TAR Roma, sez. I, sentenza 2021-11-10, n. 202111557
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Pubblicato il 10/11/2021
N. 11557/2021 REG.PROV.COLL.
N. 04650/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4650 del 2020, integrato da motivi aggiunti, proposto da A V, rappresentato e difeso dagli avvocati G T e A A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio materiale presso lo studio dell’avvocato G T in Roma, piazza San Bernardo 101;
contro
Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
A- del Decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. 26 del 6 febbraio 2020, comunicato in data 10 febbraio 2020, con il quale è stata irrogata al ricorrente la sanzione disciplinare della censura in relazione al capo di incolpazione n. 3 della Delibera del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa adottata nella seduta del 28 maggio 2018;
B- della delibera del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa n. 2 del 22 gennaio 2020 adottata nella seduta del 6 dicembre 2019, nella parte in cui ha riconosciuto il Consigliere V responsabile dei fatti di cui al capo di incolpazione n. 3) della stessa delibera, con irrogazione, nei suoi confronti della censura di cui all'art. 19, comma primo, n. 2 del R.D. Lgs.vo n. 511/1946 conosciuta, insieme con il verbale della seduta del 6 dicembre 2019;
e per quanto di interesse:
C- della delibera adottata nella seduta del 28 maggio 2018, con la quale il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa ha formalizzato gli addebiti disciplinari nei confronti del Consigliere A V;
D- del Decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. 43 dell'11 aprile 2018, con il quale è stato promosso procedimento disciplinare nei confronti del Consigliere di Tribunale Amministrativo Regionale, dott. A V e di ogni altro atto o provvedimento presupposto, connesso e consequenziale, e comunque preliminare, antecedente o successivo, anche allo stato non conosciuto;
per quanto riguarda i motivi aggiunti, per l’annullamento:
E-del verbale della seduta del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa del 6 dicembre 2019, conosciuto dal ricorrente a seguito di accesso agli atti effettuato il 17.2.2021, nella parte in cui vengono poste in votazione le proposte relative al merito dei capi di incolpazione 1, 2, 3 e 4 della Delibera del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa adottata nella seduta del 28 maggio 2018 e viene deliberato di irrogare al ricorrente la sanzione disciplinare della censura in relazione al capo di incolpazione n. 3 della suddetta Delibera del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa del 28.5.2018.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa e della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 luglio 2021 il dott. F M T, in collegamento da remoto ai sensi di legge;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Parte esponente ha impugnato, unitamente agli altri atti connessi e presupposti, il decreto del Presidente del Consiglio di Stato indicato al punto A) dell’epigrafe, con il quale è stata irrogata la sanzione disciplinare della “censura” in relazione al capo di incolpazione n.3) di cui alla delibera del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa adottata nella seduta del 28 maggio 2018.
Ha dedotto in fatto che, con decreto del medesimo Presidente del Consiglio di Stato n. 43 dell’11 aprile 2018, era stato da lui avviato nei confronti dell’istante medesimo un procedimento disciplinare ai sensi dell’articolo 33 della Legge n.186 del 1982.
Il procedimento, durato circa 18 mesi, si è concluso con il gravato decreto, con il quale il ricorrente è stato definitivamente prosciolto da tre capi d’imputazione (dei quattro originari) e sanzionato con la censura unicamente per il residuo capo d’incolpazione n. 3).
L’istante lamenta l’illegittimità del suddetto provvedimento sanzionatorio, in forza dei seguenti motivi di diritto.
1 - Intervenuta decadenza ed estinzione del procedimento per decorso dei termini di cui all’art. 120, comma 1, del d.P.R. n. 3/1957.
Sotto un primo profilo, il ricorrente assume l’avvenuta estinzione del procedimento disciplinare, posto che sarebbero trascorsi 90 giorni tra la data del 28 febbraio 2019 (data del decreto del PCS n.45/2019 che ha fissato l’udienza della discussione dinanzi al Plenum) e la data della discussione effettiva che si è tenuta il 6 dicembre 2019. L’istante deduce infatti l’applicabilità (in assenza di ravvisate deroghe alla disciplina generale che possano valere per i magistrati amministrativi) dell’articolo 120 comma 1 del DPR 3/1957, secondo cui il procedimento si estingue laddove siano decorsi 90 giorni dall’ultimo atto senza che nessun ulteriore atto sia stato compiuto.
Assume pure che, laddove si ritenesse altrimenti, ne deriverebbe la rilevanza e la non manifesta infondatezza della relativa questione di costituzionalità, per contrasto con l’articolo 3, nonché con gli articoli 24 e 97 della Costituzione, degli articoli 32, 33 e 34 della legge 186 del 1982, nella parte in cui non riconoscono l’applicabilità della invocata disciplina di cui all’articolo 120 del DPR n. 3/1957 al procedimento disciplinare nei confronti dei magistrati amministrativi.
2- Illegittimità per vizi della delibera del CPGA del 20 luglio 2018, nella parte in cui non ha valutato o ha valutato in modo incompleto le richieste di ricusazione avanzate dal presidente V per tre componenti del Consiglio. Violazione degli articoli 10 e 12 del Regolamento interno per il funzionamento dell’organo di autogoverno. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione. Violazione del diritto di difesa sancito nell’art. 24 della Costituzione. Violazione degli artt. 33 e 34 della l. 186/1982 relativi ai procedimenti disciplinari. Violazione delle regole di competenza.
2a- Invalidità in parte qua della delibera C.P.G.A. 20.7.2018 e degli atti conseguenti per contrasto con gli artt. 10 e 12 del regolamento per il funzionamento dell’organo di autogoverno.
Sotto un secondo profilo, l’istante lamenta che nella seduta non pubblica del plenum in data 20 luglio 2018 non sarebbe stata ritualmente trattata la questione relativa al dovere di astensione che coinvolgeva taluni componenti del CPGA, come invece aveva espressamente richiesto il ricorrente nella memoria difensiva del 5 luglio 2018. Ed invero, l’ordine del giorno della seduta del 20 luglio 2018 risulterebbe illegittimamente integrato con argomenti estranei al procedimento disciplinare de quo e non menzionerebbe l’esame della dedotta questione di incompatibilità di taluni membri dell’organo. Tale irregolarità avrebbe compromesso, per altro, la facoltà dell’istante di contestare immediatamente il rigetto dell’istanza di ricusazione, con riveniente illegittimità della delibera ed invalidità derivata delle successive fasi procedimentali.
2b - Invalidità in parte qua della delibera C.P.G.A. 20.7.2018 e degli atti conseguenti per incompleta trattazione e decisione sull’eccezione sollevata.
Sotto ulteriore profilo, l’istante contesta che la determinazione assunta, che ha rigettato per un voto di differenza la domanda di accertamento del dovere di astensione di due componenti del Consiglio, non avrebbe viceversa trattato una identica domanda di ricusazione avanzata nei confronti di altro membro del CPGA, con conseguente illegittimità della delibera e di tutti gli atti successivi.
2c. Invalidità in parte qua della delibera C.P.G.A. 20.7.2018 e degli atti conseguenti per inosservanza dei doveri di astensione.
Il ricorrente lamenta che nella medesima seduta del 20 luglio 2018, nella quale è stata trattata la questione del dovere di astensione dei predetti componenti del Consiglio e deciso in ordine ad essa, ciò nondimeno i predetti magistrati avrebbero comunque partecipato alla discussione, pur assentandosi al momento del voto, ma ugualmente interferendo con la regolarità della dialettica interna all’organo. La loro semplice presenza avrebbe dunque viziato la delibera e, per illegittimità derivata, le successive attività procedimentali.
2d- Invalidità in parte qua della delibera C.P.G.A. 20.7.2018 e degli atti conseguenti perché assunta al di fuori delle cadenze previste dagli artt. 33 e 34 della l. 186/1982 relative ai procedimenti disciplinari. Violazione delle regole di competenza.
Lamenta l’istante poi che la richiesta specifica riguardante la pretesa ricusazione e/o richiesta di accertamento del dovere di astensione non sarebbe stata esaminata nella seduta appositamente prevista ovvero nella seduta nella quale il Plenum avrebbe dovuto valutare le giustificazioni e decidere se archiviare o proseguire l’azione disciplinare. Ciò avrebbe alterato le cadenze procedimentali dell’azione disciplinare, con la conseguenza che il CPGA, nelle more decaduto, avrebbe prevaricato la competenza del nuovo Consiglio nelle more costituitosi ad agosto 2018, impedendo al nuovo rogano di valutare una parte delle giustificazioni presentate dal ricorrente medesimo.
3- Nullità o illegittimità del procedimento e dell’atto adottato a sua conclusione per mancata astensione di membri del C.P.G.A. in conflitto d’interesse. Violazione dell’art.