TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-06-06, n. 202309520

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-06-06, n. 202309520
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202309520
Data del deposito : 6 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/06/2023

N. 09520/2023 REG.PROV.COLL.

N. 10988/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10988 del 2019, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato G A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gentian Studio Legale Alimadhi in Parma, Borgo Giacomo Tommasini;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del provvedimento -OMISSIS- adottato dal Ministero dell'Interno in data 15/05/2019 e notificato all'odierno ricorrente in data 11/07/2019, mediante il quale veniva respinta l'istanza di richiesta di cittadinanza italiana, presentata dal ricorrente in data 13/12/2011


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 21 aprile 2023 la dott.ssa Antonietta Giudice e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I. - Il ricorrente ha presentato istanza intesa ad ottenere la concessione della cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 91/1992, in data 13 dicembre 2011.

II. - Esperita l’istruttoria di rito, l’Amministrazione ha respinto la domanda, previa comunicazione ex art. 10- bis della legge n.241/1990, a causa dell’iscrizione di una notizia di reato del 28 agosto 2008, per il reato di cui all’art. 2 comma 1 L. 150/1992" ( detenzione, trasporto di animali selvatici ) emessa da Proc. Rep. Bari.

III. - Avverso il predetto decreto di rigetto ha quindi proposto ricorso l’interessato, affidando il gravame ad un unico complesso motivo di censura:

ECCESSO DI POTERE PER ERRONEA PRESUPPOSIZIONE – DIFETTO ASSOLUTO DI MOTIVAZIONE;
DIFETTO DI ISTRUTTORIA;
VIOLAZIONE DI LEGGE: violazione dell’art. 5, comma 1, del D.P.R. n. 572 del 1993;
violazione della Legge n. 241/90
.

Parte ricorrente in particolare assume che l’amministrazione avrebbe mancato di esaminare le osservazioni formulate in riscontro al preavviso di rigetto, visto che (non spiega perché) non ha tenuto conto della sentenza di assoluzione perché il fatto non costituisce reato del 1° ottobre 2012 che ha definito il procedimento penale contestatogli.

IV. - Il Ministero dell’Interno ha depositato documenti del fascicolo del procedimento e una relazione difensiva, contestando nel merito le censure ex adverso svolte e concludendo per il rigetto della domanda di annullamento del diniego impugnato.

V. - All’udienza smaltimenti del 21 aprile 2023, celebrata nelle forme previste per lo smaltimento dell’arretrato, ai sensi dell’art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm., la causa è passata in decisione.

DIRITTO

I. - Il ricorso è meritevole di favorevole apprezzamento.

II. - Il Collegio reputa utile in funzione dello scrutinio delle osservazioni formulate nell’atto introduttivo del giudizio una premessa di carattere teorico in ordine al potere attribuito all’amministrazione in materia, all’interesse pubblico protetto e alla natura del relativo provvedimento e alla natura del relativo provvedimento alla luce della giurisprudenza in materia, nonché dei precedenti dalla Sezione (cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. V bis, n. 1590/2022, n. 2944/2022;
n. 2945/2022;
3018/2022, 3471/2022).

L'acquisizione dello status di cittadino italiano per naturalizzazione è oggetto di un provvedimento di concessione, che presuppone l'esplicarsi di un'amplissima discrezionalità in capo all'Amministrazione.

La dilatata discrezionalità in questo procedimento si estrinseca attraverso l’esercizio di un potere valutativo che si traduce in un apprezzamento di opportunità in ordine al definitivo inserimento dell'istante all'interno della comunità nazionale, apprezzamento influenzato e conformato dalla circostanza che al conferimento dello status civitatis è collegata una capacità giuridica speciale, propria del cittadino;
si tratta, pertanto, di determinazioni che rappresentano un'esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini (vedi, da ultimo, Consiglio di Stato, sez. III, 7.1.2022 n. 104;
cfr. Cons. Stato, AG, n. 9/1999;
sez. IV n. 798/1999;
n. 4460/2000;
n. 195/2005;
sez, I, n. 1796/2008;
sez. VI, n. 3006/2011;
Sez. III, n. 6374/2018;
n. 1390/2019, n. 4121/2021;
TAR Lazio, Sez. II quater, n. 10588 e 10590 del 2012;
n. 3920/2013;
4199/2013).

III. – Tuttavia, l'Amministrazione, pur godendo di ampia discrezionalità del procedimento di concessione della cittadinanza - che si risolve nella immissione piena ed irreversibile nella comunità nazionale ed è pertanto un atto altamente rilevante e delicato - deve comunque fornire un'adeguata motivazione delle sue scelte, sindacabile sotto il profilo dell’inadeguatezza del procedimento istruttorio, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, arbitrarietà, irragionevolezza della scelta adottata o difetto di motivazione ( ex multis , Cons. Stato, sez. III, 7.1.2022 n. 104;
Sez. IV, n. 6473/2021;
Sez. VI, n. 5913/2011;
n. 4862/2010;
n. 3456/2006;
Tar Lazio, Sez. I ter, nn. 3226/2021 e 5875/2021, Sez. II-quater, n. 5665/2012);
il potere discrezionale non può trasmodare in arbitrio.

IV. – Con riferimento al provvedimento impugnato, il Collegio ritiene fondata la censura con cui il ricorrente deduce il vizio di eccesso di potere, difetto di istruttoria e difetto di motivazione.

