TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2016-01-18, n. 201600437

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2016-01-18, n. 201600437
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201600437
Data del deposito : 18 gennaio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 18078/1999 REG.RIC.

N. 00437/2016 REG.PROV.COLL.

N. 18078/1999 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 18078 del 1999, proposto da:
C G e C M, rappresentati e difesi dall'avv. R V, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Cesare Fracassini, 18;

contro

Ministero dei Beni, delle Attività Culturali e del Turismo, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del decreto, del 5-10-1999, con cui il Soprintendente per i beni ambientali e architettonici del Lazio ha annullato il parere favorevole espresso dalla Regione Lazio il 17-5-1999, ai sensi dell’art 32 della legge n. 47 del 1985, sulla domanda di concessione in sanatoria presentata , in base all’art 39 della legge n. 724 del 1994.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dei Beni, delle Attività Culturali e del Turismo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 novembre 2015 la dott.ssa Cecilia Altavista e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I ricorrenti, il 24-2-1995, presentavano domanda di concessione in sanatoria, in base all’art. 39 delle legge n. 724 del 1994, per la realizzazione di fabbricato residenziale, di due piani fuori terra ed uno seminterrato, per un volume complessivo di 740 metri cubi circa, in località Catorso del Comune di Rocca di Papa, zona sottoposta a vincolo paesaggistico.

La Regione Lazio il 17-5-1999, ai sensi dell’art 32 della legge n. 47 del 1985, rilasciava il parere favorevole alla sanatoria ex art. 32 l. n. 47/85, non ravvisando per le opere realizzate “motivi di contrasto con il contesto paesistico e panoramico vincolato tali da impedirne l’inserimento nel medesimo, unitamente a quelle necessarie al loro completamento funzionale previste in detto progetto, in quanto trovasi al limite della zona boscata a ridosso di un contesto fortemente urbanizzato”, imponendo alcune prescrizioni relative all’intonaco (nella gamma delle terre naturali), agli infissi (in legno con persiane) e al rispetto delle quote originarie del terreno.

Con decreto del 5-10-1999 il parere regionale è stato annullato dal Soprintendente per i beni ambientali e paesaggistici del Lazio, sulla base del vincolo posto dal D.M, 24-4-1954 e della tutela del piano paesistico n. 9, che consente solo la ricostruzione di edifici esistenti e il mantenimento dei volumi, nonché piccole costruzioni di servizio alle attività boschive, in relazione alla consistenza delle opere abusive (edificio bifamiliare su tre piani di cui due fuori terra).

Avverso tale provvedimento è stato proposto il presente ricorso formulando i seguenti motivi:

Violazione ed erronea applicazione dell’art. 82 del d.p.r. n. 616 del 1972 come modificato dalla legge n. 431 del 1985, anche in relazione alle leggi regionali n. 24 e 25 del 1998;

eccesso di potere per difetto di motivazione, illogicità manifesta, contraddittorietà;

violazione e falsa applicazione degli artt 32 e seguenti della legge 47 del 1985;
eccesso di potere per erroneità dei presupposti.

Si è costituita l’Avvocatura dello Stato contestando la fondatezza del ricorso.

Con decreto del 14-11-2013, il ricorso, pendente da più di cinque anni, è stato dichiarato perento, ai sensi dell’art 1 comma 1 dell’allegato 3 del c.p.a;
successivamente il decreto di perenzione è stato revocato ai sensi del comma 2 del citato articolo, in considerazione della manifestazione di interesse alla decisione del ricorso depositata dalla parte ricorrente.

All’udienza pubblica del 26-11-2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art 82 del d.p.r. 616 del 1972, in quanto l’annullamento da parte del Soprintendente è intervenuto il 5-10-1999, oltre il termine di sessanta giorni previsto da tale norme per l’esercizio del potere di annullamento.

Nel provvedimento impugnato si dà espressamente atto di avere ricevuto la documentazione completa il 17-8-1999, né vi è alcuna prova in atti di una differente data di ricezione né del provvedimento annullato né della documentazione integrativa.

La stessa difesa ricorrente si riferisce, anzi, nel ricorso, ad una richiesta di integrazione documentale del 26-7-1999.

La giurisprudenza è costante nel ritenere la natura perentoria del termine di sessanta giorni per l'esercizio del potere di annullamento, ma affermando che tale termine decorre dalla ricezione, da parte della Soprintendenza, dell'autorizzazione rilasciata e della pertinente e completa documentazione tecnico amministrativa. Il termine di sessanta giorni può essere, quindi, interrotto in caso di manifestate esigenze istruttorie o per incompletezza della documentazione trasmessa, con nuova decorrenza dall'acquisizione completa dei documenti richiesti (Consiglio di Stato n. 5430 del 2014;
n. 4387 del 2013;
n. 2087 del 2011). Il potere di annullamento della Soprintendenza, infatti, non può che riferirsi a quel potere con tutti i "connotati" riconosciutigli sulla base della normativa , tra cui quello di chiedere le integrazioni documentali ritenute necessarie o utili per il corretto esercizio del potere di annullamento (Consiglio di Stato n. 700 del 2015).

