TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2023-05-10, n. 202302862

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2023-05-10, n. 202302862
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202302862
Data del deposito : 10 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/05/2023

N. 02862/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00905/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale -OMISSIS-, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato L R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Frattamaggiore, viale Giacomo Leopardi n. 15;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Armando Diaz, 11;

per l'accertamento e la declaratoria del diritto al compenso spettante per le ore di lavoro straordinario in esubero effettivamente svolte nell'intertempo 2010-2012 come da certificazione allegata, per esigenze dell'Amministrazione Penitenziaria, secondo gli importi maturati in base alla legge e ai contratti collettivi succedutisi nel tempo nonché all'indennità economica sostitutiva ed al risarcimento dei danni patrimoniali subiti da determinarsi anche in via equitativa.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore nell'udienza di smaltimento del giorno 27 aprile 2023, tenuta da remoto a termini dell’art. 87, comma 4-bis c.p.a., il dott. Fabio Maffei e riservata la causa in decisione sulla base degli atti come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- Con il ricorso in esame, l’istante, -OMISSIS-, ha domandato l’accertamento, con la conseguente condanna al pagamento della resistente amministrazione, del suo diritto alla corresponsione del quantum spettantegli per le ore di lavoro straordinario prestate nel triennio 2010-2012, essendo stato impiegato nell’attività di scorta dei detenuti oltre l’orario di servizio ordinario.

I motivi di diritto dedotti sono i seguenti:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 63, comma 4, della L. 1.4.1981, n. 121: la citata disposizione normativa disciplina il cd. straordinario emergente, teso a far fronte alle situazioni imprevedibili, come tale sempre retribuito, in contrapposizione a quello programmato;
il servizio di scorta, qual è quello svolto dal ricorrente, rientrerebbe appunto nell’ambito dello straordinario emergente, proprio perché tale tipo di servizio si caratterizzerebbe per frequenti imprevisti e per situazioni contingenti;

2) violazione dell’art. 36 Cost.: la condotta tenuta dalla resistente amministrazione di mancato riconoscimento della retribuzione richiesta sarebbe violativa del principio della proporzionalità della retribuzione rispetto alla quantità e qualità del lavoro svolto.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, che ha controdedotto alle censure mosse da parte ricorrente.

La causa è stata inserita nel ruolo dell’udienza straordinaria del 27 aprile 2023, calendarizzata in attuazione delle Linee guida per lo smaltimento dell'arretrato negli uffici della giustizia amministrativa, di cui al Decreto del Presidente del Consiglio di Stato dell’8 febbraio 2022, in attuazione del D.L. 80 del 2021, convertito dalla L. n. 113 del 2021, all’esito della quale è stata trattenuta in decisione.

2.- Il ricorso è infondato.

2.1. – Il ricorrente invoca a fondamento della sua pretesa l’art. 63, comma 4, della L. 1.4.1981, n. 121, che così recita: “Quando le esigenze lo richiedano gli ufficiali, gli agenti di pubblica sicurezza e il personale che svolge la propria attività nell’ambito dell’Amministrazione della pubblica sicurezza sono tenuti a prestare servizio anche in eccedenza all’orario normale, con diritto a compenso per il lavoro straordinario senza le limitazioni previste”.

Il servizio di scorta servirebbe così a far fronte ad esigenze afferenti alla “attività nell’ambito dell’Amministrazione della pubblica sicurezza”.

Il Collegio non può condividere detto ordine di idee.

In proposito, risulta conferente l’art. 5 del D.L. 28.8.1987, n. 356, convertito in legge, con modificazioni, con l’art. 1, comma primo, della L. 27.10.1987, n. 436.

Tale disposizione, che per il Corpo degli agenti di custodia (ora Corpo di Polizia penitenziaria), al comma secondo, fa rinvio alle misure orarie di straordinario stabilite per il personale della Polizia di Stato, al comma terzo, tuttavia, stabilisce che “i limiti massimi individuali e di spesa per prestazioni di lavoro straordinario e le eventuali variazioni, comprese le maggiori prestazioni risultanti dalla differenza tra l’orario d’obbligo settimanale e quello dei turni di lavoro giornalieri, sono stabiliti, unitamente ai contingenti del personale, con decreto del Ministro di Giustizia, di concerto con il Ministro del Tesoro”.

In attuazione della predetta previsione normativa, per ciascun anno è stato adottato un decreto interministeriale e, nel costituirsi in giudizio, l’amministrazione ha puntualmente dimostrato come al ricorrente, con riguardo al triennio considerato, sia stata liquidata la retribuzione dovutagli per il prestato lavoro straordinario entro il limite delle ore riconoscibili, come fissato dagli atti generali adottati per ciascuno degli indicati anni.

