TAR Trento, sez. I, sentenza 2016-05-20, n. 201600218
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
N. 00218/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00105/2015 REG.RIC.
N. 00106/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento
(Sezione Unica)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
- sul ricorso numero di registro generale 105/2015 proposto dalla società Pegaso Srl, in persona del suo legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’avvocato F M B, con domicilio eletto in Trento, piazza Mosna n. 8, presso lo studio del predetto avvocato;
contro
il Comune di Malè, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Trento, ed elettivamente domiciliato presso la medesima in Trento, largo Porta Nuova n. 9;
nei confronti di
A C, non costituito in giudizio;
- sul ricorso numero di registro generale 105/2015 proposto dalla società Pegaso Srl, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato F M B, con domicilio eletto in Trento, piazza Mosna n. 8, presso lo studio del predetto avvocato;
contro
il Comune di Malè, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Trento, ed elettivamente domiciliato presso la medesima in Trento, largo Porta Nuova n. 9;
per l'annullamento
- quanto al ricorso n. 105/2015, dell’ordinanza n. 245 in data 12 gennaio 2015, con la quale l’assessore comunale delegato all’urbanistica del Comune di Malè ha ordinato la sospensione dei lavori e la riduzione in pristino dello stato dei luoghi con riferimento all’abusiva realizzazione dell’edificio residenziale contraddistinto dalla particella edificiale 114, nonché degli atti infraprocedimentali alla medesima presupposti;
- quanto al ricorso n. 106/2015, dell’ordinanza n. 247 in data 12 gennaio 2015, con la quale l’assessore comunale delegato all’urbanistica del Comune di Malè ha ordinato la sospensione dei lavori e la riduzione in pristino dello stato dei luoghi con riferimento all’abusiva realizzazione dell’edificio residenziale contraddistinto dalla particella edificiale 113, nonché degli atti infraprocedimentali alla medesima presupposti;
Visti i ricorsi ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Malè;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 maggio 2016 il dott. Carlo Polidori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. In punto di fatto giova preliminarmente evidenziare quanto segue: A) la società Pegaso, proprietaria di un’area approssimativamente trapezoidale ubicata nel Comune di Malè, frazione di Bolentina, composta dalle particelle fondiarie 100, 101, 109, e 110, nonché dalla particella edificiale 109 e del terreno a questa pertinente, nel 2011 ha chiesto ed ottenuto il rilascio di due concessione edilizie per la realizzazione di due edifici su tale area;B) la prima concessione è la n. 14 in data 22 aprile 2011 e riguarda la costruzione di un nuovo edificio residenziale su parte delle suddette particelle fondiarie;C) la relativa costruzione, graffata al terreno di specifica pertinenza, a seguito del frazionamento, costituisce attualmente la particella edificiale 114 ed è stata alienata al dottor A C;D) la seconda concessione è la n. 42 in data 1° luglio 2011 e riguarda la costruzione di un ulteriore edificio residenziale su altra parte delle suddette particelle fondiarie;E) la relativa costruzione, graffata al terreno di specifica pertinenza, a seguito del frazionamento, costituisce attualmente la particella edificiale 113;F) a seguito di un primo sopralluogo effettuato da un tecnico dell’Amministrazione comunale e di un successivo sopralluogo effettuato in data 22 ottobre 2014 da un tecnico esterno all’Amministrazione, l’assessore delegato all’urbanistica del Comune di Malè con l’ordinanza n. 245 in data 12 gennaio 2015 ha ordinato, ai sensi degli articoli 125 e 129, comma 1, della legge provinciale 4 marzo 2008, n. 1, la sospensione lavori e la riduzione in pristino dello stato dei luoghi con riferimento alle opere abusive così descritte: «realizzazione di edificio residenziale su p. ed. 114 (ex pp. ff. 109,100,101 e p. ed. 109) in C.C. Bolentina», e con l’ordinanza n. 247 in data 12 gennaio 2015 ha ordinato, ai sensi degli articoli 125 e 129, comma 1, della legge provinciale 4 marzo 2008, n. 1, la sospensione dei lavori e la riduzione in pristino dello stato dei luoghi con riferimento alle opere abusive così descritte: «realizzazione di edificio residenziale su p. ed. 113 (ex pp. ff. 109,100,101 e p. ed. 109) in C.C. Bolentina»;G) nella motivazione di entrambi i provvedimenti viene posto in rilievo che durante la stesura della variante al P.R.G. del Comune di Malè erano emerse «alcune divergenze rispetto a quanto autorizzato in merito agli edifici contraddistinti mappalmente dalle pp. ed. 113 e 114 C.C. Bolentina», che avevano indotto l’Amministrazione a nominare un tecnico esterno perché effettuasse «tutti gli accertamenti idonei ad identificare l’esatta posizione degli edifici summenzionati, nonché il confine reale dell’area edificabile»;H) in motivazione viene richiamata altresì la documentazione trasmessa dal predetto tecnico in data 29 ottobre 2014, inerente la determinazione del confine delle particelle edificiali 113 e 114, «dalla quale si evince una buona concordanza fra lo stato reale e lo stato mappale e quindi di conseguenza che parte delle pp. ed. 113 e 114 C.C. Bolentina sono state realizzate al di fuori del confine della ex p.f. 101 Cr. Bolentina che rappresentava il limite della zona edificabile»;I) in ragione di quanto precede, secondo l’Amministrazione, entrambi gli edifici sono stati realizzati «in difformità dai titoli autorizzativi» e, quindi, risultano essere costruzioni abusive ai sensi dell’art. 128, comma 1, lett. a), della legge provinciale n. 1/2008, in quanto realizzate «in assenza di concessione o di denuncia d’inizio di attività, o in difformità da esse»;L) nella parte finale del dispositivo di entrambi i provvedimenti impugnati - dopo l’ordine di sospensione dei lavori e l’ingiunzione della demolizione di quanto abusivamente realizzato - l’Amministrazione avverte che «il presente provvedimento deve intendersi anche come avviso di inizio procedimento», ai sensi della legge provinciale 30 novembre 1992, n. 23, per cui «l’interessato può presentare memorie scritte, documenti ed eventuali controdeduzioni a norma della vigente normativa in materia di procedimento amministrativo e diritto d’accesso», ma subito dopo avverte altresì che lo stesso provvedimento può essere impugnato innanzi al T.R.G.A. di Trento, ovvero con ricorso straordinario al Capo dello Stato.
2. La società Pegaso con il ricorso n. 105/2015 ha impugnato l’ordinanza n. 245 in data 12 gennaio 2015 deducendo le seguenti censure.
I) Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento della realtà, carenza del medesimo e difetto assoluto di motivazione . La ricorrente contesta radicalmente che sia stata realizzata un’opera edilizia in assenza o in difformità dal titolo edilizio, evidenziando che, a seguito della notificazione del provvedimento impugnato, ha incaricato un tecnico di fiducia di verificare la posizione planimetrica del manufatto realizzato rispetto a quello assentito e, all’esito delle verifiche effettuate, è emersa una «situazione di concordanza tra la posizione dell’edificio esistente e di quello assentito». Difatti la sovrimpressione tra le planimetrie a corredo dei provvedimenti legittimanti l’intervento edificatorio e la raffigurazione planimetrica dell’edificio realizzato attesta, in forma inequivoca, l’assenza di qualsivoglia traslazione dell’edificio in area non avente destinazione residenziale, con conseguente carenza dei presupposti per l’adozione del provvedimento impugnato.
II) Violazione degli articoli 128, comma 1, e 129 della legge provinciale n. 1/2008;eccesso di potere per travisamento della realtà, sviamento dalla causa tipica, carenza di motivazione sotto diverso profilo;violazione delle disposizioni concernenti le garanzie partecipative al procedimento . In via gradatamente subordinata rispetto al primo motivo la ricorrente sostiene che l’illegittimità del provvedimento impugnato emergerebbe innanzi tutto dal fatto che la pretesa realizzazione della costruzione oltre l’originario confine della particella fondiaria 101 deriva da «un’errata valutazione (espressiva di un inequivoco travisamento della realtà) della peculiare conformazione, a livello catastale, sia dell’originaria p.f. 101 C.C. Bolentina, sia, in ogni caso, delle residue particelle esistenti nella zona», determinata anche da una carenza del contraddittorio procedimentale. Difatti, secondo la ricorrente, «una rigorosa ed attenta verifica degli effettivi confini delle particelle predette, considerando i manufatti storici riscontrabili in situ», avrebbe consentito di accertare l’insussistenza della situazione di fatto evidenziata nel provvedimento impugnato, perché i lotti edificabili, inscritti nelle tavole di corredo dei provvedimenti abilitativi rilasciati dall’Amministrazione, rispetterebbero «sia l’effettivo confine, che nella realtà risulta traslato più a monte rispetto ai dati considerati dal Comune di Malè, sia il limite di zona, come raffigurato ... nella cartografia del P.R.G.». Fermo restando quanto precede, la ricorrente sostiene che - seppure sussistesse la situazione di fatto indicata nel provvedimento impugnato - la stessa non avrebbe comunque consentito l’adozione di tale provvedimento. Difatti in sede di redazione degli elaborati progettuali a corredo della domanda di concessione edilizia l’individuazione dei lotti edificandi e della corrispondenza dei medesimi con la linea edificabile individuata dal P.R.G. è stata operata sulla base di meticolosi rilievi effettuati in situ dal progettista e, quindi, la posizione del limite del lotto edificabile e l’ubicazione planimetrica della costruzione da realizzare sono state recepite nella concessione edilizia, che ha legittimato l’edificazione dell’edificio attualmente esistente sulla particella 114. Pertanto l’asserito errore nell’individuazione del limite della zona edificabile sarebbe insito già nella documentazione progettuale presentata a corredo della domanda di concessione edilizia e, quindi, tale errore potrebbe semmai incidere sulla legittimità del titolo abilitativo, ma non potrebbe certo rendere abusiva l’opera realizzata in conformità al titolo abilitativo. In altri termini l’Amministrazione, prima di ordinare il ripristino dello stato dei luoghi, avrebbe dovuto procedere all’annullamento in autotutela del titolo abilitativo a suo tempo rilasciato.
III) Violazione degli articoli 128, comma 1, lett. a), e 129, comma 1, della legge provinciale n. 1/2008;eccesso di potere per illogicità manifesta e carenza assoluta di motivazione . In via ulteriormente subordinata, per il caso in cui si ritenesse abusivo l’edificio insistente sulla particella edificiale 114, la ricorrente sostiene che il provvedimento impugnato sarebbe comunque viziato in quanto privo degli elementi essenziali che debbono caratterizzare provvedimenti della specie. Difatti l’ordine di demolizione, pur essendo un provvedimento vincolato, deve contenere una puntuale descrizione delle opere ritenute abusive, per consentire al destinatario, da un lato, di avere piena contezza dei singoli interventi ritenuti abusivi e, dall’altro, nell’ipotesi di opzione per la spontanea ottemperanza al provvedimento, di individuare senza dubbi di sorta la parte di manufatti suscettibili di riduzione in pristino. Invece il provvedimento impugnato: A) si limita a prospettare un mero dato catastale, quale la pretesa non coincidenza dei lotti edificati contraddistinti dalle particelle edificiali 113 ed 114 rispetto al precedente confine della particella fondiaria 101;B) non opera alcuna individuazione delle singole porzioni di manufatto realizzato, insistenti sulla particella edificiale, che risulterebbero abusive e suscettibili di riduzione in pristino, senza considerare che non ogni difformità deve ritenersi rilevante (ove esistente) a fini sanzionatori alla luce del disposto degli articoli 107 e 128, comma 5-bis, della legge provinciale n. 1/2008. Inoltre la ricorrente - premesso che la predetta legge provinciale distingue tra loro le diverse tipologie di abusi edilizi (art. 128) ed i relativi regimi sanzionatori (art. 129), correlati alla gravità degli abusi - afferma che il provvedimento impugnato, oltre a descrivere le opere abusive contestate, avrebbe dovuto indicare a quale tipologia di abuso le stesse siano riconducibili, nonché a quale regime sanzionatorio siano sottoposte. Invece l’Amministrazione: A) si è limitata a richiamare il disposto dell’art. 128, comma 1, lettera a), della legge provinciale n. 1/2008, secondo il quale deve ritenersi abusiva un’opera realizzata “in assenza di concessione o di denuncia di inizio di attività od in difformità da esse”, senza considerare che tali riferimenti, essendo cumulativamente richiamati, debbono ritenersi tra loro incompatibili: B) ha quindi omesso di precisare a quale delle tipologie di abuso contemplate dall’art. 128 della legge provinciale n. 1/2008 l’abuso riscontrato nel caso di specie sarebbe riconducibile e non ha specificato il regime sanzionatorio applicabile in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione.
