TAR Genova, sez. I, sentenza 2024-07-10, n. 202400497

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. I, sentenza 2024-07-10, n. 202400497
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 202400497
Data del deposito : 10 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/07/2024

N. 00497/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00715/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 715 del-OMISSIS-, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati M E L B, R M e P B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato R M a Genova, via Corsica 2/11;

contro

Ministero dell'Interno e Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Genova, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege a Genova, viale Brigate Partigiane, 2;
Questura di Genova, Agenzia Dogane Monopoli - Ufficio dei Monopoli per la Liguria - Genova, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

- dell'informazione interdittiva antimafia di cui al provvedimento del Prefetto della Provincia di Genova del -OMISSIS-;

- della nota dell'Agenzia Dogane Monopoli – Ufficio dei Monopoli per la Liguria, Genova, -OMISSIS-, con la quale è stata disposta la cancellazione della Società ricorrente dall'elenco dei soggetti che svolgono attività funzionale alla raccolta di gioco pubblico mediante apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro (Albo RIES);

- del decreto della Questura di Genova -OMISSIS-, con il quale è stata revocata la licenza di gioco ex art. 88 T.U.L.P.S. per gestire nei locali siti in -OMISSIS-, l'attività di raccolta di gioco attraverso l'uso dei sistemi di gioco previsti dal d.m. 22/1/2010;

- di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e conseguente (anche se non conosciuto) e, in particolare, per quanto possa occorrere, delle seguenti note richiamate nel provvedimento impugnato in principalità e non conosciute:

• le note del Centro Operativo D.I.A. Genova -OMISSIS-;

• le note della Guardia di Finanza Comando Provinciale Genova -OMISSIS-;

• la nota della Guardia di Finanza Nucleo Polizia Tributaria Genova -OMISSIS-;

• le note della Questura di Genova -OMISSIS-;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Genova;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 maggio 2024 il dott. M B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale.


FATTO e DIRITTO

1) Con il ricorso è stata impugnata l'informazione interdittiva del -OMISSIS-, con cui è stato rilevato il tentativo di infiltrazione mafiosa nella società ricorrente, costituita nel -OMISSIS-, nonché da-OMISSIS-.

2) Nel-OMISSIS- gli ultimi due soci, in seguito alla loro condanna per il reato di gioco d’azzardo, sono usciti dalla compagine sociale, nella quale sono rimasti unicamente i -OMISSIS-.

3) Dal -OMISSIS-, la società ha iniziato la gestione della sala -OMISSIS-, previa autorizzazione rilasciata dalla Questura ex art. 88 TULPS. Successivamente ha ottenuto anche l’iscrizione nell'elenco dei soggetti autorizzati alla raccolta di gioco mediante apparecchi di divertimento e intrattenimento, all'interno della rete ADM-Monopoli di Stato per la gestione telematica degli apparecchi da gioco (c.d. Albo RIES).

4) Con riguardo a tale lasso temporale decennale, l’interdittiva impugnata ha ricostruito una serie di rapporti economici intrattenuti dai -OMISSIS- con persone legate all’ambiente del gioco d’azzardo e, in alcuni casi, anche con condannati o segnalati per altri delitti, compreso quello di associazione di tipo mafioso.

5) Nel -OMISSIS- la società ha iniziato la collaborazione con -OMISSIS-, pregiudicato -OMISSIS-, che è stato segnalato per vari reati e controllato frequentemente in compagnia di diversi pregiudicati con gravi precedenti penali, alcuni dei quali condannati o segnalati anche per associazione a delinquere di tipo mafioso.

Il -OMISSIS-per il delitto di associazione mafiosa per appartenenza al gruppo camorristico “-OMISSIS-” attivo nei suddetti -OMISSIS-, dapprima divenuto collaboratore di giustizia nei primi anni -OMISSIS- e, poi, nuovamente condannato per associazione di stampo mafioso nel-OMISSIS-.

6) In particolare, la collaborazione della società con il -OMISSIS- è iniziata con la stipula del contratto di affitto del ramo d’azienda nel novembre -OMISSIS-, relativo alla gestione delle macchine da gioco della citata sala -OMISSIS-, -OMISSIS-.

Per consentire al -OMISSIS- la gestione di tale ramo aziendale l’amministratore della -OMISSIS-.-OMISSIS-, ha presentato alla Questura di Genova un’istanza per la modifica dell’autorizzazione di polizia ex art 88 TULPS, al fine di inserire anche tale soggetto quale persona preposta alla rappresentanza nella suddetta sala da gioco.

La Questura, tuttavia, con decreto -OMISSIS-.-OMISSIS- ha respinto la richiesta, avendo rilevato a carico del -OMISSIS- condanne per i reati ostativi di cui all’art. 11 del TULPS (provvedimento che risulta dalla nota Questura del -OMISSIS-.-OMISSIS-, in doc. 12 del Ministero dell’Interno).

Senonché gli amministratori della società, pur al cospetto del pericolo di iniziare una collaborazione nel settore del gioco lecito con una persona ritenuta non idonea dalla Questura, in ragione di condanne per reati ostativi, hanno deciso di proseguire comunque la collaborazione con il -OMISSIS-, ricorrendo ad altri strumenti giuridici.

Ed infatti, “ risolto di diritto ” il contratto di affitto di azienda per mancato conseguimento della “ volturazione delle licenze ”, i -OMISSIS- hanno nominato il -OMISSIS- consigliere d’amministrazione della società a partire dal -OMISSIS-.-OMISSIS-, ritenendo che tale soluzione fosse l’unico strumento lecito per consentirgli di gestire la sala giochi (cfr. pagina 8 del ricorso), anche a prescindere dal citato diniego di autorizzazione di polizia a causa dei riscontrati i reati ostativi.

7) Sempre nel corso del -OMISSIS- i -OMISSIS- hanno chiesto alla Questura l’autorizzazione ad aggiungere all’elenco delle persone preposte alla sala da gioco per conto della ricorrente anche di -OMISSIS- (moglie del -OMISSIS-) e, in tale occasione, la Questura ha risposto affermativamente. Pertanto -OMISSIS- era legittimata a svolgere l’attività lavorativa di preposto alla sala giochi, ma la società ricorrente ha voluto comunque affidarle la “gestione” della sala citata, sicché ancora una volta ha utilizzato lo strumento giuridico della sua nomina a consigliere d’amministrazione della Società, a partire dal -OMISSIS-, al pari di quanto disposto alcuni mesi prima per il marito.

8) La gestione della sala da parte dei coniugi -OMISSIS-/-OMISSIS- si è protratta per circa tre anni.

9) Nel-OMISSIS-, in occasione della richiesta di rinnovo dell’autorizzazione per la raccolta di gioco mediante apparecchi di divertimento e intrattenimento all'interno della rete ADM-Monopoli di Stato per la gestione telematica degli apparecchi da gioco (c.d. Albo RIES), l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Genova ha chiesto alla Prefettura genovese il rilascio della comunicazione antimafia di cui all'art. 87 del D.lgs. n. 159/2011 e s.m.i. (d’ora in poi: Codice) e la Prefettura, avendo accertato la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, con provvedimento n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, comunicato in pari data alla società, ha adottato l'informazione antimafia interdittiva ai sensi dei successivi articoli 84 e 91 del Codice.

10) Lo stesso -OMISSIS-, i consiglieri -OMISSIS- e-OMISSIS- hanno rassegnato le dimissioni dalla carica con effetto immediato.

11) Successivamente, in conseguenza del citato provvedimento interdittivo:

- l'Agenzia Dogane Monopoli di Genova, con nota del -OMISSIS-, ha cancellato la Società ricorrente dall'elenco dei soggetti che svolgono attività funzionale alla raccolta del gioco pubblico mediante apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro (Albo RIES);

- la Questura di Genova, con decreto -OMISSIS-, ha revocato la licenza di polizia, rilasciata alla società ex art. 88 T.U.L.P.S. per la gestione della sala gioco -OMISSIS-R e l'attività di raccolta di gioco.

Da tale momento, la società ha svolto unicamente l’attività di gestione di bar e ristoranti non colpita dell’interdittiva.

12) Con il ricorso di cui in epigrafe la società ha impugnato tali provvedimenti, senza proporre istanza cautelare.

13) Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e l’Ufficio territoriale del Governo di Genova, pregiudizialmente eccependo l’incompetenza territoriale di questo Tribunale a favore di quella funzionale del T.A.R. del Lazio-Roma e, nel merito, chiedendo il rigetto del gravame.

14) All’udienza pubblica del 24.5.2024, la causa è stata trattenuta in decisione.

15) Preliminarmente si deve esaminare l’eccezione pregiudiziale di incompetenza di questo Tribunale, in ragione della contestuale impugnazione dei provvedimenti applicativi adottati dall’Agenzia dei Monopoli e dalla Questura, in ordine ai quali sarebbe funzionalmente competente il T.A.R. del Lazio-Roma ai sensi dell’art. 135, comma 1, lett. q-quater del C.p.a., secondo cui “ Sono devolute alla competenza inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, salvo ulteriori previsioni di legge: …;
q-quater) le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti emessi dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato in materia di giochi pubblici con vincita in denaro e quelli emessi dall'Autorità di polizia relativi al rilascio di autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro
”.

Le Amministrazioni resistenti hanno richiamato alcune pronunce dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato le quali, in materia di interdittive antimafia, hanno affermato che “ l’atto applicativo, o consequenziale, rientrante nella competenza di un determinato T.A.R. sulla base degli ordinari criteri di cui all’art. 13 c.p.a., risulterà attratto per connessione in quella del T.A.R. competente, sulla base degli stessi criteri, per l’atto presupposto già fatto oggetto di impugnazione;
ciò salva l’ipotesi, non ricorrente nel caso all’esame, in cui l’atto sopravvenuto nel corso del giudizio sul primo rientri in una delle tipologie di competenza funzionale, di cui all’art. 14 c.p.a., la cui particolare valenza comporta l’inapplicabilità ad esse delle regole di spostamento per ragioni di connessione (v. Cons. St., Ad. plen., 25 giugno 2012, n. 23)
”. (Cons. Stato, Ad. Plen., ord. 20/11/2013, n. 29).

Poiché, nel caso di specie, l’atto applicativo soggetto a competenza funzionale è stato gravato contestualmente al provvedimento interdittivo, le Amministrazioni resistenti hanno ritenuto che la controversia avrebbe dovuto essere originariamente e integralmente introdotta davanti al T.A.R. Lazio–Roma, con conseguente richiesta a questo Tribunale di declinare la competenza.

L’eccezione è infondata.

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con ordinanza n. 17 del 31.7.2014 (successiva alle pronunce del medesimo Consesso invocate dalle amministrazioni resistenti), ha nuovamente affrontato la questione e si è espressa per la permanenza della competenza del T.A.R. preposto al vaglio dell’interdittiva antimafia, anche in caso di contestuale impugnazione dei provvedimenti applicativi soggetti a competenza funzionale, come quelli adottati dalla stazione appaltante ai sensi dell'art. 94 del Codice antimafia, che impone a tutte le pubbliche amministrazioni che ricevano l’informativa di revocare le autorizzazioni e le concessioni, ovvero di recedere dal contratto in essere.

La citata pronuncia n. 17/2014, in caso di impugnazione dell’informativa antimafia e degli atti applicativi adottati della stazione appaltante (quindi soggetti a competenza funzionale ai sensi degli artt. art. 14, comma 3 e 119 c.p.a., come i provvedimenti adottati in materia di gioco lecito ex art 135 C.p.a. lett. q-quater), è competente il T.A.R. del luogo ove ha sede la Prefettura che ha adottato l’interdittiva e detta competenza permane anche in caso di contestuale impugnazione degli atti applicativi, perché l’informativa prefettizia non ha natura di atto presupposto, ma di atto immediatamente lesivo e direttamente impugnabile, non trovando applicazione l’art. 13, comma 4-bis, del C.p.a..

In particolare la pronuncia in questione, discostandosi dagli approdi dalla precedente ordinanza n. 23/2012, invocata dalle difese delle Amministrazioni resistenti, non ha ritenuto applicabile la prevalenza della competenza funzionale su quella territoriale, perché, nel caso delle informative antimafia, si produrrebbe l’effetto di rendere competente il T.A.R. del luogo ove ha sede la stazione appaltante, talché sulla medesima informativa antimafia potrebbe variamente radicarsi la competenza di diversi T.A.R. creando così un’occasione di “ forum shopping ” vietata dal C.p.a., con pregiudizio delle esigenze di concentrazione dei procedimenti, del simultaneus processus e, in generale, dell'effettività della tutela giurisdizionale ai sensi degli artt. 24 e 111 Cost.

Pertanto, in esito alla lettura costituzionalmente orientata dell'art. 14 c.p.a., il giudizio avente ad oggetto l'informativa antimafia deve essere qualificato come principale e quello avente ad oggetto l'atto applicativo come accessorio, con conseguente applicabilità dell'art. 31 c.p.c. in merito ai rapporti di connessione tra causa principale e causa accessoria che porta a ritenere competente, in caso di impugnazione dell'informativa prefettizia unitamente all'atto applicativo, il giudice competente a conoscere della prima.

Alla luce di tali considerazioni, deve ritenersi che, nel caso in esame, sussista un’ipotesi di connessione per accessorietà nei termini suddetti, talché la causa principale avente ad oggetto l'impugnativa prefettizia attrae a sé quella accessoria relativa gli atti applicativi soggetti a competenza funzionale, sicché rimane competente il T.A.R. nella cui circoscrizione si trova la Prefettura che ha adottato l'informativa e, dunque, questo Tribunale è competente anche in ordine agli atti applicativi adottati dall’Agenzia dei Monopoli e dalla Questura.

16) Nel merito, il ricorso è infondato.

17) Preliminarmente è necessario enucleare alcuni principi in materia di interdittive antimafia rilevanti per la decisione del presente giudizio.

a) Ai sensi dell’art. 84, comma 3, del Codice “ L'informazione antimafia consiste nell'attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'articolo 67, nonché, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 91, comma 6, nell'attestazione della sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate indicati nel comma 4 ”.

b) L’informazione antimafia è un provvedimento amministrativo avente carattere preventivo (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. n.ri. 3 e 4/2018), finalizzato ad anticipare la reazione dell’ordinamento alle situazioni in cui l’infiltrazione mafiosa è ancora allo stadio di tentativo, al fine di contrastare tempestivamente l'azione della criminalità organizzata impedendole di avere rapporti contrattuali con la PA. La natura preventiva dell’interdittiva è funzionale ad ostacolare attività che, pur non raggiungendo la soglia della punibilità penale, sono tuttavia sintomatiche della contaminazione mafiosa.

