TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2012-07-26, n. 201203617

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2012-07-26, n. 201203617
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201203617
Data del deposito : 26 luglio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03136/2007 REG.RIC.

N. 03617/2012 REG.PROV.COLL.

N. 03136/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3136 del 2007, proposto da:
I A, D P C , rappresentati e difesi dall'avv. A C, con domicilio eletto insieme al medesimo in Napoli, via S. Ferrara, 9 presso lo studio dell’Avv. G.Romano;

contro

Comune di S.Antonio Abate, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. G P, con domicilio ex lege insieme al medesimo in Napoli, Segreteria T.A.R.;

per l'annullamento, previa sospensione dell’efficacia,

dell’ordinanza n. 46 del 12/03/2007 di demolizione emessa dal Comune di S. Antonio Abate.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di S.Antonio Abate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 aprile 2012 la dott.ssa Diana Caminiti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.Con ricorso notificato in data 10 maggio 2007 e depositato il successivo 1 giugno I A e D P C, hanno impugnato l’ingiunzione di demolizione (notificatagli in data 12 marzo 2007) , adottata ai sensi del combinato disposto degli artt. 27 comma 2 e 31 commi 2 e 3 D.P.R. 380/01 con cui si ingiungeva loro la demolizione e la rimessione in pristino dello stato dei luoghi in relazione ad opere edili dettagliatamente descritte nell’ingiunzione medesima da loro eseguite, in qualità di comproprietari, in assenza di permesso di costruire ed in aggiunta a quanto già precedentemente realizzato, sull’immobile indicato nell’ingiunzione medesima come sito in via Masseria Piccola nei pressi del civico n. 29.

2. A sostegno del ricorso deducono in punto di fatto che le opere descritte nell’ingiunzione di demolizione erano state realizzate in relazione ad un immobile oggetto di ben tre istanze di condono edilizio, presentate ai sensi della l. 47/85, l. 724/94 e l. 326/2003, non ancora esitate dalla Pubblica Amministrazione e sito non in via Masseria Piccola ma in via Telliti n. 54.

3. Ciò posto in punto di fatto hanno articolato in due motivi di ricorso le seguenti censure:

1) Erroneità e travisamento dei fatti e dei presupposti di diritto;
violazione degli artt. 27 e 31 D.P.R. 380/01.

Con tale censura i ricorrenti deducono che il provvedimento sanzionatorio oggetto di gravame avrebbe ad oggetto un immobile, sito in S. Antonio Abate, in Via Masseria Piccola n. 29, del tutto diverso da quello rientrante nella disponibilità dei ricorrenti, laddove l’immobile nella disponibilità dei ricorrenti nel Comune di Sant’Antonio Abate sarebbe unicamente quello sito in via Telliti n. 54.

Da ciò si deduce, nella prospettazione attorea, non solo il travisamento dei fatti ma anche la violazione della normativa in rubrica, atteso che secondo la giurisprudenza, l’ingiunzione di demolizione deve recare la chiara individuazione delle opere oggetto di demolizione ed in particolare dell’immobile su cui le stesse risulterebbero realizzate.

Peraltro, secondo parte ricorrente, l’erroneità del presupposto relativo all’individuazione dell’immobile si evincerebbe anche dal verbale di sequestro, in cui per contro si fa riferimento all’immobile sito in Via Telliti n. 154.

2) Eccesso di potere: sviamento, irragionevolezza ed illogicità, erroneità, travisamento dei fatti e di presupposti di diritto;
Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3,10,27, 31 D.P.R. n. 380/01;
dell’art. 2 L.R. Campania n. 19/01 e dell’art. 35 comma 14, L. 47/85 e 32 comma 25 D.L. 269/2003, convertito in L. 326/2003.