L’amministrazione ha adottato il provvedimento, previa comunicazione del preavviso di diniego del 9 gennaio 2019, in riscontro al quale il richiedente ha rappresentato che il procedimento penale, addebitatogli è stato definito con sentenza n. 1774/12 del 1° ottobre 2012, allegata alla nota con le osservazioni, con cui è stato assolto perché il fatto non costituisce.

L’autorità procedente ha ritenuto gli argomenti e le produzioni documentali del ricorrente del tutto irrilevanti, tanto da non riscontrarne in alcune modo la fondatezza né il tenore attraverso un supplemento di istruttoria. Invero, dagli atti di causa emerge il carattere non aggiornato degli elementi istruttori, avendo la p.a. fondato la propria sfavorevole determinazione sul contenuto del rapporto informativo della Questura di Brescia del 13 ottobre 2015, in cui peraltro emergeva la mera iscrizione nel registro di una notizia di reato, risalente a 7 anni prima, senza alcun riferimento agli esiti del procedimento penale, anche se in quel momento già definito da tre anni.

Alla luce di questa circostanza, non si comprende il tenore delle affermazioni dell’amministrazione resistente sull’irrilevanza delle sopravvenienze rispetto all’adozione del provvedimento che ha luogo emerse fino a quel momento.

Ebbene, la parte nel presente giudizio non adduce alcun elemento a favore della propria posizione che non si fosse già verificato al momento della conclusione dell’istruttoria procedimentale: la sentenza di assoluzione risalente a 7 anni prima dell’adozione del provvedimento era stata dalla stessa parte rappresentata all’autorità procedente con l’intento di superare il motivo ostativo al rilascio dello status contestatogli. Quindi, se per la p.a. l’accertamento della mancanza di pregiudizi penali in capo al ricorrente è considerato quale elemento sopravvenuto rispetto alla conclusione del procedimento, questo non è la conseguenza di circostanze e accadimenti verificatisi successivamente, trovando piuttosto una spiegazione nell’omissione di una valutazione puntuale e compiuta di tutti i fatti occorsi a causa di un non adeguato sostrato istruttorio nonché di lacune nell’attività di acquisizione di tutto quel complesso di elementi, positivi e negativi, necessario ai fini della corretta formulazione del giudizio di idoneità dell’aspirante cittadino.

Peraltro, il Collegio conosce e condivide l’insegnamento della giurisprudenza secondo cui anche una sola notizia di reato può fondare una determinazione dell’autorità procedente sfavorevole al richiedente la cittadinanza, visto che - come si precisa nel provvedimento - le valutazioni finalizzate all’accertamento di una responsabilità penale si pongono su un piano autonomo e differente rispetto a quelle preordinate all’adozione di un provvedimento amministrativo, “ in quanto il comportamento dell’istante viene valutato come fatto storico ”.

Ciò nondimeno nel caso di specie non è nemmeno dimostrato che si siano valutate le circostanze concrete del comportamento assunto dal ricorrente - consistito nel trasporto a bordo della propria autovettura di due esemplari vivi di pappagallo, per i quali, anche se non chiaramente appartenenti ad una specie protetta di cui ad un Regolamento CE n. 338/97 e del successivo Regolamento n. 274/2000 (vista l’adottata tecnica di individuazione delle specie in questione solo ad excludendum ) per la quale è richiesto il rilascio di apposita licenza, era munito di certificazione rilasciata dalla competente autorità albanese sull’origine degli animali in Albania (senza alcun riferimento alla predetta normativa europea) – tenuto conto che prima facie , esaminato atomisticamente nella sua dimensione storico-fattuale, non appare univocamente espressivo di una mancata assimilazione dei valori fondanti l’ordinamento di cui si aspira a far parte.

V. - Infine, per completezza, il Collegio precisa che non può riconoscersi rilevanza, nella delibazione della correttezza della valutazione effettuata dalla p.a. circa la meritevolezza dello status dell’odierno ricorrente, all’ulteriore elemento ostativo della dichiarazione non veritiera in ordine alla propria posizione giudiziaria - per non aver autocertificato la pendenza del procedimento penale di cui sopra in sede di presentazione della domanda - dato che si tratta di un elemento contestato dall’Amministrazione solo in corso di giudizio nell’ambito della relazione difensiva, di cui non vi è cenno né nel preavviso di diniego né nelle premesse motivazionali del provvedimento, pena l’elisione del principio dell’inammissibilità di una motivazione postuma (cfr. ex plurimis , Tar Lazio, sez. V bis, 4 luglio 2022, n. 9022).

V. - Il Collegio, pertanto, tenuto conto di quelli che risultano essere gli elementi istruttori raccolti dall’autorità procedente nel corso del procedimento concessorio, in mancanza dell’acquisizione di informazioni circostanziate sul contestato comportamento posto in essere dal richiedente lo status , di elementi aggiornati e di dettaglio sullo stato del relativo procedimento penale, ritiene condivisibile la censura di parte sul cattivo uso del potere discrezionale esercitato, non potendo ritenere l’avversato diniego sorretto da concrete ragioni in grado di giustificare adeguatamente il formulato giudizio di non inserimento (v. da ultimo, Tar Lazio, sez. V bis, 193/2023).

In altre parole, il Collegio ritiene che la determinazione negativa assunta dall’Amministrazione non poggi su una valutazione che possa considerarsi in maniera indubbia scrupolosa e attenta a tutto quel complesso degli specifici elementi rilevanti nel caso concreto, in grado di assicurare un giudizio attendibile sulla posizione dell’aspirante cittadino.

VI. - Il ricorso deve essere pertanto conclusivamente accolto e, per l’effetto, annullato, salve, ovviamente, le ulteriori determinazioni dell’amministrazione.

VII. – Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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