TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2016-12-14, n. 201612493

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2016-12-14, n. 201612493
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201612493
Data del deposito : 14 dicembre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/12/2016

N. 12493/2016 REG.PROV.COLL.

N. 07274/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7274 del 2007, proposto da:
L S, rappresentato e difeso dall'avvocato C C, C.F. CMNCRL73B25G273O, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Pompeo Magno, 23/A;

contro

Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

L S, Pulina G, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

- del provvedimento col quale il Ministero della Difesa ha comunicato al ricorrente la mancata valutazione con l'aliquota del 31 dicembre 2004 per il conferimento della qualifica di Luogotenente per cessazione dal servizio permanente per raggiunti limiti di età;

- del decreto dirigenziale n. 1073 del 6 aprile 2007, nella parte in cui il ricorrente non è stato valutato e non è stato inserito nell’elenco dei Primi Marescialli dell’Esercito compresi nell’aliquota di valutazione del 31 dicembre 2004;

Nonché per il risarcimento del danno subito a seguito del ritardo della p.a. nell’espletamento delle procedure;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 ottobre 2016 la dott.ssa Paola Patatini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il ricorrente, Primo Maresciallo dell’Esercito in congedo, ha adito questo TAR per ottenere l’annullamento della sua mancata valutazione con l’aliquota del 31 dicembre 2004 per il conferimento della qualifica di Luogotenente, essendo il medesimo cessato dal servizio permanente per raggiunti limiti di età nel corso della procedura concorsuale.

Avverso il provvedimento impugnato, la parte lamenta violazione e falsa applicazione di legge ed eccesso di potere sotto i profili dell’erroneità, della disparità di trattamento, dell’illogicità manifesta e della contraddittorietà con precedenti determinazioni.

Col presente gravame, la parte ha inoltre formulato apposita domanda risarcitoria, con riferimento ai danni subiti in conseguenza del ritardo dell’Amministrazione nell’espletamento delle procedure di avanzamento.

Secondo l’assunto di parte ricorrente, il congedo in ausiliaria non potrebbe infatti precludere la valutabilità del militare ai fini di una sua promozione, in quanto lo stesso rimarrebbe nella disponibilità dell’Amministrazione per un periodo di cinque anni, durante il quale quest’ultima potrebbe richiamarlo, non solo in tempo di guerra - come accade per la riserva- ma anche in tempo di pace, imponendo inoltre in capo al primo una serie di obblighi ed incompatibilità, in analogia a quanto previsto per il personale militare in servizio attivo. Ne deriverebbe, pertanto, la permanenza dell’attualità del rapporto di servizio tra il militare in congedo e l’Amministrazione e, dunque, la valutabilità dell’interessato ai fini della promozione al grado superiore.

A riprova dell’illegittimità dell’operato dell’Amministrazione, sotto il profilo della disparità di trattamento, il ricorrente adduce altresì il caso del controinteressato, G Pulina, il quale, inserito nell’aliquota del 31 dicembre 2003, avrebbe ottenuto la qualifica di Luogotenente con decreto n. 3979 del 28 dicembre 2006, pur trovandosi, alla data di valutazione e di pubblicazione dell’aliquota stessa (10 gennaio 2007), in congedo a domanda nella categoria della riserva nel corso dell’anno 2006.

In ottemperanza agli incombenti istruttori, disposti con Ordinanza n. 1014/2007, l’Amministrazione della Difesa, costituitasi in giudizio, ha depositato una documentata relazione illustrativa sui fatti di causa.

Alla camera di consiglio del 14 novembre 2007, è stata respinta l’istanza cautelare incidentalmente avanzata col ricorso (Ord. n. 5227/2007).

In vista dell’udienza di discussione del merito – fissata a seguito di opposizione della parte al Decreto di perenzione n. 1595/2015 – la difesa ricorrente ha depositato una relazione tecnica sulla quantificazione dei danni, asseritamente subiti a causa del mancato avanzamento di carriera, nonché apposita memoria in cui, nel richiamare quanto già esposto nel ricorso introduttivo, ha evidenziato come l’Amministrazione, nei propri scritti, non avrebbe contraddetto in merito alla contestazione relativa alla disparità di trattamento.

Alla pubblica udienza del 12 ottobre, la causa è infine passata in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato alla luce dell'oramai consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l'attribuzione della qualifica di Luogotenente, al pari di qualsiasi progressione di carriera, richiede, come condizione essenziale e necessaria, la permanenza in servizio attivo del militare al momento della valutazione da parte della competente Commissione.

Ciò in quanto la finalità precipua delle promozioni è quella della migliore utilizzazione del personale nell'interesse della Forza Armata di appartenenza;
pertanto, resta preclusa la promozione del dipendente che venga collocato a riposo nel corso della procedura di valutazione, ivi compreso il caso dell'assegnazione in congedo nella categoria dell'ausiliaria (da ultimo, Tar Bologna, I, n. 375/2016).

Come già rilevato in altra sede (cfr. Cons. Stato, Sezione IV, n. 4868/2011), l’avanzamento dei sottufficiali (ma anche degli altri militari appartenenti alla categoria del personale non direttivo delle Forze Armate), è sempre stata, per esplicita volontà del legislatore, riservato soltanto al personale in servizio attivo.

Tale principio ben si coglieva già nella legge n. 212 del 1983, segnatamente nel Titolo III, rubricato “Avanzamento dei sottufficiali in servizio permanente”, riferito chiaramente ai soli militari in servizio attivo, nonché nella riforma ordinamentale attuata con D.lgs. n. 196 del 1995 (in particolare, agli artt.14, 15, 17, 18, anche essi riferiti espressamente al servizio permanente), normative entrambe applicabili ratione temporis .

L’impostazione è stata comunque confermata anche nell’attuale sistema, retto dalle omologhe disposizioni contenute negli artt. 1056, 1060 e 1051 del D.lgs. n. 15 marzo 2010 n. 66.

In tale ottica, non può quindi condividersi la tesi ricorrente circa la peculiarità dell’istituto dell’ausiliaria, rispetto alla riserva, che non inciderebbe sulla sussistenza del rapporto di servizio e, dunque, non potrebbe precludere neppure una promozione del militare, sia pure in congedo.

In merito, il Collegio deve osservare che il periodo di collocamento in ausiliaria, così come nella categoria della riserva, non può essere qualificato come servizio effettivo, in quanto i militari collocati in ausiliaria possono solo essere “richiamati in servizio” – sia pure anche in tempo di pace – trovandosi, evidentemente, in una posizione di sospensione, potenzialmente definitiva, dal servizio medesimo.

In relazione a tale posizione, la prevalente giurisprudenza amministrativa ha infatti più volte ribadito che la stessa non è equiparabile al servizio effettivo – orientamento che ha poi ricevuto una definitiva conferma con l'art. 886, D.lgs. n. 66 del 2010, disciplinante l'ausiliaria proprio quale forma di congedo del personale militare (Tar Bologna, II, n. 546/2011).

Come sopra detto infatti, la finalità delle valutazioni di che trattasi è costituita dal soddisfacimento di esigenze funzionali ed organizzative future, che non possono, evidentemente, che essere perseguite attraverso personale in servizio attivo permanente.

La permanenza in servizio è quindi circostanza indispensabile al fine della progressione in carriera. Ne deriva che, in un tale contesto, non può configurarsi possibile l’estensione dell’istituto in esame al personale collocato in congedo, come invece prospettato dal ricorrente, né risultava nella specie, in capo all’Amministrazione militare, alcuno spazio di discrezionalità per poter procedere alla valutazione del sottoufficiale.

Si aggiunga inoltre che l’operato del Ministero non è censurabile neppure sotto il profilo della disparità di trattamento che, ad avviso della parte, si sarebbe realizzata con riferimento al Primo Maresciallo Pulina.

Invero, diversamente da quanto prospettato dal ricorrente, la mancata controdeduzione dell’Amministrazione sul punto non è sufficiente ad inficiare la correttezza dell’operato della Commissione, né può essere sintomo del vizio denunciato, posto che, alla contestata disparità di trattamento – tra l’altro riferita alla diversa e precedente aliquota del 31 dicembre 2003, non ha fatto seguito alcuna prova circa il collocamento in congedo nella categoria della riserva del controinteressato, avvenuto durante la procedura di valutazione.

Va comunque rilevato che, seppure tale fatto fosse accaduto, esso avrebbe semmai rappresentato un vizio del precedente avanzamento, censurabile nel termine decadenziale da chi avesse avuto un interesse qualificato, ma non potrebbe rappresentare il secondo termine di paragone per la configurabilità del vizio della disparità di trattamento, laddove, come nel caso in esame, l’Amministrazione, diversamente operando, abbia invece provveduto correttamente.

La richiesta di annullamento del provvedimento impugnato va dunque respinta.

Ad analoga conclusione deve infine pervenirsi anche con riferimento alla connessa richiesta di risarcimento dai danni, subiti in conseguenza del ritardo dell’Amministrazione nell’espletamento dell’attività di valutazione.

Sostiene invero il ricorrente di aver presentato all’Amministrazione i propri titoli maturati al 31 dicembre 2004, mentre la valutazione sarebbe intervenuta solo nel mese di febbraio 2007 e la redazione dell’elenco dei promossi nell’aprile successivo, allorquando il sottoufficiale era stato posto in congedo appena un mese prima della valutazione, a distanza di due anni dalla presentazione della domanda finalizzata all’avanzamento.

Detto ritardo, a dire del ricorrente, avrebbe condotto l’Amministrazione ad adottare il provvedimento impugnato che avrebbe invece avuto un contenuto diverso, favorevole al sottoufficiale, qualora la stessa di fosse adoperata per tempo.

Tale assunto prova troppo.

Invero, come noto, la domanda di risarcimento del danno da ritardo deve essere ricondotta nell'alveo dell'art. 2043 c.c., per cui gli elementi costitutivi della responsabilità civile, quali la condotta colposa o dolosa, l'ingiustizia, il nesso causale e la sussistenza stessa del danno, non possono, in linea di principio, presumersi iuris et de iure , in meccanica ed esclusiva relazione al ritardo nell'adozione dell’atto, dovendo invece il danneggiato provare la loro sussistenza ex art. 2697 c.c.

In tale ottica, non è quindi sufficiente il mero passaggio del tempo e la violazione del termine massimo di durata del procedimento amministrativo, poiché tale violazione di per sé non dimostra l'imputabilità del ritardo, potendo la particolare complessità della fattispecie, ovvero il sopraggiungere di evenienze non imputabili all'Amministrazione, escludere la sussistenza della colpa.

Nella specie, fermo restando che non vi è certezza di un provvedimento di promozione laddove una valutazione fosse intervenuta nel termine auspicato dalla parte, non è stata comunque fornita alcuna prova circa la ricorrenza dell’elemento soggettivo, limitandosi invece la difesa ad una deduzione del tutto generica in ordine a detto presupposto.

A riguardo, l’Amministrazione ha invece addotto la circostanza, non certo imputabile, del riallineamento delle posizioni di carriera del personale appartenente ai ruoli dei marescialli dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica con quelle del personale del ruolo ispettori dell’Arma dei Carabinieri, previsto dalla legge n. 186 del 2004, che ha determinato lo slittamento dei lavori delle Commissioni, impossibilitate a procedere alla valutazione dei candidati fin quando gli stessi non fossero stati reinquadrati nel grado previsto dalle tabelle allegate alla citata legge.

Alla luce di quanto sopra, può dunque escludersi anche la risarcibilità del danno.

Le spese di lite seguono la soccombenza, da liquidarsi in dispositivo.

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