Parte ricorrente deduce l’illegittimità della gravata ingiunzione di demolizione per essere la stessa fondata sull’erroneo presupposto della necessità del preventivo permesso di costruire per le opere realizzate, laddove detto titolo edilizio non era necessario, attesa la tipologia dei lavori eseguiti, in quanto l’immobile di via Telliti 154 era stato interessato nel tempo da diversi interventi edificatori - tutti oggetto di domande di condono non ancora esitate - ivi comprese le opere indicate nell’ingiunzione di demolizione come preesistenti rispetto a quelle oggetto di contestazione con l’ingiunzione medesima.

Pertanto, secondo i ricorrenti, le opere oggetto di specifica contestazione con l’ingiunzione di demolizione oggetto di gravame debbono qualificarsi come opere eseguite a completamento e servizio delle prime, per cui per l’esecuzione delle stesse non era necessario alcun permesso di costruire, trattandosi di opere realizzabili mercè la presentazione dell’istanza di cui all’art. 35 l. 47/85, e comunque di opere che, in quanto di carattere meramente pertinenziale rispetto agli interventi edificatori oggetto delle istanze di condono, ovvero in quanto opere di manutenzione straordinaria, potevano essere realizzate mediante d.i.a., esulando pertanto dalla fattispecie normativa di cui all’art. 10 D.P.R. 380/01.

In particolare parte ricorrente deduce che le opere indicate nella prima parte delle ingiunzione di demolizione siano opere di completamento della sopraelevazione oggetto dell’istanza di condono edilizio presentata ai sensi della l. 326/2003.

Per contro le opere indicate nella seconda parte dell’ingiunzione medesima, relativa alla chiusura perimetrale dei quattro pilastri in cemento armato, per il sostegno di parte della sopraelevazione esistente al secondo piano, sarebbero state realizzate, secondo i ricorrenti, per la creazione di un locale cucina a servizio dell’abitazione principale, con parziale recupero della volumetria del preesistente bagno precedentemente demolito;
pertanto le stesse si configurano, nella prospettazione attorea, come opere di adeguamento abitativo di abitazione esistente con incremento volumetrico inferiore al 20% rispetto al volume dell’edificio principale, come evincibile dalla relazione tecnica prodotta in atti, per cui le stesse sono da qualificarsi come opere pertinenziali, ai sensi dell’art. 3 lett. e) n. 6 del D.P.R. 380/01, realizzabili pertanto mediante la presentazione di semplice D.I.A.

Né secondo parte ricorrente potrebbe annettersi alcun rilievo al richiamo, contenuto nell’ingiunzione di demolizione, all’art. 27 comma 2 D.P.R. 380/01, atteso che nella stessa non è indicato il vincolo esistente.

4. In data 3 luglio 2007 parte ricorrente ha prodotto la documentazione relativa all’istanza di accertamento di conformità, ex artt. 36 e 37 D.P.R. 380/01, presentata al Comune di Sant’Antonio Abate in relazione alle opere oggetto dell’ingiunzione di demolizione di cui è causa.

5. In data 4 luglio 2007 si è costituito, con mandato ad litem in calce al ricorso notificato, il Comune resistente, depositando documentazione afferente al ricorso de quo.

6. Con ordinanza cautelare n. 1990 del 2007, adottata all’esito della camera di consiglio del 4 luglio 2007, fissata per la trattazione dell’incidente cautelare, la Sezione ha dichiarato improcedibile l’istanza di sospensiva, in considerazione del rilievo che in relazione alle opere oggetto di contestazione con la gravata ordinanza i ricorrenti avevano presentato istanza di accertamento di conformità.

7. Con memoria difensiva depositata in data 19 marzo 2012 il Comune ha insistito per la declaratoria di improcedibilità del ricorso de quo, già evidenziata in sede cautelare, in considerazione della circostanza che i ricorrenti, dopo la notifica dell’ingiunzione di demolizione, avevano presentato istanza di accertamento di conformità. Nel merito ha insistito comunque per il rigetto del ricorso, evidenziando che non era meritevole di accoglimento la deduzione di parte ricorrente circa l’errata indicazione nell’ingiunzione di demolizione della via in cui era sito l’immobile sul quale erano state realizzate le opere oggetto di contestazione, atteso che sia dagli atti dell’area urbanistica prodotti in giudizio, sia da quelli delle Polizia Locale si evinceva che l’immobile di cui è causa era quello sito in via Telliti n. 154, in Sant’Antonio Abate.

