TAR Roma, sez. I, sentenza 2022-05-19, n. 202206439

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2022-05-19, n. 202206439
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202206439
Data del deposito : 19 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/05/2022

N. 06439/2022 REG.PROV.COLL.

N. 08241/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8241 del 2020, proposto da
Pobeda compagnia aerea, società a responsabilità limitata di diritto russo, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. T d M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Autorità garante della concorrenza e del mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per l’annullamento

del provvedimento adottato nell’adunanza del 25 febbraio 2020 e notificato per via diplomatica il 20 luglio 2020, con il quale l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha deliberato l’applicazione alla ricorrente della complessiva sanzione di € 500.000,00 a conclusione del procedimento sanzionatorio n. PS11343.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 maggio 2022 il dott. Matthias Viggiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società odierna ricorrente è una compagnia aerea low cost di diritto russo (parte del gruppo Aeroflot) che impugnava il provvedimento sanzionatorio dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) col quale venivano accertate tre distinte pratiche commerciali scorrette ai sensi degli artt. 21 e 22 d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (cod. cons.).

2. Si costituiva in resistenza l’Autorità.

3. Al ricorso introduttivo era unita istanza di sospensione cautelare dell’atto impugnato: essa veniva chiamata alla camera di consiglio dell’11 novembre 2020 e respinta dal Collegio con ordinanza non appellata.

4. Le parti si scambiavano ulteriori documenti e memorie in vista dell’udienza pubblica del 4 maggio 2022, all’esito della quale il Collegio tratteneva la causa per la decisione di merito.

5. Terminata l’illustrazione della storia processuale, e prima di passare all’esame delle censure sollevate dalla parte ricorrente, appare opportuno ricostruire la vicenda fattuale accertata nel provvedimento gravato.

5.1. L’Autorità con la pratica sub A) , contestava la violazione dell’art. 9 cod. cons., essendo il prodotto (ossia il trasporto aereo passeggeri) offerto tramite un sito internet accessibile ai consumatori italiani, ma indicante le informazioni contrattuali solo in russo, inglese e tedesco e non anche in lingua italiana.

5.2. Con la pratica sub B) , invece, l’Autorità si incentrava sulla gestione della no show policy : si tratta di una particolare clausola contrattuale in forza della quale un consumatore acquirente di una prenotazione per un volo andata e ritorno (ovvero di un volo multitratta, ossia con uno o piú scali) perde il diritto a fruire del secondo volo qualora – per qualunque ragione – non possa volare la prima tratta.

5.3. Infine, con la pratica sub C) , l’Autorità individuava una violazione dell’art. 62 cod. cons., applicando il professionista una commissione del 2% per il pagamento con carta di credito (c.d. credit card surcharge ).

6. Chiarito il contesto fattuale, è possibile passare allo scrutinio del ricorso della società.

6.1. Con il primo motivo, si denuncia un error in procedendo , non avendo l’Agcm comunicato l’avvio del procedimento ai sensi degli artt. 7 ed 8 l. 7 agosto 1990, n. 241 alla compagnia aerea.

6.2. La seconda censura, invece, si rivolge direttamente alla prima pratica contestata, evidenziando che la circostanza che un sito sia raggiungibile dall’Italia non determina ex se che esso debba essere presentato in lingua italiana: invero, i biglietti aerei della compagnia possono essere agevolmente comperati sui siti dei collettori che riportano le informazioni contrattuali in italiano.

6.3. Il terzo motivo, invece, si rivolge alla pratica sub B) : secondo la ricorrente questa violazione sarebbe assorbita nella prima condotta con la conseguenza che l’Agcm avrebbe violato le disposizioni in tema di ne bis in idem . Difatti, se il sito andava tradotto in italiano (violazione sub A ), ne consegue che un’eventuale clausola contrattuale risulta di per sé incomprensibile per chi non conosce altra lingua che quella italiana.

6.4. Con la quarta doglianza, sempre in merito alla condotta sub B) , parte ricorrente deduce l’erroneità della contestazione in tema di no show , trattandosi di una regola legittima ed ovvia, condivisa in àmbito Iata (l’associazione internazionale dei vettori aerei), con conseguente invasione dell’Agcm nel campo della libertà tariffaria.

6.5. Per mezzo del quinto motivo, si ribadisce come l’attività complessiva dell’Agcm nel censurare la no show policy applicata dalle compagnie aeree si caratterizzata da un eccesso di potere. Invero, in luogo di ricorrere alle misure previste per sanzionare le clausole vessatorie, l’Autorità avrebbe fatto illegittimamente ricorso ai proprî poteri in tema di pratiche commerciali scorrette.

6.6. Infine, con l’ultima censura si evidenzia che sebbene sul sito russo sia indicato il credit card surcharge esso non troverebbe applicazione agli acquisti di biglietti da parte dei consumatori europei.

7. Il ricorso è infondato.

7.1. In particolare, il primo motivo risulta palesemente smentito dalla produzione documentale versata in atti dalla difesa erariale: invero, la documentazione del Consolato generale di Mosca costituisce evidenza non confutabile dell’avvenuta notifica della comunicazione di avvio del procedimento alla società ricorrente. In ogni caso, come si vedrà nel prosieguo, il provvedimento appare pienamente legittimo, sicché l’eventuale omessa comunicazione di avvio, costituirebbe mera irregolarità non viziante il provvedimento finale (art. 21- octies , comma 2 l. 241 cit.)

7.2. Similmente infondato è il secondo motivo, atteso che risulta per tabulas come l’offerta di prodotti e servizî per i consumatori non avvenisse in lingua italiana: non rileva, infatti, la residuale possibilità di acquistare il prodotto per il mezzo di agenzie o collettori. Invero, risulta notorio che l’acquisto tramite intermediari importi sempre il pagamento di una commissione;
in aggiunta, non può negarsi che il sito internet aziendale costituisca il principale (nonché il piú affidabile) canale di vendita per un vettore aereo. D’altro canto, è pacifico che le pagine web delle compagnie aeree debbano riportare in lingua italiana le informazioni di cui il consumatore ha necessità per concludere consapevolmente l’acquisto (cfr. Tar Lazio, sez. I, 12 aprile 2012, n. 3318, che rigettava l’impugnativa di altra compagnia aerea che non aveva tradotto in italiano «termini e condizioni del servizio»). Similmente, non determinerebbe l’illegittimità del provvedimento la circostanza che altra compagnia aerea tutt’ora non abbia tradotto in italiano il proprio sito web : è indiscusso che l’esponente non possa invocare a sostegno delle proprie ragioni l’applicazione di un trattamento maggiormente favorevole riservato illegittimamente ad altri (v. Cons. Stato, sez. V, 23 settembre 2015, n. 4452).

8. Il terzo, il quarto ed il quinto motivo, deducono tutti la illegittimità della contestazione sub B) , sicché possono essere trattati congiuntamente, stante l’evidente connessione delle censure.

8.1. Preliminarmente, va rilevato che la no show rule costituisce un palese vantaggio per il professionista ai danni del consumatore: invero, questi rischia di perdere congiuntamente sia la pretesa all’esecuzione del trasporto da parte del vettore (per il volo successivo al primo), sia il denaro versato per un viaggio già interamente pagato;
il tutto senza una reale giustificazione economica, se non quella di un extra-profitto conseguito dalla compagnia aerea che potrebbe vendere nuovamente il posto sul (successivo) volo, guadagnandoci cosí due volte. Ciò impone, in capo al professionista, degli obblighi di diligenza rafforzati, assolvibili solo attraverso una precisa indicazione della regola (indipendentemente dal canale di vendita) che evidenzi, prima della conclusione dell’acquisto, il gravoso onere che il consumatore assume in caso di prenotazione di un volo andata e ritorno (o multitratta).

8.2. Orbene, va dato atto che il no show veniva gestito in maniera peculiare dalla ricorrente, in quanto all’avvio del procedimento la compagnia garantiva al consumatore di poter comunque fruire del volo di ritorno (o di quello successivo) ponendo a carico dell’utente solo un onere di comunicazione. Nondimeno, l’Agcm evidenziava come la compagnia non pubblicizzasse la propria politica commerciale in tema di no show durante la procedura d’acquisto (né sul titolo di viaggio). Infatti, la regola del no show è fissata solo nelle « fares and conditions » (ossia « termini e condizioni »), prevedendo che l’utente che voglia conservare la prenotazione debba contattare il call center della compagnia (tuttavia non si evidenziava il numero) ovvero utilizzare la procedura sul sito web (in relazione a quest’ultima, solo in altra sezione si chiarisce che il modulo on-line è nell’area riservata del consumatore) entro 48 ore prima del decollo del volo. Per giunta, salvo il caso di acquisto di un volo con tariffa rimborsabile, la compagnia addebitava comunque una commissione di ricalcolo ai danni del consumatore nel caso volesse conservare il successivo segmento di volo, oltre alla differenza del costo del volo.

