TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2022-09-24, n. 202212134

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2022-09-24, n. 202212134
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202212134
Data del deposito : 24 settembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/09/2022

N. 12134/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00455/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 455 del 2020, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati G G, N G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato N M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Liegi 48a/50;

nei confronti

-OMISSIS-., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati E L, A D M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio E L in Roma, via Cesare Beccaria, 29;

per l'annullamento

del provvedimento emesso dall’Ordine Provinciale di Roma dei Medici in data 7/11/2019 e comunicato al ricorrente a mezzo PEC in data 13/11/2019, con il quale l’Ordine rigettava l’istanza di cancellazione retroattiva dall’albo professionale avanzata dal Dott.-OMISSIS-;

di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorché allo stato non conosciuto


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’-OMISSIS- e dell’-OMISSIS-.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 giugno 2022 la dott.ssa A G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I. - L’atto introduttivo del giudizio è preordinato ad ottenere l’annullamento del provvedimento con cui l’-OMISSIS- ha respinto l’istanza del 18/04/2019 del ricorrente, che dopo aver ottenuto la cancellazione dal medesimo Ordine in data 18/10/2018, chiedeva la retrodatazione degli effetti della stessa cancellazione a far data dal 1/04/2018, momento a decorrere dal quale al ricorrente è stata conferita la pensione di invalidità e certificata l’impossibilità assoluta a svolgere la propria attività professionale. La richiesta di retroattività è stata avanzata per porre rimedio al pregiudizio subito in conseguenza della determinazione dell’-OMISSIS-., dopo aver conferito al ricorrente la pensione diretta di inabilità, liquidata con il sistema misto a decorrere dal 1/4/2018, di farne decorrere il pagamento “dal 01/11/2018, primo giorno del mese successivo alla cancellazione dall’Albo Professionale dei -OMISSIS-, avvenuta in data 18/10/2018 ”.

II. - Il provvedimento in esame è censurato sotto i seguenti profili di legittimità:

1. difetto di istruttoria - erronea valutazione dei fatti - manifesta ingiustizia del provvedimento adottato per carenza di normativa a supporto , in quanto nessuna previsione normativa vincola l’Ordine a negare l’efficacia retroattiva ai propri provvedimenti di cancellazione dall’albo dei propri iscritti, specie se si tratta di provvedimenti favorevoli per il destinatario;

2. violazione di legge e in particolare dell’art. 3, l. n. 241/1990, difetto di motivazione;
violazione dell’art. 97 Cost.
, in quanto non viene esplicitato il percorso logico-giuridico seguito dalla p.a. per giungere al diniego adottato;

3. violazione di legge e in particolare degli artt. 10- bis e 21- octies , l. n. 241/1990, omessa preventiva comunicazione dei motivi ostativi;
violazione dell’art. 97 Cost.
, in quanto la p.a., non comunicando all’istante i motivi che ostavano alla positiva conclusione del procedimento, ha negato all’interessato la possibilità di fornire elementi per far mutare indirizzo.

III. - L’Ordine provinciale di Roma dei -OMISSIS-, costituito in giudizio, ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso assumendo, da un lato, il carattere meramente confermativo dell’atto impugnato, dall’altro, il difetto di giurisdizione del g.a. sulla materia oggetto della controversia e ha chiesto nel merito il rigetto del ricorso.

Con successive memorie la stessa resistente ha ribadito le proprie conclusioni, precisando che il pregiudizio lamentato dal ricorrente discende da un provvedimento di fonte -OMISSIS-. e non anche nei provvedimenti e/o atti resi dall’Ordine dei Medici. La parte ha replicato insistendo per l’accoglimento del ricorso.

Il controinteressato -OMISSIS-. si è costituito in giudizio, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso, contestata ogni deduzione, allegazione ed argomentazione avversaria, con riserva di sviluppare più ampie difese.

IV. - All’udienza pubblica del 10 giugno 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

I. - In via preliminare deve formare oggetto di esame l'eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dall’amministrazione intimata sotto il duplice profilo del difetto di giurisdizione e del carattere meramente confermativo dell’avversato atto.

L’eccezione è infondata.

I.1. – Con riferimento al dedotto difetto di giurisdizione, l’eccezione di inammissibilità è da ritenere infondata, in quanto la controversia investe la pretesa (avente natura di interesse legittimo) ad ottenere la retrodatazione degli effetti della già deliberata cancellazione dall’albo professionale, ottenuta a fronte di una precedente richiesta.