IV) Violazione della legge provinciale n. 23/1992;eccesso di potere per illogicità manifesta . La ricorrente - premesso che nella parte finale del provvedimento impugnato è stata riconosciuta l’applicabilità dei principi in materia di democratizzazione e partecipazione al procedimento amministrativo sanciti dalla legge provinciale n. 23/1992, riconoscendo all’interessato la facoltà di presentare osservazioni e controdeduzioni da valutare al momento dell’emanazione dell’atto conclusivo del procedimento - si duole del fatto che l’Amministrazione abbia contraddittoriamente impedito la partecipazione al procedimento.
3. La società Pegaso con il ricorso n. 106/2015 ha impugnato l’ordinanza n. 247 in data 12 gennaio 2015 - deducendo censure pressoché identiche a quelle prospettate con il ricorso n. 105/2015.
4. L’Amministrazione intimata si è costituita in entrambi in giudizi e con due distinte memorie, di identico tenore, depositate in data 25 agosto 2015, ha replicato alle suesposte censure evidenziando quanto segue. Innanzi tutto l’Amministrazione contesta la tesi di controparte secondo la quale il Comune, a fronte della ritenuta erroneità dei presupposti in base ai quali era stata rilasciata la concessione edilizia, avrebbe dovuto previamente procedere al suo annullamento in autotutela e solo dopo sanzionare l’intervento edificatorio in questione. Difatti, secondo l’Amministrazione, dai documenti dalla stessa prodotti emergerebbe che il provvedimento impugnato è stato adottato in quanto sono emerse «divergenze rispetto a quanto autorizzato» e, quindi, ricorre l’ipotesi di cui all’art. 128, comma 1, lett. a), della legge provinciale n. 1/2008. Inoltre, secondo l’Amministrazione, non coglie nel segno neppure il terzo motivo in quanto dagli atti del procedimento emerge chiaramente che la contestazione riguardava unicamente la difformità dalla concessione rilasciata - e non certo l’assenza della medesima - per effetto dello sconfinamento (con una parte della costruzione) in zona esterna al confine dell’area qualificata come edificabile dagli strumenti urbanistici (e, segnatamente, in area agricola). In particolare risulterebbe decisiva la planimetria depositata dall’Amministrazione stessa in data 30 giugno 2015, redatta a seguito del sopralluogo eseguito in data 2 settembre 2014, in contraddittorio con le parti interessate;difatti da tale planimetria - redatta all’esito delle apposite verifiche eseguite, alla presenza del rappresentante della società ricorrente, dal tecnico esterno designato dall’Amministrazione - emergerebbe chiaramente come i due edifici siano stati realizzati in difformità dagli stessi elaborati allegati alla domanda di concessione edilizia, spostandone il sedime oltre le misure indicate in quest’ultima e violando il limite dell’area edificabile. In definitiva, secondo l’Amministrazione, il provvedimento impugnato «non è il frutto di una postuma correzione delle misurazioni catastali, bensì la conseguenza di una difformità dei lavori eseguiti rispetto alle misurazioni e indicazioni planimetriche fornite dallo stesso soggetto richiedente la concessione edilizia negli allegati tecnici della propria domanda». Quindi l’Amministrazione eccepisce che l’art. 129 della legge provinciale n. 1/2008 prevede l’ingiunzione di demolizione per tutte le tipologie di difformità ivi elencate e, quindi, non solo per i casi di difformità totale e di variazioni essenziali, ma anche per i casi di difformità parziale, ponendo a carico del trasgressore l’onere di richiedere l’applicazione della sanzione pecuniaria nei casi in cui “la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità”. In ogni caso le irregolarità contestate non rientrano tra le semplici varianti in corso d’opera, di cui all’art. 107 della legge provinciale n. 1/2008, perché - anche a voler prescindere dal fatto che non è stata presentata la prescritta DIA - la difformità in questione non può in alcun modo considerarsi “conforme agli strumenti e ai regolamenti edilizi vigenti e non ... in contrasto con quelli adottati”. Infine l’Amministrazione eccepisce l’infondatezza delle censure incentrate sul mancato rispetto delle garanzie procedimentali, sulla mancata descrizione delle opere abusive e sulla violazione della legge provinciale n. 23/1992, osservando quanto segue: A) come già evidenziato, le verifiche tecniche del tecnico incaricato dal Comune si sono svolte con la partecipazione del rappresentante legale della società ricorrente;B) dalla motivazione dei provvedimenti impugnati si evince comunque con sufficiente chiarezza che le parti degli edifici colpite dalle ingiunzioni si identificano con quelle realizzate in difformità dal progetto assentito e, in particolare, con quelle sconfinanti in zona non edificabile;C) non incide sulla legittimità dei provvedimenti impugnati il fatto che gli stessi rechino l’avvertenza relativa alla possibilità di presentare osservazioni e controdeduzioni da valutare al momento dell’emanazione del provvedimento conclusivo del procedimento, perché si tratta di meri refusi che non introducono elementi di illogicità tali da rendere incomprensibile la parte dispositiva dei provvedimenti impugnati, che risultano inequivoci nel disporre la sospensione dei lavori e la demolizione delle parti abusivamente realizzate.