Il ricorrente, dunque, non può dolersi di non vedersi corrisposte le somme differenziali riferite alle ulteriori ore di lavoro prestate, avendo l’Amministrazione correttamente operato, in applicazione delle chiare previsioni di rango primario e secondario, poste per arginare la spesa pubblica, il che in definitiva realizza proprio il buon andamento, di cui in questa sede si denuncia la violazione.

2.2.- Parimenti, non può ravvisarsi la dedotta violazione dell’art. 36 Cost., in quanto al lavoratore che non ottenga la retribuzione delle ore di straordinario è consentito di fruire di riposi compensativi, che in sostanza vanno poi a determinare una riduzione delle ore complessive di lavoro svolte dallo stesso soggetto.

Con specifico riguardo all’odierno istante, la circostanza allegata che non presti più servizio presso l’Amministrazione della Giustizia, per cui gli sarebbe preclusa la possibilità di beneficiare dei riposi compensativi, non può essere ritenuta rilevante. In proposito, si evidenzia che, stante tale stringente normativa, che non lasciava alcuno spazio autonomo di manovra all’Amministrazione, lo stesso avrebbe potuto fruire dei permessi compensativi nel corso proprio degli anni in questione, vale a dire degli anni 2010-2012, nei quali appunto svolgeva il servizio di scorta.

3. – A quanto sopra rilevato, di sé sufficiente a confutare i motivi di ricorso, deve ulteriormente aggiungersi la dirimente osservazione che dall’allegata documentazione non emerge la preventiva o successiva autorizzazione allo svolgimento delle ore di lavoro straordinario, necessaria ai fini del riconoscimento della richiesta retribuzione aggiuntiva.

Secondo consolidati principi giurisprudenziali, invero, la retribuibilità del lavoro straordinario è, in via di principio, condizionata all'esistenza di una formale autorizzazione allo svolgimento di prestazioni di lavoro eccedenti l'ordinario orario di lavoro. Detta autorizzazione svolge una pluralità di funzioni, tutte riferibili alla concreta attuazione dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento cui, ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione, deve essere improntata l'azione della Pubblica amministrazione.

Occorre, infatti, ricordare che, nell'ambito del rapporto di pubblico impiego, la circostanza che il dipendente abbia effettuato prestazioni eccedenti l'orario d'obbligo non è, di per sé sola, sufficiente a radicare il diritto alla relativa retribuzione (e il corrispondente obbligo dell'amministrazione di corrisponderla), atteso che, altrimenti, si determinerebbe l'equiparazione del lavoro straordinario autorizzato rispetto a quello per il quale non è intervenuto alcun provvedimento autorizzativo, compensando attività lavorative svolte in via di fatto non rispondenti ad alcuna riconosciuta necessità (Cons. Stato, Sez. V, 23 marzo 2004 n. 1532). È stato osservato che l'autorizzazione di cui si discute (che di regola deve essere preventiva, ma che tuttavia può assumere eccezionalmente anche la forma del provvedimento in sanatoria, ex post) implica la verifica in concreto della sussistenza delle ragioni di pubblico interesse che rendono necessario il ricorso a prestazioni lavorative eccedenti l'orario normale di lavoro (Cons. Stato, Sez. IV, 24 dicembre 2003 n. 8522;
Sez. V, 10 febbraio 2004 n. 472, 27 giugno 2001 n. 3503, 8 marzo 2001 n. 1352;
Sez. VI, 14 marzo 2002 n. 1531), rappresentando anche lo strumento più adeguato per evitare incontrollate erogazioni di somme per prestazioni di lavoro straordinario, con concreta possibilità di superare i limiti di spesa fissati dalle previsioni di bilancio (con evidente nocumento dell'equilibrio finanziario dei conti pubblici).

Ancora, si è osservato che la formale preventiva autorizzazione al lavoro straordinario deve costituire per l'amministrazione anche lo strumento per l'opportuna ed adeguata valutazione delle concrete esigenze dei propri uffici (quanto al loro concreto funzionamento, alla loro effettiva capacità di perseguire i compiti ed espletare le funzioni attribuite dalla legge, nonché alla organizzazione delle risorse umane ed alla loro adeguatezza), onde evitare che il sistematico ed indiscriminato ricorso allo straordinario costituisca elemento di programmazione dell'ordinario lavoro di ufficio.

Peraltro, come anticipato in precedenza, la giurisprudenza ha, altresì, rilevato che in circostanze straordinarie l'autorizzazione può intervenire ex post, a sanatoria, quando lo svolgimento della prestazione sia dovuto ad eccezionali ed improcrastinabili esigenze di servizio (Consiglio di Stato, sez. V, 10 novembre 2010 n. 7991 e 9 marzo 2010 n. 1370). In particolare, la sussistenza di autorizzazione implicita è stata eccezionalmente riconosciuta in casi od eventi straordinari in cui la prestazione sia avvenuta nell'ambito di specifiche ed individuate attività cui il dipendente doveva obbligatoriamente partecipare ovvero nel caso di un servizio indispensabile che l'amministrazione era obbligata a garantire, trattandosi di compiti irrinunciabili di assistenza (Consiglio di Stato, sez. III, 12 aprile 2011, n. 2264).

