TAR Torino, sez. I, sentenza 2010-12-16, n. 201004550
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N. 04550/2010 REG.SEN.
N. 02216/1998 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2216 del 1998, proposto da:
SPIM S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. R M, A P P e M S, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Torino, via del Carmine, 2;
contro
REGIONE PIEMONTE, in persona del Presidente della Giunta Regionale, rappresentata e difesa dall'avv. E S, con domicilio eletto presso gli uffici dell’Avvocatura Regionale in Torino, piazza Castello, 165;
COMUNE TORINO, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito;
per l'annullamento
del provvedimento della Regione Piemonte, Direzione pianificazione e gestione urbanistica, settore gestione beni ambientali, n. 58 in data 4.6.1998 avente ad oggetto "D.P.R. n. 616/77, art. 82 - Beni Ambientali - Parere ai sensi dell'art. 32 - legge 47/85 s.m.i.", nella parte in cui esprime "parere negativo, ai sensi dell'art. 32 L. 47/85 e s.m.i., alla conservazione delle opere indicate nell'elenco C allegato" (punto 2), relativo all'immobile di proprietà della Società ricorrente SPIM S.r.m. ubicato in Strada Antica di S. Vito n. 36, notificato al ricorrente in data 1.8.1998 con nota in data 21.7.1998 prot. n. 12956/19/19, prot. n. 16563;
di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Piemonte;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2010 il dott. A S L e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La ricorrente riferisce di essere proprietaria di un immobile situato in Strada Antica di San Vito (TO), in zona soggetta a vincolo paesistico-ambientale ai sensi della L. 1497/39.
2. Nel corso dell’anno 1997 essa presentava istanza al Comune di Torino diretta ad ottenere il condono di una veranda realizzata al piano terreno del suddetto edificio e, a tal fine, richiedeva alla Regione Piemonte, quale autorità preposta alla tutela del vincolo, di esprimere il proprio parere ai sensi dell’art. 32 della L. n. 47/1985. Allegava perizia tecnica asseverata e provvedeva successivamente a versare al Comune di Torino gli oneri di concessione.
3. Con determinazione n. 58 del 04.06.1998, comunicata all’interessata il 01.08.1998, la Regione Piemonte esprimeva parere negativo richiamando le motivazioni formulate nella relazione istruttoria. In detta relazione, il parere negativo era così motivato: “…considerato che le opere realizzate appaiono tali da recare pregiudizio alle caratteristiche di pregio ambientale della località…si esprime in merito parere negativo…in quanto il manufatto risulta sia per collocazione che per uso di materiali assolutamente estraneo ad un corretto inserimento ambientale”.
4. Con ricorso notificato il 13 novembre 1998 e depositato l’11.12.1998, la ricorrente impiugnava i predetti atti dinanzi a questo Tribunale e ne invocava l’annullamento sulla base di due motivi, con i quali lamentava, sotto due diversi profili, il difetto di motivazione degli atti impugnati, dai quali, secondo la ricorrente, non sarebbe dato comprendere le ragioni che hanno indotto l’amministrazione regionale ad esprimersi negativamente sull’istanza di conservazione delle opere in questione.
5. Con ordinanza presidenziale n. 224/i/99, la Sezione disponeva incombenti istruttori, ottemperati dall’amministrazione regionale in data 22.09.1999.
6. In prossimità dell’udienza di discussione, si costituiva la Regione Piemonte depositando comparsa di stile e successiva memoria, resistendo al gravame con articolate difese. La difesa di parte ricorrente depositava ulteriori documenti e due memorie.
7. Il Comune di Torino, ritualmente intimato, non si costituiva.
8. All’udienza del 2 dicembre 2010, sentiti i difensori delle parti come indicato in verbale, il collegio tratteneva la causa per la decisione.
9. Ciò posto, il collegio rileva che il ricorso è fondato a va accolto.
Gli atti impugnati motivano il parere contrario alla conservazione dell’intervento edilizio abusivo realizzato dalla ricorrente sull’esclusivo rilievo per cui “il manufatto risulta, sia per la collocazione che per uso di materiali, assolutamente estraneo ad un corretto inserimento ambientale”.
Si tratta, secondo il collegio, di una motivazione palesemente inidonea, per la sua genericità, ad evidenziare compiutamente “i presupposti di fatto” della valutazione svolta dall’amministrazione, risultando impossibile comprendere, in particolare, per quali ragioni la collocazione del manufatto ed i materiali utilizzati per realizzarlo siano stati ritenuti dall’amministrazione “assolutamente estranei ad un corretto inserimento ambientale”.
Risulta pertanto violato l’art. 3 della L. 241/90 e s.m.i., secondo cui ogni provvedimento amministrativo deve essere motivato con specifico riferimento ai presupposti di fatto e alle ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria.
In particolare, è stato affermato in giurisprudenza che è illegittimo il provvedimento con cui l’amministrazione respinga un’istanza di autorizzazione in sanatoria di opere abusive ricadenti in zona sottoposta a vincolo, adducendo quale unico elemento giustificativo del diniego il fatto che gli abusi “per tipologia costruttiva e uso dei materiali alterano negativamente il sito”, senza aggiungere alcun elemento in ordine alle specifiche caratteristiche dei manufatti nel concreto spazio in cui insistono, dal quale possano risultare evidenti le ragioni della determinazione amministrativa, e che dunque consenta di ritenere assolto in forma sintetica l’obbligo di motivazione (TAR Veneto Venezia, sez. II, 08 luglio 2009, n. 2125;in senso analogo TAR Lazio Roma, sez. II, 08 luglio 2010, n. 23769;TAR Veneto Venezia, sez. III, 19 febbraio 2009, n. 453;TAR Lazio Roma, sez. II, 5 febbraio 2009, n. 1212).
Nel caso di specie, la motivazione degli atti impugnati è talmente sintetica e generica da ridursi, in definitiva, ad una formula stereotipata: una clausola di stile utilizzabile indifferentemente per una molteplicità di casi, anche molto diversi tra loro.
Né in senso contrario possono assumere rilievo le articolate deduzioni svolte dalla difesa regionale nella memoria depositata in prossimità dell’udienza di discussione, le quali costituiscono, invece, un tentativo inammissibile di integrare ex post la motivazione (insufficiente) degli atti impugnati.
Al riguardo, va riaffermato il principio secondo cui è inammissibile l’integrazione postuma della motivazione di un atto amministrativo mediante gli atti difensivi predisposti dall’amministrazione resistente, e ciò anche dopo le modifiche apportate alla legge 7 agosto 1990 n. 241 dalla legge 11 febbraio 2005 n. 15, rimanendo sempre valido il principio secondo cui la motivazione del provvedimento non può essere integrata nel corso del giudizio con la specificazione di elementi di fatto, dovendo la motivazione precedere e non seguire ogni provvedimento amministrativo, a tutela del buon andamento amministrativo e dell’esigenza di delimitazione del controllo giudiziario (TAR Lombardia Milano, sez. I, 01 luglio 2010, n. 2691;TAR Calabria Catanzaro, sez. I, 01 aprile 2010, n. 396;TAR Piemonte Torino, sez. I, 26 marzo 2010, n. 1603;TAR Veneto Venezia, sez. I, 11 marzo 2010, n. 768;TAR Campania Napoli, sez. VIII, 09 febbraio 2010 n. 752;TAR Toscana Firenze, sez. I, 19 gennaio 2010, n. 64;Cons. Stato, sez. VI, 12 novembre 2009, n. 6997;TAR Piemonte Torino, sez. II, 30 ottobre 2009, n. 2356;Cons. Stato, sez. VI, 19 agosto 2009, n. 4993).
Né può soccorrere l’art. 21 octies, comma 2 della L. 241/90 e s.m.i., secondo cui “non è annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”: la norma, infatti, si applica solo in presenza di atti dal contenuto vincolato, laddove nel caso di specie gli atti adottati dall’amministrazione, collocandosi in un contesto normativo (art. 32 L. 47/1985) che non impedisce in senso assoluto la sanatoria di opere abusive realizzate in ambiti vincolati, ma li sottopone ad una specifica valutazione di compatibilità ambientale da parte dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo, hanno natura prettamente discrezionale.
Alla stregua di tali considerazioni, il ricorso è fondato e va accolto.
Gli atti impugnati vanno quindi annullati per difetto di motivazione.
Le spese di lite possono essere compensate, ricorrendone giusti motivi attesa la peculiarità delle questioni trattate.