TAR Perugia, sez. I, sentenza 2023-04-18, n. 202300197
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Pubblicato il 18/04/2023
N. 00197/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00275/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 275 del 2020, proposto dal sig. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato D P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, Questura di Terni, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Perugia, via degli Offici, 14;
per l'annullamento
del Decreto -OMISSIS- adottato in data -OMISSIS- e notificato al ricorrente il successivo -OMISSIS-, per mezzo del quale la Questura di Terni, a seguito di istanza presentata in data -OMISSIS-, rifiutava istanza di rilascio di permesso di soggiorno per motivi lavorativi ovvero familiari e di ogni altro atto o provvedimento connesso, presupposto o conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno, Questura di Terni;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 marzo 2023 la dott.ssa Daniela Carrarelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Riferisce in punto di fatto il sig. -OMISSIS-, cittadino -OMISSIS- e odierno ricorrente, di essere in Italia da oltre venti anni.
In data -OMISSIS-, a seguito della condanna pronunciata dal Tribunale di Terni per la detenzione di gr. 510 circa di cocaina, gli veniva notificato un primo provvedimento di revoca del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato. Avverso tale provvedimento veniva presentato ricorso dinanzi al T.A.R. Umbria;lo stesso, tuttavia, successivamente al rigetto dell’istanza cautelare con ordinanza n. -OMISSIS- (confermata in appello C.d.S., sez. III, ord. -OMISSIS-), non veniva “coltivato” nel merito in quanto, nelle more, veniva a mutare completamente la situazione familiare e personale del ricorrente che otteneva un nuovo titolo di soggiorno per motivi familiari ex art.19, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 286 del 1998 (il ricorso veniva dichiarato improcedibile con sentenza n. -OMISSIS-).
Riferisce il ricorrente che successivamente al fatto per cui veniva condannato, lo stesso intraprendeva un positivo percorso di reinserimento sociale dimostrando con comportamenti concludenti di voler cambiare la propria condotta di vita;di tale buon comportamento, e dell’assenza di ulteriori segnalazioni nei suoi confronti indici di una personalità pericolosa, ha dato atto il Tribunale di Sorveglianza di Perugia che, con ordinanza datata -OMISSIS-, lo ammetteva alla misura alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali.
Con successivo provvedimento del -OMISSIS-, il medesimo Tribunale, dava altresì atto del suo comportamento irreprensibile durante l’esecuzione della suddetta misura alternativa, dichiarando estinta la pena.
L’odierno ricorrente riferisce di aver continuato a svolgere attività lavorativa presso la ditta presso la quale nel corso dell’esecuzione della misura alternativa aveva svolto attività lavorativa;il rapporto si è interrotto a causa dello scadere del permesso di soggiorno, ma il datore di lavoro si è detto disponibile a riassumerlo.
Con provvedimento del -OMISSIS- il Tribunale per i minorenni dell’Umbria autorizzava la permanenza nel territorio italiano del ricorrente in quanto padre di una cittadina italiana all’epoca minorenne.
Con successiva sentenza del -OMISSIS-, il Tribunale di Terni disponeva l’affidamento esclusivo della minore al padre. La figlia, divenuta nelle more maggiorenne, ha avuto a sua volta una figlia, cittadina italiana;entrambe risiedono con l’odierno ricorrente.
2. Avverso il decreto del Questore di Terni, adottato in data -OMISSIS- e notificato in data -OMISSIS-, con cui è stata rigettata l'istanza di rilascio di permesso di soggiorno per motivi lavorativi “ovvero” familiari avanzata dal ricorrente, sono state articolate in un unico motivo in diritto censure per: violazione di legge ed in particolare dell’art. 19, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 286 del 1998, art. 2, 23 e ss. Cost., 8 CEDU;difetto e vizio di istruttoria in relazione all’art. 5, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998.;violazione del combinato disposto di cui agli artt. 6 Direttiva 2003/109/CE, 1 e 20 d.lgs. n. 30 del 2007, art. 5 bis, d.lgs. n. 286 del 1998, art. 8 CEDU, 29 e ss. Cost.;violazione del diritto di difesa in ordine ad uno dei presupposti su cui si fonda l’errato giudizio di pericolosità sociale;difetto di motivazione in ordine a quanto documentato nella memoria inviata alla Questura di Terni e richiamata nel provvedimento impugnato.