Con le ulteriori censure, pur formulate genericamente, si contesta che il Ministero abbia operato una nuova valutazione paesaggistica, differente da quella della Regione, anche sotto il profilo del difetto di motivazione, e che, comunque, il piano territoriale paesistico posto a base del provvedimento impugnato è entrato in vigore successivamente alla realizzazione dell’opera abusiva.

Tali argomentazioni non sono suscettibili di accoglimento.

Il provvedimento impugnato è basato, infatti, in primo luogo sul d.m. del 24-4-1954, che ha posto il vincolo paesaggistico sull’area ai sensi della legge n. 1497 del 1939;
inoltre, la giurisprudenza è costante nel considerare rilevanti tutti i vincoli esistenti al momento dell’esame della domanda di condono. Ai fini delle procedure di condono sono da ritenere rilevanti tutti i vincoli apposti alla data in cui viene valutata l'istanza di sanatoria, a prescindere dalla data di esecuzione delle opere e di imposizione dei vincoli medesimi (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria n. 20 del 2009;
Consiglio di Stato n. 6114 del 2013;
n. 2409 del 2013;
n. 2576 del 2012).

L’Amministrazione ha, quindi, correttamente considerato anche il piano territoriale paesistico approvato con la legge regionale n. 24 del 1998 rispetto ad una domanda di condono del 1995.

Quanto alle valutazioni operate dal Ministero, si deve evidenziare che il Consiglio di Stato fin dall’Adunanza Plenaria n. 9 del 2001, ha affermato che il potere ministeriale di annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche o l’analogo potere esercitato in sede di procedimento di condono, ai sensi dell’art 32 della legge n. 47 del 1985 (sulla identica natura di tali poteri cfr. Consiglio di Stato n. 5376 del 2012) è espressione della cogestione dei valori paesistici da parte di Stato e Regioni e si manifesta mediante provvedimenti di amministrazione attiva, in funzione di gestione e di estrema salvaguardia dei valori paesistici coinvolti. Il Ministero può, quindi, annullare l'autorizzazione paesistica anche quando risulti un profilo di eccesso di potere (per sviamento, insufficiente motivazione, difetto di istruttoria, illogicità manifesta);
in particolare, in considerazione della tendenziale irreversibilità dell'alterazione dello stato dei luoghi, l'atto che esamina la domanda di autorizzazione deve essere coerente col piano paesistico, si deve basare su una idonea istruttoria e su una adeguata motivazione, da cui devono risultare le ragioni poste a base della affermata prevalenza di un interesse diverso da quello tutelato in via primaria.

Il divieto di effettuare valutazioni di merito sussiste, inoltre, soltanto se l'ente che rilascia l'autorizzazione abbia adempiuto al suo obbligo di motivare in maniera adeguata in ordine alla compatibilità paesaggistica dell'opera. In caso contrario gli organi ministeriali possono annullare il provvedimento adottato per difetto di motivazione e indicare - anche per evidenziare il vizio di eccesso di potere dell'atto esaminato - le ragioni di merito, sorrette da una puntuale indicazione degli elementi concreti della specifica fattispecie, che concludono per la non compatibilità delle opere edilizie con i valori tutelati (Consiglio di Stato n. 5376 del 2013;
n. 173 del 2012;
n. 6885 del 2011).

Nel caso di specie, la Regione ha affermato genericamente la compatibilità dell’opera con il contesto tutelato “le opere realizzate non presentano motivi di contrasto con il contesto paesistico e panoramico vincolato” semplicemente in relazione alla collocazione al limite della zona boscata- nella quale comunque rientra- e “a ridosso” di una area urbanizzata, imponendo alcune prescrizioni relative a colore dell’intonaco e alla tipologia degli infissi.

Il Ministero ha, invece, dato espressamente conto sia del particolare pregio della zona tutelata già con d.m. del 1954 (basato sul quadro naturale di singolare bellezza e sulle suggestive vedute panoramiche) sia di quanto previsto dal piano territoriale paesistico per la area in questione.

Infatti, il fabbricato abusivamente realizzato insiste su una area tutelata dal P.t.p. n. 9, Castelli Romani, come zona boscata non compromessa, nella quale è ammesso solo il recupero degli edifici esistenti.

L’Amministrazione statale ha dato espressamente conto nella motivazione di tale disciplina del P.t.p. anche in relazione alla ampiezza dell’intervento edilizio oggetto del condono (tre piani di cui due fuori terra per complessivi metri cubi 740 circa), circostanza di fatto particolarmente rilevante nel caso di specie. Sia la disciplina del P.t.p., che non consente nuove edificazioni, sia l’ampiezza dell’intervento edilizio realizzato non risultano prese in alcuna considerazione dalla Regione.

Ritiene, dunque, il Collegio, applicando i principi elaborati dalla giurisprudenza sopra citata , che la Soprintendenza abbia correttamente esercitato i poteri attribuiti dall’art 82 del d.p.r. 616 del 1977, annullando il parere regionale.

Sotto tali profili il ricorso è dunque infondato e deve essere respinto.

In considerazione della particolarità delle circostanze, sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali.

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