TAR Venezia, sez. II, sentenza 2023-11-24, n. 202301730

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. II, sentenza 2023-11-24, n. 202301730
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202301730
Data del deposito : 24 novembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/11/2023

N. 01730/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01177/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1177 del 2014, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati P B e M S, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. E R in Venezia, Dorsoduro, 2420;

contro

Avepa - Agenzia Veneta per i Pagamenti in Agricoltura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati T M, F Z, E Z, domiciliataria ex lege in Venezia, Cannaregio, 23;

per l'annullamento

del decreto di decadenza n. -OMISSIS-, notificato il 12 dicembre 2011, nonchè di ogni altro provvedimento assunto in pregiudizio dell'Azienda -OMISSIS- da AVEPA e/o AGEA e per l'accertamento del diritto in capo alla ricorrente a percepire per l'intero l'importo dei contributi pubblici richiesti, nonché l'accertamento che l'Azienda -OMISSIS- ha diritto a ottenere l'importo dei contributi già erogati e ricevuti da AVEPA o da terzi enti, nonché ad ottenere i contributi pubblici dovuti e non ancora corrisposti e conseguentemente per la condanna di AVEPA ad erogare e pagare quanto dovuto alla ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Avepa - Agenzia Veneta per i Pagamenti in Agricoltura;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 14 novembre 2023 il dott. Andrea Gana e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La società ricorrente ha impugnato il provvedimento epigrafato con cui AVEPA ha disposto a suo carico la decadenza dagli aiuti concessi per gli anni dal 2003 al 2009, in materia di PAC seminativi ed in materia di "domanda unica" ai sensi del regolamento della Comunità europea n. 1782/2003 e ha ordinato la restituzione dell'importo di € 118.615,44.

Avverso tale atto, la società ricorrente ha dedotto, in fatto: - di condurre in affitto, sin dagli anni ottanta, dei fondi agricoli per complessivi centocinquanta ettari, coltivati prevalentemente a mais e frumento e di avere ottenuto da AVEPA l’erogazione di complessivi € 405.133,70 con riferimento agli anni 2003, 2004 (PAC Seminativi) e 2005, 2006, 2007, 2008, 2009 (Domanda Unica);
- che AVEPA il 31 ottobre 2010 ha comunicato l'avvio del procedimento volto a determinare la decadenza dagli aiuti concessi in ragione del procedimento -OMISSIS- nella qualità di soci dell'azienda attrice;
- che, nel procedimento penale, questi ultimi erano stati imputati per il "-OMISSIS- - AGEA- e l'Agenzia Veneta per i Pagamenti in Agricoltura - AVEPA- e si procuravano un ingiusto profitto con danno patrimoniale di rilevante gravità per il Fondo Europeo di Orientamento e Garanzia in Agricoltura;
- che tale procedimento penale si era però concluso con una sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste” in favore di entrambi i signor -OMISSIS- e con l’accertamento che il contratto di affitto dei terreni era stato stipulato in forma orale;
- di avere segnalato tali circostanze ad AVEPA, la quale ha comunque adottato l’impugnato provvedimento di decadenza;
- di avere inizialmente introdotto il giudizio dinnanzi al Tribunale ordinario di Padova e di averlo tempestivamente riassunto dinnanzi al TAR Veneto a seguito della sentenza -OMISSIS- ha declinato la propria giurisdizione in favore del giudice amministrativo.

Quanto ai motivi di impugnazione, la società ricorrente, con un complesso motivo di gravame, ha lamentato il grave travisamento dei fatti, l’errata applicazione dell'art. 654 c.p., la violazione o comunque l’errata applicazione della

DGRV

3758 e delle sue istruzioni applicative, dell'art. 1325 c.c, dell'art. 41 della L. 231/1982, la violazione o comunque l’errata valutazione dell'art.15 della legge 15 dicembre 1998 n. 441 e dell'art. 47 del DPR 445/2000 nonché la violazione dell'art. 21 septies comma 1 della legge 241/1990.

Più nel dettaglio, la società ricorrente ha osservato che, nonostante il disconoscimento della sottoscrizione del contratto d’affitto da parte di entrambi i contraenti (ossia il signor -OMISSIS- -OMISSIS-), all’esito del procedimento penale è emersa comunque l’esistenza di tale contratto, stipulato in forma orale, mediante un accertamento assistito dalla forza del giudicato e vincolante anche per AVEPA ai sensi dell’art. 654 c.p.p. Inoltre, la ricorrente ha evidenziato come lo stesso allegato 1 alla DGRV n. 3758 del 26 novembre 2004 (che ha precisato il contenuto del cosiddetto "fascicolo unico aziendale" istituito dall'art. 11 della L.R. 40/2003) ha disciplinato espressamente anche la documentazione necessaria per comprovare la sussistenza dei contratti d'affitto stipulati in forma orale e di essersi attenuta a tali indicazioni, presentando per ogni annualità la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà attestante l'esistenza del rapporto contrattuale.

In questa logica, la ricorrente ha domandato l’annullamento del provvedimento impugnato e l’accertamento del diritto ad ottenere a percepire interamente i contributi richiesti, oltre alla rifusione delle spese di lite.

Si è costituita in giudizio AVEPA, la quale ha chiesto che il ricorso venga rigettato nel merito o dichiarato inammissibile.

In vista dell’udienza di trattazione del merito, la società ricorrente ha depositato le memorie di cui all’art. 73 c.p.a. per ribadire le posizioni già assunte;
l’Amministrazione resistente ha depositato documentazione.

All'udienza di smaltimento dell’arretrato del 14.11.2023, svolta con modalità da remoto, la causa è stata trattenuta in decisione a seguito di ampia discussione orale, svolta con la partecipazione della sola Amministrazione resistente.

Il ricorso non è fondato e deve essere rigettato.

Preliminarmente si osserva che oggetto del presente giudizio, instaurato a seguito della riassunzione del procedimento originariamente introdotto dinnanzi al Tribunale ordinario di Padova, è il provvedimento con il quale l’Amministrazione resistente ha disposto la decadenza della società ricorrente dai contributi concessi per gli anni dal 2003 al 2009, in materia di PAC seminativi ed in materia di "domanda unica".

Quanto al profilo relativo alla giurisdizione, per quanto non sia stato oggetto di esplicito contrasto tra le parti nel presente giudizio, si ricorda il principio affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato - nella sentenza 29 gennaio 2014, n. 6 – in base al quale “è configurabile una situazione soggettiva d'interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, solo ove la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio, oppure quando, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse, ma non per inadempienze del beneficiario (Cass., sez. un., 24 gennaio 2013, n. 1710, cit.;
Cons. Stato, ad. plen., 29 luglio 2013, n. 17, cit.)." Dunque, in conformità al costante orientamento giurisprudenziale formatosi sulla questione, deve ritenersi che sussista la giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto «la richiesta di restituzione impugnata si basa su fatti che, nella ricostruzione dell’amministrazione resistente, sarebbero stati ostativi alla concessione del contributo e non su circostanze successive alla concessione medesima e importanti inadempimento del beneficiario» (si v. T.a.r. Lazio Roma II, 27 maggio 2020, n. 4088).

Ciò posto, il Collegio osserva che nel presente giudizio, come emerso chiaramente anche all’esito della discussione orale, è dirimente la distinzione tra le modalità indicate da AVEPA per la formazione del fascicolo aziendale e la legittima disponibilità dei fondi ai fini della coltivazione e, conseguentemente, tra adempimenti formali previsti per la dichiarazione dei terreni in disponibilità e la loro effettiva disponibilità sulla scorta di un valido titolo.

Infatti, la possibilità di avere accesso agli aiuti comunitari è subordinata non solo alla materiale coltivazione dei fondi inseriti nel Fascicolo aziendale nel rispetto delle formalità a tal fine previste, ma anche al fatto che essa sia avvenuta sulla scorta di un valido titolo legittimante.

Tale principio è chiaramente affermato anche nella sentenza del TAR Lazio, n. 3521/2023 (e affermato anche nella sentenza Cons. Giust. Amm., sentenza 9 febbraio 2023, n. 125), nella quale si legge: “La prova dell’utilizzazione effettiva delle superfici postula l’occupazione lecita e documentabile delle stesse. Il Collegio, se da un lato condivide che, nella fattispecie di erogazione di aiuti comunitari, il principio cardine sia quello di effettività nell’utilizzo dei terreni, ritiene altrettanto evidente che proprio il rispetto di tale principio richieda necessariamente la produzione di un titolo giuridico valido che giustifichi il diritto del richiedente di utilizzare le superfici oggetto della sua domanda di aiuti (cfr. Cgars 19 ottobre 2022, n. 1070). In definitiva, titolare del diritto all’aiuto può essere solo chi possa vantare un legittimo titolo di conduzione delle superfici oggetto della domanda, non essendo sufficiente la sola materiale coltivazione sine titulo dei fondi agricoli, per cui, quando risulti a seguito di verifiche l’illegittima acquisizione dei titoli, viene meno il diritto al relativo aiuto comunitario (cfr. Cons. Stato, I parere n. 1847 del 2021;
Cons. Stato, I, parere n. 2163 del 2020).”

Ne discende che il principio fondamentale risulta essere rappresentato dalla necessità della sussistenza di appositi contratti legittimanti la coltivazione degli stessi, da inserire nel Fascicolo aziendale nel rispetto delle modalità e delle tempistiche previste da AVEPA (si v. in termini analoghi TAR Veneto, n. 760/2023).

In questa prospettiva, pertanto, emerge la correttezza dell’operato di AVEPA, la quale, nel provvedimento impugnato, ha evidenziato come a seguito del disconoscimento della sottoscrizione apposta al contratto d’affitto presentato dalla società ricorrente, nel Fascicolo aziendale di quest’ultima non vi fosse alcun titolo idoneo ad evidenziare la legittima coltivazione dei terreni.

Siffatta affermazione non è in contrasto con quanto emerso nel procedimento penale che ha interessato taluni soci della società ricorrente, atteso che AVEPA non ha affermato l’insussistenza di un contratto d’affitto stipulato in forma orale, ma ha rilevato la mancata produzione nel Fascicolo aziendale della documentazione idonea ad accertare la legittima conduzione dei fondi e, pertanto, la carenza di un requisito necessario a pena di inammissibilità della domanda.

Non appare dirimente neanche quanto affermato da parte ricorrente in merito alla avvenuta produzione delle dichiarazioni sostitutive annuali, idonee secondo le stesse istruzioni di AVEPA ad attestare la legittima conduzione dei fondi a fronte di contratti stipulati in forma orale. Sotto tale aspetto, infatti, AVEPA ha rilevato l’assenza di data certa nelle medesime e la loro inidoneità ad attestare l’esistenza del contratto di affitto nell’ambito del procedimento volto al riconoscimento degli aiuti economici richiesti dalla ricorrente.

A fronte di tale affermazione, parte ricorrente si è limitata ad affermare in modo non condivisibile che la registrazione sarebbe necessaria solo in caso d’uso (e la produzione ad una P.A. per il conseguimento di un beneficio economico ne rappresenta in realtà un caso emblematico) o ad evidenziare l’applicabilità della disciplina più favorevole prevista per i giovani agricoltori, senza fornire alcuna prova circa la sussistenza dei relativi requisiti.

Ne consegue che in ragione di quanto finora osservato il ricorso deve essere integralmente rigettato.

Le spese di lite devono essere integralmente compensate tra le parti.

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