Evidenzia la parte ricorrente che con memoria difensiva inviata alla Questura di Terni si chiedeva di valutare, in alternativa alla richiesta di rinnovo per motivi di lavoro formulata (erroneamente) dall’istante, il rilascio di primo permesso di soggiorno per motivi familiari e, in particolare, ai sensi dell’art. 19, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 286 del 1998, in quanto padre convivente con cittadina U.E., in questo caso cittadina italiana. Nel ricorso si contesta il bilanciamento tra il diritto all’unità familiare e la sicurezza pubblica effettuato nel provvedimento gravato, nonché la valutazione circa la pericolosità sociale, non essendo stato considerato il percorso di risocializzazione compiuto dal ricorrente, che ha condotto alla dichiarazione di estinzione della pena nel -OMISSIS-.
3. Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, unitamente alla Questura di Terni, eccependo preliminarmente il parziale difetto di giurisdizione, per quanto attiene ai profili relativi al diniego di soggiorno per motivi familiari. La difesa erariale ha, poi, argomentato nel merito circa l’infondatezza delle censure del ricorrente, ricordandone i precedenti penali, i pregressi dinieghi del titolo di soggiorno, nonché evidenziando l’insussistenza dei presupposti per il richiesto titolo ex art. 27 T.U. Immigrazione.
4. A seguito della trattazione alla camera di consiglio del -OMISSIS-, l’istanza cautelare è stata rigettata, con compensazione delle spese della fase, «[c] onsiderato che: - la richiesta di parte ricorrente è stata presentata quale istanza di permesso di soggiorno “per motivi lavorativi ovvero familiari”;- per giurisprudenza pacifica esulano dalla giurisdizione del g.a. le controversie nelle quali si faccia questione del diniego di soggiorno per motivi familiari e che, pertanto, le ragioni addotte al fine di conseguire tale tipologia di titolo sub specie di “conversione” non possono essere considerate e valutate nella presente sede» e «[r]itenuto … che il provvedimento dell’Amministrazione risulta prima facie ragionevolmente motivato in ragione della gravità delle diverse condanne riportate, attinenti anche alla detenzione illecita di sostanze stupefacenti in concorso con altre persone, e che sono state valutate dall’Amministrazione, e ritenute recessive, le esigenze di mantenimento dell’unità familiare ».
5. Non c’è stata altra attività processuale.
6. All’udienza pubblica del 7 marzo 2023, nessuno comparso per le parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
7. Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione di parziale difetto di giurisdizione sollevata dalla difesa resistente per quanto attiene al diniego di permesso di soggiorno per motivi familiari.
Va evidenziato che la parte ricorrente nella propria istanza, integrata da successive memorie, ha fatto promiscuamente riferimento a più titoli: permesso per motivi familiari ex art. 19, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 286 1998 e permesso per particolari categorie ex art. 27 del medesimo TUI.
Come anticipato in sede cautelare, l'eccezione è fondata per quanto riguarda la contestazione del diniego del richiesto permesso per motivi familiari in quanto, come affermato dalla giurisprudenza, ogni controversia inerente il permesso di soggiorno per motivi familiari è sottratta alla giurisdizione del giudice amministrativo, attesa l'ampia formulazione di cui all'art. 30, ultimo comma, del d.lgs. n. 286 del 1998, che demanda espressamente al giudice ordinario le controversie avverso il diniego del permesso di soggiorno per motivi familiari, « nonché contro gli altri provvedimenti dell'autorità amministrativa in materia di diritto all'unità familiare » (cfr. Cass. Civ., S.U., 20 luglio 2011, n. 15868;Cass. Civ., S.U., 27 novembre 2018, n. 30658;T.A.R. Veneto, sez. III, 30 gennaio 2020, n. 120;T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 2 marzo 2020, n. 2707;T.A.R. Umbria, 1 dicembre 2022, n. 868).
Ne segue che le ragioni familiari addotte in corso di procedimento, al fine di conseguire il titolo sub specie di reclamata “conversione” o secondo qualsiasi qualificazione, non possono essere considerate e valutate nella presente sede.
Per tale parte, quindi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione dal giudice amministrativo, in favore della giurisdizione del giudice ordinario, davanti al quale il processo potrà essere riassunto, con le modalità e nei termini di cui all'art. 11 cod. proc. amm.
8. Per la restante parte, il ricorso si presenta infondato.
In primo luogo, del tutto inconferente risulta il richiamo di parte ricorrente al permesso di soggiorno per motivi speciali ex art. 27 TUI, non ricorrendo – né essendo stata allegata – nel caso in esame alcuna delle fattispecie contemplate da tale disposizione speciale.
Il gravato decreto di diniego di permesso di soggiorno -OMISSIS-adottato dal Questore di Terni in data -OMISSIS-, non risulta affetto dai lamentati vizi di difetto di istruttoria e difetto di motivazione.
Nel provvedimento si dà compiutamente conto dei precedenti penali dell’odierno ricorrente, tra cui due condanne ostative relative a reati in materia di stupefacenti, della pregressa revoca del permesso di soggiorno per motivi di lavoro -OMISSIS-, nonché del provvedimento di espulsione di cui lo stesso è stato destinatario -OMISSIS-.
Giova ricordare che, ai sensi dell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998, non è ammesso in Italia lo straniero « che sia considerato una minaccia per l'ordine pubblico e la sicurezza dello Stato ... o che risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall'articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti », prevedendo poi il successivo art. 5, comma 5, che « [i]l permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili ».
L’orientamento giurisprudenziale prevalente non solo esclude che, in presenza di reati cd. ostativi, l’Amministrazione sia tenuta a porre in essere una valutazione in concreto della pericolosità sociale del cittadino extracomunitario che chiede il permesso di soggiorno o titolo equivalente – in quanto la valutazione sulla pericolosità sociale è stata eseguita “a monte” dallo stesso legislatore – ma esclude altresì che l’estinzione del reato o della pena faccia venire meno il fatto ostativo della condanna subita dallo straniero (cfr. C.d.S., sez. III, 24 luglio 2018 n. 4521);pertanto, il carattere automaticamente ostativo della condanna definitiva per violazione della normativa sugli stupefacenti è indipendente dall’intervenuta estinzione del reato o della pena (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 30 marzo 2022, n. 716;T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III, 25 febbraio 2022, n. 670;C.d.S., sez. III, 6 dicembre 2019, n. 8343;Id., 24 luglio 2018, n. 4521).
Nel caso in esame, l’Amministrazione ha comunque valutato i legami familiari del ricorrente in Italia ritenendoli, tuttavia, recessivi essendo lo stesso « persona pluricensurata e destinataria di plurime rilevanti condanne penali per delitti di grave allarme sociale, situazione questa che non permette una diversa valutazione nell’adozione dell’odierno provvedimento amministrativo di rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno, stante la pericolosità e minaccia sociale insita nella personalità del cittadino extracomunitario ».
Dalla motivazione del gravato provvedimento si evince che nel caso in esame non vi è stato alcun automatismo derivante dalle condanne penali – rilevanti ai sensi dell’art. 4, comma 3, d.lgs. n. 286 del 1998 – avendo l’Amministrazione effettuato una ponderata valutazione in ordine alle esigenze del nucleo familiare dello straniero;tali esigenze sono state, tuttavia, ritenute recessive rispetto al disvalore legato ai fatti commessi ed alla condotta anche successiva (episodio del -OMISSIS- richiamato nella motivazione del provvedimento), con valutazione che non appare illogica.
9. Per quanto esposto, in parte deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e per la restante parte il ricorso deve essere respinto.
Si ravvisano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.