TAR Napoli, sez. II, sentenza 2019-07-26, n. 201904112
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Pubblicato il 26/07/2019
N. 04112/2019 REG.PROV.COLL.
N. 02153/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2153 del 2015 proposto dal Prof. S V, rappresentato e difeso dagli avv. G L e G T ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. L P in Napoli, via Toledo n.256;
contro
Università degli Studi “Parthenope” di Napoli in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso cui ope legis domicilia alla via Diaz n. 11;
per l'annullamento
della nota n.2546 del 13/2/2015 di rigetto dell’istanza di revoca/annullamento d’ufficio del D.R. n.13 del 12/1/2005 e del D.R. n.348 del 12/1/2008 di riconoscimento dello status di professore con regime d’impegno a tempo definito dal 12/1/2005 al 1/11/2011, nonché per la declaratoria della nullità parziale dei citati DD.RR. nella parte in cui assegnano al ricorrente il regime d’impegno a tempo pieno e per la condanna al risarcimento dei danni.
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Viste le memorie della Università degli Studi “Parthenope” di Napoli;
Vista la documentazione depositata da parte ricorrente;
Viste le memorie di parte ricorrente;
Vista la memoria della Università degli Studi “Parthenope” di Napoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 luglio 2019 il Consigliere G N e uditi per le parti gli avvocati come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato quanto segue in
FATTO
Espone parte ricorrente di essere dal 2005 professore ordinario di Economia e Gestione delle Imprese presso l’Università degli Studi “Parthenope” di Napoli, di aver prestato servizio dal 1°/11/1999 al 30/10/2004 quale Professore associato presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi del Molise ove aveva optato per il tempo definito in ragione della qualità di Dottore commercialista e di aver assunto servizio presso l’Università degli Studi “Parthenope” di Napoli dal 1°/11/2004 confermando l’opzione per il regime d’impegno a tempo definito. Presso tale Ateneo, in esito a procedura di valutazione comparativa, il ricorrente conseguiva il 12/1/2005 l’idoneità a professore straordinario per il settore scientifico disciplinare SECS-P/08, venendo inquadrato in tale ruolo con D.R. n.13 del 12/1/2005 anche se, pur non avendo presentato alcuna domanda in tal senso ex art.11 del DPR n.382/1980, veniva prevista la corresponsione quale professore straordinario a tempo pieno;venivano sottoscritti dal ricorrente una serie di moduli, tra cui uno – per mero errore – di preferenza per il tempo pieno, ma si continuava ad esercitare la libera professione confidando nel regime d’impegno a tempo definito. Per inadempienza dell’Ateneo il ricorrente non veniva incluso nell’elenco speciale dei professori a tempo pieno non esercenti attività professionale e continuava a confidare nel regime a tempo definito, finchè soltanto in occasione della nota dell’Ordine professionale del 18/3/2008, n.3473 si veniva a conoscenza che l’Ateneo aveva comunicato al medesimo di provvedere alla formalizzazione del passaggio del P S nell’Elenco Speciale dei non esercenti.
Il ricorrente presentava allora all’Università degli Studi “Parthenope” domanda di opzione per il tempo definito, ma con il D.R. n.348 del 12/1/2008 – oggetto con il presente gravame di richiesta di declaratoria di nullità parziale - si dava atto dell’opzione in favore del regime a tempo pieno decretandosi la nomina a Professore ordinario per il Settore SECS-P/08, con assegnazione della relativa classe iniziale di stipendio, così ignorandosi la domanda di opzione per il tempo definito presentata a seguito della comunicazione dell’Ordine professionale di appartenenza. Peraltro l’Ateneo avrebbe dovuto richiedere al ricorrente di esercitare una nuova opzione con vincolo biennale;soltanto in data 6/9/2010 l’Ufficio del Personale Docente rilasciava certificazione di esercizio da parte del P S dell’opzione per il tempo definito e con D.R. n.66 del 31/1/2011 gli attribuiva il regime di impegno a tempo definito a decorrere dall’1°/11/2011.
Conseguentemente al comportamento negligente e contraddittorio dell’Università il ricorrente è stato sottoposto a procedimento disciplinare per violazione delle norme sulle incompatibilità, con successiva irrogazione della sanzione di sospensione dall’ufficio e dallo stipendio per un anno oggetto di impugnazione innanzi a questo Tribunale e, incidentalmente, di annullamento giusta sentenza n.775 del 2014;per la riforma del capo della sentenza avverso il prof. S proponeva appello ed il Consiglio di Stato con ordinanza n.2070 del 2014 sospendeva l’efficacia della citata sentenza. Nell’ambito di giudizio innanzi alla Corte dei Conti il ricorrente è stato condannato per responsabilità erariale al pagamento degli importi che egli stesso si era impegnato a corrispondere a fini transattivi, mentre la Guardia di Finanza ha erogato sanzioni pecuniarie a quanti si erano avvalsi delle prestazioni professionali del prof. S. Questi presentava allora all’Ateneo istanza di autotutela affinchè fosse riconosciuto per il periodo dal 13/1/2005 al 1°/11/2011 il regime di impegno a tempo definito, ma detta richiesta è stata rigettata con il provvedimento oggetto di impugnazione.
L’Avvocatura Distrettuale dello Stato si è costituita procedendo ad una parziale diversa ricostruzione dei fatti, eccependo la formazione del giudicato esterno a seguito della sentenza del Consiglio di Stato n.2648 del 2015 che ha rigettato l’appello principale proposto dall’odierno ricorrente, replicando ai singoli motivi di ricorso e depositando sentenza del Tribunale di Napoli n.43 del 2018 che ha respinto la querela di falso proposta dal prof. S per veder dichiarata la falsità in parte qua dei DD. RR. nn.13/2005 e 348/2008.
Con successiva memoria parte ricorrente ha richiesto la sospensione del giudizio ex art.77 cpa in ragione della pendenza innanzi alla Corte di Appello di Napoli di impugnazione della sentenza del Tribunale di Napoli n.43 del 2018 che ha respinto la querela di falso.
All’udienza pubblica del 23 luglio 2019 il ricorso è stato introitato in decisione.
DIRITTO
1. Con il ricorso in esame parte ricorrente, premessa la disciplina sul reclutamento dei professori universitari, deduce la violazione degli artt.2, 2-bis, 21-quinquies e 21-nonies della Legge n.241/1990, dell’art.11 del DPR n.382/1980, dell’art.1 della Legge n.725/1982, nonché il difetto di motivazione e l’eccesso di potere, insistendo per la condanna dell’Università al risarcimento dei danni.
2. Il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato per le ragioni di seguito specificate.
3. In via preliminare non appare accoglibile la richiesta sospensione del giudizio ex art.77 cpa in ragione della pendenza innanzi alla Corte di Appello di Napoli di impugnazione della sentenza del Tribunale di Napoli n.43 del 2018 che ha respinto la querela di falso, dal momento che a questo giudice è rimessa la valutazione della rilevanza della questione di falso e che, nella fattispecie, la causa risulta definibile indipendentemente dai documenti dei quali è stata dedotta la falsità, risultando piuttosto che l’istituto della querela di falso sia stato utilizzato come strumento dilatorio per ritardare la pronuncia sul merito nel presente ricorso.
3.1 Con riguardo, poi, a quanto sostenuto in sede ricorsuale circa l’impugnativa della sanzione di sospensione dall’ufficio e dallo stipendio per un anno e la sentenza di questo Tribunale favorevole per parte ricorrente n.775 del 2014, occorre più puntualmente sottolineare che la stessa è stata confermata dal Consiglio di Stato con decisione n.2648 del 2015 relativamente alla parte in cui proprio il prof. S l’aveva gravata di appello in ordine alla statuizione della prescrizione del diritto di credito dell’Università ex art.2948 n.4 c.c. in 10 anni piuttosto che in 5.