8.3. Di conseguenza, risulta palese che la pratica commerciale della compagnia risulti ingannevole, in quanto il consumatore non ottiene in maniera chiara ed esaustiva le informazioni contrattuali necessarie per comprendere a fondo i proprî diritti e le facoltà nascenti dalla prenotazione del volo, nonché le conseguenze negative che potrebbe subire in caso di no show . In aggiunta, anche se dovesse recuperare con uno sforzo particolarmente diligente le informazioni di cui ha necessità, l’utente non trova un’esposizione ben definita della procedura da seguire per far valere le proprie ragioni e neutralizzare la no show rule .

8.4. Alla luce di quanto evidenziato non possono condividersi le doglianze della ricorrente circa l’asserita duplicazione di sanzioni per la medesima condotta: difatti, se da un lato la mancata traduzione in italiano delle condizioni e dei termini rende maggiormente ardua la comprensione al consumatore medio della fattispecie, dall’altro va osservato come l’Agcm ricostruisce l’ingannevolezza della pratica sub B) in ragione della scarsa e frammentaria pubblicizzazione e gestione della clausola contrattuale relativa al no show . In altri termini, anche nel caso in cui i termini e condizioni fossero stati tradotti in italiano, la pratica commerciale resterebbe comunque ingannevole, in quanto idonea ad indurre in errore il consumatore in riferimento alle facoltà nascenti dal contratto.

8.5. Nessun pregio, inoltre, ha la denunciata invasione nel campo della libertà tariffaria: difatti, l’Autorità limitava la propria contestazione alle modalità di pubblicizzazione e gestione della no show rule , la quale, pur determinando – come si è detto al § 8.1. – uno squilibrio nei diritti e negli obblighi delle parti, non veniva considerata illecita ex se . Perciò, non si reputa sussistente alcuna violazione dell’art. 22 Reg. (CE) 24 settembre 2008, n. 1008, atteso che l’intervento dell’Agcm non incideva sulla libera fissazione dei corrispettivi per il trasporto aereo.

8.6. Quanto appena evidenziato, consente di superare l’argomentazione della compagnia che sovrappone clausole vessatorie e pratiche commerciali ingannevoli: infatti, come già indicato, l’intervento amministrativo non concerne la politica tariffaria in sé, bensí le modalità di informazione del consumatore, sicché correttamente l’Agcm interveniva ai sensi dell’art. 27 cod. cons. La circostanza che l’Agcm non reputi la clausola vessatoria (ipotesi che giustificherebbe un intervento ex art. 37- bis cod. cons.) è inferibile dal fatto che nonostante i numerosi interventi sanzionatori nei confronti di svariate compagnie aeree, le stesse continuino ad applicare la propria no show policy , la quale non è scomparsa dai contratti di trasporto aereo: solamente, ai fini di ottemperare agli indirizzi dell’Autorità, sono stati adeguati i siti di prenotazione (ed i titoli di viaggio), di guisa che i consumatori possano essere consapevoli dei loro diritti e delle modalità per esercitarli (appare opportuno richiamare la pronuncia di Cons. Stato, sez. VI, 30 settembre 2016, n. 4048, che evidenziava la legittimità delle sanzioni amministrative irrogate per ingannevolezza della politica tariffaria in tema di no show ).

9. Infine, l’ultima censura appare palesemente infondata.

9.1. Invero, è pacifico che l’indicazione di una commissione pari al 2% dell’importo del biglietto nel caso di pagamento con carta di credito costituisca pratica vietata ai sensi dell’art. 62 cod. cons. (in termini, v. Cons. Stato, sez. VI, 18 novembre 2021, n. 7703): non infirma gli elementi raccolti dall’Agcm la circostanza, allegata ma non provata dalla ricorrente, che la commissione non veniva riscossa da coloro che acquistano il biglietto aereo dall’Italia.

10. Alla luce delle precedenti esposizioni, il ricorso è definitivamente respinto.

11. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi