TAR Bologna, sez. I, sentenza 2017-04-19, n. 201700303
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Pubblicato il 19/04/2017
N. 00303/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01191/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SNTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1191 del 2012, proposto da:
P T, rappresentata e difesa dagli avvocati I G ed E C, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Bologna, via San Felice n. 20;
contro
Comune di Bologna, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati M M e G C, con domicilio eletto presso l’Ufficio legale comunale, in Bologna, piazza Maggiore n. 6;
per l'annullamento
dell'ordinanza del Comune di Bologna in data 12 aprile 2012, con cui si ingiunge alla odierna ricorrente di demolire/rimuovere le opere edilizie abusive realizzate in Bologna, vicolo Ranocchi n. 1, consistenti nel “…rifacimento strutturale del coperto con sopraelevazione pari ad una media di circa m. 0.40 in gronda e di circa m. 0.90 al colmo”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di comune di Bologna;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2017, il dott. Umberto Giovannini e uditi, per le parti, i difensori avv. I G e avv. M M;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame, la dott.ssa P T, quale madre e co-esercente la potestà genitoriale sul figlio minore, che è proprietario di un appartamento posto all’ultimo piano di un edificio residenziale condominiale sito in Bologna, vicolo Ranocchi n. 1, chiede l’annullamento dell'ordinanza in data 12 aprile 2012, con cui il comune di Bologna le ha ingiunto di demolire/rimuovere, a propria cura e spese, entro il termine di 90 giorni, le opere edilizie abusive realizzate in detto appartamento, consistenti nel “…rifacimento strutturale del coperto con sopraelevazione pari ad una media di circa m. 0.40 in gronda e di circa m. 0.90 al colmo”.
A sostegno del gravame, l’interessata deduce motivi in diritto rilevanti: violazione dell’art. 1131 cod. civ;violazione del principio del giusto procedimento;violazione dell’art. 34 del D.P.R. n. 380 del 2001;eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, arbitrarietà.
Si è costituita in giudizio l’amministrazione comunale di Bologna, chiedendo la reiezione del ricorso, siccome infondato.
Alla pubblica udienza del giorno 8 febbraio 2017, la causa è stata chiamata ed è stata quindi trattenuta per la decisione, come indicato nel verbale.
Il Collegio osserva che il ricorso non merita accoglimento.
Con sentenza n. 919 del 7 luglio 2003, la II^ Sezione di questo T.A.R. ha deciso ricorso (R.G. 603/2003) presentato avverso provvedimento del comune di Bologna che ordinava all’odierna ricorrente e al coniuge (avv. I G), nella loro qualità di esercenti la potestà genitoriale sul figlio minorenne, proprietario dell’appartamento in Bologna, vicolo Ranocchi n. 1(oggetto anche della causa in esame), il ripristino del coperto soprastante il suddetto appartamento, il cui abusivo rifacimento strutturale ne aveva determinato una sopraelevazione rispetto al coperto originario, corrispondente ad una media di circa m. 0,40 in gronda e m. 0,90 al colmo. Tale risalente causa ha lo stesso oggetto di quella ora in esame, ed essa è stata decisa dal T.A.R. respingendo il ricorso, confermando, quidi, la legittimità dell’ordinanza ripristinatoria emessa dal comune di Bologna.
In particolare, con la suddetta decisione è stata accertata la responsabilità di entrambi i genitori del minore proprietario dell’unità immobiliare, quali committenti i lavori di rifacimento del coperto sovrastante la stessa. La sentenza ha inoltre accertato la corretta applicazione, da parte dell’amministrazione comunale, della sanzione ripristinatoria prevista dall’art. 12 L. n. 47 del 1985 per gli abusi edilizi consistenti in opere realizzate in parziale difformità dal titolo assentito. Detta sentenza è stata appellata dai ricorrenti del citato ricorso R.G. 603/2003 dinanzi al Consiglio di Stato, con appello dichiarato poi improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse dai giudici di Palazzo Spada, avendo gli appellanti, nelle more del giudizio, presentato istanza di condono edilizio riguardo all’abusivo innalzamento del coperto sovrastante l’appartamento. Gli stessi ricorrenti, con il ricorso R.G. 1374/2007 hanno impugnato anche il diniego di condono edilizio loro opposto dal Comune, ma con sentenza n. 483 del 2016, il T.A.R. ha respinto anche questo ricorso.
Il Collegio deve rilevare che il citato provvedimento di diniego di condono costituisce atto presupposto rispetto all’ingiunzione di demolizione gravata con il ricorso in esame, cosicché quanto deciso nella suddetta sentenza che ha respinto quel ricorso presentato avverso il diniego di condono, consente ora al Collegio di pronunciarsi liberamente sulla consequenziale ingiunzione di demolizione.
Ciò premesso, il Tribunale deve osservare che dalla ricostruzione della vicenda – comprensiva anche delle relative fasi e scansioni processuali – come sopra sinteticamente illustrata, si evince, innanzitutto, la palese infondatezza del primo motivo del ricorso in esame, posto che la responsabilità della odierna ricorrente (e del coniuge avv. I G) quali esercenti la potestà genitoriale sul figlio minore, che è il proprietario dell’appartamento in questione, riguardo alla gravata ingiunzione di demolizione, è stata definitivamente accertata dalla Sezione II^ del T.A.R. Emilia – Romagna con la sentenza n. 919 del 2003. Di qui, pertanto, la palese inammissibilità delle argomentazioni della ricorrente, in quanto dirette a coinvolgere nuovamente, riguardo alla responsabilità dell’abuso edilizio in questione, o il condominio o il coniuge della stessa. Per quanto concerne il secondo motivo, si osserva che nella predetta sentenza è stata accertata la correttezza dell’operato del Comune che, nella specie, aveva legittimamente applicato la misura sanzionatoria di cui all’art. 12 L. n. 47 del 1985, in quanto l’abuso consisteva in un’opera nuova (rifacimento del coperto) eseguita in parziale difformità dal titolo edilizio, in quanto in esso non prevista. Allo stesso modo risulta ora corretta la gravata ingiunzione di demolizione che ha applicato, ratione temporis , la pressoché analoga, vigente disciplina sanzionatoria di cui all’art. 34 del D.P.R. n. 301 del 2001, che prevede, alla stregua di quanto disponeva il previgente art. 12 della L. n. 47 del 1985, la possibilità, in determinati casi e solo su espressa richiesta dei destinatari dell’ingiunzione di demolizione, di commutare tale misura ripristinatoria in una sanzione pecuniaria. Pertanto, il suddetto motivo è infondato, non risultando, dagli atti di causa, che la ricorrente, a seguito della ricezione dell’ingiunzione a demolire, abbia chiesto la conversione della sanzione della demolizione in una pena pecuniaria ex art. 34, comma 2, del D.P.R. n. 380 del 2001. Né tanto meno risulta in atti che l’interessata abbia in alcun modo dimostrato l’impossibilità di demolire la parte abusiva dell’opera senza arrecare pregiudizio anche la parte lecita di essa. (v. T.A.R. Lazio -RM- sez. I, 10/1/2015 n. 291).
Per le suesposte ragioni, il ricorso è respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato nel dispositivo.