TAR Perugia, sez. I, sentenza 2011-11-15, n. 201100367
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N. 00367/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00131/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 131 del 2011, proposto da:
Telit S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. S C, con domicilio eletto presso l’avv. Bruna Ronconi in Perugia, via del Sole, 8;
contro
Comune di Spello, rappresentato e difeso dall'avv. F A D M, con domicilio eletto presso lo stesso in Perugia, via Bonazzi, 9;
nei confronti di
La Baita S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. I M, con domicilio eletto presso l’avv. Emanuela Francisci in Perugia, via XX Settembre 57;
per l'annullamento
-dei provvedimenti di diniego del permesso di costruire prot. n. 283 , del 10.01.2011 e prot. n. 11781 del 03.08.2010;
-del provvedimento di diniego di autorizzazione paesaggistica prot. n. 11952 del 06.08.2010;
-del preavviso di diniego ex art. 10 bis L. n. 241/1990, prot. n. 12481 del 18.08.2010;
-del parere negativo della Commissione Comunale per la Qualità Architettonica ed il Paesaggio, pronunciato nella seduta del 30.12.2010;
- di qualsiasi altro atto presupposto e/o conseguente e/o direttamente e/o indirettamente connesso con il provvedimento sopra impugnato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Spello e di La Baita S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2011 il dott. Carlo Luigi Cardoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1- Con i provvedimenti impugnati sono stati negati sia l’autorizzazione paesaggistica, sia il permesso di costruire richiesti dalla ricorrente per la realizzazione di un impianto ripetitore per telecomunicazioni costituito da alcuni box parzialmente interrati e da un traliccio in acciaio alto 40 metri.
Nel ricorso si formulano censure di violazione di legge ed eccesso di potere con le quali, in estrema sintesi, si sostiene:
- l’illegittimità del piano regolatore nella parte in cui vieta l’installazione degli impianti del tipo in discorso giacché si connoterebbe come un divieto generalizzato contrastante quindi con l’art. 8 L. n. 36/2001 giacché eccedente i poteri comunali nella materia in questione;
- la violazione dell’art. 86, 3° comma, D.Lgs. n. 259/2003 (codice delle comunicazioni elettroniche), poiché la strumentazione urbanistica sarebbe in conflitto con la generale presunzione di conformità degli impianti della specie
- il difetto di motivazione e di istruttoria poiché non sarebbero state adeguatamente illustrate le ragioni del diniego;
- l’eccesso di potere perché il diniego di permesso di costruire sarebbe motivato anche con il superamento dei limiti di legge in tema di esposizione ai campi elettromagnetici con il che il Comune si sarebbe arrogato funzioni non proprie;
- la violazione della Dir. 92/43/CEE, nonché degli artt. 5 e 20 D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, poiché l’incidenza dell’impianto non sarebbe significativa al punto da richiedere una valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) e comunque questa avrebbe potuto essere effettuata a posteriori.
2- L’Amministrazione si è costituita in giudizio controdeducendo puntualmente.
Si è anche costituita La Baita s.r.l. alla quale pure è stato notificato il ricorso.
3- Il Collegio, in via preliminare, giudica fondata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva della società La Baita s.r.l., articolata nella memoria in data 18 aprile 2011.
Infatti, detta società non è contemplata negli atti impugnati né è intervenuta nei relativi procedimenti per cui correttamente afferma la sua estraneità al giudizio.
4- Sempre in sede preliminare, si prescinde dalle eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dal Comune, poiché si giudica il gravame infondato nel merito..
5- Invero, il piano regolatore (art. 43, comma 11 N.T.A.) qui impugnato (rectius del quale impropriamente si chiede la “disapplicazione”) è legittimo.
In primo luogo, sul piano formale, perché il potere di imporre il divieto di edificazione contestato trova la sua radice nell’art. 4, comma 4°, L.R. Umbria n. 9/2002.
In secondo luogo, sul piano sostanziale, poiché non vieta in maniera generalizzata l’edificazione di impianti di telecomunicazione nel territorio comunale (in armonia con l’art. 8, comma 6°, L. n. 36/2001), ma solo nelle macrozone E, che si caratterizzano per il loro spiccato valore ambientale e paesaggistico ( arg. da: Cons. Stato, Sez. VI, 3 marzo 2007 n. 1017;TAR Campania, Napoli. Sez. VII 18 settembre 2007 n. 7596 e, a contrario, Cons. Stato Sez. VI , 4 settembre 2006 n. 5096;TAR Puglia, Lecce, Sez. II, 14 luglio 2009 n. 1833 ;id. 5 giugno2006 n. 3172).
Dette zone si connotano dunque come beni ambientali, tutelati dalla pianificazione urbanistica, nelle quali i Comuni possono vietare l’installazione degli impianti in discorso esercitando i poteri specifici loro attribuiti dall’art. 7 e soprattutto dall’art. 4, comma 4°, L.R. Umbria n. 9/2002 cit.
6- Ciò posto, non sussiste nemmeno la dedotta violazione dell’art. 86, 3° comma del codice delle comunicazioni elettroniche (D.Lgs. n. 259/2003)
Infatti, la presunzione di conformità urbanistica (in virtù dell’assimilazione degli impianti alle opere di urbanizzazione primaria ex art. 86, 3° comma cit.) trova un limite nell’esistenza di vincoli paesaggistici, in forza del riferimento (art. 86 cit., 4° comma ) al D.Lgs. n.490/1999 (arg. da Cons. Stato, Sez. VI, 15 dicembre 2009 n. 7944).
Ebbene, non è controverso che un vincolo paesaggistico gravi sull’area in questione e che ad esso non si sia derogato.
Infatti, l’inerente autorizzazione paesaggistica è stata negata con il provvedimento pure qui impugnato, ma da ritenersi legittimo, come si vedrà.
Pertanto, anche sotto questo profilo, il diniego di permesso di costruire è immune da vizi.
7- Inoltre, questo Collegio, pur consapevole della non univocità della giurisprudenza, ritiene che la presunzione di conformità in discorso non abbia prevalenza assoluta sulla tutela dell’ambiente e del paesaggio (arg. da Cons. Stato Sez. VI 3 ottobre 2009 n. 7566), in quanto beni di primario valore costituzionale (Corte Cost. n. 94/85, n. 359/85, n.151/86).
Ne deriva che l’edificazione degli impianti non solo non può prescindere dal titolo edilizio ( arg. da Cons. Stato 13 aprile 2010 n. 2055), ma può essere vietata oltre che dalle norme paesaggistiche e ambientali, anche da quelle urbanistiche purché queste effettivamente tutelino, come qui accade, quei valori attraverso limitazioni edificatorie puntuali e non generalizzate.
Diversamente, le esigenze della comunicazione elettronica, senz’altro rilevanti, ma non di rango costituzionale, prevarrebbero in maniera sostanzialmente incondizionata sui valori costituzionali a presidio del territorio, elemento costitutivo della stessa Nazione.
Il tutto a fortiori nella Regione Umbria, come già visto, in virtù dei poteri attribuiti ai Comuni dalla L.R. n. 9/2002.
D’altro canto è bene mettere in evidenza come non si dimostri che dal piano regolatore consegua l’impossibilita di realizzare altrove l’impianto di cui trattasi con conseguente frustrazione delle inerenti esigenze tecniche di comunicazione.
Pertanto, anche sotto questo profilo, deve ritenersi che il piano regolatore stabilisca regole ragionevoli a presidio di primari interessi pubblici ( fra le tante: Cons. Stato Sez. VI, 15 luglio 2010 n. 4557;20 ottobre 2010 n. 7588;27 dicembre 2010 n. 9414).
8- Non sono nemmeno fondate le censure di difetto di motivazione e d’istruttoria sollevate sia contro il diniego del permesso di costruire, sia contro quello dell’autorizzazione paesaggistica .
Invero, basta leggere i provvedimenti avversati per rendersi conto ictu oculi come gli stessi, anche in relazione al parere della Commissione per la Qualità Architettonica ed il Paesaggio, diano ampio conto, forse addirittura in maniera ridondante:
- della normativa urbanistica con la quale le opere contrastano;
- dell’elevatissimo pregio paesaggistico, ambientale e naturalistico dell’area interessata;
- della macroscopica incidenza negativa delle opere stesse;caratterizzate da un traliccio alto 40 m. che si ergerebbe sulle pendici del Monte Subasio di notorio elevatissimo valore paesaggistico e ambientale;
- dell’esistenza del vincolo paesaggistico e della sua inderogabilità proprio per la particolare qualità del sito.
Sono tutte considerazioni di palmare evidenza per cui altro non v’è d’aggiungere giacché in claris non fit interpretatio.
E’ comunque proficuo notare come sulle pendici sostanzialmente incontaminate del Monte Subasio siano collocate opere e città di inestimabile pregio architettonico e storico.
Sia sufficiente menzionare, a tacer d’altro, Assisi, Spello, Trevi, il che rende tutto quell’ambito territoriale unico e noto al mondo per la sua bellezza per cui s’impone la sua più rigorosa tutela.
9- Quanto ai restanti motivi di ricorso con i quali si lamenta che nel diniego del permesso di costruire si sarebbe indebitamente tenuto conto dell’impatto elettromagnetico dell’impianto e della necessità della V.I.A., essi si ritengono ininfluenti ai fini del giudizio di legittimità dei provvedimenti avversati, in base al principio di resistenza degli atti amministrativi.
Infatti, il diniego si fonda su motivazioni più che idonee a sostenerlo, concernenti l’incompatibilità dell’opera dal punto di vista tanto urbanistico (contrasto con il PRG), quanto paesaggistico (contrasto con i vincoli), come si è sopra visto.
In più, le considerazioni sull’impatto elettromagnetico (pag. 3) e su quello naturalistico - ambientale, donde la ritenuta necessità della V.I.A. (pag. 4), si connotano non come vere e proprie motivazioni , come sottolinea l’attenta difesa del Comune, ma come considerazioni ad abundantiam nell’ambito di un provvedimento già propriamente istruito e motivato.
10- Per tutte le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato previa estromissione della Società La Baita.
Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare fra le parti le spese del giudizio in considerazione della complessità del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento.