TAR Roma, sez. 5S, sentenza 2024-11-29, n. 202421490
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Testo completo
Pubblicato il 29/11/2024
N. 21490/2024 REG.PROV.COLL.
N. 04547/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta Stralcio)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4547 del 2019, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Marco Bignotti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del decreto di rigetto dell’istanza per la concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 9, c. 1, lett. F) della legge n. 91/92 presentata dal ricorrente in data 13 NOVEMBRE 2015 presso la Prefettura di Mantova – codice identificativo pratica K10/-OMISSIS-– notificato all’interessato in data 15 gennaio 2019 per il tramite del messo comunale;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 15 novembre 2024 il dott. Gianluca Verico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- In data 13.11.2015 il ricorrente ha presentato istanza per la concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell'art. 9, comma primo, lettera f) della legge 5 febbraio 1992, n. 91.
Il Ministero dell’Interno, con decreto n. K10/-OMISSIS-del 9.10.2018, ha respinto la domanda dell’interessato ritenendo che non vi fosse coincidenza tra l’interesse pubblico e quello del richiedente alla concessione della cittadinanza, ponendo a fondamento del rigetto l’esistenza di plurimi elementi pregiudizievoli emersi a suo carico, ed in particolare:
- la sentenza di condanna (ex artt. 444 e 445 del c.p.p.) del 01.03.2010 emessa dal Tribunale di Mantova per il reato di cui all’art. 624 c.p. (furto);
- la notizia di reato del 14.11.2016 per violazione dell’art. 367 c.p. (simulazione di reato).
Inoltre, ha anche rilevato che l’istante, all’atto della presentazione della domanda, ha omesso di autodichiarare la predetta condanna, incorrendo pertanto in una nuova violazione del codice penale.
Con ricorso notificato il 18.03.2019 e ritualmente depositato, l’interessato ha quindi impugnato il predetto decreto di rigetto, deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi di diritto:
I. “ Sulla violazione di legge. in particolare sulla violazione dell’art. 97 cost., art. 10 bis e 21 octies l. 241/90 ”, in quanto il preavviso di diniego del 13.04.2018 sarebbe stato inviato all’ultimo domicilio comunicato dal ricorrente e restituito al mittente “perché irreperibile”. Il richiedente, casualmente, ha avuto conoscenza di tale preavviso e ha inviato in data 07.08.2018 le proprie osservazioni difensive, fornendo all’Amministrazione procedente documentazione reddituale e lavorativa e “ riservandosi di inviare documentazione inerente le vicende penali a carico del ricorrente ”, documentazione di cui l’Amministrazione non ha illegittimamente tenuto conto;
II. “ Sull’illegittimità del provvedimento impugnato per violazione dell’art. 6 della l. 91/92, per eccesso di potere per difetto e contraddittorietà’ della motivazione e per errata interpretazione dei presupposti di fatto e di diritto. sulla violazione dell’art. 9 della legge 91/92 - sull’eccesso di potere della pubblica amministrazione nell’utilizzo della discrezionalità. sulla manifesta illogicità, irragionevolezza ed erroneità della motivazione del diniego della cittadinanza. Sulla carenza di attività istruttoria espletata dall’amministrazione procedente ”, atteso che, quanto alla condanna per furto, si tratterebbe di un episodio isolato, risalente nel tempo e, comunque, di lieve entità, rispetto al quale è stata peraltro chiesta l’estinzione del reato ex art. 445 c.p.p. con istanza del 12.03.2019; quanto alla notizia di reato, rileva che è stata disposta l’archiviazione del GIP con provvedimento del 3.7.2017 su conforme richiesta del Pubblico Ministero. Deduce, inoltre, che il diniego impugnato sarebbe affetto anche da un grave difetto di istruttoria, poiché l’Amministrazione avrebbe dovuto tenere conto in concreto della complessiva condotta del richiedente nell'arco dell'intero periodo di permanenza sul territorio nazionale, essendosi ormai compiutamente integrato nel tessuto economico e sociale.
Si è costituita l’Amministrazione intimata per resistere al ricorso.
All’udienza straordinaria di smaltimento del 15 novembre 2024 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
2.- Il ricorso è infondato.
Il Collegio reputa utile, in funzione dello scrutinio delle doglianze formulate nell’atto introduttivo del giudizio, una premessa di carattere teorico in ordine al potere attribuito all’amministrazione in materia, all’interesse pubblico protetto e alla natura del relativo provvedimento alla luce della giurisprudenza in materia, come ricostruita da questo Tribunale in recenti pronunce (cfr., ex multis , TAR Lazio, Roma, Sez. V bis, n. 2943, 2944, 2945, 3018, 3471, 4280, 5130 del 2022 e 20023 del 2023).
Ai sensi dell'articolo 9 comma 1 lettera f) della legge n. 91 del 1992, la cittadinanza italiana " può " essere concessa allo straniero che risieda legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.
L'utilizzo dell'espressione evidenziata sta ad indicare che la residenza nel territorio per il periodo minimo indicato è solo un presupposto per proporre la domanda a cui segue "una valutazione ampiamente discrezionale sulle ragioni che inducono lo straniero a chiedere la nazionalità italiana e delle sue possibilità di rispettare i doveri che derivano dall'appartenenza alla comunità nazionale" (cfr., tra le tante, Consiglio di Stato sez. III, 23/07/2018 n. 4447).
Il conferimento dello status civitatis , cui è collegata una capacità giuridica speciale, si traduce in un apprezzamento di opportunità sulla base di un complesso di circostanze, atte a dimostrare l'integrazione del richiedente nel tessuto sociale, sotto il profilo delle condizioni lavorative, economiche, familiari e di irreprensibilità della condotta (Consiglio di Stato sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5913; n. 52 del 10 gennaio 2011; Tar Lazio, sez. II quater, n. 3547 del 18 aprile 2012).
L'interesse pubblico sotteso al provvedimento di concessione della particolare capacità giuridica, connessa allo status di cittadino, impone che si valutino, anche sotto il profilo indiziario, le prospettive di ottimale inserimento del soggetto interessato nel contesto sociale del Paese ospitante (Tar Lazio, sez. II quater, n. 5565 del 4 giugno 2013), atteso che, lungi dal costituire per il richiedente una sorta di diritto che il Paese deve necessariamente e automaticamente riconoscergli ove riscontri la sussistenza di determinati requisiti e l'assenza di fattori ostativi, rappresenta il frutto di una meticolosa ponderazione di ogni elemento utile al fine di valutare la sussistenza di un concreto interesse pubblico ad accogliere stabilmente all'interno dello Stato comunità un nuovo componente e dell'attitudine dello stesso ad assumersene anche tutti i doveri ed oneri.
In altri termini, il provvedimento di concessione della cittadinanza in esame “ è atto squisitamente discrezionale di ‘alta amministrazione’, condizionato all'esistenza di un interesse pubblico che con lo stesso atto si intende raggiungere e da uno ‘ status illesae dignitatis’ (morale e civile) di colui che lo richiede ” (Consiglio di Stato, sez. III, 07/01/2022, n. 104).
Pertanto, l’anzidetta valutazione discrezionale può essere sindacata in questa sede nei ristretti ambiti del controllo estrinseco e formale; il sindacato del giudice, infatti, non si estende al merito della valutazione compiuta dall'Amministrazione, non potendo dunque spingersi al di là della verifica della ricorrenza di un sufficiente supporto istruttorio, della veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione e dell'esistenza di una giustificazione motivazionale che appaia logica, coerente e ragionevole (cfr., ex multis , Consiglio di Stato sez. III, 16 novembre 2020, n. 7036; nonché, TAR Lazio, sez. V bis, n. 2944/2022 su prospettive e limiti dell’applicazione del principio di proporzionalità in tale materia).
Quanto, in particolare, all’onere motivazionale, la giurisprudenza ha più volte precisato che l'ampiezza e la profondità dell'obbligo di motivazione del provvedimento di diniego della concessione della cittadinanza devono correlarsi allo stadio del procedimento penale, alla natura del reato commesso, nonché alla circostanza che esso sia stato commesso a distanza di tempo dal momento in cui l'istanza di concessione della cittadinanza viene proposta. Questi profili incidono anche sul livello di discrezionalità dell'amministrazione per la quale la valutazione della condotta penalmente rilevante deve costituire, a norma di legge, uno degli elementi rilevanti ai fini della decisione sulla concessione della cittadinanza, con la conseguenza che, “ nel caso di sentenza penale e, a fortiori , di