In altre parole, alla luce dei principi appena esposti, deve concludersi che il diritto al compenso per lavoro straordinario non si collega al solo fatto della continuazione dell'attività lavorativa oltre il normale orario, bensì è ancorato alla ricorrenza di ben diversi e dimostrati presupposti costituiti dalla presenza di autorizzazione alle prestazioni di lavoro straordinario, preventiva o a sanatoria, ovvero a documentati eventi che, a causa della loro straordinarietà, possano ricondursi alla fattispecie dell'autorizzazione implicita.

I principi appena esposti trovano applicazione anche per il rapporto di pubblico impiego dei militari, dovendosi precisare che, seppur il particolare status di questi ultimi non consente loro in via generale di contestare l'organizzazione degli uffici e dei servizi cui sono addetti, con conseguente obbligo alla effettiva e completa prestazione lavorativa ordinata, neppure può ritenersi che gli ordini di servizio costituiscano, automaticamente ed implicitamente, autorizzazione allo svolgimento di prestazioni lavorative eccedenti l'ordinario orario di lavoro. Diversamente opinando, infatti, verrebbero, da un lato, ad essere frustrate le finalità di garanzia del buon andamento dell'Amministrazione sopra delineate, che interessano necessariamente anche l'amministrazione militare, e, dall'altro, in palese violazione del principio di legalità e di imparzialità, si finirebbe per attribuire di fatto potestà autorizzatorie alla effettuazione di lavoro straordinario a soggetti che, in base alla ripartizione di competenze propria della scala gerarchica, tale specifica competenza non hanno (TAR Lazio, Roma, sez. II, 3 marzo 2011, n. 1984).

Ebbene, applicando i principi sopra esposti al caso in esame, deve rilevarsi che non è stata fornita la prova dell'intervenuta autorizzazione preventiva per lo svolgimento dell'attività di lavoro straordinario di cui si chiede il pagamento, effettuato nel periodo intercorrente tra il 2010 e il 2012.

Il riscontro documentale degli atti autorizzativi in discussione risulta, per le ragioni esposte, decisivo ai fini del riconoscimento della richiesta formulata da parte ricorrente, né può ragionevolmente ritenersi che, considerata l'esigibilità delle prestazioni di lavoro straordinario nel comparto sicurezza e la natura e tipologia delle prestazioni lavorative dei dipendenti della Polizia Penitenziaria, eventuali "ordini di servizio" possano essere automaticamente considerati come provvedimenti impliciti di autorizzazione, atteso che qualsiasi attività posta in essere dal dipendente è ricollegabile sempre ad un ordine di servizio.

Né, d'altro canto, è utile il richiamo all'art. 63, comma 4, della legge n. 121/81, atteso che solo in presenza di eventi straordinari o di situazioni eccezionali è consentito invocare l'autorizzazione implicita o, comunque, successiva rispetto al tempo di svolgimento dell'attività lavorativa. Invero, nel caso in esame, non è fornita alcuna prova dell'esistenza di concreti eventi eccezionali, atteso che il ricorrente si limita ad invocare generiche esigenze di servizio di scorta, dovendosi considerare la prestazione lavorativa quale "atto dovuto", con la conseguenza che il ruolo ricoperto dal ricorrente stesso sarebbe condizione sufficiente a giustificare l'effettuazione di ore di lavoro straordinario rese in esubero rispetto al limite fissato.

Gli argomenti svolti in ricorso sotto questo profilo, non sono, pertanto, condivisibili.

Giova, infine, ricordare che la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto che il contemperamento della pluralità degli interessi (pubblici e privati) in gioco in tale materia (rispetto delle previsioni di bilancio, continuità ed effettività del funzionamento degli uffici pubblici, tutela dell'integrità psico-fisica e della dignità del prestatore di lavoro), cui risponde la funzione dell'autorizzazione allo svolgimento di lavoro straordinario, consente di valutare positivamente quelle misure che, in presenza di accertate, indilazionabili e quotidiane esigenze di servizio, anche per rispettare i ristretti limiti finanziari entro cui è consentito liquidare le prestazioni di lavoro straordinario, prevedono la possibilità di compensare le predette prestazioni lavorative straordinarie con riposi, in modo da salvaguardare altresì l'integrità psico-fisica del lavoratore (cfr. TAR Lazio, Roma n. 1984/2011).

In conclusione, in forza di tutte le ragioni esposte, il ricorso è infondato e va respinto.

4.- In considerazione che alcuna contestazione è stata sollevata in ordine all’effettiva prestazione delle ore di lavoro straordinario, sussistono giustificate ragioni per compensare tra le parti le spese del giudizio.

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