TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2018-03-14, n. 201802887

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2018-03-14, n. 201802887
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201802887
Data del deposito : 14 marzo 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/03/2018

N. 02887/2018 REG.PROV.COLL.

N. 10540/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10540 del 2017, proposto da:
Box 3 S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato C B, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Nizza 45;

contro

Ama S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato D C, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso del Rinascimento 49;

nei confronti di

Intercarta Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati B B, L G, M M, con domicilio eletto presso lo studio B B in Roma, via Giuseppe Pisanelli N. 40;

per l'annullamento

- dell'ammissione o mancata esclusione alla procedura di evidenza pubblica, di cui in appresso, della società Intercarta s.p.a.;

- del provvedimento di assegnazione definitiva n. 64/2017 di AMA S.p.A. relativamente al Lotto II, Prot. 004905/2016U, comunicato mediante trasmissione PEC in data 28 settembre 2017, limitatamente alla parte in cui ridetermina le offerte delle concorrenti;

- del provvedimento di revoca dell'assegnazione e contestuale nuova assegnazione Prot. 055095/2017U del 13 ottobre 2017, comunicato mediante trasmissione PEC in data 13 ottobre 2017;

- del verbale di gara n. 2 del 10 maggio 2017 (conosciuto in data 13 ottobre 2017), nella parte in cui ritiene mera irregolarità i vizi contenuti nella compilazione dell'offerta dell'Intercarta s.p.a.;

- del verbale di gara n. 11 del 7 luglio 2017 (conosciuto in data 13 ottobre 2017), nella parte in cui veniva rideterminata l'offerta della ricorrente e delle altre offerenti;

- di ogni altro atto comunque presupposto, preordinato, connesso o conseguente, anche se non conosciuto, comunque lesivo dei diritti della ricorrente, ivi compresa la proposta di aggiudicazione formulata dalla Commissione Aggiudicatrice al Responsabile del Procedimento ed il provvedimento di rideterminazione del prezzo offerto;

per la declaratoria

di inefficacia del contratto, eventualmente medio tempore stipulato, tra la società AMA S.p.A. e la società Intercarta S.p.a.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ama S.p.A. e di Intercarta Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2018 il dott. S G C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente prendeva parte alla procedura di cui al bando di gara pubblicato il 17 febbraio 2017 per il servizio di selezione/valorizzazione dei rifiuti in carta e cartone (CER 20.01.01) provenienti dalla raccolta differenziata congiunta (flusso stradale) nel Comune di Roma Capitale, per un periodo di 24 mesi.

Alla procedura, suddivisa in 4 lotti, partecipavano diverse aziende;
secondo il disciplinare d’asta si prevedeva - art. 3 - che il prezzo unitario proposto da ciascun concorrente, risultante dall’applicazione della percentuale di rialzo offerta al prezzo unitario posto a base d’asta, non dovesse essere pari od inferiore al prezzo unitario posto a base d’asta, a pena di esclusione;
quest’ultimo risultava fissato ad euro 20,00/ton.

Il bando prevedeva altresì che all’offerta dovesse essere allegata, a pena di esclusione, una copia dei listini prezzi della CCIAA di Milano riferito al mese di Aprile 2017.

La ricorrente presentava la propria offerta per il lotto 2, in concorrenza con la sola Intercarta Spa.

Nella seduta pubblica del 10 maggio 2017, convocate le offerenti, venivano svolte le operazioni preliminari di gara consistenti nell’apertura dei plichi e verifica della documentazione;
in quella fase veniva ammessa la concorrente Intercarta, nonostante il plico di quest’ultima si presentasse come se vi fosse inclusa solo la busta A (che secondo il bando avrebbe dovuto recare esclusivamente la documentazione amministrativa) e senza la busta B (relativa all’offerta), che, dopo l’apertura della busta A, risultava invece, erroneamente, inclusa all’interno di quest’ultima, insieme al resto degli atti prodotti.

Le concorrenti presenti contestavano l’ammissione della Intercarta Spa alla procedura con specifiche annotazioni a verbale;
il procedimento proseguiva e, per quanto riguarda il lotto 2, all’esito della operazione di apertura delle offerte economiche, risultava prima l’offerta di BOX 3 (con un aumento del prezzo a base d’asta del 430% ed un importo unitario di euro 86,11) e seconda quella di Intercarta (con un aumento del 412% ed un importo unitario di euro 82,55%).

Il 28 settembre veniva comunicato alla odierna ricorrente il provvedimento nr. 64/2017 con il quale l’AMA (completamente omettendo la fase di ammissione e/o esclusione dei concorrenti e valutazione delle offerte, ex artt. 56,59,97,99 D.Lgs. 50/2016), assegnava il lotto 2 alla società BOX 3, con rideterminazione del prezzo unitario offerto tanto dalla ricorrente quanto dalla seconda offerente Intercarta (che veniva aumentato della base d’asta, ovvero di € 20,00/ton: BOX 3 da € 86,11 a € 106,11 e Intercarta da € 82,55 a € 102,55).

La comunicazione di assegnazione risultava del seguente tenore: " in riferimento all'importo unitario si rappresenta che, nella compilazione dell'Allegato 2 "Facsimile offerta economica" al Disciplinare d'asta, è stato erroneamente calcolato il prezzo unitario, ossia il risultato dell'applicazione della percentuale di rialzo offerta al prezzo unitario posto a base d'asta pari ad €/t 20,00 ed il Seggio di Gara ha provveduto a ricalcolare detto prezzo unitario. Pertanto, la graduatoria sopra riportata è stata sviluppata sulla base dell'elemento dell'offerta che assume carattere vincolante, ovvero la percentuale di rialzo proposta, in conformità alla previsione esplicita del paragrafo 8 del Disciplinare d'Asta, che prevede "per ciascun Lotto, l'assegnazione avverrà in favore del concorrente che avrà presentato la percentuale di rialzo più alta da applicare all'importo unitario posto a base d'asta ".

La ricorrente esperiva accesso agli atti, dai quali emergeva che in data 7 luglio 2017 il Seggio di Gara aveva rideterminato il prezzo unitario offerto dalla BOX 3, sulla base del rilievo che dalla percentuale di rialzo offerta (430,55%), al prezzo unitario posto a base d'asta (pari ad €/t 20,00) " ... al fine di aumentare il valore del medesimo" (cfr: articolo 8, ultimo capoverso, Disciplinare d'Asta), si rileva, però, che il "prezzo unitario risultante" espresso dal concorrente (€/86,11), è viziato da errore di calcolo: esso, infatti, risulta corrispondere alla sola espressione in euro della percentuale di rialzo offerta, senza che tale valore di rialzo sia stato applicato, sommandolo, al prezzo unitario posto a base della competizione, così come nelle specifiche della procedura d'asta;
il Seggio di gara ritiene pertanto necessario provvedere al calcolo corretto, secondo tali specifiche della Procedura, del valore di prezzo unitario risultante, valore che risulta essere pari, per una percentuale di rialzo di base d'asta pari al 430,55% ad €/t 106,11
” (medesima operazione veniva posta in essere per l'offerta della società Intercarta, lotto 2;
ulteriore offerta della società Intercarta, lotto 4;
offerta del RTI Ricicla Centro Italia, lotto 1, ulteriore offerta del RTI Ricicla Centro Italia, lotto 3).

Appreso quanto sopra, la ricorrente (di concerto con altre società offerenti o assegnatarie per la medesima gara ma per diverso lotto, la cui offerta era stata rideterminata con lo stesso metodo) inoltrava istanza di autotutela alla Stazione Appaltante con la quale chiedeva, da una parte, spiegazioni della rideterminazione del prezzo (con eccessivo aumento);
dall'altra, ribadiva la correttezza dei propri calcoli e faceva presente (come le altre istanti) che l'effettiva volontà e l'effettivo impegno assunto dall'azienda stessa fosse quello di offrire il prezzo unitario rassegnato nell’offerta.

All'esito di detta istanza di autotutela, mentre la Stazione Appaltante dava inizio ai preparativi per la stipulazione del contratto con la ricorrente (invitando la BOX 3 al deposito delle polizze fideiussorie, assicurazioni, cauzioni, indicazione del responsabile del contratto e così via), così ingenerando, secondo la ricorrente, un evidente legittimo affidamento nella conclusione del contratto (al prezzo rassegnato), in data 13 ottobre 2017 perveniva alla BOX 3 s.r.l. l'atto Prot. 05595/2017U con il quale l'AMA revocava l'assegnazione eseguita stante un (preteso e contestato) "espresso rifiuto alla stipula del contratto" della BOX 3 s.r.l. e provvedendo contestualmente ad assegnare il lotto alla seconda classificata società Intercarta s.p.a.

Avverso tali atti, la società BOX 3 ha quindi proposto l’odierno ricorso con il quale lamenta l’illegittimità dell’ammissione della Intercarta alla procedura in esame, l’illegittimità della rideterminazione dell’offerta, della revoca dell’assegnazione e della riassegnazione alla Intercarta da parte dell’AMA spa.

In rito, premette che il ricorso è cumulativo, ovvero contenente sia una domanda per l’annullamento dell’ammissione della Intercarta Spa, sia una domanda volta all’annullamento dell’esito, nella parte d’interesse e dunque ai fini dell’aggiudicazione dell’appalto, entrambe ammissibili in quanto l’AMA spa non ha adottato alcun provvedimento di ammissione o di esclusione.

A fondamento delle censure deduce (I) l’ammissione della Intercarta sarebbe illegittima in quanto il bando prevedeva, a pena di esclusione, l’obbligo di presentare l’offerta confezionando il relativo plico, con le prescritte formalità, mediante l’inclusione in esso di due distinte buste, l’una (A) contenente la documentazione amministrativa e l’altra (B) le offerte per i lotti cui si intendeva concorrere.

Essendo stata presentata solamente la busta A, il Seggio avrebbe dovuto escludere subito la concorrente dal procedimento, senza aprire la suddetta busta;
il fatto che essa contenesse anche le buste B relative ai lotti d’interesse, quindi, non avrebbe dovuto avere alcun rilievo, posto che il Seggio non avrebbe potuto sapere ex ante che tali buste vi erano incluse;
si tratterebbe di formalità essenziali, prescritte a tutela della riservatezza ed integrità dell’offerta, chiaramente prescritte dal bando a pena di esclusione;
la loro violazione sarebbe dunque giusta ragione di esclusione della concorrente dalla gara.

Quanto al secondo capo di censura (violazione e falsa applicazione dell'art. 97 Cost, - violazione dei principi di imparzialità e buon andamento, violazione del principio di buona fede ex artt. 1175, 1337, 1375 c.c., violazione della lex specialis, eccesso di potere e travisamento dei fatti), secondo la ricorrente, la rideterminazione del prezzo sarebbe all'evidenza arbitraria, illegittima, ed erronea, oltre che non prevista dalla lex specialis .

Più precisamente, (a) sarebbe del tutto corretto il procedimento seguito dalla ricorrente (e da altre concorrenti offerenti negli altri lotti, tutte aziende di esperienza operanti nel settore da tempo), poiché il bando richiedeva che l’offerta fosse redatta indicando un prezzo unitario risultante dall’applicazione della percentuale di rialzo offerta al prezzo unitario posto a base d’asta;
(b) in ogni caso prevarrebbe il costo unitario sulla percentuale di rialzo, essendo, sotto diversi profili, il primo a costituire l’oggetto della proposta a base dell’offerta, rispetto al quale la seconda sarebbe una mera componente matematica, nonché ravvisandosi plurimi e circostanziati elementi nel bando che sono riferiti al costo unitario;
(c) in ulteriore subordine, dovrebbe riconoscersi prevalenza all’effettiva volontà degli offerenti;
(d) ancora in ulteriore subordine, la rideterminazione della S.A. sarebbe illegittima in quanto il bando sarebbe oggettivamente ambiguo e si sarebbe dovuto dare preferenza ad un dovere di chiarezza;
(e) difetterebbe un qualsivoglia procedimento di rilevazione delle offerte anomale, in violazione degli artt. 80. 97, 98 del dlgs 50/2016;
sussisterebbe piena buona fede della concorrente che, insieme ad altre (una delle quali a rischio di perdere l’assegnazione del proprio lotto) rilevavano l’incongruenza della posizione della S.A..

Con un terzo argomento di censura, la ricorrente si duole dell’illegittimità della rideterminazione del prezzo, per incompetenza funzionale del firmatario della revoca dell’assegnazione, essendo un soggetto esterno alla commissione diverso anche dal RUP;
nel merito, la ricorrente era pienamente intenzionata a concludere il contratto, sebbene alle condizioni realmente proposte (ovvero ad euro 86,11/ton) avendo inoltre confidato nelle univoche dichiarazioni di AMA di addivenire al contratto avendo convocato BOX3 al deposito della documentazione di rito, indicando il nominativo dei funzionari che si sarebbero occupati del rapporto ed altri comportamenti concludenti;
non sussisterebbero i presupposti per la revoca neppure in astratto, come definiti dall’art. 21 quinquies della l. 241/90, non essendo sopravvenuti motivi di interesse pubblico o mutamenti della situazione di fatto.

Nella parte III del ricorso sono poi dedotti ulteriori motivi di inammissibilità dell’offerta di Intercarta, diversi da quelli già sopra indicati (incongruità dell’offerta come rideterminata, anche in relazione ai listini della CCIAA di Milano, obbligatoriamente allegati all’offerta;
presenza di precedenti gravi inadempimenti dell’offerente Intercarta che ne avrebbero dovuto comportare l’esclusione ai sensi dell’art. 80 del dlgs. 50/2016).

Costituitesi, resistono al ricorso sia l’AMA spa che la controinteressata Intercarta Spa, che chiedono il rigetto del gravame per inammissibilità ed infondatezza.

In particolare, viene eccepita la tardività dei motivi di cui alla prima parte del ricorso introduttivo, per violazione e falsa applicazione dell’art. 120 co.2bis del c.p.a.;
la infondatezza delle censure relative alla rideterminazione delle offerte ed alla revoca dell’assegnazione.

Su tale specifico aspetto, la difesa dell’Amministrazione insiste per la correttezza del procedimento osservato dalla Commissione ed evidenzia l’assoluta chiarezza del Bando e del disciplinare di gara nel senso di prevalenza della percentuale offerta sul prezzo unitario (e quindi la correttezza del ritenuto errore, con conseguente rettifica da parte della Stazione Appaltante), che sarebbe altresì dimostrata da alcune esemplificazioni concrete: 1) in un primo esempio, ipotizzando una percentuale offerta del 10% del prezzo unitario (pari a 20 euro), secondo la prospettazione della ricorrente (ovvero senza sommare l’importo derivante da tale calcolo percentuale al prezzo unitario posto a base d’Asta), l’offerta finale sarebbe di 2 euro per tonnellata;
2) ancora, se la percentuale offerta fosse più alta, ad esempio il 50% del prezzo unitario, l’offerta finale sarebbe pari a 10 euro per tonnellata;
3) infine, se la percentuale offerta fosse stata pari al 100% del prezzo unitario (20 euro), in tal caso l’offerta finale sarebbe pari a 20 euro per tonnellata, ovvero con nessun aumento.

Per l’Amministrazione, le conseguenze appena esposte della tesi della ricorrente ne dimostrerebbero l’irragionevolezza, posto che in nessuno dei tre casi l’importo derivante dal calcolo percentuale (negli esempi riferiti rispettivamente 2, 10 e 20 euro), se non sommata al prezzo unitario a base d’Asta, determinerebbe un rialzo;
dirimente, ai fini della dimostrazione della correttezza del procedimento osservato dalla S.A. diverrebbe quindi l’espressa previsione di cui al punto 8 del Disciplinare, nella parte in cui prevede che “ Non saranno prese in considerazione/saranno escluse le offerte che presentano una percentuale di rialzo pari od inferiore a zero ” .

La controinteressata Intercarta evidenzia, ulteriormente, che secondo il bando sarebbe la percentuale offerta l’elemento determinante dell’offerta (vedasi, in particolare, l’art. 8, secondo cui “ per ciascun lotto, l’assegnazione avverrà in favore del concorrente che avrà presentato la percentuale di rialzo più alta da applicare all’importo unitario posto a base d’asta….Ciascun concorrente dovrà necessariamente, a pena di esclusione, offrire una percentuale da applicare al menzionato importo unitario al fine di aumentare il valore del medesimo. Non saranno prese in considerazione o saranno escluse le offerte che presentino una percentuale di rialzo pari od inferiore a zero ”).

Ulteriori ed analoghe argomentazioni vengono svolte avverso le censure di cui alla parte III del ricorso introduttivo delle quali si deduce l’infondatezza e l’inammissibilità.

Circa le censure rivolte a far valere l’incongruità dell’offerta di Intercarta, dimostrata dal parametro costituito dai listini dei prezzi della CCIAA di Milano, richiesti obbligatoriamente dal Bando come allegati all’offerta, nonché l’inattendibilità della concorrente per pregresse vicende contenziose, l’Amministrazione eccepisce, in primo luogo, che il ricorso della BOX3 avverso una precedente procedura di gara, che aveva l’Intercarta come controinteressata, si è definito con sentenza di rigetto del Consiglio di Stato nr. 2228/2017;
anche l’ANAC, con nota del 23 ottobre 2017, prot. AMA 056819/2017E si esprimeva in favore della S.A.;
infine, viene evidenziato che contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la richiesta di inserire il listino della CCIAA di Milano riferito al mese di aprile 2017 nella busta contenente l’offerta economica non era affatto finalizzata ad una verifica della congruità dell’offerta, bensì a consentire l’applicazione del meccanismo di indicizzazione dei prezzi previsto dall’ultimo capoverso del punto 3 del Disciplinare d’Asta.

Con ordinanza nr. 2017/12271 dell’11 dicembre 2017 è stato preso atto della rinuncia alla domanda cautelare e le parti sono state rinviate alla pubblica udienza del 14 febbraio 2018.

Con memoria depositata il 22 gennaio 2018 è stato depositato da Intercarta il contratto nel frattempo stipulato con l’AMA per il servizio in oggetto.

Le parti hanno quindi prodotto ulteriori memorie con le quali insistono nelle rispettive tesi e domande.

Nella pubblica udienza del 14 febbraio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Nell’odierno giudizio, le parti controvertono in ordine alla legittimità degli atti di gara con i quali la S.A. ha rideterminato il prezzo offerto dalla ricorrente, aggiudicataria dell’appalto, operando in asserita correzione dell’offerta, per poi revocare l’aggiudicazione sulla scorta del mancato consenso della ricorrente stessa a sottoscrivere il contratto alle condizioni rideterminate.

I) Preliminarmente, va rilevato che, per evidenti esigenze di concentrazione e di sintesi della motivazione della sentenza, le censure dedotte avverso l’ammissione o mancata esclusione della concorrente Intercarta, possono essere esaminate insieme a quelle dedotte nella terza parte del ricorso in ordine alle altre ragioni di esclusione della controinteressata che la ricorrente ha dedotto.

II) Quanto alla II parte del ricorso, laddove la ricorrente si duole dell’avvenuto ricalcolo dell’offerta e della conseguente revoca dell’aggiudicazione, si osserva quanto segue.

A fondamento del ricalcolo dell’offerta, che era in aumento rispetto al prezzo posto a base d’asta, trattandosi di un “contratto attivo” (ovvero di un negozio volto all’acquisto da parte della ricorrente dei prodotti derivanti dalla raccolta dei rifiuti di carta), la S.A. ha operato aggiungendo al prezzo offerto la base d’asta stessa;
mentre parte ricorrente afferma che tale operazione non era né prevista, né giustificata, dalla lex specialis.

Ai fini della risoluzione del giudizio, il Collegio osserva quanto segue.

Il bando (all. 5) prevede, all’art. 3 (pag. 5/33) che: “ per ciascun lotto, il prezzo unitario proposto da ciascun concorrente nella presente procedura, risultante dall’applicazione della percentuale di rialzo offerta al prezzo unitario posto a base d’asta, non dev’essere, a pena di esclusione, pari o inferiore al prezzo unitario posto a base d’asta ”. Inoltre, “ si precisa che l’assegnatario di ciascun lotto dovrà corrispondere ad AMA il corrispettivo offerto, risultante dall’applicazione della percentuale di rialzo offerta al prezzo unitario posto a base d’asta – al netto delle eventuali maggiorazioni dovute alla minore presenza di frazione estranea – su cui sarà mensilmente verificata l’eventuale variazione come di seguito indicato “ (il bando, sul punto, si riferisce alla rilevazione mensile presso la CCIIAA di Milano del prezzo minimo del macero).

All’art. 6, busta “B” - offerta economica (pag. 18/33) si prevede che: “ …la dichiarazione di offerta economica formulata conformemente al fac-simile….. con indicazione: della percentuale di rialzo, sia in cifre che in lettere, da applicare all’importo unitario posto a base d’asta di cui al precedente paragrafo 3;
dell’importo unitario offerto risultante dall’applicazione della percentuale di rialzo offerta;
del listino mensile della CCIIAA di Milano di riferimento (inserire in Busta B il listino valido al momento della scadenza della Procedura)
”.

Al paragrafo 8 del disciplinare (pag. 22/33) si prevede che: “ per ciascun lotto, l’assegnazione avverrà in favore del concorrente che avrà presentato la percentuale di rialzo più alta da applicare all’importo unitario posto a base d’asta di cui al paragrafo 3 del presente Disciplinare d’Asta ”.

Nella propria offerta, sia Box 3 che Intercarta hanno indicato la percentuale di rialzo (rispettivamente 430,55% e 412,75% ) ed il prezzo unitario offerto (86,11/ton ed 82,55/ton, che è il risultato dell’aumento dell’importo a base d’asta di 20 euro delle percentuali indicate, ovvero 430,55% e 412,75%).

La S.A. ha ritenuto che il prezzo unitario deve scaturire dall’aumento percentuale indicato aggiunto alla base d’asta (quindi ha rideterminato il prezzo unitario di entrambe aggiungendolo ai 20 euro a base d’asta, ovvero: 86,11/ton + 20/ton = 106,11/ton. e 82,55/ton + 20/ton = 102, 55/ton,).

La rideterminazione è scaturita da osservazioni proposte nel verbale di gara nr. 10 del 6 luglio 2017 (pagg. 4 e 5/5) laddove alcuni concorrenti presenti hanno sollevato la questione dell’apparente non conformità tra il prezzo e la percentuale. Il Seggio si riuniva nella seduta del 4/7/2017 (verbale nr. 11) e riteneva che: “ il prezzo unitario risultante…. espresso dal concorrente (euro/ton 86,11) è viziato da errore di calcolo: esso infatti risulta corrispondere alla sola espressione in euro della percentuale di rialzo offerta, senza che tale valore di rialzo sia stato anche applicato, in somma, al prezzo unitario posto a base di competizione, così come è nelle specifiche della Procedura ‘Asta;
il Seggio di gara ritiene pertanto necessario provvedere al calcolo corretto, secondo tali specifiche di procedura, del valore di prezzo unitario risultante, valore che risulta essere pari per una percentuale di rialzo di base d’asta pari al 430,55% ed euro/ton 106,11
”.

Circa il potere della S.A. di provvedere alla correzione di errori materiali nell’offerta, fermo restando il divieto di alterazione o modificazione della stessa, giova rilevare come la giurisprudenza ammette tale possibilità, avendola esaminata ai fini della discordanza tra la indicazione in cifre ed in lettere (in questo caso ritiene la prevalenza della cifra in lettere);
e quanto al caso della divergenza tra prezzi unitari, quantità e prezzo totale nei casi dei listini, in relazione al quale ritiene la prevalenza dei primi.

Più precisamente, viene intanto in rilievo il principio espresso dal Regio decreto - 23/05/1924, n.827 il quale prevede, all'art. 72, che " Quando in una offerta all'asta vi sia discordanza fra il prezzo indicato in lettere e quello indicato in cifre, è valida l'indicazione più vantaggiosa per l'amministrazione ".

Secondo il Consiglio di Stato, Ad. plen. 13 novembre 2015 n. 10, l'art. 72, r.d. 23 maggio 1924, n. 827, appena indicato, avendo come obiettivo principale l'equilibrio economico-finanziario dello Stato, è derogato, nelle gare pubbliche di appalto aventi ad oggetto l'acquisizione di servizi, prodotti, lavori ed opere, dall'art. 119, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, che al comma 2, prevede che «in caso di discordanza prevale il ribasso percentuale indicato in lettere» e, al comma 3, che «nel caso di discordanza dei prezzi unitari offerti prevale il prezzo indicato in lettere»;
pertanto, il vantaggio per l'Amministrazione assurge a criterio dirimente in caso di contrasto fra offerta espressa in lettere ed offerta espressa in cifre, laddove occorra massimizzare gli introiti per l'Erario. Si è affermato inoltre (vedasi T.A.R. Brescia sez. II 03 dicembre 2014 n. 1325) che è legittimo da parte della stazione appaltante provvedere alla correzione degli importi indicati in modo errato dall'aggiudicatario nell'offerta, recanti un errore nella moltiplicazione del prezzo unitario per la quantità;
tale prassi, da tempo invalsa, ha avuto formale riconoscimento al comma 7 dell'art. 119 d.P.R. n. 207/2010, in forza del quale in caso di discordanza fra il prezzo complessivo e quello dipendente dal ribasso percentuale offerto, tutti i prezzi unitari sono corretti in modo costante in base alla percentuale di discordanza (per altre fattispecie, vedasi T.A.R. Lecce, sez. I 16 aprile 2014 n. 986;
T.A.R. Milano, sez. I 31 marzo 2014 n. 848).

Appare evidente la novità della odierna fattispecie rispetto alla casistica giurisprudenziale;
tuttavia, dal momento che i principi elaborati dalla giurisprudenza confermano l’ammissibilità di un intervento correttivo del Seggio di gara che riscontri un errore materiale dell’offerta medesima, può affermarsi che, nell’ambito di questo potere correttivo, non può che rientrare anche la possibilità di risolvere, correttamente interpretando l’offerta, un contrasto tra percentuale di rialzo e prezzo unitario, riconoscendo la prevalenza della prima indicazione sul secondo elemento, quando il bando preveda l’aggiudicazione alla migliore percentuale di rialzo offerta, come accade nel caso di specie.

Invero, ad un primo approccio, deve osservarsi che le esemplificazioni concrete offerte al giudizio nella difesa dell’Amministrazione, costituiscono un argomento di particolare pregio: se il prezzo unitario da offrire – che non poteva essere inferiore a 20€ a ton – fosse stato solamente quello derivante dalla moltiplicazione della percentuale di rialzo al prezzo base, allora è chiaro che tutti i rialzi fino al 100% avrebbero condotto ad un prezzo unitario pari o inferiore a quello a base d’asta.

Va dato atto alla difesa della ricorrente che il bando specificava che erano escluse le offerte con percentuale rialzo pari o inferiore a 0%.

Tuttavia, il complesso della disciplina della lex specialis , ed, in particolare, la previsione secondo cui l’aggiudicazione dell’incanto sarebbe stata disposta in favore del maggior rialzo percentuale (art. 8), conduce a ritenere che l’aspetto appena sopra indicato costituisca nulla più che una imprecisione formale o meramente stilistica e redazionale del testo, essendo chiaro – al più attento esame – che la relativa previsione fosse finalizzata ad escludere l’ammissibilità di offerte la cui risultante finale fosse quella di non comportare un aumento del prezzo a base d’asta (coerentemente con la natura del procedimento selettivo);
correlativamente, laddove il bando prescriveva che l’offerta dovesse essere redatta con l’indicazione della percentuale di rialzo da applicare all’importo unitario posto a base d’asta e dell’importo unitario offerto, deve ritenersi che avesse configurato in quest’ultima indicazione una funzione ancillare, con lo scopo evidente di consentire al Seggio una pronta ed immediata conversione del rialzo senza necessità di ricorrere al calcolo matematico.

Pertanto, il procedimento osservato dalla S.A. che, in presenza di una discordanza tra la percentuale di rialzo ed il prezzo unitario, ha adeguato quest’ultimo alla prima, si rivela pienamente corretto.

Ne deriva l’infondatezza di tutte le censure dedotte: infatti, in primo luogo, risulta per tabulas che la ricorrente non aveva accettato la sottoscrizione del contratto alle condizioni risultanti dalla comunicazione dell’assegnazione, posto che le relative comunicazioni in tal senso esprimevano la volontà di confermare non già la percentuale offerta, ma il prezzo unitario originario;
nessun rilievo possiedono, in merito, le censure di tipo procedimentale o relative ai profili di competenza del funzionario, poiché le comunicazioni intercorse tra la S.A. e la ricorrente si sono svolte entro una fase unitaria – quella rivolta alla sottoscrizione del contratto come conclusione del procedimento di gara – e non sono allegate situazioni di fatto o di diritto che la ricorrente non ha potuto rappresentare nel procedimento a causa del lamentato difetto di partecipazione;
né viene posta in dubbio la riferibilità della volontà dell’Amministrazione espressa dal funzionario, all’Ente cui appartiene;
il bando, in ragione di quanto sopra esposto, non poteva qualificarsi in termini di dubbio tale da imporre una riedizione della gara;
non risulta violato il criterio ermeneutico della ricerca dell’effettiva volontà dell’offerente, dal momento che il seggio ha operato applicando alla percentuale di rialzo che la stessa parte ha formulato il conseguenziale prezzo unitario.

Su tale aspetto, deve solo evidenziarsi che, secondo i consueti criteri ermeneutici di diritto comune che presiedono alla ricerca del senso esatto di clausole dubbie, l’interprete deve indagare l’effettiva volontà delle parti in base a criteri pur sempre evincibili dal testo come sottesi alle medesime clausole, ovvero in forza di criteri comunque oggettivi: sotto questo profilo, sia la percentuale del rialzo che il prezzo unitario indicati nella scheda costituiscono elementi dell’offerta provenienti dalla parte offerente e dunque espressi come volontà di quest’ultima, tanto che la parte ricorrente si sforza di dimostrare che, ammessa la impropria formulazione della scheda, dovrebbe essere il prezzo unitario a prevalere sulla percentuale di rialzo. Tuttavia, sempre sotto un profilo strettamente ermeneutico, quest’ultima affermazione è assertiva, mentre, al contrario, la prevalenza del testo relativo alla percentuale di rialzo è confermata sia dalla disposizione delle voci nella scheda, sia con riferimento ai plurimi indicatori – desumibili dal bando e quindi dalle regole di gara che le concorrenti hanno accettato e che devono darsi per presupposte all’offerta proprio come criterio ermeneutico – che individuano nella maggiore percentuale di rialzo l’indicatore che serve all’aggiudicazione.

Non vale, quindi, a sostenere le ragioni della ricorrente il richiamo di quest’ultima ai listini della CCIAA di Milano che, secondo il bando, andavano acclusi nella busta B dell’Offerta Economica, quale parte dell’offerta “a pena di esclusione”.

Più precisamente, secondo la ricorrente, l’obbligatoria allegazione dei listini era funzionale allo scopo di responsabilizzare gli offerenti sulla forbice di prezzo all’interno della quale potevano formulare offerte non incongrue;
e di orientare il Seggio circa la verifica di verosimiglianza dei prezzi unitari offerti per un pronto reperimento dei “prezzi unitari della carta pulita” al tempo, così da compararli con le offerte e identificare, ictu oculi , quelle anomale o al limite dell’anomalia;
da qui, l’ulteriore argomento – speso ancora sul piano dell’interpretazione della volontà della ricorrente ai fini della formulazione dell’offerta – secondo cui, essendo riscontrabile nei listini del mese di aprile 2017 una forbice prezzo tra gli 85,00 ed i 90,00 euro per tonnellata, non si sarebbero potute giustificare offerte al rialzo di maggiore importo (su questa base afferma inoltre, nella terza parte del ricorso sulla quale si tornerà oltre, che l’offerta di Intercarta sarebbe comunque incongrua).

Si tratta di una esposizione che, sia pur suggestiva, non si rivela fondata all’esito delle controdeduzioni delle resistenti, le quali ne evidenziano correttamente il limite laddove rilevano che i listini individuano l’andamento statistico dei prezzi su basi mensili e quindi mal si prestano ad una funzione di parametro di congruità di una offerta che deve riferirsi ad un periodo di tempo di 24 mesi (ed a riprova di tale variabilità, la controinteressata esibisce i listini dei mesi successivi con variazioni fino ad euro 95,00/ton per il prezzo massimo);
inoltre si tratta di rilevazioni di prezzi “medi” e per di più riferiti alla sola piazza di Milano, mentre le operatrici sul settore possono realizzare prezzi diversi nel resto d’Italia;
la funzione dei listini sarebbe dunque quella di costituire solo il parametro per l’applicazione del meccanismo di indicizzazione dei prezzi previsto dall’ultimo capoverso del punto 3 del Disciplinare d’asta, secondo il quale “ qualora la rilevazione mensile presso la CCIAA di Milano del prezzo minimo del macero si discosti di un valore positivo o negativo pari o superiore al 20 % (venti per cento) del valore rilevato nel mese precedente a quello di scadenza della presentazione dell’offerta, il corrispettivo unitario da riconoscere ad AMA varierà rispetto al corrispettivo unitario offerto della stessa variazione percentuale ”.

Nei limiti del presente giudizio, non è quindi sorretto da adeguata dimostrazione il criterio ermeneutico che la parte ricorrente ha allegato quale fondamento “estrinseco” della prevalenza dell’elemento prezzo su quello percentuale nella componente dell’offerta, dal momento che il riferimento ai listini della CCIAA di Milano si risolve in una clausola della lex specialis non esplicitamente attinente alla congruità dell’offerta (istituto sulla cui applicazione si tornerà peraltro nel prosieguo).

Infine, a fronte di un vero e proprio rifiuto di concludere il procedimento con la sottoscrizione del contratto, la revoca dell’aggiudicazione diviene atto obbligato perché presuppone il mancato “ idem placitum ” ai fini della stipula del contratto per un fatto della concorrente;
e, comunque, ogni censura di tipo formale, indirizzata ad una diversa qualificazione dell’esercizio del potere (in termini di autotutela di legittimità o di merito o di opportunità), non è atta ad incidere sul complessivo ed effettivo assetto di interessi, dal momento che la scelta di non concludere il contratto alle condizioni risultanti dall’oggettiva formulazione del documento di gara, è stata frutto di una libera determinazione della concorrente odierna ricorrente.

Ciò conduce all’esame della prima e della terza parte del ricorso introduttivo, con la quale la società BOX3 si duole di ulteriori profili di illegittimità dell’aggiudicazione alla concorrente Intercarta, per vizi afferenti l’ammissione alla gara di quest’ultima, l’anomalia della relativa offerta e per ragioni attinenti l’affidabilità soggettiva del concorrente.

Evidenzia il Collegio che, con sentenza 19 aprile 2017, nr. 04692/201, sulla base dei principi di cui alla sentenza nr. Corte giustizia UE, sez. VIII, 21/12/2016, n. 355 (secondo cui l'art. 1, par. 3, della direttiva 89/665 non osta a che ad un offerente escluso dalla gara sia negato l'accesso alle procedure di ricorso per contestare gli atti di gara ivi compreso il provvedimento di aggiudicazione), è stato ritenuto che una concorrente esclusa con provvedimento definitivo da una competizione di gara cui aveva preso parte, non è più legittimata all’impugnazione dell’aggiudicazione della concorrente rimasta in gara.

Si tratta di un principio che può trovare applicazione anche alla presente fattispecie;
vero è che, in quest’ultimo caso, l’esclusione è disposta con un provvedimento che la parte ricorrente ha impugnato (e quindi non definitivo);
ma, una volta ritenuto, per come sin qui esposto, che la revoca è stata disposta legittimamente non avendo la parte ricorrente accettato di stipulare il contratto, allora a quest’ultima parte, sulla base di un principio di leale cooperazione e buona fede sostanziale, non può consentirsi di far valere un interesse strumentale all’annullamento della gara al fine del vantaggio astratto e potenziale della ripetizione dell’incanto, anche perché, a seguito della revoca dell’aggiudicazione della gara legittimamente disposta, si viene a trovare nelle medesime condizioni di fatto di un qualunque altro operatore.

In ogni caso, non v’è luogo ad approfondire ulteriormente tale aspetto perché, nel merito, le censure dedotte con la I e con la III parte del ricorso sono infondate, per le argomentazioni ampiamente dedotte dalla resistente e dalla controinteressata.

Quanto al primo degli aspetti considerati, l’infondatezza del gravame si colloca con evidenza nel rilievo della natura meramente formale delle relative argomentazioni, non essendo dedotte circostanze atte ad incidere sulla certezza del contenuto o della provenienza dell’offerta, non integrità del plico, o irregolarità tali da far ritenere – secondo obiettive circostanze – che possa essere stato violato il principio di segretezza dell’offerta;
ex art. 83 dlgs 50/2016 (in continuità con l’art. 46, comma 1 bis del dlgs 163/06) solo alterazioni volte a rendere dubbia la genuinità del plico e del suo confezionamento possono giustificare l’esclusione dalla gara di una concorrente, non già l’erronea inclusione della prima busta all’interno della seconda, una volta riscontrato il regolare e sigillato confezionamento di entrambe.

Quanto alla presunta anomalia del rialzo offerto da Intercarta, trattandosi di una offerta al rialzo non trova applicazione l’obbligo di procedere alla verifica di cui all’art. 97 del dlgs 50/2016 (che è formulato in relazione alle offerte al ribasso), sussistendo in proposito solamente una facoltà della S.A. che non è coercibile, dal momento che si tratta di contratti attivi ovvero che generano un introito per l’Amministrazione stessa (e dunque non è configurabile un automatismo legale di presunzione tra eccessivo rialzo e sospetto di insostenibilità dell’offerta, mentre il relativo giudizio rimane sindacabile solo entro i limiti della macroscopica irragionevolezza, che non sussiste nel caso di specie);
peraltro, ai fini del presente giudizio e nei relativi limiti, la congruità del prezzo offerto da Intercarta è sostenuta dalle deduzioni svolte in atti a fronte delle quali non vale invocare – quale parametro di misurazione dell’asserita incongruità dell’offerta – il differenziale dei Listini della CCIAA di Milano, che, come rilevato dalle difese delle resistenti, è richiesto in gara al fine di fissare il parametro delle oscillazioni dei prezzi, per il periodico adeguamento dei prezzi di mercato.

Quanto alle tesi secondo le quali la Intercarta sarebbe responsabile di gravi violazioni e per tale ragione andrebbe esclusa dalla gara, le circostanze cui la BOX 3 si riferisce hanno in effetti costituito oggetto di un contenzioso risalente tra le due concorrenti e l’AMA spa;
contenzioso che, tuttavia, si è risolto con il rigetto del gravame di BOX 3 con sentenze sia di primo grado che di appello, come indicato dalle difese dell’AMA e della stessa Intercarta. Non è quindi sufficiente allegare il mancato pagamento di precedenti fatture, atteso che il requisito di cui al comma 5, lett. c) dell’art. 80 postula illeciti professionali “gravi” ovvero da accertarsi in relazione alla effettiva compromissione delle obbligazioni assunte e non prefigurabile sulla base di una generica allegazione di un qualunque inadempimento contrattuale.

In base a tutte le considerazioni sin qui svolte, il ricorso è infondato e va respinto, anche se le spese possono essere compensate, essendo connotata l’odierna fattispecie da elementi di particolare novità.

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