttamente, dunque, l’Amministrazione, al termine del procedimento che non ha riconosciuto dipendente da causa di servizio l’infermità sofferta dal ricorrente e per la quale lo stesso era stato collocato in aspettativa per motivi di salute, ha attivato la procedura di recupero delle somme corrisposte per interno oltre il 12° mese e fino al 18° mese di aspettativa, cosi come da normativa citata.
Tale attività, peraltro, si configura come attività vincolata dell’amministrazione, alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui " il recupero di somme indebitamente erogate dalla p.a. ha carattere di doverosità e costituisce esercizio, ai sensi dell'art. 2033 cod. civ., di un vero e proprio diritto soggettivo a contenuto patrimoniale, non rinunziabile, in quanto correlato al conseguimento di quelle finalità di pubblico interesse, cui sono istituzionalmente destinate le somme indebitamente erogate. Si tratta cioè di atti vincolati, di carattere non autoritativo, di doveroso recupero di somme erroneamente corrisposte dall'amministrazione, rispetto ai quali - nell'ambito del rapporto obbligatorio di reciproco dare avere (paritetico) - resta ferma la possibilità per l'interessato di contestare eventuali errori di conteggio e la sussistenza dell'indebito (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. III, 20 marzo 2019, n. 1852)" (così, , Cons. Stato, Sez. IV, n. 5343/2019 e n. 5342/2019;in termini, Cons. Stato, Sez. I, n. 2530/2019).
Con riferimento alla buona fede del ricorrente e alla non imputabilità allo stesso del maturarsi delle somme debitorie, la giurisprudenza ha affermato che " nel caso di recupero da parte dell'amministrazione di somme erroneamente corrisposte, né l'affidamento del percipiente, né il decorso del tempo sono di ostacolo all'esercizio del diritto-dovere di ripetere le somme, essendo il recupero un atto dovuto, privo di valenza provvedimentale, da adottarsi con il solo dovere di osservare modalità non eccessivamente onerose per il soggetto colpito (Cons. Stato, Sez. IV, 8.6.2009, n. 3516;Sez. V, 30.9.2013, n. 4849). Ne discende che l'amministrazione non è tenuta a fornire una specifica motivazione né sulle ragioni del recupero, né sulla sussistenza delle condizioni previste dall'art. 21-nonies (interesse pubblico, interesse dei destinatari e dei controinteressati, termine ragionevole) per l'esercizio del potere di autotutela amministrativa, dato che il danno prodotto all'amministrazione dalla corresponsione di un beneficio economico senza titolo, con vantaggio ingiustificato per il destinatario, fa sorgere un interesse pubblico in re ipsa al recupero delle somme, nonché un obbligo ex lege rispetto al quale il decorso del tempo non assume rilevanza " (Cons. Stato, Sez. IV, n. 379/2014, nonché, più di recente, n. 3811/2017).
Per tutto quanto esposto, dunque, il provvedimento del 22.01.2022 di recupero delle somme indebitamente corrisposte appare scevro dai vizi evidenziati nel gravame e, pertanto, il ricorso introduttivo deve essere respinto.
2. Con ricorso per motivi aggiunti, notificato e depositato in data 5.07.2023, il ricorrente ha impugnato il provvedimento del 9.05.2023, con cui gli veniva ingiunto il pagamento della somma di € 26.138,21, entro il termine perentorio di 30 giorni dalla comunicazione, con contestuale diffida propedeutica all’esecuzione forzata. Il ricorrente avverso il predetto provvedimento ha articolato i medesimi motivi di diritto del ricorso introduttivo, maggiormente ampliandoli, contestando la normativa applicabile al caso di specie e, conseguentemente, la legittimità del recupero stesso delle somme, soprattutto con riferimento alle modalità indicate nel provvedimento impugnato, che imponevano il versamento della somma in un’unica soluzione, senza possibilità di dilazionamento.
2.1. Il ricorso per motivi aggiunti è fondato nella parte in cui contesta il provvedimento di ingiunzione di pagamento in un’unica soluzione.
2.1.1. Se da un lato, come evidenziato, il recupero delle some indebitamente erogate è un atto dovuto da parte dell'Amministrazione, rispetto al quale interesse pubblico è in re ipsa e prevalente rispetto a quello del soggetto destinatario dell'atto di recupero, le ragioni dello stesso devono comunque essere salvaguardate attraverso modalità non eccessivamente onerose del recupero. La giurisprudenza ha reiteratamente affermato che, “ in caso di richiesta di restituzione di somme erogate ai propri dipendenti in buona fede, la pubblica amministrazione debba tenere conto della natura degli importi di volta in volta richiesti in restituzione, delle cause dell'errore che aveva portato alla corresponsione delle somme in contestazione, del lasso di tempo trascorso tra la data di corresponsione e quella di emanazione del provvedimento di recupero, dell'entità delle somme corrisposte in riferimento alle correlative finalità, e adattare le modalità di recupero di conseguenza (cfr., da ultimo, Corte di Cassazione, sentenza 20 febbraio 2017, n. 4323).
In particolare, in caso di legittimo affidamento del dipendente, la giurisprudenza richiede che l'atto di recupero avvenga con modalità tali da essere meno gravoso possibile (potrebbe dirsi, mutuando dal principio di proporzionalità, perseguendo l'interesse pubblico con il minor sacrificio in capo al privato) ossia incidendo in misura non eccessivamente onerosa sulle esigenze di vita del dipendente (C. di St n. 4851/2017; T.A.R. Lazio n. 9338/2020).
Un equo temperamento delle esigenze del pubblico dipendente e del potere-dovere dell'amministrazione di procedere al recupero di quanto corrisposto "sine titulo" può legittimamente rinvenirsi in un sistema di rateizzazione dell'indebito che, per l'arco temporale per esso previsto, sia tale da non pregiudicare il soddisfacimento dei normali bisogni di vita del dipendente e della sua famiglia (C. di St. n. 527/2018; T.A.R. Lazio n. 9338/2020; T.A.R. Catanzaro n. 1164/2013; T.A.R. Campobasso n. 554/2011). ” (T.A.R. Roma, sez. III, 08.02.2021, n.1559)
Già con ordinanza n. -OMISSIS-, confermata dal Consiglio di Stato con ordinanza n. -OMISSIS-, era stato evidenziato l'obbligo per l’Amministrazione di procedere al recupero della somma con modalità tali da non incidere significativamente sulle esigenze di vita del debitore.
L’atto impugnato, invece, ingiungeva il pagamento della somma di € 26.138,21, entro il termine perentorio di 30 giorni dalla comunicazione, con contestuale diffida propedeutica all’esecuzione forzata, in mancanza di pagamento, non facendo alcun riferimento a modalità di rateizzazione del debito.
Pertanto, in applicazione dei principi giurisprudenziali appena esposti, l'Amministrazione avrebbe dovuto procedere alla richiesta di restituzione dell'indebito prevedendo, oltre alla restituzione in unica soluzione, anche la possibilità di procedere ad una rateizzazione dell'importo. Conseguentemente il provvedimento di ingiunzione impugnato con il ricorso per motivi aggiunti è illegittimo e deve essere annullato.
3. In conclusione, il ricorso introduttivo deve essere respinto mentre deve essere accolto il ricorso per motivi aggiunti limitatamente al provvedimento di ingiunzione impugnato, che deve essere annullato nella parte in cui prevede la corresponsione della somma richiesta in unica soluzione entro il termine di 30 giorni.
4. Le spese legali possono essere compensate, tenuto conto dell’andamento amministrativo e processuale della vicenda.