La materia del contendere è dunque, sul punto, coperta dal giudicato esterno e, come è pacifico (Cass. Civ., III, 28/10/2015, n.21924;ord. 16/01/2014, n.769;23/11/2005, n.24594), l'interpretazione del giudicato, sia esso interno od esterno, va effettuata alla stregua non soltanto del dispositivo della sentenza, ma anche della sua motivazione, nè può escludersi la correttezza di un'indagine diretta ad attribuire rilevanza integratrice alle stesse domande delle parti, nell'assenza di altri elementi idonei ad escludere un'obiettiva incertezza sul contenuto della pronuncia.
Ora, al riguardo, il Giudice d’appello ha inequivocabilmente affermato che il prof. S “ha pacificamente violato il contratto e le norme che lo disciplinano in quanto, pur percependo una retribuzione per l’attività a tempo pieno, ha svolto di fatto un’attività a tempo definito”;è, per tali motivi, non meritevole di positiva valutazione la pretesa di parte ricorrente di ottenere, previa declaratoria di nullità parziale del D.R. n.348 del 2008, il recupero di quanto invece percepito indebitamente nel triennio di incarico di docente a tempo pieno e che, come tale, va restituito all’Ateneo.
Peraltro la stessa Sezione giurisdizionale centrale d’appello della Corte dei Conti, con la sentenza n.65/2017 prodotta da parte ricorrente, nell’accogliere l’appello avverso la sentenza di primo grado n.305/2015, ha affermato che “…il comportamento tenuto dal dr. S è caratterizzato da colpa semplice e non grave. L’esito assolutorio…non preclude tuttavia all’Ateneo, in applicazione dei principi affermati dal Consiglio di Stato con sentenza n.2648 del 2015, di esercitare nei confronti del S…l’azione di ripetizione dell’indebito oggettivo ex art.2033 c.c. che può essere attivata a prescindere dalla sussistenza dell’elemento psicologico di dolo o colpa ed in presenza della sola oggettiva erogazione dei compensi non dovuti per prestazioni extra professionali incompatibili ”.
3.2 Circa l’asserita violazione dell’art.11 del DPR n.382/1980, va premesso che detta norma dispone che "…l'impegno dei professori ordinari è a tempo pieno o a tempo definito. Ciascun professore può optare tra il regime a tempo pieno ed il regime a tempo definito. La scelta va esercitata con domanda da presentare al rettore almeno sei mesi prima dell'inizio di ogni anno accademico. Il regime d'impegno a tempo definito: a) è incompatibile con le funzioni di rettore, preside, membro elettivo del consiglio di amministrazione, direttore di dipartimento e direttore dei corsi di dottorato di ricerca". L'ultimo comma dell'art. 11 aggiunge che "le incompatibilità di cui al comma quarto, lettera a), operano al momento dell'assunzione di una delle funzioni ivi previste, con il contestuale automatico passaggio al regime di impegno a tempo pieno. A tal fine, è necessario che l'interessato, all'atto della presentazione della propria candidatura, produca una preventiva dichiarazione di opzione per il regime di impegno a tempo pieno in caso di nomina".
Nella vigenza del D.P.R. 382/1980, la giurisprudenza riteneva che l'opzione per il regime a tempo pieno in caso di nomina a incarichi accademici (incluso quello di direttore di dipartimento) non fosse soggetta a limiti temporali, con la conseguenza che la dichiarazione predetta poteva essere resa anche senza tenere conto del predetto termine semestrale (cfr. Cons. Stato, VI, 12.10.2010, n.7418);è successivamente intervenuta la Legge n.240/2010 la quale, pur riproducendo la regola generale dell'esercizio dell'opzione per l'uno o l'altro regime almeno sei mesi prima dell'inizio dell'anno accademico (art. 6, comma 6), ha demandato agli Statuti di Ateneo la definizione del regime di incompatibilità tra tempo definito ed esercizio di incarichi accademici (art. 6, comma 12: "la condizione di professore a tempo definito è incompatibile con l'esercizio di cariche accademiche. Gli statuti di ateneo disciplinano il regime della predetta incompatibilità").
3.2.1 La giurisprudenza è pacifica (cfr. T.A.R. Piemonte, I, 05/12/2012, n.12867) nel ritenere che il regime disciplinato dall'art. 11 del D.P.R. 382/1980 per l'accesso alle cariche accademiche è inquadrabile nel genus delle incompatibilità, come reso evidente dalla possibilità di superare l'impedimento esercitando, all'atto della nomina, l'opzione per il regime di impegno a tempo pieno;peraltro in altra occasione (Cass. Civ., SS. UU., 11/1/2011, n.389) si è statuito che l'interpretazione dell’art.1 del D.L. n. 85 del 1987, come convertito nella Legge n. 158 del 1987, per quanto riguarda l'incompatibilità all'iscrizione ad albi professionali va compiuta nel quadro sistematico del complesso normativo nel quale la norma s'inserisce, dunque anche con riferimento al D.P.R. n. 382 del 1980 sul riordinamento della docenza universitaria.
Pertanto il Collegio non può che affermare che - per quanto interessa in questa sede – la normativa di cui si controverte stabilì che il regime a tempo pieno, a differenza di quello a tempo definito, fosse incompatibile con "lo svolgimento di qualsiasi attività professionale" e i nominativi dei professori ordinari che optassero per il tempo pieno venissero comunicati a cura del Rettore all'Ordine professionale al cui albo risultassero iscritti al fine della loro inclusione in un elenco speciale. La reiterata affermazione di parte ricorrente di aver confermato l’opzione per il tempo definito è evidentemente priva di riscontro fattuale, tanto più che il D.R. n.13 del 2005 non fa alcun riferimento né di data né di estremi di protocollo a documentazione sottoscritta dal docente circa l’opzione per il regime di impegno;dirimente si rivela sul punto la sentenza del Tribunale di Napoli n.43 del 2018 che ha respinto la querela di falso proposta dal prof. S per veder dichiarata la falsità in parte qua dei DD. RR. nn.13/2005 e 348/2008.
3.3 Nessun principio dell’affidamento può, poi, essere invocato da parte ricorrente che, in data 13 gennaio 2005, provvedeva ad inviare all’Università a mezzo fax due moduli manoscritti e sottoscritti con indicazione della preferenza per il regime a tempo pieno;il D.R. n.348 del 2008 di nomina a professore ordinario con regime a tempo pieno non è mai stato oggetto di contestazione da parte del prof. S. Non vi è, viceversa, prova di istanza presentata antecedentemente all’aprile 2008 per la modifica del regime prescelto da pieno a definito relativamente al triennio 2008/2011 e, conseguentemente, il ricorrente è stato condannato dalla Sezione giurisdizionale per la Campania della Corte dei Conti alla restituzione di quanto a lui indebitamente erogato per il periodo 2005/2007, ciò in conseguenza dello svolgimento di attività di libero professionista incompatibile con il regime di impegno a tempo pieno.
3.3.1 Non è, poi, possibile invocare la violazione dei principi in tema di autotutela quanto ad un presunto obbligo di provvedere in tal senso da parte dell’Ateneo, ciò non solo perché come sopra evidenziato non erano ravvisabili ragioni di interesse pubblico alla rimozione dell'atto pretesamene illegittimo, ma anche in considerazione della circostanza che una motivazione satisfattiva della presupposta esigenza regolativa consacrata nel testo dell'art. 21-nonies della Legge n. 241/1990 deve spingersi fino all'argomentata indicazione delle specifiche e concrete esigenze pubblicistiche che impongono l'eliminazione d'ufficio dell'atto viziato e non può certo risolversi nella ripetitiva e astratta affermazione dei medesimi interessi alla cui soddisfazione la norma violata risulta preordinata.
3.4 La reiezione del ricorso principale giustifica il mancato accoglimento dell’istanza risarcitoria formulata in sede ricorsuale.
4.