TAR Roma, sez. I, sentenza 2018-06-08, n. 201806402

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2018-06-08, n. 201806402
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201806402
Data del deposito : 8 giugno 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/06/2018

N. 06402/2018 REG.PROV.COLL.

N. 06910/2016 REG.RIC.

N. 05436/2017 REG.RIC.

N. 15374/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6910 del 2016, proposto dalla dott.ssa P Q, rappresentata e difesa dagli avvocati M A e D C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M A in Roma, viale Angelico, 103;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Fisac Cgil, Uilca, non costituiti in giudizio;



sul ricorso numero di registro generale 15374 del 2016, proposto dalla dott.ssa P Q, rappresentata e difesa dagli avvocati M A e D C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M A in Roma, viale Angelico, 103;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

dott. Roberto Chieppa e sig. Roberto Pallocchia, non costituiti in giudizio;



sul ricorso numero di registro generale 5436 del 2017, proposto dalla dott.ssa P Q, rappresentata e difesa dagli avvocati M A e D C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M A in Roma, viale Angelico, 103;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

dott. Roberto Chieppa, Fisac Cgil, Uilca, sig. Roberto Pallocchia, dott. Roberto Sommella, dott. Andrea Pezzoli e sig.ra Claudia Desogus, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 6910 del 2016:

per l’accertamento del diritto

ad essere inquadrata al 47° livello della carriera direttiva dell’AGCM con decorrenza dall’1/01/2015, al 35° livello con decorrenza dall’1/1/2011, al 38° livello con decorrenza dall’1/1/2012, al 41° livello con decorrenza dall’1/1/2013, al 44° livello con decorrenza dall’1/1/2014, nonché il diritto al trattamento economico corrispondente al 47° livello con decorrenza dall’1/1/2015 o, in subordine, dall’1/1/2016;

quanto al ricorso n. 15374 del 2016:

per l’accertamento del diritto

a ricevere il miglior trattamento giuridico ed economico previsto dall’accordo del 5 aprile 2016 in applicazione del principio di parità di trattamento dei lavoratori e/o del diritto ad una retribuzione sufficiente ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa e/o del principio della irriducibilità della retribuzione;

e per la condanna dell’AGCM al pagamento degli interessi in misura pari a 0,46 euro, dovuti a causa del ritardo nella soddisfazione del credito retributivo;

quanto al ricorso n. 5436 del 2017:

per l’accertamento del diritto

a che i “due scatti di avanzamento” attribuiti alla ricorrente in data 3/04/2017 vengano computati dal <47° livello>
(di progressione giuridica ed economica) e/o almeno dal <38° livello>
e che comunque vengano liquidati con la medesima decorrenza applicata agli altri dipendenti della AGCM;

per effetto di quanto sopra, condannare la AGCM a pagare la retribuzione ed i correlativi elementi accessori corrispondenti al livello 49° della carriera direttiva della AGCM, ovvero, in subordine, la retribuzione ed i correlativi elementi accessori corrispondenti al livello 40° della carriera direttiva della AGCM;
con la medesima decorrenza, in riferimento ai due scatti attribuiti in data 3/04/2017, applicata agli altri dipendenti della AGCM;

accertare e dichiarare

l’illegittimità e/o l’illiceità della “valutazione anno 2016” e/o comunque annullare la “valutazione anno 2016”;
accertare e dichiarare il diritto della ricorrente a ricevere una valutazione per l’anno 2016 e per quelli a seguire sulla base di criteri non arbitrari;

l’inadempimento di AGCM al contratto di lavoro tra la medesima AGCM e la dott.ssa P Q e, per l’effetto, condannare AGCM al risarcimento del danno da liquidarsi in separato procedimento;

con vittoria dei compensi e delle spese di lite, oltre accessori come per legge.


Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 maggio 2018 il cons. Anna Maria Verlengia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso r.g. 6910/2016, notificato il 31 maggio 2016 e depositato il successivo 14 giugno, la dott.ssa P Q – funzionario di ruolo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato dal 17 novembre 1997, chiede accertarsi il diritto della stessa ad essere inquadrata al 47° livello della carriera direttiva dell’AGCM con decorrenza dall’1/01/2015, al 35° livello con decorrenza dall’1/1/2011, al 38° livello con decorrenza dall’1/1/2012, al 41° livello con decorrenza dall’1/1/2013, al 44° livello con decorrenza dall’1/1/2014, nonché il diritto al trattamento economico corrispondente al 47° livello con decorrenza dal 1/1/2015 o, in subordine, dall’1/1/2016.

Espone la ricorrente che l’Autorità le ha denegato il riconoscimento giuridico ed economico come sopra richiesto sulla scorta dell’Accordo del 5/4/2016 nel quale si legge che “(l)e progressioni saranno applicate sulla qualifica o posizione detenuta da ciascun dipendente al 1° gennaio 2016 e assorbiranno i tre livelli giuridici attribuiti al personale nel 2011”.

Avverso l’idoneità del suddetto Accordo del 2016 ad estinguere i diritti vantati dalla ricorrente, la medesima articola i seguenti motivi di doglianza:

1) eccesso di potere per sviamento, in quanto l’Accordo del 5 aprile 2016 avrebbe contenuti e finalità transattivi della questione della perequazione con il trattamento economico previsto in Banca d’Italia che la ricorrente non ha accettato, né intende accettare, e che pertanto non potrebbe trovare applicazione in mancanza di accettazione;

2) violazione dell’art. 1372 c.c., dell’art. 42 del d.lgs. 165/2001, atto extra ordinem, non potendo l’Accordo estinguere o modificare unilateralmente i diritti della ricorrente, atteso, peraltro, che l’Accordo è stato sottoscritto da sigle che non hanno la rappresentanza generale del personale;

3) violazione del giudicato inter partes e dell’art. 2909 c.c. con riguardo a quanto statuito dal Consiglio di Stato nella sentenza 2818/2014 ove ha negato che l’Accordo del 7 marzo 2007 possa essere qualificato “evento straordinario della dinamica retributiva” ed ha dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse la censura della ricorrente nel ricorso definito con la citata sentenza poiché “con la successiva delibera del 4 agosto 2011 sono stati riconosciuti gli effetti giuridici dell’accordo” del 2007;

4) violazione dei diritti quesiti che sarebbero stati acquisiti fin dall’Accordo del 7 marzo 2007, se non anche dalle delibere dell’AGCM del 19 gennaio 2011 e del 4/8/2011, e comunque sin dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 2818/2014;

5) eccesso di potere nelle figure sintomatiche di: assenza e/o insufficienza della motivazione, difetto di istruttoria, contraddittorietà dell’azione amministrativa, sviamento di potere, atteso che l’AGCM, in forza dell’art. 11, comma 2, legge 287/90, istitutiva dell’Autorità, ha il potere di regolamentare autonomamente il trattamento giuridico ed economico dei propri dipendenti in base ai criteri fissati dal contratto collettivo di lavoro in vigore per la Banca d’Italia, tenuto conto delle specifiche esigenze funzionali ed organizzative dell’Autorità, e che l’Accordo del 5/4/2016 sarebbe stato assunto in assenza di adeguata istruttoria in relazione a dette previsioni;

6) violazione dell’art. 5, comma 11 bis, del decreto legge 95/2012, convertito, con modificazioni, in legge 7 agosto 2012, n. 135, e dell’art. 3 del decreto legislativo 150/2009, dell’art. 1375 c.c., eccesso di potere per irragionevolezza, in quanto l’Accordo gravato non contiene i parametri e i criteri alla stregua dei quali effettuare la valutazione del personale, attesa la genericità delle voci ivi descritte e l’assenza di un regolamento di valutazione.

L’8/7/2016 si è costituita l’Autorità Garante intimata, la quale, con successiva memoria depositata il 4 aprile 2018, eccepisce l’inammissibilità e/o improcedibilità dell’azione di accertamento in luogo di una azione di annullamento in materia di inquadramento dei dipendenti pubblici non contrattualizzati, stante l’omessa impugnativa della delibera del 20 luglio 2016 con cui sono stati approvati gli elenchi del personale avviati a valutazione alla luce dell’accordo sindacale del 5 aprile 2016, e resiste nel merito.

2. Con un secondo ricorso (rg. 15374/2016), notificato il 14 dicembre 2016 e depositato il successivo 24 dicembre, chiede accertarsi il suo diritto al miglior trattamento giuridico ed economico di cui all’Accordo del 5 aprile 2016, in forza del principio di parità di trattamento dei lavoratori e del diritto ad una retribuzione sufficiente ad assicurare una esistenza libera e dignitosa e/o del principio di irriducibilità della retribuzione.

La ricorrente lamenta la mancata tempestiva applicazione alla stessa del migliore trattamento previsto dall’Accordo del 5 aprile 2016, asseritamente per avere difeso in giudizio i propri diritti, nonché l’avere condizionato l’erogazione della retribuzione prevista come idonea dalla stessa ACGM all’adesione della ricorrente.

Detta condizione avrebbe ritardato il pagamento della maggiore retribuzione rispetto agli altri dipendenti che avrebbero ricevuto fin dal luglio 2016 il miglior trattamento giuridico ed economico e dal mese da agosto il conguaglio. Conseguentemente pretende gli interessi pari ad € 693,12.

Il 20 gennaio 2017 si è costituita l’Autorità che, con successiva memoria, depositata il 4 aprile 2018, eccepisce l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, poiché l’azione di accertamento non è affatto indispensabile al soddisfacimento della pretesa, non sussistendo alcuna lesione attuale e concreta della sfera giuridica della ricorrente la quale ha ricevuto l’adeguamento dello stipendio ben prima della notifica del ricorso. Eccepisce, altresì, l’inammissibilità del ricorso per carenza dei presupposti processuali in quanto ha introdotto una azione di accertamento in luogo di una di annullamento avverso la delibera del 20 luglio 2016 con cui l’Autorità ha approvato il processo di valutazione per l’anno 2015 e resiste nel merito evidenziando la contraddittorietà della pretesa spiegata con l’odierno ricorso rispetto alla domanda contenuta nel ricorso r.g. 6910/2016 nel quale lamenta l’unilaterale applicazione dell’Accordo del 5 aprile 2016 che afferma di non avere accettato.

3. Con un terzo ricorso rg. 5436/2017 la ricorrente, avendo ricevuto la valutazione anno 2016, impugna l’Accordo del 5 aprile 2016 sulla cui base sarebbe stata redatta la valutazione contestando l’inesistenza di criteri di valutazione, la mancanza di parametri e criteri alla stregua dei quali effettuare la valutazione e la correlativa progressione in carriera ovvero reiterando le doglianze contenute nel primo ricorso (rg. 6910/2016), nonché il mancato riconoscimento di tre scatti di avanzamento riconosciuti ad altri funzionari dell’AGCM.

Chiede conclusivamente che i “due scatti di avanzamento” attribuiti alla ricorrente in data 30/04/2017 vengano computati dal 47° livello e/o almeno dal 38°livello e la liquidazione del trattamento corrispondente con la medesima decorrenza applicata agli altri dipendenti.

Con specifico riguardo alla scheda di valutazione anno 2016, la ricorrente afferma che il giudizio finalizzato alla progressione in carriera sarebbe “legato ad una arbitraria valutazione delle qualità professionali, disgiunta dal riferimento ad obiettivi (operativi e programmatici) e comunque dal concreto apporto dato dal dipendente”, deducendo la violazione dell’art. 36 Cost., dell’art. 5, comma 11-bis, del d.lgs. 95/2012 e dell’art. 3 del decreto legislativo 150/2009.

Il 26 giugno 2017 si è costituita l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che con memoria, depositata il 6 aprile 2018, eccepisce l’improcedibilità del ricorso attesa la mancata impugnazione della delibera del 21 giugno 2017 con cui l’Autorità ha approvato il processo di valutazione per l’anno 2016, comunicata dalla Direzione Generale Amministrazione ai funzionari in data 3 agosto 2017 e resiste nel merito. L’Avvocatura chiede inoltre l’estromissione dal giudizio del pres. Roberto Chieppa per non avere lo stesso partecipato alla valutazione qui impugnata.

Il 17 aprile 2018 la ricorrente ha depositato una unica memoria di replica alle eccezioni e difese proposte dall’Autorità nei ricorsi sopra descritti.

Alla pubblica udienza del 9 maggio 2018 i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

DIRITTO

I ricorsi vengono previamente riuniti, vista la connessione oggettiva e soggettiva che li caratterizza, in conformità a quanto richiesto da parte ricorrente.

1. Il primo ricorso è infondato e ciò consente al Collegio di non scrutinare le eccezioni in rito proposte dalla resistente.

Con il primo ricorso (rg. 6910/2016) la dott.ssa P Q - funzionario di ruolo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato dal 17 novembre 1997 - contesta il mancato riconoscimento della progressione economica prevista dall’Accordo del 7 marzo 2007 per il personale della carriera direttiva, consistente in 3 scatti all’anno, in forza del quale al 1° gennaio 2015 avrebbe dovuto essere inquadrata al 47° livello della carriera direttiva.

La pretesa è infondata.

L’Accordo che, in base alla ricostruzione attorea, riconoscerebbe alla ricorrente il 35° livello con decorrenza dall’1/1/2011, il 38° livello con decorrenza dall’1/1/2012, il 41° livello con decorrenza dall’1/1/2013, il 44° livello con decorrenza dall’1/1/2014, nonché il diritto al trattamento giuridico ed economico corrispondente al 47° livello con decorrenza dal 1/1/2015 o, in subordine, dall’1/1/2016, risale al 7 marzo 2007 e prevede, al paragrafo rubricato “Progressione economica”, quanto segue:

“Il sistema di progressione economica, per tutto il personale anche a contratto, avverrà secondo il seguente automatismo: (…) per il personale della carriera direttiva 3 scatti all’anno.

Tale meccanismo verrà applicato per nove anni a partire dal 2007 in funzione perequativa rispetto al trattamento Banca d’Italia. Pertanto, con decorrenza 1° gennaio 2007, al personale saranno corrisposti gli scatti aggiuntivi di cui alla presente proposta con riferimento alla retribuzione in godimento a quel momento. Gli importi saranno ridefiniti immediatamente all’esito dei processi di valutazione arretrati, con la medesima decorrenza.

In ogni caso, alla scadenza del settimo anno, a partire dal 1° gennaio 2007, le Parti si incontreranno allo scopo di definire una disciplina della progressione economica da applicare successivamente allo scadere dei nove anni stabiliti per la perequazione, e che dovrà mantenere un rapporto di coerenza con la disciplina della Banca d’Italia”.

Si tratta, all’evidenza, di una disposizione che prevede adeguamenti economici automatici a fini perequativi con il trattamento economico dei dipendenti della Banca d’Italia ed in nessuna parte legati alla performance per la quale il suddetto Accordo prevede, invece, un premio di risultato.

Nelle more della scadenza dell’Accordo menzionato, è intervenuto il d.l. 31 maggio 2010, n. 78, recante “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica” e convertito, con modificazioni, dalla l. 30 luglio 2010, n. 122, il cui art. 9 al comma 21 recita:

“I meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato di cui all'articolo 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, così come previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 ancorché a titolo di acconto, e non danno comunque luogo a successivi recuperi. Per le categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti. Per il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici. Per il personale contrattualizzato le progressioni di carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici”.

In esecuzione di tale disposizione l’AGCM, con delibera del 19 gennaio 2011, ha sospeso l’assegnazione dei livelli retributivi previsti dall’accordo del 7 marzo 2007 e successivi accordi attuativi, in conformità al parere del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, laddove si afferma che, nel blocco dei meccanismi di adeguamento retributivo, di progressione automatica degli stipendi, nonché degli effetti economici delle progressioni di carriera di cui all’art. 9, commi 17 e 21, del d.l. 78/2010, “è compreso anche l’accordo perequativo del 7 marzo 2007”.

E’ seguita la circolare n. 12 del 15 aprile 2011, a firma del Ministero dell’economia e delle Finanze, con la quale vengono forniti gli indirizzi applicativi con riferimento alle singole disposizioni relative al contenimento dei trattamenti economici dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche previste dall’art. 9 del d.l. 78/10 ed il parere datato 21 luglio 2011 del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato prodotto su esplicita richiesta dell’AGCM.

Al fine di conformarsi ai suddetti atti, l’AGCM delibera, nell’Adunanza del 4 Agosto 2011, all’art. 2 che:

“1. Le progressioni previste nell’accordo del 7 marzo 2007, a far data dal 1° gennaio 2011, hanno effetto esclusivamente ai fini giuridici e, secondo quanto previsto dal punto 3 del presente articolo, sono subordinate alla verifica delle effettive esigenze di riallineamento del trattamento economico rispetto al personale della Banca d’Italia.

2. L’Amministrazione, conformemente ai criteri stabiliti con le OO.SS. o, in assenza di accordo, comunque autonomamente, dispone la verifica della corrispondenza delle retribuzioni dei dipendenti dell’Autorità con quelle della Banca d’Italia (…).

3. Per i livelli da assegnare con decorrenza dal 1° gennaio 2012 e dal 1° gennaio 2013, (…) la verifica della corrispondenza delle retribuzioni verrà operata entro il mese di giugno 2012. Per i livelli da assegnare con decorrenza dal 1° gennaio degli anni 2014 e 2015, le verifiche della corrispondenza delle retribuzioni verranno operate secondo la tempistica definita con le OO.SS. o, in assenza di intesa con le OO.SS., negli anni, rispettivamente, 2013 e 2014.

4. Il successivo riconoscimento economico della predetta progressione giuridica, opera al venir meno del vincolo introdotto dal comma 21 dell’art. 9 del d.l. 78/10, senza corresponsione degli arretrati.”

La ricorrente, insieme ad altri dipendenti, ha impugnato le delibere del 2011 ed il giudizio si è concluso con la sentenza della VI Sezione del Consiglio di Stato n. 2818/2014, in accoglimento degli appelli dell’Autorità.

Con la suddetta pronuncia il Consiglio di Stato, premessa la natura di amministrazioni pubbliche in senso stretto delle Autorità indipendenti e la conseguente applicabilità alle stesse delle misure rivolte alla riduzione dei costi degli apparati amministrativi, in particolare delle norme disposte con il decreto-legge n. 78 del 2010, ha affermato che:

“la posizione dell’Agcm nel quadro istituzionale e normativo dell’Unione non è fondata su una norma specificamente posta nei Trattati tale da radicarne la assoluta peculiarità quale definita per la Banca d’Italia, e ciò giustifica l’inapplicabilità alla AGCM delle previsioni di cui all’art. 3, comma 3, del d.l. 78/10, non essendo quest’ultima integralmente parificabile alla Banca d’Italia, pur godendo di indipendenza funzionale.

Con particolare riguardo alla censura proposta dalla odierna ricorrente avverso l’art. 5 della delibera del 19 gennaio 2011 - con cui lamenta la sospensione dell’assegnazione dei livelli retributivi previsti dall’accordo del 7 marzo 2007 e seguenti accordi attuativi, per erronea applicazione del comma 21 dell’art. 9 del decreto, mentre nella specie si tratterebbe di “eventi straordinari della dinamica retributiva” (art. 9, comma 1, del decreto) e di un diritto acquisito dei dipendenti e non prevede che gli scatti di carriera di cui al detto accordo abbiano almeno effetti giuridici, così come previsto dall’art. 9, comma 21, del decreto - il Consiglio di Stato l’ha respinta “nella parte relativa alla qualificazione dell’accordo del 7 marzo 2007 come “evento straordinario della dinamica retributiva”, non potendo evidentemente essere qualificata come “straordinaria” la stipula di un accordo sindacale” e dichiarandola “inammissibile, per sopravvenuta carenza di interesse, nella parte restante poiché, con la successiva delibera del 4 agosto 2011, sono stati riconosciuti gli effetti giuridici dell’accordo”.

La ricorrente invoca quest’ultima statuizione, con il terzo motivo di doglianza, per vedersi riconosciuti gli scatti che avrebbe maturato dal 2011 in forza dell’Accordo del 2007.

L’argomento non può essere condiviso.

La sentenza del Consiglio di Stato sopra riportata è decisiva nel dichiarare applicabili all’Autorità le previsioni di cui all’art. 9, comma 21, d.l. 78/2010.

La suddetta disposizione, come già evidenziato, anche alla luce delle Circolari e dei pareri del MEF (vedi Circ. MEF n. 12 del 15 aprile 2011), distingue tra progressione automatica degli stipendi e “progressioni di carriera comunque denominate”.

Gli scatti di cui parte ricorrente chiede il riconoscimento, previsti nell’Accordo del 2007, rientrano nella prima categoria e, peraltro, a seguito della Delibera ormai inoppugnabile del 4 agosto 2011, hanno effetto esclusivamente ai fini giuridici e sono subordinati “alla verifica delle effettive esigenze di riallineamento del trattamento economico rispetto al personale della Banca d’Italia”.

Le statuizioni del Consiglio di Stato, contenute nella sentenza citata n. 2818/2014, rilevano anche ai fini della applicabilità della proroga al 31 dicembre 2015 del blocco dei meccanismi di progressione automatica per effetto dell’art. 1, comma 256, legge 190/2014, una volta affermata la legittimità della applicazione del blocco delle progressioni anche alla AGCM e la differenza tra statuto normativo della Banca d’Italia, in forza delle previsioni del TFUE, e quello delle Autorità indipendenti.

Con tale sentenza è stato respinto il ricorso della ricorrente e dichiarate legittime le delibere con le quali sono state conformate le determinazioni di recepimento delle disposizioni di cui al d.l. 78/2010 dell’AGCM agli indirizzi applicativi ed ai criteri contenuti nella circolare MEF n. 12 del 15 aprile 2011 e nel parere della Ragioneria del 19 luglio 2011.

La statuizione del giudice d’appello, invocata dalla ricorrente a sostegno della propria pretesa, non entra nel merito, limitandosi a dichiarare la censura proposta dalla ricorrente “inammissibile, per sopravvenuta carenza di interesse, nella parte restante poiché, con la successiva delibera del 4 agosto 2011, sono stati riconosciuti gli effetti giuridici dell’accordo”.

Ne consegue che non possa ravvisarsi la dedotta violazione del giudicato.

L’art. 2 della delibera del 4/8/2011, al punto 1, statuisce che:

“Le progressioni previste nell’Accordo del 7 marzo 2007, a far data dal 1° gennaio 2011, hanno effetto esclusivamente ai fini giuridici e, secondo quanto previsto dal punto 3 del presente articolo, sono subordinate alla verifica delle effettive esigenze di riallineamento del trattamento economico rispetto al personale della Banca d’Italia”.

Il punto 3, a cui rinvia la disposizione riportata, detta la tempistica delle verifiche e le modalità.

Ne consegue che il riconoscimento anche a fini meramente giuridici delle progressioni di cui all’Accordo era comunque condizionata a detta verifica.

In attuazione di detta delibera alla ricorrente veniva riconosciuto il 35° livello giuridico, con riconoscimento ai soli fini giuridici di tre scatti per il solo 2011, in coerenza con le Circolari interpretative del MEF n. 12 del 15 aprile 2011 e con quanto evidenziato della Delibera dell’8 agosto 2011.

Sulla asserita, da parte ricorrente, inapplicabilità della proroga al blocco delle progressioni automatiche degli stipendi al 31 dicembre 2015, essa si fonda sulla ritenuta necessità di un provvedimento di attuazione di detta proroga, in virtù dell’art. 11, comma 2, della legge istitutiva dell’Autorità che ne sancisce l’autonomia e la specificità.

La questione risulta già trattata dall’AGCM con le delibere del 2011, in occasione dell’applicazione del d.l. 78/2010 citato, e risolta, anche alla luce delle Circolari del MEF, del Parere della Ragioneria Generale dello Stato del 19 luglio 2011, nonché della sentenza del Consiglio di Stato più volte richiamata, nel senso della applicazione anche alla AGCM delle previsioni in materia di contenimento della spesa pubblica.

Val poi la pena ribadire che le progressioni previste dall’Accordo del 2007 sono automatiche e sganciate dal merito e che, ai sensi dell’art. 9, comma 21, secondo periodo, del d.l. 78/2010, detti meccanismi per gli anni 2011-2013 “non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti”.

Non è irrilevante peraltro ricordare l’indirizzo, attuato fin dal d.lgs. 150/2009 nel pubblico impiego, che impone principi di selettività agganciati al merito per le progressioni di carriera (vedi art. 52, comma 1 bis, d.lgs. 165/2001), da cui è desumibile un disfavore evidente dell’ordinamento per i meccanismi di progressione automatica che non trovano ragion d’essere nemmeno nel caso del personale delle Autorità Indipendenti.

Appare pertanto evidente la ragione della modifica, introdotta con il contestato Accordo del 2016, in materia di progressioni di carriera in base all’esito del processo di valutazione del singolo dipendente.

Con i primi due motivi, esposti nella parte in fatto della presente sentenza, la ricorrente deduce l’illegittimità dell’Accordo del 5 aprile 2016 per eccesso di potere per sviamento e violazione dell’art. 1372 c.c., in quanto esso avrebbe contenuti e finalità transattivi della questione della perequazione con il trattamento economico previsto in Banca d’Italia che la ricorrente non ha accettato, né intende accettare, e che pertanto non potrebbe trovare applicazione in mancanza di accettazione.

I motivi sono infondati.

Come già osservato, sull’Accordo del 2007, per la parte di interesse, ovvero per le progressioni economiche dal 2011 al 2015, sono intervenute, con riguardo al 1° triennio, le disposizioni, di cui all’art. 9, comma 21, del d.l. 78/2010, convertito dalla legge n. 122/2010, sopra riportate, e le delibere del 19 gennaio 2011 e del 4 agosto 2011, ormai inoppugnabili a seguito della richiamata sentenza del Consiglio di Stato n. 2818/2014, il d.p.r. 122/2013 e, successivamente, la legge di stabilità 190/2014 che ha prorogato fino al 31 dicembre 2015 il blocco delle progressioni.

L’Accordo è quindi venuto a scadenza il 31 Agosto 2015.

A ciò si aggiunga che la ricorrente, con raccomandata del 26 ottobre 2016, ha chiesto di aderire all’Accordo del 2016 (doc. 22 delle Allegazioni dell’AGCM) e pertanto l’applicabilità dello stesso nei suoi confronti discende dalla sua manifestazione di volontà.

Tuttavia, anche ove la dott.ssa Quaranta non avesse accettato il nuovo Accordo del 2016, alla stessa non avrebbe potuto applicarsi la progressione automatica prevista dall’Accordo del 2007, in virtù del blocco dei meccanismi di adeguamento retributivo di cui al d.l. 78/2010, per il triennio 2011-2013, prorogato al 31 dicembre 2014 dal d.p.r. 4 settembre 2013 n. 122 ed al 31 dicembre 2015 dalla legge di stabilità n. 190/2014.

In tal senso è intervenuta anche la Circolare n. 8 del 2 febbraio 2015 del MEF a tenore della quale, in caso di fruizione di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, il 2015 non era utile ai fini della maturazione delle classi e scatti di stipendio.