7.1 In data 18 aprile 2012 parte ricorrente ha depositato la documentazione afferente l’istanza di accertamento di conformità in relazione alle opere di cui è causa.

8. In data 19 aprile 2012, all’udienza di discussione, l’Avv. G P ha prodotto la delibera della Giunta Comunale del 22 marzo 2012, adottata all’esito dell’adunanza del 22 marzo 2012, con la quale, anche a ratifica degli atti già compiutisi si è deliberato di resistere in giudizio, in relazione al ricorso de quo, conferendo incarico all’Avv. G P dell’avvocatura del Comune.

La difesa del Comune ha altresì eccepito la tardività della documentazione prodotta da parte ricorrente in data 18 aprile 2012, relativa al diniego, in relazione alle opere di cui è causa, della concessione edilizia in sanatoria, ex art. 36 D.P.R. 380/01.

9. Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’esito di tale udienza.

DIRITTO

10. In via preliminare va evidenziato come alcun rilievo possa avere in questa sede la documentazione prodotta da parte ricorrente in data 18 aprile 2012, ovvero il giorno prima dell’udienza di discussione, in palese violazione dei termini previsti dall’art. 73 comma 1 c.p.a., non sussistendo i presupposti di cui all’art. 54 comma 1 c.p.a., sia pure nella formulazione attuale risultante dalla modifica apportata dal art. 1 lett m), dlgs 15 novembre 2011 n. 195, ovvero la difficoltà di produzione nel termine di legge.

Peraltro dette conclusioni sono avvalorate anche da un consolidato orientamento giurisprudenziale, formatosi ancora prima dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, che ha configurato come perentori i termini per il deposito di documenti e memorie difensive, in quanto posti a salvaguardia non solo del diritto al contraddittorio ma anche del corretto svolgimento del processo (cfr Consiglio Stato , sez. IV, 09 luglio 2010 , n. 4462, secondo cui “nel processo amministrativo non si può tener conto delle memorie o della documentazione depositate dalla parte dopo la scadenza del termine previsto per tali adempimenti dall'art. 23, l. 6 dicembre 1971 n. 1034, applicabile anche al giudizio d'appello, essendo espressione del generale principio di rispetto del contraddittorio, a sua volta riconducibile al principio dell'equo processo di cui all'art. 6, conv. europea dei diritti dell'uomo, resa esecutiva con l. 4 agosto 1955 n. 848;
Consiglio Stato , sez. V, 17 novembre 2009, n. 7166, secondo cui “nel giudizio amministrativo, il termine assegnato alle parti per il deposito delle memorie è perentorio e non può subire deroghe nemmeno con il consenso delle parti, essendo esso previsto non solo a tutela del contraddittorio ma anche a garanzia del corretto svolgimento del processo e dell'adeguata e tempestiva conoscenza degli atti di causa da parte del collegio giudicante”).

11. Del pari irrilevante ai fini del decidere, è la documentazione prodotta dal Comune all’udienza di discussione, ovvero la delibera della giunta comunale, con cui si autorizzava, anche a sanatoria degli atti già compiuti, la costituzione nel giudizio de quo, atteso che il Comune doveva intendersi già ritualmente costituito per effetto del mandato ad litem – apposto, in calce al ricorso notificato, sia pure su foglio separato, ma spillato assieme al medesimo – rilasciato e sottoscritto dal sindaco pro tempore con firma autenticato dal difensore.

11.1 Va al riguardo in primo luogo osservato, in ordine alla validità della procura rilasciata, che ai sensi dell’art. 83 c.p.c., come modificato dalla l. 27 maggio 1997 n. 141, da intendersi applicabile anche al giudizio amministrativo, in assenza di una norma di segno contrario, la procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente all’atto cui si riferisce.

11.2 In secondo luogo va osservato che per il conferimento della procura ad litem non occorreva la delibera della giunta comunale, atteso che secondo la condivisibile giurisprudenza “Compete al sindaco (cfr. art. 48 comma 2 e 50 commi 2 e 3 d.lg. n. 267 del 2000) conferire la procura alle liti del difensore del comune senza che sia necessaria alcuna preventiva autorizzazione della giunta municipale (ovvero altro organo), dato che al sindaco è attribuita la rappresentanza dell'ente ed alla giunta spetta una competenza residuale, nei limiti in cui le norme legislative e statutarie non la riservino al sindaco” (Consiglio Stato sez. VI, 9 giugno 2006, n. 3452;
Consiglio Stato sez. VI, 01 ottobre 2008, n. 4744).

12. Ciò posto, il Collegio ritiene, discostandosi da quanto affermato dalla Sezione in sede cautelare, che alcuna rilevanza possa avere rispetto al ricorso de quo la circostanza che parte ricorrente dopo la notifica dell’ingiunzione di demolizione di cui è causa abbia presentato istanza di accertamento di conformità, ai sensi dell’art. 36 D.P.R. 380/01, atteso che nell’ipotesi di specie vengono in rilievo opere di completamento di un fabbricato in relazione al quale pendono diverse istanze di condono, non ancora esitate, eseguite dopo la presentazione dell’istanza ex l. 326/2003 e dopo la scadenza dei termini previsti ex lege per la relativa presentazione, e senza la previa presentazione dell’istanza di cui all’art. 35 l. 47/85.

12.1 Infatti, come già ritenuto di recente dalla Sezione con la sentenza n. 02582 del 30/05/2012, l’istanza di accertamento di conformità di cui all’art. 36 D.P.R. 380/01 non è ammissibile in relazione ad opere sottoposte alla procedura preventiva e specifica di cui all’art. 35 l. 47/85 e tra l’altro in relazione ad opere che – a meno che il condono non sia stato preventivamente accolto – ripetono le medesime caratteristiche dell’opera principale cui accedono (come verrà precisato in seguito), con conseguente inammissibilità anche sotto questo profilo dell’istanza medesima, in quanto le opere principali cui afferiscono e delle quali ripetono le caratteristiche di illegittimità sono connotate da aumento di volumetria. In relazione alle stesse non è pertanto ammissibile l’istanza di accertamento di conformità, stante l’impossibilità di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in via postuma, ai sensi dell’art. 167 comma 4 Dlgs. 42/2004, costituente atto presupposto del permesso di costruire in sanatoria.

12.2 Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Sezione (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 28 dicembre 2007, n. 16539), per i lavori realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica che hanno determinato la creazione di superfici utili o volumi devono mantenersi ferme le conclusioni alle quali è pervenuta la giurisprudenza (T.A.R. Campania Napoli, Sez. VI, 21 novembre 2006, n. 10112), formatasi sulla base del previgente testo dell’articolo 146, comma 10, lettera c), del decreto legislativo n. 42/2004 (che prevedeva il divieto assoluto di rilasciare l’autorizzazione paesaggistica in sanatoria), in merito all’inidoneità della presentazione dell’istanza di accertamento di conformità a determinare l’inefficacia dell’ordine di demolizione relativo a tali lavori. Infatti - a fronte del divieto di rilasciare l’autorizzazione paesaggistica in sanatoria per i lavori che hanno determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero un aumento di quelli legittimamente realizzati - un’eventuale istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 avrebbe un intento meramente dilatorio, posto che l’articolo 146, comma 4, del decreto legislativo n. 42/2004 prevede espressamente che “l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto … presupposto rispetto al permesso di costruire”, e quindi il giudice amministrativo - che nei casi di attività vincolata deve oramai essere considerato giudice del rapporto (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 27 marzo 2006, n. 3200;
20 novembre 2006, n. 9983;
T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 20 novembre 2007, n. 14442) - può senz’altro escluderne ogni rilevanza, perché in tal caso è palese che il contenuto dispositivo del provvedimento impugnato (ossia l’ordine di demolizione) non potrebbe essere diverso se l’Amministrazione fosse chiamata a pronunciarsi sulla richiesta di sanatoria.

12.3 Queste conclusioni devono pertanto rimanere ferme anche laddove le opere oggetto dell’istanza di accertamento di conformità presentino carattere di completamento rispetto ad opere – comportanti aumento di volumetria – oggetto di domande di condono non ancora esitate, ripetendo le medesime caratteristiche di abusività dell’opera cui accedono secondo quanto sarà evidenziato nella disamina del secondo motivo di ricorso.

12.4 Peraltro vi è da evidenziare che una delle opere descritte nell’ingiunzione di demolizione consiste in un ampliamento, adibito a cucina asservita al piano terra;
pertanto detto ampliamento, anche considerato isolatamente rispetto a quello dell’immobile principale cui accede – da ritenersi abusivamente realizzato fino alla definizione positiva della procedura di condono – non sarebbe suscettibile di accertamento di conformità, stante l’impossibilità di rilascio dell’istanza di accertamento di conformità, alla stregua di quanto dianzi osservato.

12.5 In ogni caso, qualora vengano in rilievo opere di completamento di immobile già realizzato in forza di precedenti interventi edificatori l’accertamento di conformità, basato sulla duplice valutazione di cui all’art. 36 D.P.R. 3980/01, presuppone la legittimità dei precedenti interventi edificatori, che non può dirsi sussistente, qualora gli stessi siano sottoposti alla procedura di condono, fino alla definizione in senso positivo della procedura medesima.

12.6 Il ricorso va pertanto deciso nel merito, non potendo essere definito con una mera declaratoria di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse.

13. Venendo alla disamina del primo motivo di ricorso, con cui i ricorrenti deducono che l’immobile indicato nell’ingiunzione di demolizione sarebbe diverso da quello nella loro disponibilità, il Collegio intende evidenziare che effettivamente l’ingiunzione di demolizione - come rilevabile da entrambi gli originali notificati a ciascuno dei ricorrenti, depositati dai medesimi in allegato al ricorso - è stata emessa in relazione ad un immobile sito alla via Masseria Piccola nei pressi del civico n. 59, laddove quello nella disponibilità dei ricorrenti e in relazione al quale sono state eseguite le opere abusive di cui è causa, come evincibile dal verbale di sequestro depositato da parte ricorrente, nonché dalla comunicazione della violazione adottata dalla Polizia Locale, con nota prot. n. 2433 del 2007, deve intendersi quello sito in via Telliti, al civico n. 154.

13.1 Alcun rilievo ha al riguardo l’indicazione contenuta nella copia dell’ingiunzione di demolizione depositata dal Comune, nonché quella contenuta nella comunicazione di cui all’art. 7 della l. 241/90, del pari oggetto di deposito ad opera del Comune, recanti al contrario l’esatta indicazione della via Telliti, al civico n. 154, atteso che questa indicazione è contenuta in una fotocopia ed è apposta a mano, previa sbianchettatura di quanto in precedenza indicato, per cui ad essa non può attribuirsi alcun rilievo a fronte della chiara e contraria indicazione contenuta nei due originali notificati a ciascuno dei ricorrenti.

13.2 Ciò posto, si deve peraltro ritenere che l’errata indicazione della via nella quale è sito l’immobile di proprietà dei ricorrenti, cui afferiscono le opere in contestazione, deve ascriversi a mero errore materiale, e non sia in grado pertanto di determinare l’annullamento dell’atto, atteso che nell’ingiunzione di demolizione è indicato quale atto presupposto la nota prot. n. 2433 del 2007, relativa alla comunicazione operata dalla Polizia Locale, in esito al sopralluogo effettuato in data 30 gennaio 2007, dal quale è poi scaturito l’atto di sequestro di cui al verbale prot. 496/PL.

In entrambi gli atti- comunicazione della violazione prot. n. 2433 del 2007, depositato in copia dal Comune resistente e verbale di sequestro prot. n. 496/PL (depositato da parte ricorrente) - l’immobile in contestazione è esattamente indicato come quello sito in via Telliti, al civico n. 154.

Pertanto, in forza del richiamo operato nell’ingiunzione di demolizione alla nota prot, n. 2433 del 2007 – che va pertanto ad integrarne per relationem la motivazione - l’erronea indicazione deve intendersi emendata in forza della esatta indicazione contenuta nella nota richiamata, alla quale deve attribuirsi rilievo preminente, trattandosi di comunicazione operata da pubblici ufficiali all’esito di un’attività di sopralluogo e nell’imminenza del sopralluogo medesimo.

Detta integrazione deve invero ritenersi possibile atteso che la descrizione analitica delle opere in contestazione contenuta nella cennata nota di comunicazione e nel verbale di sequestro coincide alla lettera con quella contenuta nell’ingiunzione di demolizione per cui non vi è dubbio alcuno che gli immobili indicati coincidano e che l’indicazione inesatta della via dell’immobile medesimo contenuta nell’ingiunzione di demolizione sia da ascriversi a mero errore materiale non invalidante, facilmente riscontrabile dagli atti del procedimento.

Ciò anche in considerazione del rilievo che nell’ipotesi di specie si è in presenza di un mero vizio formale, afferente un provvedimento, espressione di attività vincolata.

Pertanto il provvedimento medesimo non è comunque annullabile, ai sensi dell’art. 21 octies comma 2 l. 241/90, essendo palese dalla disamina degli atti del procedimento, che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

14. Venendo alla disamina del secondo motivo di ricorso, con cui parte ricorrente deduce che per le opere de quibus – accessorie rispetto a quelle per le quali erano pendenti le istanza di condono - non era necessario il permesso di costruire, venendo nella specie in rilievo mere opere di manutenzione straordinaria, ovvero opere di carattere pertinenziale, assentibili mediante semplice D.I.A. e non suscettibili pertanto di demolizione, il Collegio ne evidenzia l’assoluta infondatezza, in considerazione di quanto ritenuto dalla giurisprudenza di questo Tribunale.

Infatti per giurisprudenza costante la mera presentazione dell'istanza di condono non autorizza la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento delle opere oggetto della richiesta di sanatoria, le quali, fino al momento dell'eventuale accoglimento della domanda di condono, devono ritenersi comunque abusive (T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 08 aprile 2011 , n. 1999;
T.A.R. Campania Salerno, sez. II, 01 marzo 2011 , n. 379;
T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 03 novembre 2010 , n. 22302;
in senso analogo T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 24 novembre 2009 , n. 7961 secondo cui inoltre "laddove poi si tratti di opere eseguite in area vincolata occorre che venga acquisito il parere delle autorità competenti ai sensi dell'articolo 32 della stessa legge ed è inapplicabile il meccanismo del silenzio assenso, alla luce delle disposizioni di cui alla legge summenzionata").

Pertanto l'ingiunzione di demolizione è del tutto legittima atteso che "in presenza di manufatti abusivi non condonati né sanati, gli interventi ulteriori (sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche) ripetono le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale, alla quale ineriscono strutturalmente, sicché non può ammettersi la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive, con conseguente obbligo del Comune di ordinarne la demolizione. Ciò non significa negare in assoluto la possibilità di intervenire su immobili rispetto ai quali pende istanza di condono, ma solo affermare che, a pena di assoggettamento della medesima sanzione prevista per l'immobile abusivo cui ineriscono, ciò deve avvenire nel rispetto delle procedure di legge, ovvero segnatamente dell'art. 35, l. n. 47 del 1985 (T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 03 dicembre 2010, n. 26788).

Detta norma consente - in presenza dei richiesti presupposti, fra i quali che si tratti di opere di cui all'art. 31, non comprese tra quelle indicate nell'art. 33 - queste non suscettibili di sanatoria in quanto incidenti su aree gravate da vincoli di inedificabilità assoluta - il completamento "sotto la propria responsabilità" di quanto già realizzato e fatto oggetto di domanda di condono edilizio "solo al decorso del termine dilatorio di trenta giorni dalla notifica al Comune del proprio intendimento, con allegazione di perizia giurata ovvero documentazione avente data certa in ordine allo stato dei lavori abusivi" (T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 12 novembre 2010 , n. 24017).

Pertanto nell’ipotesi di specie l’ordinanza di demolizione è sufficientemente e legittimamente motivata in riferimento al carattere abusivo delle opere, realizzate dopo la presentazione dell’istanza di condono e dopo la scadenza dei termini previsti per l’ultimazione dei lavori dalla L. 326/2003, venendo nella specie in rilievo un atto vincolato il cui presupposto è dato dal mero carattere abusivo delle opere realizzate, a prescindere dalla modestia delle medesime, in quanto le stesse ripetono le medesime caratteristiche di illegittimità dell’opera principale cui ineriscono, salvo che la stessa non sia stata previamente condonata.

Né alcun rilievo ha il richiamo al regime normativo delle pertinenze, invocato da parte ricorrente, atteso che lo stesso deve intendersi riferito ad opere pertinenziali rispetto ad immobili legittimamente edificati, laddove l’immobile de quo è stato realizzato in forza di plurimi interventi edificatori, sine titulo, per le quali sono state presentate istanze di condono non ancora esitate, e che, come detto, fino alla definizione in senso positivo delle istanze medesime, devono intendersi abusivi.

Pertanto del tutto legittimo è il fondamento normativo posto a base dell’impugnata ordinanza di demolizione, ovvero il disposto dell’art. 31 D.P.R. 380/01.

Fondandosi legittimamente ed autonomamente l’ingiunzione de qua sul richiamo al disposto normativo di cui all’art. 31 D.P.R. 380/01, alcun rilievo ha la circostanza che nella stessa sia altresì indicato anche il disposto di cui all’art. 27 comma 2 D.P.R. 380/01 senza l’indicazione della fonte del vincolo, venendo nella specie in rilievo un atto plrurimotivato, ed avendo comunque il Comune fatto applicazione dell’autonomo regime sanzionatorio di cui all’art. 31 comma 3, come evincibile dal riferimento operato all’acquisizione in ipotesi di inottemperanza all’ingiunzione di demolizione a cura della parte, e non a quello di cui all’art. 27 comma 2 D.P.R. 380/01 che prevede la demolizione d’ufficio.

15. Il ricorso va pertanto rigettato.

16.Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

17. In considerazione del fatto che nella copia delle ingiunzioni di demolizione e della comunicazione ex art. 7 l. 241/90 prodotta dal Comune resistente risulta apposta una correzione a penna, previa cancellazione di quanto in precedenza indicato, in ordine alla via e al civico dell’immobile di cui è causa, e che detta indicazione contrasta con quanto indicato nell’originale delle ingiunzioni medesime, prodotte dai ricorrenti, si rende necessaria la trasmissione delle presente sentenza e degli atti di causa alla Procura della Repubblica di Torre Annunziata, ai fini dell’accertamento dei reati precedibili d’ufficio eventualmente configurabili nell’ipotesi di specie, anche sub specie di tentativo, ai sensi dell’art. 331 comma 4 c.p.p.

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