In tali casi, il Codice prevede l’applicabilità di una misura che comporta un’incapacità giuridica parziale (cfr. Ad. Plen. n. 3/2018;
Cons. Stato, sez. III, 20/12/2022, n. 11089) e tendenzialmente temporanea, che si estrinseca nella preclusione per le imprese soggette a tale tentativo:

- di stipulare contratti attivi o passivi con pubbliche amministrazioni o nell’imposizione alle PA di revocare quelli in corso di esecuzione (art 67 e 94 del Codice);

- di conseguire il rilascio di alcuni atti ampliativi consistenti in autorizzazioni di polizia o in abilitazioni per svolgere attività d’impresa (art. 67);

- di ottenere l’erogazione di finanziamenti, contributi o mutui agevolati (art. 67).

c) Il presupposto di adozione dell’interdittiva, in linea con la sua funzione preventiva, è costituito dal “ tentativo ” di infiltrazione mafiosa nell’impresa previsto dall’art. 84, comma 3, del Codice.

Quest’ultimo, invero, non fornisce la nozione di tale tentativo e non sembra possibile mutuare la definizione prevista dall’art. 56 del Codice penale (atti idonei e diretti in modo non equivoco a determinare l’evento), atteso che la natura preventiva della misura rende problematica la sua assimilazione agli istituti penalistici aventi finalità sanzionatorie, che riguardano la commissione di reati (e tra questi i soli “delitti”) e sono connotati da elementi psicologici, materiali e di offensività non trasponibili nel diritto della prevenzione.

Esclusa l’assimilabilità con la figura penalistica, la definizione del tentativo di cui all’art. 83, comma 3 in questione deve avvenire sulla base dell’esegesi sistematica della normativa del Codice, la quale è permeata dai principi di tutela preventiva dell’ordinamento pubblico economico, di libertà di impresa e di concorrenza, nonché di liceità delle attività imprenditoriali, con previsione di misure cautelative e di tutela anticipata limitative delle attività economiche che siano svolte in modo da mettere in pericolo i suddetti beni protetti (cfr. le misure indicate sopra al punto b).

In siffatta prospettiva, il “ tentativo di infiltrazione ”, sebbene sia definito dalla legge solo ”teleologicamente” non coincide con il “ pericolo di infiltrazione ”, ossia con una semplice probabilità di infiltrazione (che, come si vedrà, può rilevare ai soli fini della verifica di idoneità offensiva del tentativo di infiltrazione nel realizzare il condizionamento delle scelte dell’impresa), ma consiste in un’attività:

c.1) tendente ad infiltrare nelle imprese soggetti mafiosi, o da questi controllati, o che ne costituiscano la longa manus , oppure che risultino contigui ad essi (in forza di rapporti di parentela, amicizia o cointeressenze economiche);

c.2) caratterizzata, in positivo, dall’idoneità infiltrativa e, in negativo, dall’assenza da parte dell’impresa di un’adeguata barriera difensiva rispetto a tali azioni per un atteggiamento di natura “compiacente” (caratterizzato dalla verosimile partecipazione attiva alle attività criminali) o anche solo “soggiacente” (connotata da un atteggiamento passivo o di sottomissione all'influenza della criminalità rinvenibile, ad esempio, nei casi di stretti legami familiari).

d) Ai fini dell’adozione del provvedimento interdittivo, la soglia di rilevanza del tentativo in questione non è costituita dalla prova oltre ogni ragionevole dubbio, propria della sanzione penale, ma è determinata dall’esistenza di elementi sintomatici che, per la loro serietà e convergenza da valutarsi discrezionalmente sulla base di un approccio unitario e non atomistico, inducano a ritenere provato un tentativo di condizionamento mafioso.

Pertanto, sussisterà un tentativo rilevante quando l’attività posta in essere sia riconducibile ai suddetti punti c.1) e c.2) e, in base ad un giudizio probabilistico basato sia sui canoni dell’esperienza comune (l’ id quod plerumque accidit ) e delle cognizioni specifiche riferite al modus operandi ” proprio delle associazioni mafiose (ad esempio la rilevanza della parentela e del matrimonio nel quadro di una concezione “clanica” dei rapporti personali), si rinvengano indizi gravi, precisi e concordanti tali da far ritenere comprovata (secondo alcune pronunce giurisprudenziali, anche in applicazione della regola del “ più probabile che non ”) la sussistenza del tentativo di infiltrazione, con conseguente pericolo di condizionamento delle scelte dell’impresa.

Il pericolo, dunque, non è un attributo del tentativo (non è ammesso il pericolo di tentativo), ma ne costituisce la conseguenza.

e) Al fine di agevolare la prova della sussistenza del tentativo di infiltrazione, gli articoli 84, comma 4 e 91, comma 6 del Codice, hanno previsto un’elencazione non tassativa di situazioni o di presupposti alla cui presenza, senza alcun automatismo ma previa valutazione discrezionale secondo i parametri sopra enunciati, è possibile desumere la sussistenza del tentativo in questione.

In particolare, l’art. 84, comma 4, riguarda i provvedimenti che dispongono la misura cautelare o il giudizio o la condanna anche non definitiva per alcuni reati sintomatici (tra questi: la turbata libertà degli incanti o di scelta del contraente, la truffa ai danni dello Stato, l’usura, l’estorsione, il riciclaggio, l’associazione di stampo mafioso), della proposta o dell’applicazione di una misura di prevenzione, dell’omessa denuncia per particolari reati, dagli accertamenti disposti dal Prefetto in esito all’istruttoria effettuata ai fini del rilascio della documentazione antimafia, la sostituzione di rappresentanti sociali o i trasferimenti di quote sociali a soggetti riconducibili alle associazioni mafiose.

L’art. 91, comma 6, consente di desumere il tentativo di infiltrazione da condanne, anche non definitive, per reati strumentali ove sussistano anche “ concreti elementi da cui risulti che l’attività d’impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata ” oppure violazioni reiterate sulla tracciabilità dei flussi finanziari.

Come detto, l’elencazione non è tassativa in quanto sono previste ipotesi indeterminate come quelle che evocano le risultanze emergenti dagli accertamenti effettuati dal Prefetto (art. 83, comma 4 e 93, comma 7 del Codice), purché idonee a dimostrare l’esistenza e l’idoneità dei presupposti suddetti.

f) Infine, i presupposti devono avere il requisito dell’attualità, da declinare in relazione alla particolarità della realtà mafiosa, connotata dalla “ durevolezza dei legami che essi instaurano con il mondo imprenditoriale, ha una stabilità di contenuti e, insieme, una mutevolezza di forme, economiche e giuridiche, capace di sfidare il più lungo tempo e di occupare il più ampio spazio disponibile ” ( ex aliis : T.A.R. Campania Napoli, Sez. I, 28.2.2024, n. 1343).

Ne consegue che l’interdittiva antimafia può essere basata anche su fatti risalenti, giacché il mero decorso del tempo non elide, di per sé, l’attualità dell’efficienza infiltrativa. Tuttavia, in presenza di considerevole lasso temporale, l’Amministrazione deve verificare, sulla base di un giudizio fattuale o probabilistico, se i presupposti infiltrativi risultino interrotti da circostanze concretamente apprezzabili.

Ciò premesso, possono essere esaminate le censure dedotte.

18) Con il PRIMO e il SECONDO MOTIVO, da scrutinare congiuntamente in quanto strettamente connessi, è stato lamentato il difetto dei presupposti, di istruttoria e di motivazione.

18.1) Secondo la ricorrente gli indizi rappresentati nell’impugnata informativa antimafia sarebbero inidonei a configurare il tentativo di infiltrazione mafiosa perché non sussisterebbe:

a) alcuna circostanza riconducibile alle fattispecie di cui agli artt. 84, comma 4, e 91, comma 6, del Codice;

b) alcun indizio grave, preciso e concordante del tentativo di infiltrazione mafiosa, atteso che quelli indicati sarebbero eccessivamente risalenti nel tempo e, comunque, inidonei a dimostrare il tentativo suddetto. Sotto tale profilo la ricorrente ha osservato che:

- il -OMISSIS- – marito convivente di -OMISSIS- - è stato condannato nel -OMISSIS- per rapina ma, successivamente, si sarebbe lasciato alle spalle tale passato;

- -OMISSIS- è incensurata e l’unico addebito contestato è quello di -OMISSIS- " noto collaboratore di giustizia ", quindi ormai privo di contatti con gli ambienti malavitosi;

- i -OMISSIS- al momento dell’adozione dell’interdittiva erano incensurati e le segnalazioni di rapporti economici e di frequentazione di pregiudicati sarebbero risalenti nel tempo;

- la nomina a consiglieri della società ricorrente del -OMISSIS- e -OMISSIS- sarebbe irrilevante perché non riconducibile alle fattispecie di cui agli artt. 84, comma 4, e 91, comma 6, del Codice e, comunque, perché e i -OMISSIS- avrebbero mantenuto il pieno controllo dell'attività oggetto del ramo di azienda affittato, come sarebbe dimostrato dal contratto di affitto di azienda del 28.12.-OMISSIS- nel quale era previsto che la Società mantenesse " il diritto di controllare la corretta gestione del ramo di Azienda affittato ” con obbligo del cessionario di corrispondere un canone di gestione della sala -OMISSIS- parametrato al ricavato mensile.

Le doglianze sono infondate.

18.2) L’impugnata informazione interdittiva è basata sui seguenti presupposti (conclusivamente riportati alle pagine 11 e 12 dell’interdittiva):

i) i -OMISSIS- negli anni hanno instaurato e consolidato una serie di rapporti personali e cointeressenze economiche con soggetti legati alla criminalità organizzata, anche di stampo mafioso, specie in relazione ai rapporti societari intrattenuti con -OMISSIS-e -OMISSIS-, aventi rapporti con la criminalità anche di tipo mafioso;

ii) la società è risultata permeabile all’influsso della criminalità organizzata come si desume:

- “dalla presenza dei coniugi -OMISSIS- -OMISSIS- dal -OMISSIS---OMISSIS- e rispettivamente genero e figlia del pluripregiudicato -OMISSIS-, appartenente al gruppo camorristico attivo nei -OMISSIS- e condannato più volte per associazione di stampo mafioso e similare”;

- dal fatto che “… tutte le evidenze giudiziarie e investigative delle quali si è dato conto nel presente documento e che tutti i fatti e gli elementi emersi nel corso dell'istruttoria (legami parentali, contatti, cointeressenze economiche) siano univoci e fondati per ritenere ragionevolmente che la società -OMISSIS- sia permeabile ed esposta al pericolo di infiltrazione della criminalità organizzata di stampo mafioso ”;

- dalla circostanza che “ i coniugi -OMISSIS- e -OMISSIS-, strettamente legati al camorrista -OMISSIS-, rivestono entrambi la carica di consiglieri nella società -OMISSIS- … “ e che la società ricorrente “… anche dopo il diniego della licenza di P.S. in capo ad -OMISSIS-, hanno confermato i predetti nella carica di consiglieri, scegliendo quindi consapevolmente di mantenere un assetto societario che include soggetti collegati direttamente o indirettamente con la criminalità organizzata di stampo mafioso o similare ”.

18.3) Ciò premesso, si rileva che la doglianza a) è infondata perché, come si è detto, gli artt. 84, comma 4 e 91, comma 6, del Codice non contengono un numerus clausus di presupposti per l’adozione dell’interdittiva, ma solo un’elencazione non tassativa di ipotesi in presenza delle quali si può desumere il tentativo di infiltrazione, senza preclusione per l’individuazione di altre circostanze e indizi che dimostrino, in via presuntiva, il tentativo suddetto, situazione che si è verificata nel caso di specie.

18.4) È infondata anche la doglianza b) atteso che gli indizi indicati nel provvedimento impugnato appaiono idonei a fondare l’interdittiva antimafia.

Nel caso di specie la circostanza decisiva appare costituita dal rapporto tra la società ricorrente e i coniugi -OMISSIS- --OMISSIS-.

In primo luogo il -OMISSIS-, oltre che pregiudicato, risulta “ segnalato per vari reati e controllato frequentemente in compagnia di diversi pregiudicati con gravi precedenti penali, alcuni dei quali condannati o segnalati anche per associazione a delinquere di tipo mafioso ”.

La tesi sostenuta in ricorso per cui questi non avrebbe avuto più alcun rapporto con pregiudicati da quando si è trasferito a Genova alla fine del -OMISSIS-, non elide la rilevanza di tali frequentazioni perché i fatti contestati nell’interdittiva:

- non sono risalenti nel tempo ma si collocano nell’arco temporale dal -OMISSIS-, perdurando dunque fino ad un anno prima dell’inizio della collaborazione con la ricorrente;

- conservano la loro significatività in mancanza di circostanze sopravvenute suscettibili di determinare il superamento di tale situazione.

Inoltre è rilevante anche il matrimonio con -OMISSIS- con cui convive e unitamente alla quale ha svolto l’attività di gestione della sala -OMISSIS- della ricorrente.

In secondo luogo -OMISSIS-, oltre che moglie convivente del -OMISSIS-, è anche figlia di -OMISSIS-, condannato nel -OMISSIS- per il delitto di associazione mafiosa per appartenenza ad un gruppo camorristico attivo nei -OMISSIS-, divenuto collaboratore di giustizia dai primi anni -OMISSIS-, ma poi nuovamente condannato per associazione di stampo mafioso nel-OMISSIS-.

La parentela o il coniugio con persone affiliate, organiche o contigue alle associazioni mafiose, oltre a poter costituire elemento pregnante per l’adozione del provvedimento interdittivo nei casi di particolare intensità, costituisce comunque un indizio valutabile in prospettiva olistica nel quadro dell’insieme degli elementi fattuali e indiziari assunti dall’atto impugnato.

Nel caso di specie, l’interdittiva impugnata ha ritenuto rilevante sia il rapporto di parentela con l’affiliato alla Camorra -OMISSIS- perché strettissimo (padre-figlia), sia il matrimonio con convivenza con il -OMISSIS-.

Ebbene, in tale situazione, la società ricorrente, dopo avere gestito per anni la sala da gioco di -OMISSIS-, nel -OMISSIS-, ha improvvisamente deciso di affidare la gestione della sala -OMISSIS-, -OMISSIS- ai coniugi -OMISSIS- --OMISSIS- con insolita determinazione non motivata da alcuna esigenza giuridica.

La pervicacia nel voler affidare la gestione della sala da gioco si coglie nella sequenza degli eventi che hanno portato al coinvolgimento dei coniugi suddetti nella società ricorrente.

Nel -OMISSIS- la società ha stipulato un contratto di affitto del ramo d’azienda relativo alla gestione delle macchine da gioco della sala -OMISSIS-, -OMISSIS-, ma tale convenzione è stata risolta “di diritto” nel gennaio -OMISSIS- per mancato conseguimento della “volturazione della licenza”, di cui le parti erano a conoscenza già prima dell’adozione del formale decreto della Questura del -OMISSIS-.-OMISSIS-, che ha respinto la richiesta di inserire il -OMISSIS- tra le persone autorizzate a gestire la sala da gioco, perché a carico del medesimo erano state rilevate condanne per i reati ostativi di cui all’art. 11 del TULPS (cfr. nota della Questura del -OMISSIS-.-OMISSIS- in doc. 12 del Ministero dell’Interno).

Tuttavia gli amministratori della società, non solo hanno ignorato il pericolo derivante dall’affidamento della gestione della sala da gioco ad un soggetto ritenuto non idoneo dalla Questura, ma hanno consapevolmente proseguito la collaborazione con il -OMISSIS-, ricorrendo ad altri strumenti giuridici, anche potenzialmente elusivi del divieto questorile di gestione suddetto, nominando il -OMISSIS- quale consigliere d’amministrazione della società a partire dal -OMISSIS-.-OMISSIS-, e reputando che tale soluzione costituisse l’unico strumento lecito per consentirgli di gestire la sala giochi (cfr. pagina 8 del ricorso), anche a prescindere dal diniego dell’autorizzazione di polizia.

Successivamente la Questura genovese ha autorizzato -OMISSIS- (non già a “gestire” la sala videolottery, ma) a svolgere, come altri soggetti autorizzati, l’attività di preposto alla sala da gioco per conto della ricorrente.

Invero, tale situazione avrebbe consentito alla società di limitarsi a retribuire l’attività della preposta mantenendo il controllo dell’attività della sala -OMISSIS-, ma si deve ritenere che l’intento della società fosse quello di affidarle comunque la “gestione” della sala giochi, ricorrendo ancora una volta allo strumento giuridico della nomina a consigliere della Società a partire dal -OMISSIS-, al pari di quanto disposto alcuni mesi prima per il coniuge.

Da tale sequenza di fatti, si evince la volontà inequivoca di affidare la gestione del ramo d’azienda ai coniugi suddetti, facendo ricorso con la massima celerità a strumenti giuridici alternativi alla cessione del ramo di azienda, anche se potenzialmente elusivi (per il -OMISSIS-) di un divieto dell’Autorità e senza che vi fosse alcun obbligo giuridico a carico della società nei confronti dei coniugi, atteso che la mancata autorizzazione alla gestione è derivata da fatti imputabili unicamente al -OMISSIS- e non alla ricorrente. Quest’ultima ben avrebbe potuto rinunciare all’affare, mentre ha voluto utilizzare lo strumento giuridico alternativo costituito dall’ingresso nel suo consiglio di amministrazione dei coniugi suddetti, così dimostrando un atteggiamento quantomeno “soggiacente” nei confronti dei nuovi consiglieri e rendendo plausibile in termini probabilistici il tentativo di infiltrazione mafiosa contestato con l’interdittiva.

L’idoneità infiltrativa è dimostrata dalla nomina nel consiglio di amministrazione dei citati coniugi che ha determinato un significativo coinvolgimento di essi negli organi sociali, consentendo o rendendo più agevole il condizionamento delle scelte e degli indirizzi della società ai sensi dell’art. 84, comma 3, del Codice.

18.5) Le ragioni giustificative menzionate in ricorso sono inconferenti.

In primo luogo è irrilevante che -OMISSIS- sia incensurata perché, data la natura preventiva dell’interdittiva antimafia, la presenza di condanne non costituisce presupposto necessario, essendo sufficiente la vicinanza ad ambienti mafiosi desumibile da rapporti di parentela con persone affiliate alla mafia o dalla frequentazione di tali soggetti.

Inoltre l’interdittiva impugnata costituisce un atto plurimotivato fondato anche sull’autonoma ragione della contiguità del -OMISSIS- con ambienti mafiosi, situazione per sé sufficiente a determinare la legittimità dell’atto gravato.

Non è neppure dimostrato che la società abbia mantenuto il controllo della sala -OMISSIS- gestita dai coniugi -OMISSIS- --OMISSIS-, atteso che le clausole menzionate nel ricorso in forza delle quali tale controllo sarebbe avvenuto, in realtà sono riferite al solo contratto di affitto di azienda del 28.12.-OMISSIS- il quale, tuttavia, non è mai stato eseguito in quanto “ risolto di diritto ” prima della sua esecuzione, per mancato conseguimento della “ volturazione delle licenze ” con atto del 29.1.-OMISSIS- (depositato dalla stessa ricorrente). Successivamente, peraltro, in seguito alla nomina a consiglieri d’amministrazione dei coniugi suddetti, questi hanno iniziato la gestione della sala -OMISSIS- senza che i -OMISSIS- abbiano previsto alcuna specifica forma di controllo su tale attività.

Gli amministratori della società affermano di non avere avuto “contezza” dei precedenti penali a carico del -OMISSIS-, né del fatto che -OMISSIS- fosse la figlia di -OMISSIS-, ma tali affermazioni non sono verosimili.

In primo luogo gli amministratori della società, che ben conoscevano il regime delle autorizzazioni di polizia essendone titolari da anni, in seguito al diniego questorile del -OMISSIS-.-OMISSIS- alla gestione della sala -OMISSIS- da parte del -OMISSIS-, hanno perfettamente compreso che a carico di tale persona sussistevano i reati ostativi dell’art. 11 del TULPS e, prima di nominarlo consigliere, avrebbero dovuto valutare tali circostanze.

Inoltre non è credibile che i -OMISSIS- ignorassero che -OMISSIS- era parente di -OMISSIS- perché:

- in linea generale prima di immettere una nuova persona nel consiglio di amministrazione si raccolgono sempre le necessarie informazioni e ciò vale, a maggior ragione, per i -OMISSIS- i quali erano imprenditori esperti, avendo gestito la società da -OMISSIS-;

- è assolutamente verosimile che tali verifiche siano state effettuate, giacché, nel caso di specie, la società dal -OMISSIS- era formata unicamente dai due fratelli e, quindi, aveva una composizione ristretta e addirittura familiare, talché l’ingresso di nuovi soggetti nel CdA costituiva evento eccezionale e meritevole di tutte le cautele del caso;

- i -OMISSIS-, come precisato nell’interdittiva, hanno avuto plurime frequentazioni con persone affiliate ad associazioni mafiose (cfr. sopra il punto 4), sicché anche per tale ragione appare assolutamente improbabile che essi ignorassero la provenienza e la parentela dei due nuovi consiglieri;

- i -OMISSIS- sapevano che il -OMISSIS- aveva commesso reati ostativi ai sensi dell’art 11 del TULPS, come evincibile dal diniego della Questura di autorizzarlo come preposto alla sala -OMISSIS-.

18.6) Per tali ragioni, l’interdittiva impugnata appare fondata su presupposti idonei, in relazione ai quali l’Amministrazione ha effettuato un’adeguata istruttoria ed ha reso una corretta motivazione in ordine alla dimostrata sussistenza di un tentativo di infiltrazione mafiosa.

18.7) Le sopravvenienze asseritamente favorevoli all'interessata rappresentate nelle memorie depositate in vista dell’udienza (dimissioni immediate dei coniugi suddetti in seguito alla comunicazione dell’interdittiva e considerevole lasso di tempo trascorso dal-OMISSIS- ad oggi) possono giustificare la richiesta di aggiornamento del provvedimento di interdizione antimafia, ma non incidono sulla valutazione resa dall'Amministrazione sulla base di circostanze esistenti al momento della sua adozione.

19) Con il TERZO MOTIVO è stata lamentata l’omessa comunicazione di avvio del procedimento.

Il motivo è infondato giacché alle informative, come quella in questione del -OMISSIS-, adottate anteriormente all’emanazione del D.lgs. n. 152/2021 che ha modificato gli artt. 92, commi 2-bis e 93 comma 7 del Codice prevedendo il contraddittorio procedimentale, per costante giurisprudenza si considerano legittimamente adottate anche in assenza di tale forma di partecipazione perché:

- anteriormente all'entrata in vigore della modifica normativa la giurisprudenza era consolidata nel ritenere che la comunicazione di avvio del procedimento e il preavviso di rigetto costituissero adempimenti non necessari in materia di certificazione antimafia (cfr., ex plurimis , Cons. Stato sez. III, 21.1.2020, n. 820;
3.3.2020, n. 1576;
6.5.2020, n. 2854);

- il Consiglio di Stato ha confermato tale “orientamento consolidato” anche con pronunce successive all’entrata in vigore della citata modifica, ma riferite a procedimenti anteriori alla novella, affermando che “ ai fini dell'adozione dell'interdittiva antimafia adottata prima della riforma del D.lgs. n. 152/2021, non è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento, ovvero il preavviso di rigetto, poiché i procedimenti in materia di tutela antimafia sono tipicamente connessi ad attività di indagine giudiziaria e caratterizzati da ragioni d'urgenza e da finalità cautelari, incompatibili con dette garanzie procedimentali ” (Cons. Stato, Sez. III, 03/10/2023, n. 8637).

20) Infine è infondato anche il QUARTO MOTIVO con il quale è stata dedotta l’invalidità degli atti applicativi adottati dall’Agenzia delle Dogane il -OMISSIS-, in via derivata dai vizi dedotti con i primi tre motivi.

Il motivo non merita accoglimento in ragione dell’acclarata legittimità del provvedimento interdittivo.

21) Conclusivamente il ricorso è infondato e deve essere respinto.

22) La spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo

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