5. Questo Tribunale con l’ordinanza n. 381 in data 12 ottobre 2015 - considerato che le due fattispecie sono per la massima parte coincidenti, con la sola differenza che l’edificio realizzato sulla particella edificiale 114 è stato completato ed è stato altresì venduto al signor A C, evocato in giudizio come controinteressato (rectius come cointeressato) - ha innanzi tutto disposto la riunione dei due ricorsi. Inoltre questo Tribunale, dopo aver anticipato le ragioni dell’infondatezza dell’ultimo motivo di ricorso e posto in rilievo che il terzo motivo è stato dedotto solo in via subordinata rispetto ai primi due motivi, ha disposto, ai sensi dell’art. 67 cod. proc. amm., l’esecuzione di una consulenza tecnica d’ufficio, all’uopo formulando il seguente articolato quesito: « Letti gli atti ed esaminata la documentazione prodotta, eseguiti i necessari sopralluoghi e acquisito ogni ulteriore utile elemento, anche avvalendosi dei poteri istruttori attribuiti al giudice, ex art. 63, II comma e 64, III comma, c.p.a., il consulente accerti, rispondendo al seguente quesito, ripartito in più profili per ragioni di maggiore chiarezza, e allegando alla relazione le opportune planimetrie di confronto: a) se la linea di edificabilità, tracciata sulla cartografia del piano regolatore comunale, e che coinciderebbe con il confine della ex p.f. 101 C.C. Bolentina, corrisponda o meno a quella individuata nelle planimetrie, allegate alle domande di concessione edilizia presentate;b) se le opere edilizie di cui alle p. ed. 113 e 114 siano state realizzate nella posizione risultante dalle mappe approvate o se, viceversa, esse siano state realizzate in posizione diversa e quale: in particolare, se si trovino oltre la linea di edificabilità, quale stabilita nelle planimetrie allegate e approvate;c) se le opere edilizie di cui alle p.ed. 113 e 114, per come edificate, e a prescindere dal contenuto dei titoli edilizi, siano comunque, e in quale misura, oltre i limiti della zona edificabile quale stabilita dallo strumento urbanistico ».
6. Il consulente tecnico d’ufficio (di seguito denominato CTU) in data 31 marzo 2016 ha depositato la sua relazione finale, nella quale, dopo aver illustrato il proprio operato, ha conclusivamente evidenziato che: A) quanto al primo quesito, come si può evincere dalla tavola riportata a pag. 11, «la linea di edificabilità tracciata sulla cartografia del piano regolatore comunale, coincidente con il confine della ex p.f. 101 C.C. Bolentina, non corrisponde a quella individuata dalle planimetrie allegate alle domande di concessione edilizia presentate», in particolare «vi è uno scostamento verso monte della linea di edificabilità di 3,95 ml a ovest e di 3,63 ml a est»;B) quanto al secondo quesito, come si evince dalla tavola riportate a pag. 20 della relazione, riguardo alla posizione dei fabbricati di cui alle particelle 113 e 114 «la posizione del loro sedime, rilevato in loco e di cui al frazionamento n. 68/2012, risulta diversa rispetto a quanto concessionato», in particolare «oltre la linea di edificabilità, quale stabilita nelle planimetrie allegate e approvate, ... risulta essere solo la p. edif. 113, per una superficie di 6,25 mq»;C) quanto al terzo quesito, come si evince dalle tavole riportate alle pagg. 24-27 della relazione, l’edificio di cui alla particella 113 insiste oltre i limiti della zona edificabile (quale stabilita dallo strumento urbanistico), quanto al piano interrato, per 58 mq, quanto al piano terra, per 27,7 mq, quanto al primo piano, per 29,5 mq e, quanto al secondo piano, per 29,5 mq, mentre l’edificio di cui alla particella 114 insiste oltre i limiti della zona edificabile, quanto al piano interrato, per 22 mq, quanto al piano terra, per 22 mq, quanto al primo piano, per 22 mq e, quanto al secondo piano, per 22 mq.
7. La società Pegaso con memoria depositata in data 4 aprile 2016 ha insistito per l’accoglimento di entrambi i ricorsi evidenziando che le conclusioni del CTU, pur risultando in gran parte non condivisibili, comunque confermano la fondatezza delle suesposte censure. In particolare la ricorrente - nel ribadire che seppure fossero configurabili modeste variazioni tra le opere assentite con le concessioni edilizie rilasciate dal Comune e quelle effettivamente realizzate, le stesse sarebbero riconducibili alle varianti in corso d’opera, disciplinate dall’art 107 della legge provinciale n. 1/2008 (in presenza delle quali non poteva essere adottato un ordine di demolizione, ma poteva al più essere irrogata la sanzione pecuniaria di cui all’art. 134, comma 3, della predetta legge) - contesta radicalmente le conclusioni alle quali è pervenuto il CTU osservando che l’erroneità delle stesse si desume dalle osservazioni formulate dal suo consulente tecnico di parte (di seguito denominato CTP) in relazione alla bozza di relazione del CTU, non analizzate né confutate dal CTU. Difatti il CTP ha evidenziato che: A) i rilievi eseguiti dal tecnico esterno, richiamati nella motivazione dei provvedimenti impugnati e condivisi dal CTU, non sono corretti, perché non tengono conto delle imprecisioni catastali che contraddistinguono la zona di Bolentina, né delle discordanze esistenti tra le previsioni mappali e quelle cartografiche del PRG;B) come indicato dal CTP, la posizione reale degli edifici è coerente con quanto riportato nei frazionamenti catastali;C) operando una traslazione dei punti di rilievo degli edifici dalla posizione mappale, connotata dalle imprecisioni anzidette, a quella reale ed urbanistica, emerge semmai una modestissima non corrispondenza dell’area di sedime dei due edifici (ossia una microtraslazione), ricompresa in una forbice, variabile da un massimo di 0,49 ml a 0,29 ml, riconducibile tra le varianti in corso d’opera. In via subordinata, per il caso in cui fossero ritenute condivisibili le risultanze di cui alla tavola 20 della relazione del CTU, la ricorrente deduce che tali risultanze non potrebbero comunque ritenersi idonee a dimostrare una traslazione dell’area di sedime dei due edifici eccedente i limiti sanciti dall’art. 107 della legge provinciale n. 1/2008. Difatti la non riconducibilità alle varianti in corso degli scostamenti dal progetto assentito postula la dimostrazione della sussistenza di varianti che eccedono il 5% delle previsioni progettuali relative al volume, alla superficie coperta, alla superficie utile e all’altezza, mentre nel caso in esame dalla CTU non emerge alcun dato numerico che attesti la sussistenza di una situazione di tal genere, non avendo il CTU accertato la realizzazione di edifici aventi dimensioni maggiori rispetto a quella assentite, ma solo un’asserita traslazione degli edifici stessi. Quindi - con particolare riferimento alle censure dedotte nella prima parte del secondo motivo di entrambi i ricorsi - la società Pegaso osserva innanzi tutto che i lotti edificati sono parte di una più estesa area residenziale, tuttora non completamente edificata, in relazione alla quale residuano non trascurabili potenzialità edificatorie a tutt’oggi non sfruttate, anche in considerazione dell’attuale congiuntura che affligge il mercato immobiliare; pertanto, secondo la ricorrente, non sussisteva alcuna ragione, diversa dalla piena convinzione della correttezza della linea di delimitazione della zona edificabile indicata nel progetto, né alcun interesse di carattere economico o speculativo che potesse giustificare la contestata traslazione dei due edifici nella zona non edificabile. Inoltre la ricorrente contesta le conclusioni del CTU in ordine all’individuazione dell’esatto limite superiore della zona edificabile, richiamando le osservazioni formulate dal CTP in relazione alla bozza di relazione del CTU, anche in questo caso non analizzate, né confutate dallo stesso CTU. Difatti il CTP ha evidenziato: A) la preesistenza di elementi in situ - costituiti dal picchetto in ferro a croce con testa dipinta in colore rosso e da un cippo asportato durante la fase di scavo - dai quali era possibile desumere una linea di confine diversa da quella considerata dal CTU nell’individuazione del limite superiore della zona edificabile;B) la circostanza che la ricorrente abbia a suo tempo prospettato al Comune le problematiche riscontrate ai fini dell’edificazione della zona, con conseguente redazione di un’apposita planimetria dalla quale emerge un limite superiore della zona edificabile, non coincidente con quello indicato dal CTU. In ogni caso, secondo la ricorrente, a prescindere dalle contestazioni relative alle conclusioni del CTU, resta il fatto che i provvedimenti impugnati devono ritenersi fondate le censure dedotte nella seconda parte del secondo motivo di entrambi i ricorsi. Difatti, come si può evincere dalla planimetria riportata a pag. 11 della relazione del CTU, ove sono evidenziate le parti dei due fabbricati che deborderebbero dalla linea di edificabilità, una parte considerevole dei fabbricati in questione è stata assentita con le concessioni edilizie rilasciate dal Comune e, quindi, le porzioni degli edifici che, pur ricadendo in zona non edificabile, sono legittimate dalle concessioni edilizie potrebbero ritenersi abusive (e, quindi, essere sanzionate con un ordine di demolizione) solo previo avvio di un procedimento di autotutela e previo riscontro, nell’ambito del procedimento medesimo, della sussistenza dei presupposti per l’annullamento d’ufficio delle concessioni edilizie. Da ultimo la società Pegaso insiste anche per l’accoglimento del terzo motivo, evidenziando che la fondatezza dello stesso emerge delle risultanze della relazione del CTU (seppure contestate e non condivise). Difatti da tale relazione si trae conferma del fatto che i provvedimenti impugnati richiedevano una puntuale descrizione delle opere ritenute abusive, nonché l’esatta individuazione della tipologia di abuso contestato e del relativo regime sanzionatorio;invece è stata ordinata tout court la demolizione di manufatti asseritamente esterni ad una non meglio precisata zona edificabile, in nessun modo indicata nei provvedimenti impugnati, senza considerare che parte dell’area di sedime delle due costruzioni risulta regolarmente assentito, seppur ricadente all’esterno della zona residenziale, e quindi non poteva comunque considerarsi abusivo. In altri termini il Comune avrebbe dovuto procedere all’esatta individuazione delle opere asseritamente abusive, non solo in termini assoluti, precisando le misure lineari e l’eventuale ingombro volumetrico delle opere abusive, ma pure comparativi, indicando le percentuali di difformità riscontrate rispetto ai manufatti assentiti, perché solo all’eventuale superamento dei limiti fissati dalla legge consegue una diversa classificazione dell’abuso edilizio a fini sanzionatori. Inoltre mancano nei provvedimenti impugnati le necessarie precisazioni sulla sussumibilità degli abusi edilizi tra le opere eseguite in totale difformità dalla concessione, o tra quelle eseguite con variazioni essenziali, ovvero ancora tra quelle eseguite in parziale difformità dalla concessione, e tale carenza si rivela particolarmente grave perché non consente di conoscere quale sanzione verrà applicata in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione.
8. L’Amministrazione intimata con memoria depositata in data 8 aprile 2016 ha sinteticamente replicato alle ulteriori considerazioni svolte dalla società ricorrente evidenziando che le conclusioni alle quali è pervenuto il CTU confermano la legittimità dei provvedimenti impugnati.
9. Alla pubblica udienza del 5 maggio 2016 il ricorso è stato chiamato e trattenuto per la decisione.
DIRITTO
1. In via preliminare giova ribadire che, in ragione delle evidenti ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva tra i ricorsi in epigrafe indicati, questo Tribunale ha disposto ai sensi dell’art. 70 cod. proc. amm. la riunione degli stessi.
2. Sempre in via preliminare il Collegio ritiene che l’esame ricorsi in epigrafe indicati possa iniziare dalle censure con le quali la società Pegaso, sulla scorta dell’avvertimento contenuto nella parte finale del dispositivo di entrambi i provvedimenti impugnati, si duole del fatto che l’Amministrazione non le abbia consentito di partecipare ai procedimenti definiti con l’adozione di tali provvedimenti. A tal riguardo occorre innanzi tutto ribadire che, come già evidenziato da questo Tribunale nell’ordinanza istruttoria n. 381 in data 12 ottobre 2015, l’infondatezza delle censure in esame discende dal consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale l’adozione di provvedimenti repressivi degli abusi edilizi non deve essere preceduta dall’avviso di avvio del procedimento, trattandosi di provvedimenti tipici e vincolati, emessi all’esito di un mero accertamento tecnico della consistenza delle opere realizzate e del carattere abusivo del medesimo. Ciò posto al Collegio resta solo da precisare che l’avvertimento incluso nella parte finale dei provvedimenti impugnati, pur risultando incongruo con il contenuto dispositivo dei provvedimenti stessi, comunque non ne inficia la legittimità in quanto: A) dalla motivazione dei provvedimenti impugnati si evince con sufficiente chiarezza il contenuto dispositivo degli stessi, in quanto finalizzati ad imporre la sospensione dei lavori e la demolizione delle opere già realizzate;B) tale avvertimento, essendo frutto di un mero refuso, non può essere interpretato neppure nel senso che l’Amministrazione abbia inteso discostarsi dal suddetto orientamento giurisprudenziale;C) in ogni caso resta il fatto che il legale rappresentante della società Pegaso è intervenuto alle operazioni di verifica svolte dal tecnico incaricato dall’Amministrazione, prospettando le proprie osservazioni sul posto, sicché risulta evidente che la predetta società è stata concretamente posta in condizione di partecipare al procedimento.
3. Passando all’esame delle altre censure, il Collegio ritiene che - come già evidenziato da questo Tribunale nell’ordinanza istruttoria n. 381 in data 12 ottobre 2015 - sia doveroso attenersi all’ordine delle stesse prospettato dalla società ricorrente (cfr. Consiglio di Stato, Ad. Plen., 27 aprile 2015, n. 5, ove è stato affermato che nel giudizio impugnatorio la parte ricorrente può graduare, esplicitamente e in modo vincolante per il giudice, i motivi e le domande di annullamento, ad eccezione dei casi in cui, ai sensi dell’art. 34, comma 2, cod. proc. amm., il vizio si traduca nel mancato esercizio di poteri da parte dell’autorità per legge competente).
4. Ciò premesso, il Collegio ritiene che le censure dedotte con il primo motivo e con la prima parte del secondo motivo di entrambi i ricorsi - tese a negare la contestata realizzazione di ambedue gli edifici oltre il limite della zona edificabile, con conseguente carenza dei presupposti per l’adozione dei provvedimenti impugnati - debbano essere respinte in quanto le risultanze della consulenza tecnica disposta da questo Tribunale (dalle quali non v’è motivo per discostarsi) inducono a ritenere che entrambi gli edifici siano stati realizzati in difformità dalle previsioni del PRG, in quanto insistono parzialmente oltre il limite della zona edificabile fissato dal piano. Difatti il CTU - nel rispondere al primo quesito formulato dal Tribunale, teso ad acclarare « se la linea di edificabilità, tracciata sulla cartografia del piano regolatore comunale, e che coinciderebbe con il confine della ex p.f. 101 C.C. Bolentina, corrisponda o meno a quella individuata nelle planimetrie, allegate alle domande di concessione edilizia presentate » - è pervenuto alla conclusione (ben evidenziata nella tavola n. 18, riportata per estratto a pag. 11 della sua relazione) che «la linea di edificabilità tracciata sulla cartografia del piano regolatore comunale, coincidente con il confine della ex p.f. 101 C.C. Bolentina, non corrisponde a quella individuata dalle planimetrie allegate alle domande di concessione edilizia presentate», perché «vi è uno scostamento verso monte della linea di edificabilità di 3,95 ml a ovest e di 3,63 ml a est». Inoltre corre l’obbligo di evidenziare che - a differenza di quanto affermato dalla società ricorrente nella memoria depositata in data 4 aprile 2016 - il CTU ha doverosamente tenuto conto delle tre osservazioni formulate dal CTP della predetta società (denominate punto A, punto B e punto C), nelle quali è stata evidenziata: A) la preesistenza di elementi in situ - costituiti da un picchetto in ferro a croce con testa dipinta in colore rosso e da un cippo asportato durante la fase di scavo - dai quali era possibile desumere una linea di confine diversa da quella considerata dal CTU nell’individuazione del limite superiore della zona edificabile;B) la circostanza che siano state a suo tempo prospettate al Comune le problematiche riscontrate ai fini dell’edificazione della zona, con conseguente redazione di un’apposita planimetria (denominata “tavola 1B”) dalla quale emerge un limite superiore della zona edificabile, non coincidente con quello indicato dal CTU. Difatti dall’esame di tali osservazioni (riportate nell’allegato 22 alla relazione finale del CTU) si evince, in particolare, che il CTP - nell’eccepire che «la linea di edificabilità non coincide con il confine della ex p.f. 101 C.C. Bolentina» - ha precisato (al punto A) che, secondo quanto a lui riferito dal progettista dei due edifici, «è un fatto che l’acquisto delle p.f. 100 e 101 fu travagliato e complesso ... e comportò il fatto che la linea di confine tra le due p.f. era stata determinata: a ovest da picchetto in ferro a croce con testa pitturata di rosso ... a est da un cippo che è stato levato durante la costruzione dell’edificio p. ed. 114 e di cui esiste documentazione oltre che testimonianze». Ebbene a tal riguardo il CTU ha puntualmente replicato (cfr. pagg. 14 e 15 della sua relazione) di aver tenuto conto dell’unico punto di riferimento esistente, costituito dal «muro in sassi-testa», mentre i diversi punti di riferimento indicati dal CTP, ivi compreso il picchetto in ferro, «non sono stati rilevati in loco nei frazionamenti per l’inserimento in mappa dei vari edifici della zona oggetto di causa nel corso degli anni». Inoltre il CTP ha evidenziato (al punto B delle sue osservazioni) che le suddette difficoltà furono portate all’attenzione del Comune dal progettista dei due edifici e venne, quindi, «per rendicontare tutte le operazioni inerenti i parametri urbanistici», redatta la tavola 1B, sulla base della quale sono state rilasciate le due concessioni edilizie. Anche a tale osservazione il CTU ha puntualmente replicato (cfr. pag. 15 della sua relazione) evidenziando che «tutte le misure indicate sulla planimetria tav. 1B ... non trovano riscontro in loco atteso che sono riferibili alla mappa per il calcolo delle aree fabbricabili in base alle superfici catastali delle particelle. Il confine tra le pp.ff. 100 e 101 ricostruito dal sottoscritto CTU, costituente la linea edificabile, non è sulla base mappale, ma su coordinate note restituite da segni evidenti ed esistenti sul terreno e da detti “cippi”, con indicazione della loro posizione riferita alla mappa, rilevati negli anni nei frazionamenti depositati».
5. Diverse considerazioni valgono per le restanti censure dedotte dalla società ricorrente. In particolare, tenuto delle risultanze della consulenza tecnica disposta da questo Tribunale, il Collegio ritiene che, quanto all’ordinanza n. 245 in data 12 gennaio 2015, relativa all’edificio che insiste sulla particella 114 debba essere accolta la censura (dedotta con il secondo motivo del ricorso n. 105/2015) con la quale la società Pegaso deduce che l’Amministrazione, prima di ordinare il ripristino dello stato dei luoghi, avrebbe dovuto procedere all’annullamento in autotutela del titolo abilitativo a suo tempo rilasciato. Difatti il CTU - nel rispondere al secondo quesito, teso ad acclarare « se le opere edilizie di cui alle p. ed. 113 e 114 siano state realizzate nella posizione risultante dalle mappe approvate o se, viceversa, esse siano state realizzate in posizione diversa e quale: in particolare, se si trovino oltre la linea di edificabilità, quale stabilita nelle planimetrie allegate e approvate » - è pervenuto alla conclusione (ben evidenziata nella tavola riportata a pag. 20 della sua relazione) che solo l’edificio di cui alla particella 113 è stato realizzato oltre la linea di edificabilità stabilita nelle planimetrie allegate e approvate con la concessione n. 42 in data 1° luglio 2011 per una superficie di 6,25 mq, mentre l’edificio di cui alla particella 114 non risulta posizionato oltre la linea di edificabilità stabilita nelle planimetrie allegate e approvate con la concessione edilizia n. 14 in data 22 aprile 2011. Ne consegue che, avendo la società ricorrente realizzato l’edificio di cui alla particella 114 nell’area di sedime indicata progetto assentito con la concessione edilizia n. 14 in data 22 aprile 2011, tale edificio non può, allo stato essere considerato abusivo, ma si pone semmai il problema - evidentemente rimesso alla competenza esclusiva dell’Amministrazione comunale - di accertare se sussistano o meno i presupposti per annullare in autotutela la predetta concessione n. 14 in data 22 aprile 2011 in quanto rilasciata in contrasto con le previsioni del PRG. Difatti la giurisprudenza (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 8 ottobre 2009, n. 5199) ha chiarito che l’unico rimedio a disposizione del Comune per sanzionare una costruzione non conforme alle prescrizioni urbanistiche, ma pur sempre realizzata in forza di un titolo abilitativo edilizio, ancorché illegittimo, è l’annullamento del titolo medesimo, e non già l’emanazione dell’ordinanza di demolizione, che può potuto essere adottata soltanto per opere edilizie eseguite in assenza o in difformità dal titolo abilitativo. Analoghe considerazioni non possono evidentemente valere per l’ordinanza n. 247 in data 12 gennaio 2015 - perché, come già evidenziato, lo stesso è stato realizzato non solo in contrasto con le previsioni dello strumento urbanistico, ma anche in parziale difformità dalla concessione edilizia n. 42 in data 1° luglio 2011, perché nella tavola riportata a pag. 20 della relazione del CTU è ben evidenziata una traslazione, rispetto all’area di sedime indicata nel progetto assentito con la concessione n. 42 in data 1° luglio 2011, per una superficie di 6,25 mq.
7. Fermo restando quanto precede, il Collegio ritiene che sussistano comunque i presupposti per procedere anche all’annullamento dell’ordinanza n. 247 in data 12 gennaio 2015, perché risultano fondate le censure dedotte con il terzo motivo di entrambi i ricorsi, ulteriormente sviluppate dalla società ricorrente con la memoria depositata in data 4 aprile 2016. Si deve infatti rammentare che l’art. 128 della legge provinciale n. 1/2008 (rubricato “Definizione delle costruzioni abusive) - dopo aver previsto (al comma 1) che “sono costruzioni abusive quelle realizzate: a) in assenza di concessione o di denuncia d’inizio di attività, o in difformità da esse; b) in base a un titolo abilitativo derivante dalla concessione o dalla presentazione della denuncia d’inizio di attività annullato o scaduto; c) prima che sia decorso il termine per poter iniziare i lavori in base alla denuncia d’inizio di attività; d) in base a denuncia d’inizio di attività presentata dopo l’inizio dei lavori o scaduta”, e (al comma 2) che “Le opere realizzate in base a concessione o a denuncia d’inizio di attività scadute sono equiparate a quelle eseguite in loro assenza” opera una fondamentale distinzione tra opere realizzate “in totale difformità” dal titolo edilizio, opere realizzate “con variazioni essenziali” rispetto al titolo edilizio e opere realizzate “in difformità parziale” dal titolo edilizio. In particolare il comma 3 dispone che “Si considerano costruzioni eseguite in totale difformità quelle che comportano: a) la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche e planivolumetriche rispetto a quello assentito;b) l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso autonomamente utilizzabile;c) la realizzazione di opere eccedenti i limiti massimi stabiliti per le variazioni essenziali dal comma 4;d) il mutamento della destinazione d’uso delle unità immobiliari, con o senza opere, incompatibile con la destinazione di zona, in seguito a dichiarazione del consiglio comunale previo parere della CPC”. Il comma 3 dispone che “Si considerano costruzioni eseguite con variazioni essenziali: a) la violazione delle norme vigenti in materia di abbattimento delle barriere architettoniche di cui alla legge provinciale n. 1 del 1991;b) le variazioni che, anche singolarmente, eccedono il 10 per cento ma non superano il 30 per cento dei valori di progetto o delle dimensioni delle costruzioni legittimamente preesistenti concernenti il volume, la superficie coperta, la superficie utile e l’altezza, fermo restando quanto previsto dalla lettera c);c) il mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentito in relazione alla classificazione di cui all’articolo 99;d) la violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non riguarda questioni procedurali;e) ogni intervento difforme da quanto concesso o autorizzato su immobili ricadenti nel parco nazionale dello Stelvio o nei parchi naturali provinciali;f) il mutamento della destinazione d’uso, con o senza opere, delle unità immobiliari, salvo quanto previsto dal comma 3, lettera d)”. Infine il comma 5 dispone che “Si considerano costruzioni eseguite in difformità parziale: a) quelle che non importano essenziali variazioni al progetto come definite nel comma 4;b) le variazioni non essenziali apportate alle opere legittimamente preesistenti, anche in difetto di concessione edilizia”. Da ultimo il comma 5-bis precisa che “non si ha difformità parziale del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2 per cento delle misure progettuali”. Tale distinzione assume un particolare ai fini sanzionatori in quanto - sebbene l’art. 129, comma 1, della legge provinciale n. 1/2008 (rubricato “Sanzioni per opere eseguite in assenza o in difformità dalla concessione”) preveda che “In caso di opere abusive eseguite in assenza di concessione o in difformità da essa il comune emette ingiunzione di rimessa in pristino entro il termine perentorio di novanta giorni, eventualmente prorogabile solo per provate ragioni tecniche”, riferendosi indistintamente alle opere realizzate “in totale difformità” dal titolo edilizio, a quelle realizzate “con variazioni essenziali” rispetto al titolo edilizio e a quelle realizzate “in difformità parziale” dal titolo edilizio - tuttavia molteplici differenze di regime emergono dalla lettura dei successivi commi dell’art. 129. Difatti il comma 3 dispone che “Le opere eseguite in assenza di concessione sono di diritto acquisite gratuitamente al patrimonio del comune con l’area di sedime e con quella necessaria ad assicurare l’accesso e le distanze dai confini e, se necessario, ad assicurare il rispetto degli standard per parcheggi”. Il comma 4 dispone che “Le opere eseguite in totale difformità sono acquisite al patrimonio del comune alle condizioni previste dal comma 3, se il comune riconosce che l’opera può essere utilizzata per fini pubblici. Negli altri casi, e per le opere eseguite in assenza di concessione consistenti in ampliamenti o sopraelevazioni di fabbricati esistenti o comunque prive di una specifica autonomia funzionale e non rientranti tra quelle di cui all’articolo 128, comma 5, lettera b), il comune ordina la demolizione a spese dei responsabili dell’abuso”. Il comma 5 dispone che “Per le opere eseguite con variazioni essenziali il comune ordina la demolizione a spese dei responsabili dell’abuso oppure, se esse non contrastano con rilevanti interessi urbanistici e comunque quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il pagamento di una sanzione pecuniaria determinata in misura pari al 150 per cento del valore delle opere abusive. Se l’abuso consiste nella mancata esecuzione di opere o modalità costruttive prescritte o nell’utilizzo di materiali diversi da quelli richiesti la sanzione è pari al 150 per cento del valore delle opere non realizzate. Se l’abuso consiste nel mutamento della destinazione d’uso delle unità immobiliari, la sanzione è pari al valore venale delle unità immobiliari interessate. In caso di violazione delle norme riguardanti l’abbattimento delle barriere architettoniche il comune ordina l’esecuzione delle opere in conformità al progetto che ha ottenuto la concessione, a spese dei responsabili”. Il comma 6 dispone che “Per le opere eseguite in difformità parziale il comune ordina la demolizione a spese dei responsabili dell’abuso oppure, se esse non contrastano con rilevanti interessi urbanistici e comunque quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il pagamento di una sanzione determinata in misura pari al valore delle parti eseguite in difformità. Se l’abuso consiste nella mancata esecuzione di opere o modalità costruttive prescritte o nell’utilizzo di materiali diversi da quelli richiesti la sanzione è pari al valore delle opere non realizzate”. In ragione di quanto precede ben si comprende perché questo Tribunale in più occasioni (T.R.G.A. Trento, 26 marzo 2014, n. 114;24 gennaio 2012, n. 23;6 aprile 2011, n. 105) abbia ribadito che - sebbene l’ordine di demolizione sia un atto a contenuto sostanzialmente vincolato - tuttavia l’Amministrazione nell’ordinare la demolizione, specie laddove si tratti di opere realizzate con variazioni essenziali o in parziale difformità dalla concessione edilizia, deve procedere, oltre che ad una puntuale descrizione delle opere abusivamente realizzate, anche a qualificare la tipologia dell’abuso contestato, nel rispetto delle categorie previste dagli articoli 129 della legge provinciale n. 1/2008. Ciò posto, con riferimento alla fattispecie in esame deve porsi in rilievo che l’Amministrazione: A) con l’ordinanza n. 245 in data 12 gennaio 2015 ha ordinato la riduzione in pristino dello stato dei luoghi limitandosi a descrivere le opere abusive come segue: «realizzazione di edificio residenziale su p. ed. 114 (ex pp. ff. 109,100,101 e p. ed. 109) in C.C. Bolentina» e ad invocare l’art. 128, comma 1, lett. a), e l’art. 129, comma 1, della legge provinciale n. 1/2008;B) con l’ordinanza n. 247 in data 12 gennaio 2015 ha ordinato la riduzione in pristino dello stato dei luoghi limitandosi a descrivere le opere abusive come segue: «realizzazione di edificio residenziale su p. ed. 113 (ex pp. ff. 109,100,101 e p. ed. 109) in C.C. Bolentina» e ad invocare l’art. 128, comma 1, lett. a), e l’art. 129, comma 1, della legge provinciale n. 1/2008. Ne consegue che non appare condivisibile la tesi difensiva sostenuta dall’Amministrazione intimata nelle memorie depositate in data 25 agosto 2015, secondo la quale dalla motivazione dei provvedimenti impugnati si evincerebbe con sufficiente chiarezza che le parti degli edifici colpite dalle ingiunzioni si identificano con quelle realizzate in difformità dal progetto assentito e, in particolare, con quelle sconfinanti in zona non edificabile. Difatti, secondo il Collegio, dalla motivazione dei provvedimenti impugnati si evince piuttosto che gli ordini di demolizione hanno ad oggetto tout court gli edifici realizzati sulle particelle edificiali 113 e 114.
8. Stante quanto precede, si deve disporre l’annullamento dei provvedimenti impugnati, fermi restando gli ulteriori provvedimenti che l’Amministrazione riterrà di adottare sulla base dei principi di diritto affermati nella presente sentenza e delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio in atti.
9. Tenuto conto della parziale fondatezza delle censure dedotte dalla società ricorrente, sussistono i presupposti per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio e per porre a carico delle parti costituite, in parti uguali, le spese relative alla consulenza tecnica d’ufficio, già liquidate da questo Tribunale con il decreto presidenziale 13 aprile 2016, n. 4, nella misura euro 3.010,66. Nulla si deve invece disporre per le spese con riferimento al signor A C, che non ha svolto attività difensive nel presente giudizio.