TAR Genova, sez. I, sentenza 2016-10-03, n. 201600970
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Pubblicato il 03/10/2016
N. 00970/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01001/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1001 del 2014, proposto da:
Proto S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. F M e R B, con domicilio eletto presso l’avv. F M nel suo studio in Genova, via Roma, 11/1;
contro
Comune di Andora, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avv. B B, con domicilio eletto presso l’avv. C G nel suo studio in Genova, via Carducci, 3/6;
per l'annullamento
del provvedimento 14/7/2014, prot. n. 27921/20977, a firma del responsabile del Settore edilizia privata, avente ad oggetto annullamento in autotutela della SCIA 11/11/2011 presentata per intervento di frazionamento e parziale mutamento di destinazione d’uso del fabbricato di via Merula n. 14, nonché per la condanna del Comune intimato al risarcimento del danno.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Andora;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 settembre 2016 il dott. Richard Goso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La Società ricorrente è proprietaria di un edificio articolato su due piani fuori terra: il piano terreno ha destinazione produttiva e il primo piano residenziale (vi era ubicato l’alloggio del custode).
Essendo da tempo cessata l’attività produttiva insediata in tale fabbricato, la Società aveva comunicato, con SCIA del 11 novembre 2011, l’avvio dei lavori volti a mutare la destinazione d’uso del piano terreno onde ricavarvi, senza variazione di volume e di superfici, due appartamenti.
La SCIA era stata dichiaratamente presentata ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d.l. n. 70/2011, secondo cui, decorsi 120 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione, le disposizioni premiali del “piano casa” avrebbero trovato diretta applicazione nelle Regioni che non avevano approvato specifiche leggi in materia.
Con nota del 15 dicembre 2011, il responsabile del Settore edilizia privata del Comune di Andora ha tardivamente ordinato di non effettuare l’intervento in questione, stante l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 5 della legge regionale Liguria n. 24/2001, recante norme in tema di ricupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti.
A seguito di segnalazione della Società, il Comune di Andora ha riconosciuto l’errore con nota del 14 maggio 2012.
Con la stessa nota, tuttavia, è stato comunicato l’avvio del procedimento volto all’annullamento in autotutela degli effetti della SCIA in quanto, all’esito di una rinnovata istruttoria, l’intervento sarebbe risultato inammissibile per le seguenti ragioni:
a) la circolare della Regione Liguria n. PG/2011/109008 del 28 luglio 2011 ammette i mutamenti di destinazione d’uso senza opere e consente di realizzare sulla base di SCIA solamente gli interventi di “ristrutturazione leggera” che non comportino aumento di unità immobiliari;
b) l’art. 5, comma 13, lett. a), della legge n. 160/2011, ammette il rilascio del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici purché si tratti di destinazioni compatibili o complementari, mentre l’edificio in questione ricade in zona a destinazione produttiva (DTR – Distretto di trasformazione) che, pertanto, non è compatibile con la destinazione residenziale;
c) il progetto non prevede la verifica degli standard urbanistici, richiesta dal comma 11 dell’art. 5 citato.
La Società interessata ha controdedotto con nota del 19 giugno 2012 e, in difetto di riscontri, ha chiesto l’archiviazione del procedimento con nota del 28 agosto 2013.
Infine, con provvedimento dirigenziale del 14 luglio 2014, il Comune di Andora ha disposto, per le ragioni già illustrate nella comunicazione di avvio, l’annullamento in autotutela della SCIA.
Con ricorso regolarmente notificato il 7 ottobre 2014 e depositato il successivo 16 ottobre, la Società chiede che venga annullato il provvedimento menzionato e che il Comune di Andora sia condannato al risarcimento dei danni.
Questi i motivi di gravame:
I) Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 21 nonies della legge n. 241/1990. Violazione dell’art. 1 del regolamento sul procedimento amministrativo del Comune di Andora. Violazione dell’art. 97 Cost. e dei principi generali in tema di giusto procedimento, correttezza della P.A. e certezza dell’azione amministrativa. Difetto di istruttoria.
Il potere di autotutela è stato esercitato tardivamente, senza rispettare il limite della ragionevolezza.
II) Violazione dell’art. 21 nonies della legge n. 241/1990 sotto diverso profilo. Difetto di istruttoria e di presupposto.
Il provvedimento impugnato è motivato con esclusivo riferimento ai vizi di legittimità sopra indicati, ma non individua l’interesse pubblico che, in ipotesi, avrebbe giustificato l’esercizio del potere di autotutela.
III) Violazione dell’art. 21 nonies della legge n. 241/1990 in relazione alla violazione dell’art. 10 bis della medesima legge. Difetto di istruttoria e di motivazione.
L’amministrazione non ha valutato i contenuti della memoria procedimentale del privato.
IV) Violazione dell’art. 21 nonies della legge n. 241/1990. Difetto di vizi di legittimità della SCIA della ricorrente: violazione dell’art. 5 del d.l. n. 70/2011 (convertito in legge n. 106/2011), difetto di presupposto, travisamento di fatti.
Nessuno degli elementi indicati nella motivazione dell’atto è realmente idoneo a dimostrare la sussistenza dei vizi rilevati dall’amministrazione.
Si costituiva formalmente in giudizio l’intimato Comune di Andora.
In prossimità della pubblica udienza, le parti in causa hanno depositato memorie difensive: la Società ricorrente si è limitata a richiamare le censure formulate con il ricorso introduttivo;la difesa comunale ha svolto argomentazioni intese a confutare la fondatezza delle censure medesime.
Infine, la parte ricorrente ha depositato una memoria di replica.
Il ricorso, quindi, è stato chiamato alla pubblica udienza del 22 settembre 2016 e ritenuto in decisione.
DIRITTO
1) E’ controversa la legittimità del provvedimento in data 14 luglio 2014, con cui il Comune di Andora ha disposto, per i motivi ivi indicati, l’annullamento in autotutela degli effetti della SCIA presentata l’11 novembre 2011 per un intervento di frazionamento e parziale mutamento di destinazione d’uso del fabbricato di proprietà della Società ricorrente.
2) Con il primo motivo di ricorso, l’esponente denuncia la violazione delle regole di correttezza dell’azione amministrativa, in relazione al notevole ritardo con cui è stato esercitato il potere di autotutela.
La SCIA, infatti, era stata presentata in data 11 novembre 2011, mentre l’impugnato provvedimento di annullamento d’ufficio è stato adottato il 14 luglio 2014.
La difesa comunale si oppone alla censura in quanto, nella fattispecie, non vi sarebbe stato alcun affidamento del privato meritevole di tutela, dal momento che l’ordine di non effettuare l’intervento edilizio era stato impartito già con nota del 15 dicembre 2011 e l’erroneo richiamo normativo ivi contenuto sarebbe stato indotto dalle contraddizioni emergenti dalla documentazione presentata dalla Società.
Inoltre, l’Amministrazione resistente rileva che i lavori non hanno preso avvio nel breve periodo di applicabilità del d.l. n. 70/2011, convertito in legge n. 106/2011, sicché la SCIA, avente ad oggetto un intervento non compatibile con la normativa sopravvenuta, avrebbe perso ogni carattere di attualità.
La censura è fondata.
Anche prima dell’entrata in vigore della legge n. 124 del 2015, la giurisprudenza aveva riconosciuto che, in materia di SCIA, l'amministrazione può ancora intervenire per contrastare l'attività edilizia non conforme alla vigente normativa una volta spirato il termine per l’esercizio del potere inibitorio, esercitando un potere di autotutela sui generis (perché non avente ad oggetto un provvedimento di primo grado) che condivide con l'ordinario potere di autotutela i principi che ne governano l’esercizio (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 29 luglio 2011, n. 15).
Era pertanto indispensabile, affinché tale potere potesse dirsi legittimamente esercitato, che, ai sensi dell’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990, l’autorità amministrativa intervenisse “entro un termine ragionevole”.
Il legislatore, quindi, aveva individuato il limite temporale per disporre l'annullamento d'ufficio secondo un parametro indeterminato ed elastico che doveva essere adattato alle circostanze del caso concreto, finendo per lasciare al sindacato del giudice amministrativo il compito di valutare, anche in relazione alla complessità degli interessi coinvolti ed al loro consolidamento, la congruità del termine intercorso tra l'adozione del provvedimento di autotutela e l’atto originario.
Tanto precisato, non dubita il Collegio che, nel caso di specie, l’ampio lasso di tempo (oltre 30 mesi) trascorso dal consolidamento della SCIA fosse più che sufficiente a generare un affidamento qualificato in capo al privato, anche perché si trattava di un intervento edilizio non complesso e non confliggente con eventuali interessi di terzi.
Va soggiunto che l’art. 21 nonies citato prevede, nell’attuale formulazione, un preciso sbarramento temporale all’esercizio del potere di autotutela, laddove stabilisce che il potere di annullamento d’ufficio non può comunque essere esercitato oltre “diciotto mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici”.
Pur trattandosi di previsione non applicabile ratione temporis , essa assume sicuro rilievo, come già rilevato dalla giurisprudenza amministrativa, per individuare il termine “ragionevole” entro il quale può essere legittimamente esercitato il potere di autotutela (Cons. Stato, sez. VI, 31 agosto 2016, n. 3762; idem , 10 dicembre 2015, n. 5625).
I rilievi della difesa comunale non valgono ad escludere, infine, la sussistenza di un affidamento particolarmente qualificato in capo al privato in quanto, a fronte della chiara indicazione contenuta nel frontespizio della SCIA, non potevano nutrirsi ragionevoli dubbi in ordine alla normativa applicabile nella fattispecie.
L’ipotetico fraintendimento generato da alcune contraddittorietà emergenti dalla documentazione allegata alla SCIA, comunque, non poteva giustificare il grave ritardo con cui, oltre due anni dopo la comunicazione di avvio del relativo procedimento, è stato adottato il provvedimento finale.
Non rileva, infine, il mancato avvio dei lavori (peraltro contestato dalla parte ricorrente), poiché l’affidamento del privato discende direttamente dal consolidamento degli effetti della SCIA e dal successivo decorso del tempo.
Il provvedimento impugnato, in conclusione, è illegittimo e deve essere annullato in quanto adottato ben oltre il termine ragionevole entro il quale deve ritenersi consentito l’esercizio del potere di autotutela.
3) L’applicazione dei principi in materia di autotutela comporta che l’amministrazione dia conto, nell’atto di annullamento degli effetti della SCIA, delle prevalenti ragioni di interesse pubblico concrete e attuali, diverse da quelle al mero ripristino della legalità violata, che depongono per la sua adozione, tenendo in considerazione gli interessi dei destinatari e degli eventuali controinteressati (cfr., fra le ultime, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 18 febbraio 2016, n. 355).
L’atto impugnato è motivato con esclusivo riferimento ai pretesi vizi di legittimità che inficerebbero la SCIA, senza alcun riferimento agli interessi coinvolti nella fattispecie.
Il Comune di Andora, quindi, non ha indicato le ragioni di interesse pubblico che avrebbero giustificato l’annullamento della SCIA, nonostante il potere di autotutela sia stato esercitato dopo che i suoi effetti si erano consolidati da oltre due anni e il privato, in conseguenza, aveva maturato un affidamento qualificato al riguardo.
Ne deriva la sussistenza del vizio motivazionale denunciato con il secondo motivo di ricorso.
4) E’ fondato anche il terzo motivo.
Ricevuta la comunicazione di avvio del procedimento, la Società aveva presentato un’articolata memoria, a firma del proprio difensore, allo scopo di contestare la sussistenza dei presupposti per l’esercizio del potere di autotutela.
Nel provvedimento finale, l’amministrazione si limita a menzionare tale apporto partecipativo e ad affermare che le osservazioni del privato non sono accoglibili, senza esporre in alcun modo le ragioni del mancato adeguamento a tali deduzioni difensive.
Essendo stata completamente omessa l’esposizione delle ragioni che hanno indotto l’amministrazione a disattendere le deduzioni del privato, il provvedimento impugnato, costituente esercizio dell’attività discrezionale della pubblica amministrazione, risulta ulteriormente inficiato sotto il dedotto profilo del difetto di motivazione.
5) Per completezza, va soggiunto che le ragioni su cui fonda l’avversato provvedimento, estesamente riferite in premessa, non resistono ai rilievi critici della parte ricorrente.
Ci si può limitare, a tale riguardo, ad osservare sinteticamente che:
a) la regolarità dell’intervento edificatorio deve essere vagliata sulla base delle norme primarie e secondarie che regolano la fattispecie, non essendo sufficiente il richiamo ad una circolare interpretativa della Regione;
b) l’art. 5, comma 13, del d.l. n. 70/2011, applicato dall’amministrazione, aveva già esaurito la propria efficacia al momento dell’adozione del provvedimento impugnato, stante la sopravvenienza di una specifica normativa regionale;
c) la mancata verifica in ordine al rispetto degli standard urbanistici (la cui necessità, peraltro, è espressamente contestata dalla parte ricorrente) non giustifica di per sé l’esercizio del potere di autotutela, ma, ove del caso, comporta l’esigenza di compiere d’ufficio i relativi accertamenti.
6) Per tali ragioni, il ricorso è fondato e, pertanto, deve essere accolto.
7) La domanda risarcitoria, invece, deve essere respinta in quanto formulata in maniera generica con il ricorso introduttivo (senza provare, cioè, specifiche voci di danno) e non ulteriormente coltivata nel corso del giudizio.
8) Le spese di lite seguono la soccombenza e sono equitativamente liquidate nella misura indicata in dispositivo.