L’attività dell’amministrazione, deputata alla corretta tenuta e gestione degli albi professionali subordinatamente alla verifica del possesso dei requisiti professionali e delle competenze tecnico-scientifiche necessarie per l’esercizio della professione, nel caso di specie appare, più che mai, preordinata in via prioritaria e diretta alla tutela dell’interesse pubblico di garantire i privati che fanno ricorso alle prestazioni del professionista iscritto e il loro affidamento nella sussistenza delle condizioni di appartenenza all’albo, visto che la retroattività degli effetti della cancellazione incide direttamente sulla certezza delle posizioni giuridiche coinvolte, con effetti che esorbitano dalla sfera giuridica del professionista.

A ben vedere, dunque, l’interesse privato di cui quest’ultimo è portatore può trovare tutela solo in via mediata, attraverso l’esercizio di un potere pubblicistico, assumendo in tal modo la consistenza di interesse legittimo, con conseguente affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo ( ex plurimis , Cons. Stato, Ad. Plen. 24 maggio 2007, n. 8;
sez. VII, 16 marzo 2022, n. 1865).

I.2. - Inoltre, non appare condivisibile la qualificazione dell’impugnato diniego di far retroagire la cancellazione dall’albo professionale del ricorrente ovvero di correzione della data dell’originario provvedimento di cancellazione, reso in data 7.11.2019, quale atto meramente confermativo e non come atto di natura provvedimentale, conferma in senso proprio, e quindi autonomamente impugnabile.

Invero, stante quanto precede, il Dott.-OMISSIS- ritenendo di aver subito un pregiudizio ha presentato, in data 18.4.2019, all’ “Ordine dei Medici” istanza tesa ad ottenere la cancellazione retroattiva dall’Albo “a far data dal 1.04.2018, momento a decorrere dal quale al ricorrente veniva conferita la pensione di invalidità”.

L’atto di diniego impugnato così recita “A seguito del ns. incontro e della Sua istanza del 14 ottobre u.s., abbiamo esaminato con il ns. legale di fiducia la Sua posizione e siamo spiacenti di comunicarLe che non è possibile accogliere la Sua richiesta”.

Nonostante il tenore del provvedimento impugnato sembrerebbe deporre nel senso di un atto meramente confermativo, con cui la PA si rifiuta di rideterminarsi su questioni su cui ha già provveduto, in realtà, a ben vedere, con l’atto in questione, l’Ordine dei medici convenuto non si è limitato a ribadire il contenuto della precedente cancellazione dall’albo del 18/10/2018, tenuto conto che:

- non solo lo stesso è stato adottato a seguito di una nuova e diversa istruttoria - come è possibile evincere da alcuni punti della motivazione del provvedimento (“ A seguito del ns. incontro e della Sua istanza ... abbiamo esaminato con il ns. legale di fiducia la sua posizione … ”) – da parte dell’amministrazione, che ha compiuto una nuova valutazione dopo aver raccolto ulteriori e nuovi elementi, acquisendo l’avviso dell’esperto legale, trovandosi al cospetto di una domanda dal contenuto inedito;

- ma soprattutto a tal fine risulta determinante il fatto che la richiesta riscontrata con l’atto in esame è diversa da quella inizialmente presentata in data 3/10/2018 - non depositata agli atti dal ricorrente, ma solo dall’Amministrazione resistente (all. 4 alla memoria di costituzione) – che era una semplice istanza di cancellazione dall’Albo per rinuncia, ai sensi dell’art. 11, lett d), DLCPS n. 233/1946;
detta istanza ha originato il procedimento sfociato nel provvedimento di cancellazione del 18/10/2018 che avrebbe dovuto essere impugnato nei termini nella parte in cui sanciva una decorrenza degli effetti diversa da quella pretesa dal richiedente;
la seconda istanza, invece, nella misura in cui esplicita il motivo per cui si chiede la cancellazione, può essere intesa nel senso che non si limita esclusivamente ad “integrare” la prima domanda di cancellazione – sulla quale la PA aveva comunque già provveduto con atto non impugnato – relativamente alla (sola) efficacia nel tempo, avanzando la pretesa alla sua efficacia ex tunc ;
ma si presta ad essere intesa come “nuova” domanda in cui la richiesta di ancorare la decorrenza degli effetti della cancellazione al momento del riconoscimento dello stato di invalidità è “motivata” dalla specifica “causa” della cancellazione – non esplicitata nella prima istanza – che avrebbe dovuto indurre la PA a rinnovare l’esame dell’istanza. In altri termini la novità dell’istanza potrebbe essere ravvisata nella “causa” per cui si chiede la cancellazione, cioè per fatti sopravvenuti, indipendenti dalla volontà del professionista, che ne comportano l’impossibilità di prestare l’attività lavorativa per cui era stata richiesta l’iscrizione all’albo professionale, da cui chiede di essere depennato. In tale prospettiva l’istanza sarebbe volta alla cancellazione a “titolo” diverso, cioè per impossibilità (oggettiva) a proseguire nell’esercizio della professione (che prescinde dalla scelta dell’interessato), anziché per mero atto di volontà dell’interessato (causa “soggettiva” di cancellazione), com’è nel classico caso di rinuncia all’iscrizione ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. c) (già art. 11, lett d)) DLCPS n. 233/1946.

In tale ottica finalistica va riconosciuto che in capo al ricorrente nell’odierno caso insisteva l’interesse non (sol)tanto alla mera cancellazione dall’albo, ma altrettanto quello al riconoscimento della retroattività degli effetti della cancellazione già concessa per conseguire il trattamento di invalidità richiesto ad altro Ente.

Pertanto, essendo l’atto impugnato espressione di una nuova istruttoria (in quanto prende in considerazione anche l’ulteriore e nuovo elemento del diverso “motivo” per cui è richiesta la cancellazione, cioè l’impedimento all’esercizio dell’attività lavorativa) e di una nuova valutazione delle “conseguenze giuridiche” che discendono dalla considerazione dei “motivi della richiesta”, lo stesso deve essere qualificato quale conferma in senso proprio, alla luce della costante giurisprudenza in materia, secondo cui l'atto di conferma in senso proprio è quello adottato all'esito di una nuova istruttoria e di una rinnovata ponderazione degli interessi e pertanto connotato anche da una nuova motivazione, per cui “ non può considerarsi " meramente confermativo " di un precedente provvedimento l'atto la cui adozione sia stata preceduta da un riesame della situazione che aveva condotto al primo provvedimento, giacché solo l'esperimento di un ulteriore adempimento istruttorio, mediante la rivalutazione degli interessi in gioco e un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la fase considerata, può condurre a un atto "propriamente confermativo", in grado, come tale, di dare vita a un provvedimento diverso dal precedente e quindi suscettibile di autonoma impugnazione ” ( ex multis da ultimo Cons. Stato Sez. V, 15/09/2022, n. 8011;
Sez. VI, 12/01/2022, n. 204). Invero, le conclusioni rassegnate appaiono confermate anche dalla considerazione che l’atto meramente confermativo si sostanzia nella manifestazione della volontà dell’Amministrazione di non ritornare sulle scelte già effettuate , che nel caso che ci occupa, per quanto illustrato, non ricorre.

I.3. - Per i suesposti argomenti, l’eccezione di inammissibilità in relazione alla duplice prospettazione analizzata non merita accoglimento.

II. - Nel merito il ricorso è infondato.

In proposito appare utile premettere in punto di fatto - prescindendo dal riferire circostanze controverse, in ragione della loro irrilevanza ai fini della definizione della lite - che:

- il ricorrente, dopo numerosi anni di servizio presso l'ASL di Roma, con la qualifica di dirigente medico (radiologo) diveniva inabile a continuare la propria attività lavorativa, a causa di una sopravvenuta grave e invalidante malattia;

- invero, la Commissione Medica per le Invalidità Civili riconosceva il ricorrente, in data 24/05/2017, invalido civile, con totale e permanente inabilità lavorativa al 100% e impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore (ex L. 18/1980), con contestuale liquidazione dell’assegno di accompagnamento a carico dell’-OMISSIS-.;

- in data 19/06/2017, presentava istanza alla ASL competente, al fine di essere sottoposto a visita medica, richiedendo i benefici della Legge 335/95 e veniva così sottoposto ad accertamenti medici presso la Commissione Medica di Verifica di Roma che in data 7/03/2018 lo dichiarava, con giudizio definitivo, non idoneo permanentemente in modo assoluto al servizio come dipendente di amministrazione pubblica, ex artt. 55-octies del D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e a proficuo lavoro, con impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa ;

- conseguentemente l’ASL competente gli comunicava formalmente la risoluzione del contratto di lavoro, a far data dal 1/04/2018;

- in data 5/04/2018, il ricorrente provvedeva ad inoltrare apposita domanda per l’erogazione della pensione di inabilità all’-OMISSIS-.;

- in data 13/10/2018 il ricorrente presentava l’istanza di cancellazione dall’albo all’Ordine dei -OMISSIS- di appartenenza;

- il 18/10/2018, in accoglimento della soprarichiamata istanza, presentata il 3/10/2018, veniva deliberata la cancellazione formale dall’albo da parte dell’Ordine dei -OMISSIS- della provincia di Roma;

- con nota comunicata il 31/12/2018 l’-OMISSIS-. conferiva e liquidava, a decorrere dal 1/4/2018, la pensione diretta di inabilità al ricorrente, con pagamento a decorrere dal 01/11/2018, primo giorno del mese successivo alla cancellazione dall’Albo Professionale dei -OMISSIS-, avvenuto il 18/10/2018;

- con istanza del 18/04/2019 – di cui si lamenta il mancato accoglimento - il ricorrente chiedeva di modificare la decorrenza giuridica degli effetti della delibera dell’Ordine chiedendo la retrodatazione della cancellazione dal medesimo Ordine al 01/04/2018, momento a decorrere dal quale al ricorrente veniva conferita la pensione di invalidità, certificata la propria impossibilità assoluta a svolgere l’attività professionale.

- con provvedimento 13/11/2019 l’-OMISSIS- respingeva l’istanza del 18/04/2019.

III. - Con il primo motivo di ricorso la parte deduce il difetto di istruttoria e l’erronea valutazione dei fatti, nonché l’ingiustizia del diniego opposto all’istanza di riconoscimento dell’efficacia retroattiva della cancellazione, attesa la mancanza di un esplicito divieto normativo sul punto.

La censura è destituita di fondamento.

III. 1 – Innanzitutto l’operato dell’Amministrazione risulta immune dal denunciato difetto di istruttoria – essendo incontestati gli elementi fattuali (come sopra riepilogati) – e non essendo configurabile alcun profilo di “erronea valutazione dei fatti”, risultando gli stessi correttamente considerati nella loro “fattualità” (che è questione diversa rispetto a quella della decorrenza del provvedimento).

La censura in esame, infatti, solleva il problema della retroattività del provvedimento amministrativo. In proposito, appare utile una breve premessa di carattere teorico sull’efficacia del provvedimento amministrativo.

L’atto amministrativo ha effetti limitati, oltre che nello spazio, nel tempo e a quest’ultimo proposito, per quel che in questa sede rileva, bisogna porre attenzione al momento dell’inizio della produzione degli effetti.

Di norma una volta concluso il procedimento, il provvedimento è perfetto ed è astrattamente in grado di dispiegare gli effetti che gli sono propri. Tuttavia non sempre il dispiegamento degli effetti è attuale perché può accadere che questi sia procrastinati ad un momento successivo rispetto alla sua adozione per l’apposizione di un termine iniziale o di una condizione sospensiva ovvero perché il provvedimento è soggetto a controlli preventivi.

La regola generale è in ogni caso che il provvedimento esplica effetti solo per il futuro, visto che la retroattività incontra, da un lato, limiti di natura logica alla luce dei principi di simultaneità tra effetto e fatto, di condizionalità giuridica (che postula la priorità del fatto rispetto all’effetto) e della irresistibile forza del fatto compiuto rispetto alla sua rimozione ( factum infertum fieri nequit ) nonché dall’altro lato, e al contempo, limiti di natura giuridica, configurandosi l’irretroattività quale addentellato di superiori principi generali dell’ordinamento, quali quelli di legalità, di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento. E così, come costantemente affermato dalla giurisprudenza, per gli atti amministrativi vige la regola generale della irretroattività degli effetti (ex plurimis, Cons St., V, 12/10/2001, n. 5395: “ L’irretroattività della legge costituisce un principio generale dell’ordinamento giuridico che, pur non essendo elevato a dignità costituzionale al di fuori della materia penale e della salvaguardia di norme costituzionali, rappresenta pur sempre una regola essenziale del sistema, da applicare per la certezza dei rapporti giuridici. A tale principio, pertanto, può derogarsi in via eccezionale solo se l’effetto retroattivo è statuito esplicitamente e direttamente dal legislatore o deriva dalla particolare natura della norma, per cui ogni provvedimento amministrativo ha come substrato una situazione di fatto e di diritto che ne giustifica l’adesione e che non può essere incisa con un effetto ex tunc se non in ipotesi eccezionali e per situazioni tassativamente contemplate dal legislatore ”).

Tuttavia, a fronte di questa regola generale, in linea con le prospettazioni attoree, esistono provvedimenti, per i quali è consentita la retroattività degli effetti:

1) i provvedimenti retroattivi per legge, ossia quelli la cui retroattività sia espressamente autorizzata, a monte, da specifiche disposizioni di legge attributive o disciplinatrici del potere amministrativo esercitato;

2) i provvedimenti doverosamente retroattivi, perché adottati dalla p.a. in ottemperanza a pronunce rese in sede giurisdizionale o giustiziale;

3) i provvedimenti retroattivi per natura, tipicamente gli atti di controllo e l’annullamento d’ufficio, ed in generale gli atti di secondo grado quali, ad esempio, la convalida, la ratifica, la sanatoria, la rettifica, i cui effetti si producono sin dal momento dell’adozione del provvedimento di primo grado oggetto dell’autotutela;

4) i provvedimenti la cui retroattività è riconducibile, nel rispetto di limiti rigorosi, a una scelta discrezionale della p.a., purché si tratti di provvedimenti che arrechino un vantaggio al destinatario, senza ledere i terzi o l’interesse pubblico.

Tanto premesso in linea generale sulla retroattività degli atti amministrativi, occorre verificare l’applicabilità di tali principi ai diversi procedimenti, avuto riguardo alla natura del potere esercitato ed alla finalità perseguita.

Appunto è in tale prospettiva funzionale che il Consiglio di Stato con sentenza n. 835 del 12.11.1993 ha chiarito che l'ordine è autonomo nel decidere che la delibera di cancellazione dall'albo possa essere retroattiva - con il limite massimo alla data di presentazione della richiesta di cancellazione (a condizione che a quella data risulti ricevuta dall'ordine destinatario, trattandosi di atto recettizio) – ove a ciò non osti uno specifico vincolo normativo.

III.2. - Il ricorrente invoca, a proprio favore la “direzione” degli effetti giuridici, sottolienando che si tratta di atto avente esclusivamente effetti favorevoli nei confronti del richiedente, sicché ritiene che nel caso di specie sarebbe stato possibile disporre la retroattività del provvedimento di cancellazione, derivando dalla stessa un effetto favorevole all’interessato, quale l’erogazione della pensione di invalidità dal momento in cui la stessa è stata riconosciuta con provvedimento dell’I.P.N.S. a far data dal 1° aprile 2018.

La censura tuttavia non coglie nel segno, in quanto, in primo luogo, nel merito dell’argomento dedotto si osserva che la categoria di provvedimenti per i quali, in conseguenza di una scelta discrezionale dell’amministrazione, è predicabile la retroattività degli effetti, riguarda i provvedimenti vantaggiosi in senso stretto, i provvedimenti direttamente accrescitivi della sfera giuridica del destinatario. Nel caso all’esame del Collegio il vantaggio precluso - l’erogazione della pensione di invalidità fin dal momento del riconoscimento del diritto alla stessa - non è quello che discende direttamente dal provvedimento impugnato - che invece consiste nella mera cancellazione dall’albo (la quale, a ben vedere, solo perché a richiesta di parte, non si traduce in un pregiudizio per l’interessato e, in ogni caso, non è un atto ampliativo) - ma è un bene della vita diverso, la cui acquisizione è subordinata all’adozione di un ulteriore provvedimento da parte di una pubblica autorità diversa, l’-OMISSIS-. La cancellazione retroattiva dall’albo non sarebbe recta via satisfattiva dell’interesse all’erogazione della prestazione economica di cui il ricorrente invoca la tutela, ciò che potrebbe assumere rilevanza sul piano dell’interesse a ricorrere.

III.3. - Inoltre, la parte non tiene conto che la modulabilità degli effetti del provvedimento amministrativo da parte dell’autorità procedente postula la titolarità di una sfera di discrezionalità in capo alla p.a., che si traduce nel potere di incidere sul dies a quo dell’efficacia del provvedimento, impregiudicati la funzionalizzazione all’interesse pubblico curato nonché (come accade anche nel caso di leggi retroattive, cfr. Corte Cost. sentenze n.155/1990;
n. 283/1993;
264/2012;
85/2013) il contenimento entro limiti di ragionevolezza e proporzionalità.

Ai fini della cancellazione dall’albo nel caso di rinuncia all’iscrizione, il potere di incidere sulla decorrenza degli effetti rientra nella sfera di dominio del solo iscritto, attraverso la presentazione dell’apposita istanza (cfr. art. 6, co. 1, lettera c) del D. lgs. C.P.S. n. 233/1946 - già art. 11 lettera d del D.lgs. C.P.S. n. 233/1946 - introdotto dal comma 1 dell’art. 4 recante Riordino della disciplina degli Ordini delle professioni sanitarie della legge n. 3/2018), al cui cospetto l’Ordine professionale è titolare di un potere vincolato.

In altri termini, la posizione giuridica dell’iscritto che “domanda” all’Ordine di appartenenza la cancellazione dall’Albo esercita un vero e proprio “diritto potestativo” (vedi, da ultimo, in tal senso, TAR Lazio, sez. V bis, n. 7818/2022), a fronte del quale l’Ente incaricato della tenuta dell’Albo non ha alcun potere discrezionale da esercitare, limitandosi a “prendere atto” della manifestazione di volontà, potendo opporre solo le cause tassativamente previste dalla normativa in materia (es. mancato versamento contributi) a tutela dell’ente, di altri iscritti o della categoria (tant’è che, per tale motivo, alcuni ritengono che le relative controversie rientrino nella giurisdizione del giudice ordinario, come ricordato dall’Amministrazione nella propria memoria difensiva).

III.4. - Peraltro per completezza, anche a voler valorizzare il motivo specifico sotteso alla seconda istanza, con cui il ricorrente chiede la cancellazione non a “titolo” meramente “volontaristico” (soggettivo), come nel classico caso di rinuncia all’iscrizione, ma in ragione dell’elemento “oggettivo” dell’impossibilità di prestare attività lavorativa, la retroattività della cancellazione può essere comunque preclusa per altre ragioni.

Al riguardo, il Collegio ritiene di dover analizzare la questione anche da punto di vista dei suddetti limiti naturali che incontra la retroattività (sia essa la retroattività in senso stretto sia essa la retroattività per espressa disposizione di legge o per la natura dell’atto), che richiedono di tenere conto delle posizioni giuridiche soggettive dei terzi;
dell’impossibilità di eliminare i fatti avvenuti in epoca anteriore, secondo il principio factum infectum fieri nequit ;
e della necessaria preesistenza dei presupposti di fatto e di diritto richiesti per l’emanazione dell’atto cui si intende dare efficacia retroattiva, fin dalla data alla quale si vogliono far risalire gli effetti dell’atto stesso.

Ebbene, in ultima analisi, il problema della retroattività rileva sul piano del rispetto del principio di certezza dei rapporti giuridici, che in materia di iscrizione e cancellazione dagli albi professionali si afferma con maggiore forza, attese le inevitabili implicazioni travalicanti la sfera giuridica del professionista, che impongono di tutelare l’affidamento dei terzi circa la sussistenza delle condizioni di appartenenza all’albo e la legittimazione all’esercizio della professione anche ai fini della serietà e puntualità delle prestazioni erogate e della stabilità e validità degli atti rilasciati.

Detto in altri termini, la disposizione della retroattività della cancellazione dall’albo presupporrebbe in ogni caso l’assenza di qualsivoglia conflitto dell’interesse del privato con l’interesse pubblico affidato alla cura della pubblica autorità, condizione che nel caso che ci occupa, invece, non può dirsi provata, proprio in considerazione degli imprescindibili riflessi esterni riferiti.

Peraltro, nel merito della fondatezza della pretesa di far retroagire gli effetti della cancellazione, in quanto favorevole all’interessato, il Collegio rileva che gli stessi precedenti, evocati dalla parte a sostegno della propria posizione (Consiglio Nazionale Forense, parere del 4 luglio 2001, n. 53;
Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e Esperti Contabili - Direttore Generale PO 15/18 del 6/04/2018), che peraltro riguardano Ordini professionali diversi dall’Ordine dei medici, anche a volerne ammettere la rilevanza, oltre che la legittimità, non si attagliano al caso di specie e finiscono per evidenziare l’esigenza di improntare l’esercizio di un potere siffatto ad un atteggiamento ispirato a particolare prudenza, atteso il rischio di pregiudicare la certezza dei rapporti giuridici e l’affidamento di quanti si rivolgono al professionista e ne richiedono le prestazioni.

Per meglio comprendere le ragioni di quella che comunque, ad avviso del Collegio, resta una timida apertura alla retroattività dell’efficacia del provvedimento da parte degli Ordini professionali, bisogna esaminarne le circostanze concrete sottese all’adozione delle cancellazioni retroattive dall’albo richiamate nel ricorso e prodotte in atti, per scoprire che l’amministrazione in questi casi forse ha agito allo scopo di meglio tutelare la posizione dell’istante anche in relazione al proprio esercizio del potere non tempestivo, facendo risalire gli effetti della delibera di cancellazione tuttavia non oltre il momento della presentazione dell’istanza.

La cancellazione, che normalmente decorre dalla data della delibera del Consiglio dell’ordine, se si risolve in una situazione di favore per il professionista, si accompagna all’esigenza di celerità dell’azione amministrativa per non ritardare la fruizione del connesso beneficio, ciò che può aver determinato l’autorità procedente nei casi riferiti a tenere indenne l’iscritto dai pregiudizi di un eventuale ritardo nel riscontro dell’istanza di cancellazione presentata (cfr Cons. Stato, 11/11/2008, n. 805: la regola di irretroattività del provvedimento amministrativo opera con carattere di assoluta inderogabilità per i provvedimenti limitativi della sfera giuridica del privato, ma non per quelli di essa ampliativi, per di più ove si operi a sanatoria ed a reintegrazione di posizioni soggettive dell’interessato non soddisfatte per ritardi nella fase istruttoria del procedimento ).

E così, nei casi considerati l’efficacia retroattiva è stata ritenuta ammissibile, ferma l’esigenza di un contemperamento dei concreti interessi di volta in volta coinvolti, se limitata al momento di manifestazione di volontà dell’iscritto (presupposto necessario, atto di impulso, per l’attivazione del potere vincolato della p.a.), escludendosi espressamente una decorrenza degli effetti della cancellazione da un momento eccessivamente risalente nel tempo, pena l’illegittimità del provvedimento per eccesso di potere sotto il profilo dell’assoluta irragionevolezza

Quanto rappresentato appare confermato dal tenore dei provvedimenti di cancellazione dall’albo esaminati - che peraltro potrebbero anche essere illegittimi - da cui trapela un contegno di significativa cautela. A questo proposito, il Collegio ritiene interessante evidenziare come il Consiglio Nazionale Forense, nel suddetto parere del 4 luglio 2001, n. 53 precisi, dopo aver ipotizzato l’ammissibilità di una cancellazione con effetti a decorrere dalla richiesta in tal senso dell’iscritto, che: “ Ciò che qui conta in ogni caso sottolineare è che la delibera di cancellazione con effetti retroattivi è comunque efficace fino all’eventuale declaratoria di illegittimità a seguito dell’esperimento delle vie giudiziarie, e che pertanto i relativi presunti vizi non possono che essere fatti valere da chi ne abbia interesse attivando la cognizione e la prudente valutazione caso per caso del giudice competente ”.

Nel caso di specie, invece, l’interessato, il 18/04/2019, quindi diversi mesi dopo la cancellazione dall’Ordine dei medici, deliberata il 18/10/2018, ha presentato una nuova istanza l fine di ottenere una retrodatazione della precedente cancellazione non alla data della presentazione della prima istanza del 3/10/2018, ma ad un momento antecedente, il 04/01/2018, con la pretesa di anticipare la data della decorrenza degli effetti della delibera di diversi mesi, senza la possibilità per l’Ordine, allora non ancora investito della questione, di assicurare la tutela della posizione dei terzi, in dispregio al principio di certezza dei rapporti giuridici, oltre che al principio della preesistenza del fatto all’effetto e della ineliminabilità dei fatti già accaduti.

In altre parole, la pretesa di parte attrice appare contraria al principio di proporzionalità, anche a voler aderire alla tesi della possibilità di disporre la decorrenza retroattiva degli effetti del provvedimento di cancellazione dall’Ordine dei medici favorevole all’istante, finendo per mettere in discussione a distanza di oltre un anno una situazione, non solo giuridica ma anche di fatto, consolidata, che involge posizioni giuridiche plurime e interessi in gioco eterogenei, a favore dell’interesse privato di un singolo soggetto.

Il primo motivo, per quanto rappresentato, è infondato.

IV. – Con il secondo motivo, il professionista lamenta la violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, considerando il provvedimento privo di motivazione a sostegno della decisione assunta, data l’assenza di riferimenti ai motivi ostativi all’accoglimento della domanda e l’impossibilità di ricostruire il ragionamento logico-giuridico seguito.

Il motivo è infondato.

Il difetto di motivazione è diversamente prospettabile nei confronti dell’atto vincolato, in cui consiste nel mero richiamo, nelle premesse dell’atto impugnato, degli elementi di fatto (i cd. presupposti fattuali che l’art. 3 della legge 241/1990 richiede di esplicitare), da cui il legislatore fa discendere gli effetti previsti dalla legge, rispetto al vero e proprio provvedimento discrezionale, in cui la PA deve dar conto, nelle premesse motivazionali, degli interessi acquisiti e della loro ponderazione a fine dell’assunzione della scelta finale (le cd. “ragioni giuridiche” cui fa riferimento l’art. 3 della legge 241/1990). Anche in quest’ultimo caso il vizio dell’atto ricorre solo quando dal provvedimento non sia possibile in alcun modo risalire alle ragioni fondanti la determinazione adottata dalla p.a. Va comunque distinta la motivazione “formale”, come esplicitazione delle ragioni che hanno determinato la scelta finale dell’Amministrazione, dalla motivazione sostanziale, intesa come effettiva esistenza delle ragioni che giustificano la decisione della PA, di cui può essere data contezza nel corso del giudizio e la cui sussistenza esclude l’annullabilità dell’atto impugnato, ai sensi dell’art. 21- octies della legge n. 241/1990.

Nel provvedimento avversato, che si sostanzia nella conferma di un provvedimento vincolato, il diniego è comunque stato adottato con espresso riferimento alle risultanze emerse dall’incontro con il ricorrente e tenuto conto del contenuto della sua istanza (“ a seguito del ns. incontro e della Sua istanza ”), in cui egli ha spiegato le ragioni della tesi caldeggiata, notoriamente minoritaria, atteso l’orientamento contrario, espresso costantemente dalla dottrina, dalla giurisprudenza e dagli stessi Ordini professionali.

Pertanto, la dichiarata impossibilità della p.a. di accogliere la richiesta de qua risulta giustificata da ragioni sostanziali ostative, adeguatamente rappresentate dalla PA e condivise dal Collegio, alla luce del consolidato e indiscusso principio generale della irretroattività dell’efficacia dei provvedimenti amministrativi, in particolare con riferimento all’inserimento negli albi professionali, in cui si deve tenere in considerazione anche la posizione di terzi, in particolare dei clienti in merito alle condizioni per l’appartenenza del professionista all’Albo, le cui esigenze di tutela sono le medesime a prescindere dai motivi della cancellazione (sanzionatoria, a richiesta etc.;
vedi, in particolare con riferimento a poteri certificativi, da ultimo, TAR Salerno, sez. III, n. 1228/2022, che, appunto, con riferimento ai Commercialisti ribadisce le conseguenze negative a carico degli assistiti per le dichiarazioni fiscali asseverate dal professionista nel periodo in cui opererebbe la cancellazione "retroattiva" del medesimo dall'Albo in quanto verrebbero ad essere irrimediabilmente travolte dalla perdita dell'abilitazione e, quindi, dei poteri certificativi del professionista;
posizioni che invece verrebbero ad essere salvaguardate dell'efficacia ex nunc della cancellazione in quanto le dichiarazioni continuerebbero ad essere valide ed efficaci), con conseguente riaffermazione, all’esito della nuova istruttoria, del tenore del precedente provvedimento di cancellazione.

Il motivo non può essere accolto.

V. – Con il terzo motivo di ricorso, parte attrice lamenta la violazione dell’art. 10- bis e la lesione delle proprie garanzie partecipative in mancanza del preavviso circa i motivi ostativi all’accoglimento della domanda di retroattività della cancellazione.

Il motivo non è fondato.

In proposito, la Sezione si è più volte pronunciata nel senso dell’inconsistenza in linea generale di simili censure (cfr. ex plurimis , sentenza n. 3618 del 30.03.2022), alla stregua dell’orientamento della giurisprudenza formatosi prima dell’entrata in vigore delle modifiche alla legge n. 241/1990, introdotte dal cd. decreto semplificazioni (decreto-legge 16.7.2020, n. 76 conv. legge 11.9.2020, n. 120) che ne ha modificato l’art. 10- bis e l’art. 21- octies , che era costante nel ritenere che il mancato preavviso di rigetto non inficia la legittimità del provvedimento, allorquando, in applicazione estensiva dell'art. 21- octies , comma 2, della medesima legge n. 241/1990, emerga nel corso del giudizio che il contenuto dispositivo del provvedimento oggetto di gravame non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato;
tale era la normativa applicabile ratione temporis al caso in esame, non trovando applicazione retroattiva la successiva disciplina dell’istituto di cui all’art. 21- octies , legge 241/1990.

Peraltro, ove si ritenga che l’odierna controversia investe un provvedimento di conferma che ha natura di atto vincolato, la censura andrebbe in ogni caso disattesa anche per un ulteriore motivo, dato che trova comunque applicazione il primo periodo del comma 2 del citato art. 21- octies , affatto interessato dalla suddetta novella del 2020, a tenore del quale “[n] on è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato ”. Pertanto, la presunta violazione dell’art. 10- bis della legge n. 241/1990 non può in ogni caso inficiare la legittimità del provvedimento, in quanto il contenuto dispositivo del provvedimento oggetto di gravame, identico a quello originario (di natura vincolata), non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Anche il terzo motivo di ricorso, pertanto, non può trovare accoglimento.

VI. – Conclusivamente il ricorso è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

VII. – Sussistono motivate ragioni per compensare le spese.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi