TAR Genova, sez. I, sentenza 2016-07-29, n. 201600906

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. I, sentenza 2016-07-29, n. 201600906
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 201600906
Data del deposito : 29 luglio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/07/2016

N. 00906/2016 REG.PROV.COLL.

N. 01369/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1369 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da L L C srl con sede a Genova in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati G G ed I G, con domicilio eletto presso di loro a Genova in via Roma 11.1.;

contro

Autorità portuale di Genova in persona del legale rappresentante in carica rappresentata e difesa dall’avvocatura distrettuale dello Stato di Genova, domiciliata presso l’ufficio;

nei confronti di

Amico &
co srl con sede a Genova in persona del legale rappresentante in carica
rappresentata e difesa dagli avvocati professor F Munari e Alessandra Macchi presso i quali ha eletto domicilio a Genova in largo san Giuseppe 3/23b;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Consorzio assistenza nautica del porto di Genova srl con sede a Genova in persona del legale rappresentante in carica
Genoa sea service srl con sede a Genova in persona del legale rappresentante in carica
Gatti srl con sede a Genova in persona del legale rappresentante in carica
tutte rappresentate e difese dagli avvocati professor F Munari e Alessandra Macchi presso i quali hanno eletto domicilio a Genova in largo san Giuseppe 3/23b;

per l'annullamento

CON IL RICORSO INTRODUTTIVO

dell’atto 31.10.2014, n. 8805 dell’autorità portuale di Genova nella sola parte in cui prefigura la possibile revoca della concessione all’esito della procedura fallimentare a cui è stato sottoposto il titolare della concessione demaniale marittima

dell’atto 8.2.2007, n. 18 di sub-ingresso nella licenza 25.1.2013, n. 8118 nella parte in cui prefigura come temporanea la concessione richiesta dalla ricorrente

dell’atto 29.9.2014, n. 64.4..4.2014 del comitato portuale

della nota 9.10.2014, n. 0021879/p dell’autorità portuale

CON I

MOTIVI AGGIUNTI DEPOSITATI IL

24.2.2015

della concessione per licenza 30.12.2014, n. 405

CON I

MOTIVI AGGIUNTI DEPOSITATI IL

10.7.2015

della delibera 27.4.2015 del comitato portuale

della nota 28.4.2015, n. 10699/P dell’autorità portuale

della delibera 29.5.2015 del comitato portuale

della nota 1.6.2015, n. 13574 dell’autorità portuale

CON IL

RICORSO INCIDENTALE DEPOSITATO DAI CONTROINTERESSATI IL

12.2.2015

dell’atto 31.10.2014, n. 8805 dell’autorità portuale di Genova

dell’atto 31.10.2014, n. 8 dell’autorità portuale

CON IL

RICORSO PER MOTIVI AGGIUNTI DEPOSITATO DAI CONTROINTERESSATI IL

17.4.2015

della concessione per licenza 30.12.2014, n. 405 dell’autorità portuale di Genova

della delibera 22.12.2014, n.

8.1.2014 del comitato portuale

CON IL

RICORSO PER MOTIVI AGGIUNTI DEPOSITATO DAI CONTROINTERESSATI IL

7.10.2015

della concessione 30.4.2015, n. 9111 dell’autorità portuale di Genova

della delibera 27.4.2015, n.

8.1.2014 del comitato portuale

della concessione 1.6.2015, n. 74 9132 dell’autorità portuale di Genova

della delibera 29.5.2014, n.

8.1.2014 del comitato portuale


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio dell’autorità portuale

visto l’atto di costituzione in giudizio di Amico &
co srl

visto l’atto di intervento oppositivo notificato da Consorzio assistenza nautica del porto di Genova srl, Genoa sea service srl e da Gatti srl

visti gli atti notificati contenenti motivi aggiunti di impugnazione

visti gli atti e le memorie depositati;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2016 il dott. P P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

L L C srl si ritenne lesa dagli atti indicati per il cui annullamento notificò il ricorso 9.12.2014, depositato il 23.12.2014, con cui denunciava:

violazione degli artt. 36 e 37 cod. nav. e dei principi in materia di concessioni demaniali marittime, difetto del presupposto e dell’istruttoria, travisamento e sviamento di potere.

Violazione sotto distinto profilo degli artt. 36 e 37 cod. nav., della legge 28.1.1994, n. 84, difetto del presupposto, dell’istruttoria e della motivazione, illogicità, contraddittorietà e travisamento.

Eccesso di potere per sviamento.

Amico &
co srl si è costituita in causa con memoria 21.1.2015 chiedendo respingersi la domanda.

Con atto debitamente notificato e depositato il 21.1.2015, Consorzio assistenza nautica del porto di Genova srl, Genoa sea service srl e Gatti srl sono intervenute in causa chiedendo respingersi il ricorso.

Con atto depositato il 4.2.2015 si è costituita in causa l’autorità portuale di Genova.

Con successivo atto notificato il 11.2.2015, depositato il 24.2.2015, la ricorrente ha impugnato le ulteriori determinazioni indicate nell’epigrafe, deducendo:

illegittimità derivata

illegittimità propria:

violazione degli artt. 36 e 37 cod. nav., difetto del presupposto e dell’istruttoria, sviamento di potere.

Con ulteriore atto notificato il 30.6.2015, depositato il 10.7.2015, la ricorrente ha chiesto l’annullamento anche dei successivi provvedimenti riportati. I motivi:

Illegittimità derivata

Illegittimità in via propria, violazione degli artt. 36 e 37 cod. nav., difetto del presupposto e dell’istruttoria, sviamento di potere.

A loro volta le parti controinteressata ed intervenute hanno:

a) notificato l’atto 6.2.2015, depositato il 12.2.2015, con cui chiedevano l’annullamento delle determinazioni riportate dell’autorità portuale per i seguenti motivi:

eccesso di potere per erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti e carenza dell’istruttoria, violazione dell’art. 46 cod. nav., violazione dell’art. 37 cod. nav. e del principio di proficua utilizzazione del demanio, eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà e perplessità, violazione dell’art. 97 cost. e dei principi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa;

b) notificato l’atto 15.4.2015, depositato il 17.4.2015, con cui chiedevano l’annullamento delle determinazioni riportate per i seguenti motivi:

eccesso di potere per erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti e carenza dell’istruttoria, violazione dell’art. 46 cod. nav., violazione dell’art. 37 cod. nav. e del principio di proficua utilizzazione del demanio, eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà e perplessità, violazione dell’art. 97 cost. e dei principi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa;

c) notificato l’atto 29.9.2015, depositato il 7.10.2015, con cui chiedevano l’annullamento delle determinazioni riportate per i seguenti motivi:

eccesso di potere per erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti e carenza dell’istruttoria, violazione dell’art. 46 cod. nav., violazione dell’art. 37 cod. nav. e del principio di proficua utilizzazione del demanio, eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà e perplessità, violazione dell’art. 97 cost. e dei principi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa.

Le parti hanno poi depositato memorie e documenti.

Il contendere riguarda soltanto una parte del contrasto di interessi che divide la ricorrente dall’autorità portuale di Genova e dalle parti controinteressata ed intervenute;
avanti al tribunale amministrativo pendeva infatti un altro giudizio introdotto da diverso soggetto poi fallito (RG 1042/2012) che concerneva anch’esso l’inerzia mostrata dall’ente resistente in ordine all’assegnazione delle aree portuali nell’affollata zona est dello scalo ligure.

Oltre a quello in decisione è stato proposto il ricorso RG 814/2015 con cui viene contestata la modalità scelta dall’autorità portuale per attribuire all’interessata la concessione assentita a suo tempo in favore del soggetto poi dichiarato insolvente, che aveva dato inizio alla prima delle liti di che si tratta.

Il primo ricorso venne cancellato dal ruolo e non risulta essere stato più coltivato, sì che l’attenzione del collegio può concentrarsi soltanto sulla presente causa e su quella rubricata con il numero 814/2015;
le due liti, sia per quel che attiene ai ricorsi principali che per quelli incidentali, hanno oggetti in parte sovrapponibili, per cui va esaminata l’eventuale e persistente attualità del contendere dedotto in questa sede.

Quanto è in esame riguarda l’interesse che L L C srl rappresenta a che la domanda presentata dalla controinteressata Amico &
co srl per la riassegnazione della concessione già di pertinenza della Marine Yachting Service Genoa srl (ora MYSG) non spieghi efficacia sul procedimento che la vede concessionaria del titolo, anche se solo per un torno limitato di tempo;
a loro volta le parti controinteressata e intervenute chiedono che il tribunale dichiari l’irrilevanza dell’aggiudicazione della ricorrente nell’asta indetta dall’ufficio fallimentare del tribunale di Genova.

Nella lite rubricata con RG 814/2015 la ricorrente impugna le concessioni ottenute sullo specchio d’acqua e sulla banchina utilizzate dalla fallita società, nella parte in cui l’autorità portuale ha previsto la cessazione del titolo alla data che esso aveva in origine, mentre le parti controinteressata ed intervenute contestano la legittimità degli atti che hanno assegnato alla ricorrente la possibilità di utilizzare lo spazio demaniale che anch’esse ambiscono a sfruttare.

In tale contesto non può dirsi che la soluzione della seconda lite toglierà interesse alla decisione della prima causa, sussistendo al più una situazione di connessione tra i due contenziosi, che conservano ciascuno la propria autonomia, dovendosi con ciò procedere alla loro separata decisione.

La delimitazione operata dell’oggetto del giudizio influisce anche sull’apprezzamento dell’istanza preliminare con cui la ricorrente ha chiesto sospendersi la presente decisione in considerazione della pendenza di un procedimento penale aperto a seguito delle denunce presentate dal suo legale rappresentante alla procura della Repubblica di Genova. Come si legge nell’ordinanza 12.5.2016 del gip presso il tribunale di Genova (atto la cui produzione, ancorché tardiva è ammissibile, trattandosi di un provvedimento giurisdizionale) il signor B nella qualità indicata depositò un primo atto il 3.4.2015, integrandolo con il successivo documento 5.5.2015, e chiese che si svolgessero indagini per accertare e sanzionare le condotte penalmente rilevanti che sosteneva essere state poste in essere dai controinteressati e dai funzionari dell’autorità nella vicenda per cui è oggi giudizio.

In particolare veniva sottolineato che soprattutto l’autorità portuale avrebbe concorso con le società controinteressata ed intervenute nell’indurre la ricorrente all’importante offerta presentata aventi al giudice delegato al fallimento MYSG, quando era stato già deciso di assegnare alle controparti le concessioni cadute tra i beni della massa.

L’accertamento così rimesso al giudice penale dovrebbe influire sul giudizio rimesso a questo giudice amministrativo in forza del principio di pregiudizialità delle pronunce penali rispetto alle altre ammesse dall’ordinamento.

Il collegio rileva innanzitutto che le norme contenute nel cpp non riproducono la situazione delineata dall’art. 3 del cpp del 1930, che prevedeva appunto la centralità della cognizione penale rispetto ad ogni altra sentenza.

Attualmente gli artt. 651 segg cpp dispongono talune modalità in forza delle quali la sentenza penale passata in giudicato (o il decreto penale non opposto) può spiegare efficacia nel giudizio civile o amministrativo, ma in tale corpo legislativo non si rinviene alcuna previsione che imponga la sospensione degli altri giudizi ancora in corso;
come hanno chiarito soprattutto le difese dell’autorità portuale, la corte di cassazione ha condivisibilmente letto nelle norme citate l’avvenuta separazione tra le pronunce giurisdizionali, e l’insussistenza di ogni profilo di necessitata pregiudizialità della decisione penale rispetto a quella richiesta in questa sede. Ne deriva che le vicende a cui operano il riferimento le difese della ricorrente sono ancora allo stato di indagine, sì che non può preconizzarsi un’influenza dell’eventuale sentenza che il giudice penale potrà pronunciare rispetto alla vicenda sottoposta all’esame del tribunale amministrativo, che risulta sufficientemente istruita e pronta per la decisione.

Oltre a ciò, e nel merito sulla questione, va notato che sulle denunce presentate dal signor B il pubblico ministero dispose delle indagini le cui risultanze indussero a depositare la domanda per l’archiviazione;
l’odierna interessata presentò una tempestiva opposizione, su cui il gip presso il tribunale di Genova si è pronunciato con l’ordinanza 12.5.2016.

In quella sede il giudice ha esaminato la prospettazione della parte denunciante, ed ha ritratto la convinzione che “… i concorrenti all’asta fallimentare erano a conoscenza della procedura di comparazione in corso… ed hanno partecipato all’asta fallimentare nella consapevolezza della sua esistenza…”: il profilo penale della vicenda per cui è lite è stato ritenuto insussistente almeno per quel che attiene all’oggetto delle due denunce citate, sì che nulla si oppone a che il giudice amministrativo esamini le censure dedotte dalle parti prescindendo dalle determinazioni a cui giungerà l’autorità giudiziaria ordinaria.

Il gip ha peraltro disposto un supplemento istruttorio sull’ulteriore possibile illiceità penale commessa dall’autorità portuale, che non avrebbe istruito debitamente la pratica concorrenziale tra i soggetti aspiranti all’assegnazione della concessione;
al riguardo può notarsi che si tratta di vicende che concernono il parallelo fascicolo RG 814/2015, la cui decisione tratterà della fase propriamente dispositiva dell’attività svolta dall’ente portuale, mentre in questa lite si tratta prevalentemente della fase istruttoria del procedimento.

Ne consegue che anche a questo riguardo non ricorrono i presupposti per la richiesta sospensione del giudizio, che va pertanto conosciuto nel merito.

Tanto premesso in linea generale può procedersi all’esame delle censure proposte.

La ricorrente ha proposto il ricorso introduttivo ed ha notificato due successivi atti contenenti motivi aggiunti;
le parti controinteressata ed intervenute in opposizione hanno invece proposto un ricorso incidentale e due atti per motivi aggiunti al ricorso stesso.

Il tribunale ritiene di poter esaminare congiuntamente taluna delle censure proposte dalle parti istanti ripercorrendo le vicende delle concessioni portuali in questione, individuando i profili di maggior rilievo in cui si articolano i motivi dedotti.

Va notato in tal senso che L L C si ritiene lesa innanzitutto dall’allegata predeterminazione della volontà dell’autorità portuale in ordine all’assegnazione delle aree che il piano regolatore portuale prevedeva di destinare all’attività cantieristica.

Si deve aggiungere a tale riguardo che gli atti documentano lo svolgimento di un’intensa fase procedimentale apertasi nel lontano 2001, e volta a configurare le possibilità operative offerte dai limitati spazi dello scalo genovese;
gli enti pubblici interessati erano l’autorità portuale, la regione Liguria, la provincia ed il comune di Genova e la fiera di Genova, ed essi concordarono sull’opportunità di procedere con un accordo di programma per individuare gli ambiti che avrebbero potuto essere assegnati alle diverse categorie di imprese operanti nel porto, e far sì che la pianificazione potesse consentire all’ente gestore di assegnare le concessioni in modo effettivamente conforme allo strumento vigente.

La procedura pianificatoria non ebbe la linearità prefigurata dagli atti citati, tanto che tutte le parti private di questa causa lamentano numerose discontinuità nell’assegnazione degli spazi, cosa che avrebbe impedito o rallentato lo sviluppo delle imprese operanti al servizio dei traffici marittimi facenti riferimento al porto.

Tanto premesso, risulta provato in atti che la controinteressata e le società intervenute in causa presentarono la domanda 2.3.2011 perché l’autorità portuale assegnasse loro quelle aree della zona di levante del porto che lo strumento aveva previsto sarebbero state destinate alla riparazione dei natanti da diporto: una concorrente alla realizzazione di tale aspirazione si rivelò la MYSG che presentò un piano finanziario di notevole ampiezza, tanto che l’ente portuale non si determinò per lungo tempo, inducendo con ciò la MYSG ad adire il tribunale amministrativo per la dichiarazione l’illegittimità del silenzio così a lungo serbato in argomento.

Come già osservato il ricorso non venne coltivato a causa della crisi finanziaria di MYSG, che venne dapprima posta in liquidazione dai suoi soci e fu poi dichiarata fallita con sentenza del tribunale di Genova.

Avendo avuto notizia delle traversie in cui era incorsa la concorrente per l’assegnazione, le società controinteressata e intervenute chiesero all’autorità portuale di dichiarare l’improcedibiltà della domanda proposta dalla MYSG, sottolineando che l’inattività della società rendeva contrastante con l’interesse pubblico la persistente considerazione che l’autorità intendeva riservare all’istanza di tale operatore.

Dopo la dichiarazione del fallimento della MYSG nel frattempo intervenuta, la procedura concursuale si attivò per alienare i beni della massa, ed indisse con sollecitudine l’asta con cui offrì in vendita i beni aziendali che vennero acquistati dalla ricorrente società per il prezzo di euro un milione, a fronte di una stima inferiore alla metà della somma indicata: ottenuta l’aggiudicazione, l’odierna interessata si rivolse all’autorità portuale per conseguire l’assegnazione della concessione, ma le venne riservata la condotta amministrativa che viene censurata in questa sede perché l’autorità avrebbe in precedenza deciso di attribuire i beni contesi alle parti controinteressate di questo giudizio.

L L C articola tali doglianze rilevando di aver acquisito i beni subastati dalla procedura concursuale, di aver con ciò contribuito al pagamento delle spettanze dei dipendenti della MYSG e delle cooperative che avevano lavorato per questa, sì che non sussisterebbe ragione per cui la concessione richiesta dalla società fallita non debba esserle assegnata;
oltre a ciò la ricorrente chiede che il titolo non abbia la breve durata residuata leggendo la domanda presentata a suo tempo da MYSG, in quanto i suoi piani di investimento sarebbero di portata tale da rendere necessaria la dilatazione della prospettiva temporale di utilizzo dei beni demaniali.

Dal punto di vista più strettamente processuale la ricorrente osserva che l’autorità portuale ha palesato la determinazione assunta in precedenza di preferire il raggruppamento oggi controinteressato, posto che l’ente gestore del porto ha provveduto solo il 2.8.2014 alla pubblicazione della domanda presentata sin dal 27.12.2013 dal raggruppamento oggi controinteressato, inibendo con ciò una valida partecipazione procedimentale alla ricorrente, e inducendola all’importante offerta presentata che non avrebbe avuto ragione di essere formulata in assenza della prospettiva di conseguire la concessione.

Il collegio non può condividere la tesi esposta, in quanto risulta che l’autorità portuale inviò all’ufficio fallimentare una missiva alcuni giorni prima dell’espletamento dell’incanto, con cui chiariva di non sentirsi vincolata all’esito dell’asta per quel che riguarda l’assegnazione della concessione a cui aveva aspirato MYSG;
oltre a ciò risulta dagli atti che il giudice delegato fece verbalizzare che la selezione non avrebbe comportato l’automatica assegnazione del titolo ad utilizzare le aree demaniali per un tempo superiore a quello previsto per la concessione a suo tempo richiesta da MYSG, proprio in considerazione della ricordata presa di posizione dell’autorità portuale. Queste circostanze sono evidenziate in atti e sono riassunte nel senso esposto anche dall’ordinanza 28.5.2016 del GIP presso il tribunale di Genova, che si è pronunciato sull’opposizione della ricorrente alla richiesta di archiviazione che era stata depositata dal PM in sede sulla vicenda per cui è lite.

Poste tali premesse in fatto, il tribunale amministrativo deve notare che la decisione circa l’attribuzione di una concessione demaniale marittima spetta all’ente titolare della gestione dei beni demaniali, che si deve determinare apprezzando dei profili di discrezionalità seppur restando nell’ambito degli strumenti portuali e della corretta valutazione dell’interesse pubblico (art. 37 cod. nav.).

In tal senso si osserva che uno dei profili dedotti nel corso della discussione finale della lite ha riguardato la fonte del potere esercitato dall’autorità portuale, ed ancora prima la domanda con cui la controinteressate e le intervenute hanno domandato nel 2013 che l’autorità portuale si pronunciasse sulla revoca della concessione di cui godeva la società MYSG, poi fallita;
la tesi addotta è che la funzione richiesta non era di competenza dell’autorità portuale, bensì del presidente della Repubblica a cui l’art. 43 cod. nav. attribuisce la potestà di revoca dei titoli già assentiti, dopo aver acquisito il parere del consiglio di Stato. Nella specie il gruppo di società capeggiato dalla Amico &
co chiese direttamente all’autorità portuale di disporre la revoca della concessione di cui fruiva la nominata MYSG che era stata posta in liquidazione dai soci ed era inattiva, sì che l’ente pubblico adito avrebbe aperto il procedimento in modo erroneo atteso il suo difetto di competenza.

Al riguardo il tribunale amministrativo osserva preliminarmente che la deduzione così formulata appare nuova, non rinvenendosi nei motivi dedotti dei profili chiaramente individuabili che possano riferirsi alla doglianza proposta.

Il collegio ritiene tuttavia che la censura sia infondata, oltre che inammissibile nel senso chiarito.

A tale proposito può osservarsi che l’impianto originario del codice risente tuttora dell’idea organizzativa statuale che lo informò, vista l’epoca della sua emanazione;
successivamente sono entrate in vigore la costituzione della Repubblica, che ha introdotto tra le altre la norma dettata dall’art. 5 sulle autonomie locali, nonché numerose disposizioni di livello primario approvate soprattutto nel periodo connotato dal federalismo. Si è trattato con ciò della diversa configurazione dello Stato e della differenti articolazione della Repubblica, sì che è impossibile in questa sede riferirsi unicamente alle previsioni in materia del codice della navigazione.

In tal senso non può essere dimenticata la ben nota opinione dottrinaria che individua il tempo in cui si opera come l’età della decodificazione, intendendosi che il codice - soprattutto civile – non può più avere il ruolo centrale, soprattutto interpretativo, postulato dall’art. 15 comma 2 delle preleggi.

Il codice della navigazione è pertanto una norma che va letta in correlazione con le altre successivamente introdotte, senza che residui la possibilità di considerarlo alla stregua della fonte residua in caso di dubbi interpretativi, che peraltro nella specie neppure sussistono.

Va allora posta attenzione alla previsione introdotta dalla legge 28.1.1994, n. 84 che ha istituito le autorità portuali, ed all’art. 18 comma 4 ha attribuito a tali enti la funzione di concludere accordi sostitutivi per l’assegnazione della concessione, ovvero il procedimento iniziato dalla controinteressata e dalle società intervenute per ottenere la revoca o la decadenza del titolo di MYSG.

Nella rilevata discrasia tra il codice della navigazione e la norma del 1994 il tribunale amministrativo deve svolgere talune osservazioni.

La disposizione del 1994 si apre con l’attribuzione delle funzioni proprie della costituita autorità portuale, che ha ottenuto tra l’altro la potestà di coordinamento dei piani regionali del trasporto;
già questa asserzione contenuta nella novella ne distacca con chiarezza l’operatività dall’ambito applicativo del codice della navigazione in senso localistico.

Infatti il codice del 1942 era stato concepito come servente alle attività di uno Stato accentrato, sì che anche la revoca di una concessione demaniale marittima doveva passare per la più alta funzione amministrativa, che si pronunciava dopo avere sentito il parere tecnico-giuridico del consiglio di Stato.

La forma statuale derivata dalla costituzione della Repubblica e sviluppatasi in questi decenni ha portato al decentramento amministrativo iniziato dopo il 1972, rafforzatosi in modo sempre più consistente con le riforme degli anni novanta del secolo decorso. Il legislatore ha con ciò inteso sostituire il centralismo ritenuto non più funzionale alle esigenze dell’epoca attuale con il decentramento che ha nelle regioni il perno di rilievo costituzionale, una situazione che ha trovato una congrua cornice nella riforma costituzionale del 2001.

A tale stregua l’istituzione delle autorità portuali e le modalità stesse della nomina del presidente (art. 8 della legge 28.1.1994, n. 84 con la previsione della partecipazione regionale all’individuazione del soggetto da preporre all’incarico) non rispondono più ai principi che avevano informato l’impianto del codice della navigazione, posto che la normativa citata ha previsto l’operatività dei poteri diffusi sul territorio che devono concorrere al migliore funzionamento dei porti, ancorché nel quadro della politica nazionale dei trasporti.

Ne deriva l’incongruità di ritenere che la revoca di una concessione demaniale possa essere ancora richiedere l’intervento delle alte autorità di amministrazione attiva e consultiva menzionate dall’art. 43 cod. nav.

Deve farsi perciò piena applicazione del comma 4 dell’art. 18 della citata legge sulle autorità portuali che prevede che “… per le iniziative di maggiore rilevanza, il presidente dell'autorità portuale può concludere, previa delibera del comitato portuale, con le modalità di cui al comma 1, accordi sostitutivi della concessione demaniale ai sensi dell'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241…” ;
ciò è quanto la controinteressata e le intervenute chiesero in sostanza, al di là delle norme richiamate nelle domande rivolte all’ente portuale genovese.

Ne deriva che, al di là della segnalata inammissibilità della censura formulata solo nel corso della discussione, essa è infondata anche nel merito.

Oltre a ciò va notato che la missiva dell’autorità portuale che avrebbe disvelato l’illegittima formazione della volontà di attribuire comunque la concessione al raggruppamento che si opponeva alla ricorrente non configura in sé un’ipotesi di nullità, ricorrendo al più un profilo di illegittimità: in tale contesto l’interessata avrebbe potuto assumere le iniziative procedimentali e giudiziarie più idonee (art. 116 d.lvo 2.7.2010, n. 104) al fine di prendere conoscenza di tutte le fasi del procedimento svoltosi nel contraddittorio tra l’autorità portuale e le parti oggi controinteressate, e proporre le iniziative meglio viste.

Non vanno pertanto condivise le censure che tendono ad accreditare la legittimità della linea di condotta seguita dalla ricorrente, che ha proceduto all’acquisto dei beni subastati ed ha richiesto il rilascio di una concessione di lunga durata benché fosse stata messa tempestivamente sull’avviso circa l’orientamento assunto da tempo dall’autorità portuale sulla questione.

Ne consegue che è corretta al riguardo la tesi dell’ente pubblico nella parte in cui ha osservato di non essere vincolato all’esito dell’asta fallimentare, essendo altri i parametri a cui esso doveva far riferimento per determinarsi circa la concessione del titolo richiesto dalle parti private di questo giudizio. Il denunciato art. 37 del codice della navigazione è infatti la norma che va applicata alla fattispecie, per cui compete soltanto all’autorità portuale la scelta tra i concorrenti ad una concessione, apprezzando le domande in base alle circostanze che fanno prevedere la migliore utilizzazione del bene demaniale, e che non necessariamente debbono rifarsi all’esito di un’asta fallimentare.

Il motivo in rassegna è pertanto infondato e va respinto.

Anche nel corso della discussione finale i difensori della parte ricorrente hanno posto l’accento sull’illegittimità della funzione esplicata dall’autorità portuale, che non avrebbe predeterminato con la dovuta chiarezza i criteri da seguire nell’assegnare le concessioni per cui è lite;
tale argomentazione si coniuga con quelle spese in altro passo delle allegazioni della parte, laddove si denuncia l’orientamento favorevole maturato all’interno dell’autorità portuale per le istanze delle controinteressate.

Tali asserzioni meritano un esame specifico, a cui va premessa l’adesione all’orientamento maturato in giurisprudenza che sottolinea l’ampia discrezionalità che le norme del codice della navigazione – sul punto non incise dalla legislazione successiva se non sull’abbandono del principio di insistenza – attribuiscono all’ente titolare in merito alla destinazione dei beni demaniali marittimi, che si tratti di imprimer loro un utilizzo balneare od imprenditoriale. La norma che viene in applicazione (cons. Stato, 18.1.2012, n. 169, id, 2.2.2012, n. 585) è l’art. 37 cod. nav., che costituisce il limite della ricordata discrezionalità amministrativa, risultando in capo all’ente portuale l’obbligo di chiarire nel provvedimento decisorio i criteri applicati nella scelta tra più domande di concessione concorrenti (ad esempio tar Toscana, 24.7.2016, n. 319, tar Campania, Napoli, 9.5.2014, n. 2576, cons. Stato 11.12.2009, n. 7765, id, 31.5.2006, n. 3312).

Ne consegue l’asserzione contenuta nella giurisprudenza citata circa la non necessità di predeterminare i criteri decisori, al di là di quanto è stabilito dal ricordato art. 37 cod. nav., sia che si tratti di un’assegnazione a domanda delle parti o ad iniziativa dell’ufficio.

La negazione della possibilità di applicare la normativa sui contratti pubblici è talvolta temperata in giurisprudenza con il richiamo alle forme di pubblicità circa l’indizione dell’incanto o alle forme dell’invito ad offrire (tar Lazio, Latina, 2.2.2012, n. 66), mentre la richiesta della predeterminazione dei criteri che si seguiranno in sede di assegnazione è disattesa per lo più in base alla considerazione della natura di contratti attivi che le norme sulla contabilità pubblica assegnano alle ipotesi in questione.

Quanto è sempre ritenuto necessario è invece la spiegazione dei criteri effettivamente seguiti per la decisione, un ambito della discrezionalità che è delimitato dalle previsioni dell’art. 37 cod. nav, che nella specie risulta rispettato, dal che l’infondatezza dell’allegazione in questione.

Con le ulteriori censure la ricorrente principale denuncia l’illegittimità dell’implicito assunto su cui si basa la determinazione lesiva, secondo cui la domanda 27.12.2013 delle controinteressate per il rilascio delle concessioni in contestazione avrebbe dovuto essere esaminata avendo riguardo alla sua data di presentazione, senza riguardo ai successivi sviluppi che hanno coinvolto la società originariamente istante (MYSG). La tesi esposta è nel senso che l’esito dell’asta fallimentare ha mutato totalmente il contesto in cui l’autorità si è trovata a decidere, sì che si sarebbe presentata come necessitata l’assegnazione del titolo alla ricorrente aggiudicataria dell’incanto.

Il collegio non condivide la censura.

Va osservato innanzitutto che il punto di riferimento da adottare da parte di chi deve decidere a fronte di più domande concorrenti per conseguire una concessione (art. 37 cod. nav.) è la situazione esposta alla data della domanda;
la disciplina generale delle gare pubbliche prevede infatti che sia fissato un tempo al quale fare riferimento per valutare i requisiti addotti dai partecipanti, e tale presupposto non viene meno in forza della condivisa opinione maturata in giurisprudenza (tra le molte, tar Liguria, 17.7.2015, n. 686 e tar Toscana, 27.5.2015, n. 822) circa la generale inapplicabilità della disciplina degli appalti pubblici alla materia delle concessioni demaniali marittime.

Le procedure di che si tratta sono tuttavia disciplinate dai principi di derivazione comunitaria che richiedono che l’attività amministrativa si svolga secondo i criteri di correttezza e trasparenza: in tal senso la predeterminazione di una data di riferimento rientra tra i presupposti della correttezza della procedura.

Peraltro la ritenuta eccentricità della materia rispetto a quella disciplinata – al tempo dei fatti – dal d.lvo 12.4.2006, n. 163 induce a ritenere che una procedura concursuale costituisca un fatto rilevante anche ai fini della determinazione che l’autorità portuale doveva assumere;
si è trattato infatti di un evento rilevante come è il fallimento di un soggetto che aveva presentato una rituale istanza di assegnazione di una concessione, e di una gara per l’attribuzione dei beni che meglio saranno qualificati in seguito, essendosi tra l’altro svolto il tutto con le garanzie proprie di un procedimento giurisdizionale.

Su tali presupposti la ricorrente assume che l’ente portuale abbia predeterminato la decisione per lei sfavorevole omettendo di considerare la fase nel frattempo svoltasi avanti all’ufficio fallimentare, e la prova di tale condotta illegittima si rinverrebbe nella data (2.8.2014, quando l’assegnazione dei beni della massa era avvenuta nel luglio precedente) di pubblicazione della domanda che la controinteressata e le intervenute avevano depositato oltre sette mesi prima. Il ritardo così registratosi configurerebbe l’evidenza della precostituzione della volontà dell’autorità portuale, in contrasto con le previsioni denunciate che impongono invece una decisione sull’assegnazione delle concessioni che tenga conto di tutti i profili rilevanti per l’assunzione dei provvedimenti.

Con le successive difese depositate la ricorrente arricchisce le allegazioni rilevando che l’autorità avrebbe rifiutato di tener conto dell’esito della gara svoltasi avanti al giudice delegato, con ciò apportando ulteriori elementi di prova a corredo della censure in rassegna.

Il collegio osserva a tale riguardo che la collocazione al 2.8.2014 della pubblicazione della domanda del raggruppamento controinteressato è formalmente corretta, ma sostanzialmente non convincente.

Gli atti allegati rappresentano infatti una situazione che ha visto le domande di attribuzione dei titoli demaniali sottostare ad una lunga procedura, derivata tra l’altro dai ripensamenti o dagli aggiustamenti delle istanze stesse ad opera dei richiedenti. In tal senso depongono i documenti da dodici e seguenti delle produzioni 21.9.2015 dell’autorità portuale, così come gli allegati da uno a cinque versati dalla controinteressata il 21.1.2015. Più specificamente da tali documenti si ricava che dopo la domanda 23.12.2013, il raggruppamento controinteressato depositò la proposta di accordo sostitutivo 28.4.2014 che apportava mutamenti alla precedente istanza, che a sua volta si poneva in linea di continuità, mutandola in parte rispetto alle domande risalenti al 2011.

Anche la richiesta 29.7.2011 della poi fallita MYSG non era stata definita dall’amministrazione allorché intervennero i descritti fatti impeditivi della sua operatività: ne discende che la durata dei procedimenti ed il loro sovrapporsi non solo per responsabilità dell’amministrazione non possono essere addotti a prova della sussistenza di un pregiudizio sfavorevole dell’ente portuale nei confronti della ricorrente. Quanto significano gli atti impugnati, nella parte appunto in cui sono censurati, riguarda la durata residua delle concessioni, che la p.a. ha ritenuto di non mutare in considerazione dell’occorsa gara fallimentare.

Ma tale determinazione appare coerente con l’art. 37 cod. nav., che non specifica che un’assegnazione in tale sede possa comportare di per sé un diritto di prelazione all’attribuzione di una concessione demaniale marittima;
al contrario la normativa applicabile è precisa nel delimitare l’esercizio del potere discrezionale ai criteri di interesse pubblico rinvenibili nel miglior funzionamento delle attività portuali, cosa che esclude che un titolo possa essere trasferito da un soggetto all’altro solo in forza di quanto allegato dalla ricorrente.

In concreto il collegio può concordare con quanto si legge nell’ordinanza citata del gip presso il tribunale di Genova nella parte in cui non sono stati ravvisati gli elementi di fatto idonei a configurare le denunciate ipotesi di reato di cui all’art. 323 cp, che erano state invece individuate nella presunta posizione di favore assunta dalla p.a. nei confronti di una parte a discapito di un’altra.

Ne deriva che l’amministrazione ha applicato l’art. 37 cod. nav. in modo indenne dalle censure proposte, particolarmente nella parte in cui la norma prescrive di apprezzare al meglio le offerte di tutte le parti concorrenti alla decisione sull’assegnazione della concessione.

Oltre a ciò l’autorità portuale non ha denegato l’effettiva considerazione della posizione della ricorrente al momento della scelta poi effettuata, situazione non direttamente dedotta in questo giudizio, sì che anche sotto questo profilo non appaiono dirimenti le censure che lamentano che l’amministrazione abbia precostituito una posizione di disfavore a danno della deducente, rifiutando di tenerla in considerazione per l’attribuzione dei titoli.

Va infatti ritenuto che quanto ottenuto dalla ricorrente avanti al giudice delegato dovesse essere esaminato dall’autorità in sede di attribuzione del titolo conteso, senza che tale determinazione del tribunale fallimentare divenisse decisiva ai fini della decisione.

Anche il secondo ed il terzo motivo del ricorso introduttivo sono pertanto infondati vista la delimitazione delle impugnazioni delle concessioni temporanee attribuite alla ricorrente.

Le conclusioni così raggiunte permettono di esaminare i motivi dedotti in via incidentale.

Con un primo profilo dedotto con l’atto depositato il 12.2.2015 parte controinteressata lamenta l’errore commesso dall’autorità portuale che non ha espunto la domanda della ricorrente in via principale dalla valutazione per l’assegnazione delle concessioni già richieste dalla fallita MYSG.

La tesi esposta è nel senso che quanto caduto nella massa fallimentare non configurava un’azienda, trattandosi di pochi beni strumentali di scarso valore e della possibilità di avvalersi di una banchina e di uno specchio d’acqua nel porto per un periodo così limitato che il tutto non poteva essere qualificato alla stregua di un’azienda;
in conseguenza di ciò la domanda presentata da L L C non avrebbe dovuto essere ammessa all’esame comparato previsto dall’art. 37 cod. nav.

Il collegio non può condividere tale tesi per le ragioni che seguono.

Parte controinteressata ammette di aver presentato anch’essa una domanda per acquistare i beni caduti nella massa fallimentare, ma di essere stata esclusa dall’incanto proprio per aver rappresentato all’ufficio giudiziario che la proposta negoziale riguardava dei singoli beni relitti, e non già un’azienda.

Il diniego così pronunciato dal giudice fallimentare avrebbe potuto essere impugnato ai sensi dell’art. 26 l. fall., sì che l’acquiescenza mostrata in tale sede dalla parte controinteressata non può essere sovvertita in questo giudizio con una deduzione diversa ed opposta rispetto a quella palesata avanti al giudice delegato.

Gli esiti del procedimento giurisdizionale svoltosi avanti al giudice delegato possono avere efficacia di giudicato in questa sede: le parti erano infatti quelle che si contendevano la concessione e che sono oggi in causa (art. 2909 cod. civ) – con l’ovvia eccezione dell’autorità portuale – sì che l’inoppugnata decisione del GD e la contraddittoria linea di condotta tenuta dalla controinteressata appaiono bastevoli a far disattendere il motivo.

Va notato per completezza che erano differenti le posizioni della ricorrente e della controinteressata a fronte delle decisioni assunte dall’ufficio fallimentare.

Il giudice delegato estromise quest’ultima dall’incanto ritenendo che essa avesse interpretato in modo erroneo l’impostazione che il giudice stesso aveva dato al decreto che indusse l’incanto: la ricordata disposizione sull’efficacia e sull’estensione del giudicato avrebbe potuto legittimare parte Amico &
co a ricorrere allo strumento previsto in generale dall’art. 26 l. fall., in difetto di che le doglianze svolte in questa sede sono inammissibili.

Per completezza può osservarsi che anche L L C srl ritenne verosimilmente distonici rispetto ai propri piani imprenditoriali la ricordata missiva dell’autorità portuale ed il suo richiamo in sede di incanto, ma tale parte non era onerata a proporre l’impugnazione prevista dalla legge fallimentare, non trattandosi di un atto decisorio del giudice delegato, ma soltanto della specificazione da parte dell’ufficio concursuale di una verosimile qualità di taluno dei beni (la concessione demaniale) subastati.

Deriva da ciò che sono inammissibili le censure proposte per la dichiarazione di illegittimità della concessione, nella parte in cui l’autorità portuale ha ritenuto che la ricorrente abbia acquistato con l’incanto l’azienda della fallita MYSG.

Con le ulteriori doglianze proposte con il ricorso incidentale 12.2.2015 la controinteressata lamenta:

la violazione delle norme rubricate in materia di attribuzione dei titoli concessori, visto che l’autorità portuale non ha tenuto conto del prevalente interesse pubblico che presupponeva la sostituzione del concessionario (MYSG) che aveva cessato l’impiego del bene pubblico sin dalla data della sua messa in liquidazione;

l’inerzia dell’autorità che ha lasciato decorrere molto tempo prima di decidere sulla domanda proposta dal raggruppamento controinteressato per l’assegnazione della banchina e dello specchio d‘acqua dismessi dalla MYSG posta in liquidazione volontaria;

lo sviamento dell’attività amministrativa dell’autorità portuale, posto che l’attribuzione della pur breve concessione alla ricorrente principale sarebbe stata decisa solo per concludere il procedimento aperto da tempo, e non già per soddisfare l’interesse pubblico che avrebbe richiesto il riconoscimento della preferenza alla domanda del raggruppamento controinteressato che offriva una prospettiva di sfruttamento del bene più ampia in termini di anni.

In ordine alle questioni elencate il tribunale amministrativo:

deve ribadire che la sopravvenuta inutilizzazione dei beni in uso a MYSG non avrebbe comunque portato ad attribuire il titolo ai controinteressati, essendo impossibile pretermettere la considerazione dell’esito della procedura concursuale, pur non essendo questa decisiva ai fini dell’assegnazione di che si tratta;

nota a proposito dell’inerzia palesata dall’autorità portuale che l’originaria interessata MYSG aveva proposto il giudizio RG 1042/2012, che la controinteressata era a conoscenza di ciò e avrebbe potuto coltivare la lite spiegando un idoneo intervento;

rileva che la natura temporalmente breve dalla concessione richiesta dalla srl L L C era solo nominale, posto che l’istanza da questa presentata all’autorità portuale immediatamente dopo la conclusione dell’asta fallimentare prefigurava una ben diversa prospettiva, una questione su cui l’ente titolare della potestà era tenuto a pronunciarsi.

Le censure proposte non sono pertanto meritevoli di accoglimento.

Le considerazioni ora svolte comportano la reiezione anche dei motivi proposti con i ricorsi contenenti i motivi aggiunti all’impugnazione incidentale depositata, posto che tali censure ripropongono le tematiche ora esaminate con riferimento ai successivi atti adottati dall’autorità portuale.

In merito alla comparazione concretamente effettuata tra le domande delle parti, un tema trattato solo con il ricorso depositato il 7.10.2015, si osserva che esso costituisce il principale oggetto del ricorso RG 814/2014 vertente tra le parti, sì che il collegio ritiene opportuno riservare la decisione a tale sede.

In conclusione i ricorsi di entrambe le parti non possono essere accolti.

La complessità delle questioni trattate e la reciproca parziale soccombenza inducono a ritenere equa l’integrale compensazione delle spese tra tutte le parti in causa.

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