Da quanto osservato consegue che la mancata applicazione della progressione automatica di cui all’Accordo del 2007, a far data dal 1° gennaio 2011, non è imputabile all’Accordo del 2016, bensì agli interventi legislativi di contenimento della spesa pubblica sopra menzionati, applicabili anche all’Autorità, come confermato dalle sopra richiamate argomentazioni della sentenza del Consiglio di Stato.

I motivi sono, quindi, infondati e vanno respinti.

Con il motivo riportato sub 4) la ricorrente deduce la violazione dei diritti che asserisce sarebbero stati acquisiti fin dall’Accordo del 7 marzo 2007, se non anche dalle delibere dell’AGCM del 19 gennaio 2011 e del 4/8/2011, e comunque sin dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 2818/2014.

Anche questo motivo è infondato.

La giurisprudenza, condivisa dal Collegio, ha precisato che per diritti quesiti devono intendersi “solo le situazioni che siano entrate a far parte del patrimonio del lavoratore subordinato e non anche quelle situazioni future o in via di consolidamento che sono autonome e suscettibili come tali di essere differentemente regolate in caso di successione di contratti collettivi” (Cass. Civ. Sez. Lav., n. 3982 del 19/02/2014, n. 20838/2009).

Nel caso di specie, inoltre, su tali situazioni sono intervenute leggi dello Stato di contenimento della spesa pubblica che hanno condotto al nuovo Accordo del 2016.

Né le delibere del 2011 dell’AGCM, né la pronuncia del Consiglio di Stato, per quanto sopra osservato, hanno poi determinato l’acquisizione alla sfera patrimoniale della ricorrente degli scatti retributivi di cui all’Accordo del 2007.

Chiamata a pronunciarsi sulla costituzionalità delle disposizioni contenute nel comma 21 dell’art. 9 del d.l. 78/2010, la Corte Costituzionale, con la sentenza 304/2013, ha peraltro affermato che “dalla disciplina costituzionale in vigore non è dato desumere, per i diritti di natura economica connessi a rapporti di durata, anche nel pubblico impiego, una specifica protezione contro l’eventualità di norme retroattive: di talché, su questo piano, il vero limite nei confronti di norme di tale natura non può essere ricercato altro che nell'esigenza del rispetto del principio generale di ragionevolezza comprensivo della tutela dell'affidamento (ex plurimis, sentenze n. 31 e n. 1 del 2011;
n. 302 del 2010;
n. 228 del 2010;
n. 74 del 2008)”, e la Corte ha escluso l’irragionevolezza della previsione viste le sue finalità di contenimento della spesa pubblica per far fronte alla grave crisi economica, spettando al legislatore, nell'equilibrato esercizio della sua discrezionalità e tenendo conto anche delle esigenze fondamentali di politica economica (sentenze n. 477 e n. 226 del 1993), bilanciare tutti i fattori costituzionalmente rilevanti.

L’Accordo del 2016 risulta poi scevro anche dalle censure contenute nel quinto motivo del ricorso, non risultando allegati elementi che evidenzino criteri che si pongano in contrasto con quelli fissati nel CCNL per la Banca d’Italia o che non tengano conto delle specifiche esigenze funzionali ed organizzative dell’Autorità, ferma restando la doverosa osservanza delle previsioni di legge in materia di contenimento e riduzione delle spese (vedi art. 4 della legge 183/2011) e quanto reiteratamente ricordato in merito alla non integrale assimilabilità dello statuto dei dipendenti della Banca d’Italia.

A ciò si aggiunga che l’Accordo contestato prevede al punto 7) la costituzione di “un tavolo tecnico al quale parteciperanno rappresentanti dell’amministrazione e delle diverse sigle con il compito di studiare i recenti accordi stipulati in Banca d’Italia, le disposizioni della legge Madia e dei relativi decreti attuativi, nonché – ad esito del primo processo di valutazione – di verificare l’attuazione del presente accordo sulle progressioni dei dipendenti e l’esigenza di eventuali possibili correttivi da apportare al sistema valutativo”.

Con l’ultimo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 5, comma 11 bis, del decreto legge 95/2012, convertito, con modificazioni, in legge 7 agosto 2012, n. 135, e dell’art. 3 del decreto legislativo 150/2009, dell’art. 1375 c.c., eccesso di potere per irragionevolezza, in quanto l’Accordo gravato non conterrebbe i parametri e i criteri alla stregua dei quali effettuare la valutazione del personale, attesa la genericità delle voci ivi descritte e l’assenza di un regolamento di valutazione

Il motivo è infondato.

Contrariamente a quanto dedotto da parte ricorrente, l’Accordo prevede una procedura che vede coinvolta una Commissione che esamina le proposte di valutazione in contraddittorio con i responsabili di unità organizzative e che può modificare fino al 40% delle proposte di valutazione, alla luce di un confronto comparativo che tenga conto dell’attività svolta, del livello di professionalità raggiunto e delle potenzialità di crescita di ciascun dipendente, ferma restando l’elencazione dettagliata degli elementi su cui cade il giudizio di merito (vedi pag. 7 dell’Accordo) e che vanno dalla capacità di analisi nelle materie di competenza, alla capacità di ponderazione e applicazione delle soluzioni più efficaci, dall’attitudine ad assumere responsabilità al comportamento cooperativo etc.

Alla luce di quanto sopra esposto ed in attuazione delle norme di legge, delle Delibere succedutesi dal 2011 e dell’Accordo sindacale del 2016, la posizione economica e giuridica della ricorrente è stata legittimamente aggiornata con riconoscimento della posizione economica e giuridica del 38° livello all’esito della valutazione per l’anno 2015 con assorbimento dei tre livelli giuridici attribuiti a tutto il personale nel 2011, in base al superato automatismo di cui all’Accordo del 2007.

Per quanto osservato il primo ricorso va respinto, poiché infondato.

2. Con il secondo ricorso (rg. 15374/2016) la ricorrente lamenta la ritardata applicazione del miglior trattamento previsto dall'Accordo transattivo del 5 aprile 2016 e chiede gli interessi sulle somme liquidate in ritardo rispetto agli altri dipendenti.

Il ricorso è infondato e ciò esime dallo scrutinio delle eccezioni in rito proposte dalla resistente.

Il ritardo con il quale l’Amministrazione ha liquidato le maggiori somme derivanti dalle progressioni previste nell’Accordo del 2016 è imputabile alla stessa ricorrente.

E’ la stessa dott.ssa Quaranta nel primo ricorso ad affermare che l’AGCM non avrebbe potuto unilateralmente applicare l’Accordo di cui si tratta, in quanto non firmato dalla sigla sindacale a cui ha prestato adesione ed atteso che non risulta avere prestato altrimenti il proprio assenso, bensì un esplicito dissenso con lo stesso ricorso proposto.

La giurisprudenza della Cassazione è pacifica nel ritenere che “(l)'accordo transattivo, stipulato tra azienda e organizzazioni sindacali, ha efficacia erga omnes anche nei confronti di quei lavoratori non iscritti alle organizzazioni sindacali stipulanti. L'unica eccezione è data per i lavoratori che, aderendo ad una organizzazione sindacale diversa, abbiano espresso esplicito dissenso dall'accordo transattivo” (Cassazione civile, sez. lav., 23/05/2013, n. 12722).

L’AGCM ha peraltro fatto tutto quanto era in suo potere per liquidare tempestivamente i maggiori compensi anche alla ricorrente, invitando la stessa, al pari di tutti i dipendenti, con comunicazioni del 15 giugno 2016 e del 22 giugno 2016, ad esprimere la propria adesione entro il 24 giugno 2016 e precisando che in difetto, alla luce della consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, non avrebbero trovato applicazione le disposizioni anche transitorie contenute nell’accordo.

La ricorrente ha ignorato tali richieste, pertanto, in nessun modo è configurabile una responsabilità in capo alla Autorità, essendo accertato, per quanto osservato, che il ritardo è dovuto a fatto del creditore.

Né vi è elemento alcuno a sostegno delle insinuazioni contenute in ricorso relativamente alla intenzione da parte dell’Autorità di discriminare la ricorrente per avere, quest’ultima, proposto un precedente ricorso con il quale avanzava domanda di accertamento del proprio diritto ad un migliore inquadramento, essendo evidente la ragione per la quale l’Amministrazione non avrebbe potuto liquidare le maggiori somme previste da un Accordo di cui la ricorrente ha contestato la legittimità con il precedente gravame, senza il suo previo consenso all’applicazione dello stesso.

Per quanto osservato, ed atteso che successivamente, grazie alla tardiva adesione, benché condizionata, avanzata con raccomandata del 26/10/2016, alla ricorrente sono stati applicati i migliori trattamenti previsti dall’Accordo del 2016, il ricorso va respinto.

3. Anche il terzo ricorso (rg. 5436/2017) è infondato e può pertanto tralasciarsi lo scrutino delle eccezioni formulate dalla difesa erariale.

Con il suddetto ricorso la ricorrente insiste nella impugnativa dell’Accordo del 5 aprile 2016 come applicato ai processi di valutazione per l’anno 2016, denunciando la genericità dei criteri di valutazione e la conseguente violazione: 1) dell’art. 5, comma 11 bis, del d.l. 95/2012, convertito con modificazioni in legge 7 agosto 2012 n. 135, ove dispone che “la misurazione e valutazione della performance individuale del personale è effettuata dal dirigente in relazione: a) al raggiungimento di specifici obiettivi di gruppo o individuali;
b) al contributo assicurato alla performance dell’unità organizzativa di appartenenza e ai comportamenti organizzativi dimostrati;
2) dell’art. 3 del decreto legislativo 150/2009 ove dispone che “Le amministrazioni pubbliche adottano modalità e strumenti di comunicazione che garantiscano la massima trasparenza delle informazioni concernenti le misurazioni e le valutazioni della performance”.

La censura in ordine alla genericità dei criteri di valutazione è stata già scrutinata e rigettata nell’esame del primo ricorso.

Solo per chiarezza si riporta il comma 12 dell’art. 5 dell’Accordo del 5 aprile 2016 il quale dispone che il giudizio di merito di ciascun dipendente deve essere espresso in relazione all’attività svolta dal dipendente nell’anno di riferimento, tenuto conto:

“- della capacità di analisi nelle materie di competenza,

- dell'uso di fonti e procedure in relazione ai problemi affrontati,

- della capacità di ponderazione e di applicazione delle soluzioni più efficaci,

- dell'autonomia e della capacità di suggerire soluzioni utili,

- della capacità di coordinamento e dell'attitudine ad assumere responsabilità,

- dell'accuratezza e del livello di approfondimento nell'attività svolta,

- della consistenza delle attività svolte e della rapidità e puntualità nell'esecuzione degli incarichi,

- dell'efficacia e della chiarezza espositiva,

- dell'efficacia comunicativa con soggetti esterni,

- del comportamento cooperativo nelle attività di gruppo,

- della flessibilità,

- della propensione alla diffusione dei risultati di rilievo della propria attività anche attraverso il confronto e la discussione,

- della riservatezza e della consapevolezza del ruolo istituzionale dell'Autorità.”

Ove poi si confronti tale disposizione con la scheda di valutazione redatta dal Responsabile dell’U.O., si rileva che la proposta di riconoscere alla ricorrente 2 scatti di avanzamento trova adeguata corrispondenza nel giudizio positivo formulato sulla base delle capacità e delle caratteristiche evidenziate nell’elenco sopra riportato.

Il giudizio, oltre ad essere positivo, e, in taluni casi anche molto positivo, fa specifico riferimento ai risultati conseguiti in specifici progetti, come nel caso del progetto “consumer rights”.

Il motivo di doglianza è tuttavia generico e, pertanto, inammissibile nella parte in cui denuncia il mancato riconoscimento dei tre scatti di avanzamento in luogo dei due proposti.

Atteso che l’Accordo del 5/4/2016, che qui trova applicazione, limita ad una quota massima del 30% la progressione pari a tre scatti, appare evidente che il giudizio finale della Commissione deve tenere conto anche della comparazione con i giudizi riportati nelle schede personali degli altri dipendenti.

La ricorrente a tale riguardo non formula alcuna puntuale censura, limitandosi a contestare la genericità dei criteri.

A quanto emerge dalla memoria della difesa dell’AGCM, la ricorrente, pur avendone la possibilità, non ha formulato nessuna richiesta di riesame nel merito della propria posizione.

Infondata è anche la denunciata violazione dell’art. 3, comma 3, del decreto legislativo 150/2009 ove dispone che “Le amministrazioni pubbliche adottano modalità e strumenti di comunicazione che garantiscano la massima trasparenza delle informazioni concernenti le misurazioni e le valutazioni della performance”.

Risulta per tabulas, per essere stato oggetto di ricorso da parte della ricorrente, notificato il 31 maggio 2016, che la stessa è stata messa a conoscenza dei criteri di valutazione di cui si tratta, contenuti nell’Accordo 5 aprile 2016, fin da data anteriore al 31 maggio 2016.

A ciò si aggiunga che si tratta di criteri che attengono al merito, e sulla cui attinenza ai compiti della ricorrente, alla performance ed agli obiettivi prefissanti nel Piano Triennale non vi sono contestazioni.

Trattandosi di attività manifestamente discrezionale, e dovendosi escludere, per quanto osservato, la violazione di legge, il giudice non può sindacarne la legittimità, se non a fronte di vizi di manifesta illogicità e travisamento per i quali la ricorrente non allega elementi.

Del tutto inconferente è poi la denunciata violazione dell’art. 36 Cost., in quanto gli atti in discorso non hanno ad oggetto riduzioni del trattamento economico in godimento, della cui sufficienza a condurre una esistenza libera e dignitosa non vi sono ragioni per dubitare, ma una progressione economica di due scatti anziché tre.

La Corte Cost. ha peraltro reiteratamente affermato la necessità di una valutazione complessiva della retribuzione, ai fini del giudizio sulla sufficienza e la proporzionalità della stessa al lavoro prestato (vedi tra le altre C. Cost. 96/2016).

Il giudice delle leggi ha anche precisato che il giudizio sulla conformità all'art. 36 Cost. non può essere svolto in relazione a singoli istituti né limitatamente a periodi brevi, in quanto si deve valutare l'insieme delle voci che compongono il trattamento complessivo del lavoratore in un arco temporale di una qualche significativa ampiezza, alla luce del canone della onnicomprensività. Tra i fattori rilevanti, da valutare in un arco temporale più ampio, si deve annoverare, anche, la pregressa dinamica delle retribuzioni nel lavoro pubblico, che, attestandosi su valori più elevati di quelli riscontrati in altri settori, ha poi richiesto misure di contenimento della spesa pubblica, sicché non risulta dimostrato l'irragionevole sacrificio del principio di proporzionalità della retribuzione (sentt. nn. 1104 del 1988, 126 del 2000, 84 del 2006, 186, 310 del 2013, 154 del 2014) (C. Cost. 23/07/2015, n. 178).

Tutto ciò premesso e considerato il rigetto del primo ricorso con il quale la ricorrente impugna l’Accordo del 2016 e chiede applicarsi le progressioni previste dall’Accordo del 2007, deve negarsi il preteso riconoscimento dei due scatti, riconosciuti all’esito della procedura di valutazione qui impugnata, a partire dal livello 47°.

Quanto al richiesto riconoscimento dei suddetti scatti da computarsi dal 38° livello, la richiesta è inammissibile, atteso che, correttamente, l’autorità ha proceduto proprio nel senso richiesto dalla ricorrente con la domanda subordinata.

A conferma di ciò si rinvia al cedolino del mese di luglio 2017, nel quale si riscontra l’intervenuto riconoscimento del 40° livello economico in godimento (All. 9 dei documenti depositati dall’Avvocatura).

La ricorrente chiede, altresì, che i due scatti riconosciuti in data 30 aprile 2017 abbiano la stessa decorrenza applicata agli altri dipendenti dell’AGCM.

In base a quanto documenta l’Autorità, il ritardo nella liquidazione dell’adeguamento, con pagamento del conguagli, è da attribuirsi alla stessa ricorrente, la quale ha aderito alla progressione economica prevista dall’Accordo del 5 aprile 2016 solo con raccomandata del 26 ottobre 2016 (v. documento n. 7 allegato dall’Autorità).

4. All’infondatezza della pretesa azionata con gli scrutinati ricorsi consegue anche il rigetto della domanda risarcitoria.

5. In conclusione i ricorsi, previa loro riunione, devono essere respinti, poiché infondati.

La novità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese di lite.

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