TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2017-12-28, n. 201712758

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2017-12-28, n. 201712758
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201712758
Data del deposito : 28 dicembre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/12/2017

N. 12758/2017 REG.PROV.COLL.

N. 07746/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7746 del 2016, proposto da:
E O F, E F e A F, in proprio e quali eredi della sig.ra C Calto Giustiniani Recanati, e nella veste di soci e legali rappresentanti dell’Azienda agricola Collalto Giustiniani di E, A e E F, società semplice agricola, rappresentati e difesi dagli avv.ti M P e M C, elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in Roma, v.le B. Buozzi, 87;

contro

Gse – Gestore dei servizi energetici s.p.a., in persona del Direttore Affari legali e societari, rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco Orlando, Maria Antonietta Fadel e Antonio Pugliese, elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, via Sistina, 48;
Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12, è domiciliato;
Enel Distribuzione s.p.a.;

per l’annullamento

del provvedimento del GSE prot. P20160051055 in data 4.5.2016 (ricevuto il 17.5.2016), recante decadenza della ricorrente dal diritto alle tariffe incentivanti per l’impianto fotovoltaico di potenza pari a 999,675 kW, sito in via Grimani snc, nel comune di Monastier (TV) (n. id. 206076);

nonché per la condanna

del GSE ad adottare le misure più idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva della ricorrente e delle intimate amministrazioni al risarcimento dei danni.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del 10 novembre 2017 il cons. M.A. di Nezza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso spedito per le notificazioni il 28.6.2016 i ricorrenti in epigrafe, nel premettere di essere titolari di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte fotovoltaica ultimato entro il 31.12.2010, entrato in esercizio prima del 30.6.2011 e ammesso a godere degli incentivi di cui al d.m. 19.2.2007 ai sensi dell’art. 1- septies d.l. 8 luglio 2010, n. 105 (conv., con modif., dalla l. 13 agosto 2010, n. 129), hanno chiesto l’annullamento del provvedimento del 4.5.2016, con cui il Gse, all’esito del procedimento di verifica avviato con sopralluogo del 23.9.2014, ha disposto la decadenza dagli incentivi stessi e domandato la restituzione degli importi nel frattempo erogati.

A sostegno dell’impugnazione hanno prospettato i vizi di:

I. Violazione e falsa applicazione degli artt. 25, 42 e 43 d.lgs. n. 28/2011 ;

II. Violazione dell’art. 7 l. n. 241/90;
violazione e falsa applicazione degli artt. 42 d.lgs. n. 28/2011 e 7 d.m. 31.1.2014;
eccesso di potere per motivazione insufficiente e violazione dei principi di trasparenza e partecipazione al procedimento
;

III. Violazione degli artt. 2 l. n. 241/90, 1 e 10 d.m. 31.1.2014;
violazione dell’art. 97 Cost.;
eccesso di potere per violazione dei principi di efficienza, efficacia e ragionevolezza del procedimento amministrativo e di buon andamento della pubblica amministrazione;

IV. Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 l. n. 241/90 e dell’art. 8, co. 4, d.m. 31.1.2014;
eccesso di potere
;

V. Eccesso di potere per istruttoria insufficiente e travisamento dei fatti ;

VI. Violazione e falsa applicazione degli artt. 42 d.lgs. n. 28/2011, 1 e 11 d.m. 31.1.2014 e 43, co. 1, d.P.R. n. 445/2000;
eccesso di potere per illogicità e violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità dell’azione amministrativa
.

Con ordinanza n. 5459 del 16.9.2016 è stata respinta la domanda cautelare (con ord. Cons. Stato, sez. IV, n. 516/2017, è stato accolto l’appello “limitatamente alla sollecita fissazione del merito del ricorso in primo grado”).

All’odierna udienza, in vista della quale i ricorrenti hanno depositato ulteriori documenti (28.9.17) e una memoria (9.10.17) ed entrambe le parti note di replica (19.10 e 20.10.17), il giudizio è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. I ricorrenti chiedono l’annullamento del provvedimento del 4.5.2016 (prot. P20160051055), con cui il Gse, all’esito delle verifiche sull’impianto fotovoltaico di loro titolarità, ha dichiarato la “decadenza dal diritto alle tariffe incentivanti” di cui al d.m. 19.2.2007 (II° conto energia), indicando l’ammontare degli incentivi da restituire (euro 1.984.726,54;
il Gestore ha peraltro riconosciuto le tariffe del IV° conto, di cui al d.m. 5.5.2011).

Nel caso in esame, l’accesso ai benefici è avvenuto ai sensi dell’art. 2- sexies d.l. 25 gennaio 2010, n. 3 (conv. con modif. dalla l. 22 marzo 2010, n. 41), come modificato dall’art. 1- septies , co. 1, d.l. 8 luglio 2010, n. 105 (conv., con modif., dalla l. 13 agosto 2010, n. 129), a tenore del quale:

- co. 1: le tariffe incentivanti del II° conto energia sono riconosciute in favore dei soggetti i quali “abbiano concluso, entro il 31 dicembre 2010, l’installazione dell’impianto fotovoltaico, abbiano comunicato all’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione, al gestore di rete e al Gestore dei servizi elettrici - GSE s.p.a., entro la medesima data, la fine dei lavori” (è altresì fissata, quale data limite per l’entrata in esercizio, il 30.6.2011);

- co. 1- bis : “la comunicazione di cui al comma 1 è accompagnata da asseverazione, redatta da tecnico abilitato, di effettiva conclusione dei lavori […] e di esecuzione degli stessi nel rispetto delle pertinenti normative. Il gestore di rete e il GSE S.p.a., ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, possono effettuare controlli a campione per la verifica delle comunicazioni di cui al presente comma, ferma restando la medesima facoltà per le amministrazioni competenti al rilascio dell’autorizzazione”.

Risulta dagli atti che a seguito della comunicazione di avvio del procedimento (consegnata in occasione dell’ispezione il 23.9.2014;
all.ti 27 e 28 ric.), con nota del 26.6.2015 (prot. P20150061892;
all. 30 ric.) il Gestore ha chiesto ai ricorrenti chiarimenti su una serie di aspetti, tra i quali: a) la circostanza che non sarebbe stata “fornita evidenza (d.d.t., bolle di consegna, ecc.) del trasporto, presso il sito di installazione dell’impianto entro il termine del 31 dicembre 2010, dei componenti impiegati (moduli, inverter, trasformatore, ecc.”); b) il c.d. Allegato P di Enel Distribuzione (“Dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà previsti dagli artt. 10.6-23.3-9-14 del TICA”) recherebbe la data del 29.4.2011, successiva al ridetto termine del 31.12.2010);
e ha altresì chiesto di produrre un “elenco aggiornato dei moduli fotovoltaici attualmente installati sull’impianto, recante marca, modello e matricole”.

Nella determinazione finale il Gestore, muovendo dalle risultanze del contraddittorio procedimentale e in particolare da quanto osservato e prodotto dai ricorrenti (all. 31 ric.), ha dato atto del superamento di alcuni profili, ritenendo però confermati i precedenti rilievi con le seguenti affermazioni:

- il soggetto responsabile “ non ha fornito i documenti attestanti il trasporto presso il sito di installazione di tutti i moduli fotovoltaici impiegati presso l’impianto […]. Dall’esame della documentazione integrativa è infatti emerso che i documenti intestati alla società Elettrodinamica s.p.a. si riferiscono al trasporto presso il sito […] di n.

3.196 moduli fotovoltaici […] su un totale installato pari a 4.383 moduli;
non è stato pertanto possibile verificare in modo inequivocabile l’avvenuta conclusione dei lavori dell’impianto alla data del 31 dicembre 2010 […]
”;

- “ in difformità a quanto previsto dall’art.

1-septies della legge 129/10, la comunicazione di fine lavori al Gestore di Rete (Enel Distribuzione s.p.a.), acquisita […] in fase di sopralluogo, reca la data del 29 aprile 2011 […]
”.

2. I ricorrenti assumono l’erroneità delle valutazioni del GSE sotto vari profili.

2.1. Con il primo motivo essi deducono che il Gse avrebbe effettuato i controlli in base alla disciplina del d.m. 31.1.2014, a loro dire non applicabile al caso di specie, in quanto: i) il d.m. sarebbe entrato in vigore più di tre anni dopo il completamento dell’impianto e più di due anni dopo la sottoscrizione della convenzione per la fruizione delle tariffe incentivanti, mentre l’art. 42 d.lgs. n. 28/2011 avrebbe fissato in 7 mesi il termine per la sua adozione; ii) l’art. 25, co. 10, d.lgs. n. 28/2011 avrebbe previsto una clausola di salvezza per gli impianti incentivati ai sensi del citato art. 1- septies d.l. n. 105/10, divisandone un regime differenziato e delineando la disciplina dei controlli all’art. 43 d.lgs. cit..

La censura è infondata.

Il gravato provvedimento risulta infatti adottato nell’ambito dell’esercizio della potestà di controllo attribuita al Gse dall’art. 42 d.lgs. n. 28/2011, il cui co. 3 espressamente sancisce la “decadenza” dagli incentivi stessi “nonché il recupero delle somme già erogate”, laddove siano riscontrate violazioni “rilevanti ai fini dell’erogazione degli incentivi”.

Come più volte affermato da questa Sezione, il Gestore è titolare di un potere immanente di verifica della spettanza dei ridetti incentivi (v. da ultimo, ex aliis , sent. 26 settembre 2017, n. 9906), potere la cui sussistenza è pienamente giustificata dalla mera pendenza del rapporto di incentivazione e che può essere esercitato per tutta la durata dello stesso (“non essendo previsto […] alcun termine decadenziale di attivazione”;
cfr. sent. 28 febbraio 2017, n. 2954;
v. sulle attribuzioni in disamina, più in generale, le sentt. 8 settembre 2017, n. 9650, con la giurispr. ivi richiamata, e 30 giugno 2017, n. 7509, secondo cui “l’art. 42 del d.lgs. n. 28 del 2011 […] è applicabile alla fase di verifica dei requisiti dei rapporti convenzionali in essere al momento della sua entrata in vigore”;
cfr. anche, per l’indirizzo del Giudice d’appello, Cons. Stato, sez. IV, 12 gennaio 2017, n. 50, che qualifica il provvedimento decadenziale in termini di “atto vincolato di decadenza accertativa dell’assodata mancanza dei requisiti oggettivi condizionanti ab origine l’ammissione al finanziamento pubblico”).

Né i ricorrenti possono utilmente invocare l’art. 43 d.lgs. n. 28/2011 (“Disposizioni specifiche per l’attuazione dell’articolo 2- sexies del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 2010, n. 41”), sostenendo che soltanto in esso andrebbe rinvenuta la specifica disciplina dei controlli per impianti quali quello in esame.

In disparte la sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale della disposizione (con sent. C. cost. 10 marzo 2017, n. 51, relativa agli artt. 43, co. 1 e all’art. 23, co. 3, d.lgs. n. 28/2011 cit., di cui si dirà), e precisato che essa prevedeva comunque il “rigetto” dell’istanza di incentivo “qualora sia stato accertato che i lavori di installazione dell’impianto fotovoltaico non sono stati conclusi entro il 31 dicembre 2010” (vale a dire l’ipotesi riscontrata dal Gestore nella fattispecie in esame), si deve ribadire che per gli impianti di cui all’art. 2- sexies d.l. n. 3/2010 (come infine modificato dalla l. n. 129/10) il mancato completamento dei lavori nel termine di legge comunque rileva ai sensi dell’art. 42 cit. (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 maggio 2016, n. 2077).

Di qui, l’infondatezza del motivo.

2.2. Con il secondo mezzo gli istanti sostengono che il sopralluogo presso l’impianto sarebbe avvenuto in assenza di preavviso e dunque in violazione dell’art. 7 d.m. 31.1.2014, recante l’obbligo di comunicare “l’avvio del procedimento di controllo mediante sopralluogo” almeno 7 giorni prima della data dell’incombente;
né il Gestore avrebbe dato conto delle ragioni di urgenza sottese all’espletamento di un “controllo senza preavviso”, con ulteriore violazione dell’art. 7 l. n. 241/90.

Anche questo motivo è infondato.

Il ridetto art. 42, co. 1, d.lgs. n. 28/2911 espressamente prevede che “I controlli sugli impianti […] sono svolti anche senza preavviso […]”.

A sua volta il d.m. 31.1.2014, nel disciplinare specificamente la fattispecie dei “controlli senza preavviso”, si limita a stabilire che le indicazioni di cui all’art. 8 l. n. 241/90 (sui contenuti dell’avviso di avvio del procedimento) siano “comunicate senza indugio dopo lo svolgimento delle operazioni di controllo”, “a garanzia della partecipazione degli interessati al procedimento” (art. 7, commi 2 e 5, d.m. cit.).

Si può così notare come le norme di settore non obblighino il Gestore a dar conto di eventuali “ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento” idonee a giustificare (ai sensi dell’art. 7, co. 1, l. n. 241/90) il mancato “preavviso”.

Il che, del resto, ben si giustifica sul piano sostanziale, avuto riguardo all’esigenza di assicurare al Gestore la possibilità di effettuare ispezioni “a sorpresa” (modalità di verifica non certo eccezionale nel contesto delle attribuzioni di vigilanza sulle attività private).

2.3. Con il terzo motivo i ricorrenti assumono che l’art. 10 d.m. 31.1.2014, al fine di dare concreta attuazione ai “principi di efficienza, efficacia, proporzionalità e ragionevolezza” richiamati anche dal precedente art. 1, co. 1, avrebbe demandato al Gestore, per le ipotesi di controllo mediante sopralluogo, di stabilire ai sensi dell’art. 2 l. n. 241/90 e “in base a criteri di proporzionalità e di efficienza, il termine di conclusione del procedimento […]”, stabilendo altresì che “Nei casi di maggiore complessità può essere previsto un termine fino a 180 giorni” (co. 1;
il co. 4 prevede, ancora, che il Gse comunichi “tempestivamente l’atto finale al titolare dell’impianto […]”), termine da reputare perentorio alla stregua di un’interpretazione sistematica delle riportate disposizioni (artt. 1 e 10) e avuto riguardo all’espressa evocazione nella stessa norma sul termine (art. 10, co. 1) dei citati principi di proporzionalità ed efficienza;
la violazione del dies ad quem comporterebbe allora la decadenza dal potere di provvedere.

Nel caso concreto, nella comunicazione di avvio del 29.9.2014 il Gestore avrebbe indicato il citato termine massimo di 180 giorni, sicché il procedimento avrebbe dovuto concludersi entro il 28.3.2015;
l’atto decadenziale sarebbe stato invece notificato solo il 17.5.2016, ben 415 giorni dopo la scadenza, con evidente macroscopica violazione della norma appena riportata.

E anche a voler reputare il termine in questione meramente ordinatorio, le lungaggini del procedimento dimostrerebbero l’avvenuta lesione così del canone di buon andamento della pubblica amministrazione come dei principi affermati dallo stesso d.m. 31.1.2014.

Il motivo non è condivisibile.

L’art. 10, co. 1, d.m. cit. prevede che “ai sensi dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990, il GSE stabilisce, in base a criteri di proporzionalità e di efficienza, il termine di conclusione del procedimento di controllo mediante sopralluogo. Nei casi di maggiore complessità può essere previsto un termine fino a 180 giorni”.

Nell’esaminare una censura prospettante la violazione, da parte del Gestore, del termine da esso stesso fissato per la definizione del procedimento (in ossequio al primo periodo del riportato co. 1), la Sezione ha affermato che dagli inerenti dati normativi “non è possibile inferire la natura perentoria del termine”, in continuità con l’indirizzo espresso in una fattispecie similare (di dedotto superamento dei termini di conclusione di una verifica di competenza dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas;
v. la sent. 9 luglio 2015, n. 9269, che richiama Cons. Stato, sez. VI, 30 dicembre 2014, n. 6430, secondo cui “l’art. 152, 2° co., c.p.c., nell’affermare che ‘i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori’, detta ‘un principio generale del nostro ordinamento che è applicabile anche ai termini nei procedimenti amministrativi’”;
nella sent. n. 9269/15 si dà atto che la menzionata pronuncia d’appello sembra espressiva di una linea di pensiero non in asse con la consueta opinione, ribadita da Cons. Stato, ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 10, punto 5.2 “diritto”, per la quale l’art. 152 cit. “vale esclusivamente per i termini processuali, mentre con riguardo ai termini esistenti all’interno del procedimento amministrativo il carattere perentorio o meno va ricavato dalla loro ratio ”;
v. anche Cons. Stato, sez. IV, 16 novembre 2011, n. 6051).

Qui basti ribadire, in aggiunta al rilievo dell’assenza di una specifica qualificazione normativa in termini di perentorietà, che “la potestà esercitata nella specie non ha connotazioni sanzionatorie” (si è già detto che per l’orientamento del Consiglio di Stato più sopra citato si è in presenza di un “atto vincolato di decadenza accertativa dell’assodata mancanza dei requisiti oggettivi condizionanti ab origine l’ammissione al finanziamento pubblico”;
v. sopra n. 2.1), il che vale a escludere che nel rapporto concessorio intercorrente tra Gestore e fruitore degli incentivi quest’ultimo possa arrivare ad acquisire, in forza del mancato rispetto del termine per cui è questione, una posizione tale da precludere ogni successivo esercizio delle attribuzioni di controllo, al punto da consentire ( in thesi ) la percezione della complessiva incentivazione pubblica anche in caso di evidente assenza dei necessari presupposti normativi;
risultato, quest’ultimo, in stridente contrasto con i canoni di buon andamento e di parità di trattamento tra gli operatori.

Non vi sono dunque elementi che inducano a ipotizzare la consumazione della potestà di vigilanza del Gestore nel caso di mancata definizione del procedimento entro il dies ad quem fissato ai sensi dell’art. 10 d.m. 31.1.2014.

Da quanto detto discende l’infondatezza del primo profilo di critica.

Va parimenti disattesa la successiva (e logicamente subordinata) censura, poggiante sull’ipotizzata natura ordinatoria del termine, in quanto i ricorrenti, pur denunciando la violazione dei principi in materia di procedimento amministrativo, non specificano le concrete ragioni per le quali il superamento del termine di 180 giorni avrebbe dovuto determinare effetti invalidanti del provvedimento decadenziale (specie se si consideri che un eventuale annullamento per la ragione in esame non precluderebbe al Gestore l’apertura di un nuovo iter di controllo).

2.4. I ricorrenti deducono ancora, con il quarto mezzo, che a fronte dei rilievi formulati dagli ispettori con la nota del 26.6.2015 (prot. P20150061892) – in particolare quelli riguardanti la mancata esibizione e produzione dei documenti di trasporto e il fatto che la dichiarazione sostitutiva prevista da una serie di disposizioni del T.i.c.a. (Testo integrato delle connessioni attive, approvato dall’Aeegsi) recasse una data (29.4.2011) posteriore al termine del 31.12.2010 – essi avrebbero inviato le proprie osservazioni (a fine luglio 2015) dopo aver reperito la necessaria documentazione dall’appaltatore Elettrodinamica (ditta che avrebbe realizzato l’impianto “chiavi in mano”;
in particolare, questa impresa avrebbe inoltrato i documenti di trasporto relativi a tutti i pannelli fotovoltaici e avrebbe riferito dell’avvenuta ultimazione dei lavori entro la scadenza prevista, mentre la dichiarazione avrebbe riguardato le opere di connessione a monte del punto di consegna, fatte sotto direzione Enel, su progetto da questa approvato e con ditta da questa certificata), osservazioni sulle quali il Gestore non avrebbe controdedotto alcunché, incorrendo in violazione degli artt. 10 l. n. 241/90 e 8, co. 4, d.m. 31.1.2014 (secondo cui “ai sensi dell’art. 10 della legge n. 241 del 1990, il titolare dell’impianto ha il diritto di presentare memorie scritte e documenti, che il GSE ha l’obbligo di valutare ove siano pertinenti ai fini dell’attività di controllo. Dell’eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni il GSE dà ragione nella motivazione dell’atto finale”).

Anche questo motivo è infondato, alla luce del pacifico orientamento della Sezione secondo cui la correttezza sostanziale del gravato provvedimento (come si vedrà) osta al suo annullamento per asserita violazione delle norme sulla partecipazione al procedimento (e ciò “anche a voler ritenere che, in sede di provvedimento definitivo, non siano state prese in considerazione dal GSE tutte le controdeduzioni presentate dall’interessata”;
v. sent. 26 settembre 2017, n. 9907;
v. anche sent. 18 settembre 2017, n. 9777, e giurispr. ivi richiamata).

2.5. Il quinto mezzo attiene, per l’appunto, agli aspetti sostanziali della vicenda.

A dire dei ricorrenti la rappresentazione dei fatti posti a fondamento delle due ragioni addotte a sostegno della gravata determinazione decadenziale sarebbe del tutto travisata:

a) quanto ai documenti di trasporto dei pannelli fotovoltaici, sarebbero stati trasmessi al Gestore i documenti di trasporto e le fatture emessi dal produttore Solaria Energia in favore dell’appaltatrice Elettrodinamica con riferimento a tutti i moduli fotovoltaici installati da quest’ultima presso l’impianto;
si tratterebbe di documentazione concernente due distinte forniture, la prima del 27.9.2010, per 1.252 pannelli, e la seconda del 15.10.2010, per 3.196 pannelli;
nel provvedimento decadenziale il Gse avrebbe fatto riferimento solamente a questa seconda fornitura, senza tener conto della prima;

b) in relazione alla comunicazione di fine lavori al gestore di rete, il documento acquisito nel corso dell’ispezione avrebbe fatto riferimento non già ai lavori di installazione dell’impianto, ma ad altre opere (anche edili) necessarie “a monte del punto di connessione per consentire l’entrata in esercizio” (entro il 30.6.2011);
la fine dei lavori sarebbe stata, invece, tempestivamente comunicata dalla proprietà – “mediante controfirma della dichiarazione di conformità dell’impianto elettrico a servizio della cabina elettrica alla regole dell’arte, firmata dalla ditta installatrice […], inoltrata al gestore di rete” (all 11 ric.) – e da Elettrodinamica – “mediante invio ad Enel Distribuzione della scheda di informazione sui rischi specifici di data 28.12.2010” (all. 12 ric) –;
adempimento confermato da Terna (con attestazione RC0194789 sull’adempimento degli obblighi informativi previsti dall’art. 5 delib. Aeeg ARG/elt n. 205/08;
all. 13);
il Gestore non avrebbe però tenuto conto di questi elementi documentali, così incorrendo anche in vizio di difetto di istruttoria.

Il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.

Cominciando dalla questione della comunicazione al gestore di rete – e ricordato che la Sezione ha già affermato l’indispensabilità del regolare espletamento di questo incombente ai fini dell’accesso agli incentivi per cui è controversia (v. sent. 21 novembre 2016, n. 11619, cui si rinvia ai sensi dell’art. 88, co. 2, lett. d , c.p.a.) – ritiene il Collegio che le deduzioni dei ricorrenti non siano condivisibili.

In primo luogo, sono del tutto irrilevanti le comunicazioni indirizzate al Comune e al Gse (all.ti 9 e 10 ric.), che integrano adempimenti diversi da quello mancante.

Né la tesi dei ricorrenti è avvalorata dalla restante documentazione da essi prodotta.

In disparte ogni considerazione sulla data di ricezione da parte del gestore di rete, sta di fatto che sia la “dichiarazione di conformità dell’impianto alla regola dell’arte” (all. 11 cit.) sia l’“All. H – scheda di informazione sui rischi specifici e sulle misure di sicurezza comunicate dal cliente” (all. 12 cit.) non tengono luogo dell’“All. P: dichiarazione sostitutiva […] (comunicazione di fine lavori)”. Così come questo documento non è in alcun modo surrogato dall’“attestazione” di Terna rilasciata ai sensi dell’art. 5 delib. Aeeg n. 205/08 cit. (all. 13 cit.;
l’art. 5 in questione prevede anzi che tale attestazione sia comunicata al gestore di rete prima della connessione;
cfr. all. 14 ric.;
v. sulla “comunicazione” di cui all’all. P, la sent. 6 maggio 2016, n. 5340).

Si deve pertanto escludere che il gestore di rete – “sia direttamente che indirettamente (ovvero tramite Terna, ente che, all’epoca possiamo dire fosse tecnicamente sovraordinato rispetto Enel Distribuzione)” – sia stato reso “correttamente e tempestivamente edotto entro il 31.12.2010” del completamento dell’impianto.

Infine, quanto alla “comunicazione di fine lavori” del 29.4.2011, versata in atti (all. 17 ric.), i ricorrenti hanno osservato (nella fase procedimentale;
v. all. 31) che la stessa, e il “verbale di collaudo e accettazione delle opere ENEL del 13 maggio 2011 […] sono relative alle opere di connessione a monte del punto di consegna, fatte sotto direzione ENEL su progetto approvato dall’ENEL e con ditta certificata ENEL ma a carico dell’installatore (Elettrodinamica s.p.a.)”.

I ricorrenti sembrano cioè voler intendere che la “comunicazione” in questione riguarderebbe opere diverse dall’impianto. Ma se anche così fosse, resta il fatto che continua a esser carente la prova dell’espletamento dell’incombente di cui trattasi.

L’infondatezza del profilo di censura appena esaminato comporta l’inammissibilità per difetto d’interesse della doglianza relativa alla data di ultimazione dei lavori, in ossequio al pacifico orientamento secondo cui “in caso di provvedimento plurimotivato il rigetto della doglianza diretta a contestare una delle ragioni giustificatrici dell’atto lesivo comporta la carenza di interesse della parte ricorrente all’esame delle censure ulteriori volte a contestare le altre ragioni giustificatrici dell’atto medesimo, atteso che, seppur tali ulteriori censure si rivelassero fondate, il loro accoglimento non sarebbe comunque idoneo a soddisfare l’interesse del ricorrente a ottenere l’annullamento del provvedimento lesivo, che resterebbe supportato dall’autonomo motivo riconosciuto sussistente e legittimo” (sugli atti plurimotivati v. di questa Sezione, ex aliis , le sentt. 24 maggio 2017, n. 6207, 11 luglio 2017, n. 8221, 19 maggio 2017, n. 6014, e 21 novembre 2016, n. 11621;
v. anche Cons. Stato, sez. VI, 18 luglio 2016, n. 3194, nonché Cons, Stato, sez. III, 3 novembre 2016, n. 4611: “In presenza del cd. atto plurimotivato è sufficiente la legittimità di una sola delle giustificazioni per sorreggere l’atto in sede giurisdizionale”).

Esigenze di completezza inducono peraltro a svolgere le seguenti considerazioni.

Dall’esame della documentazione in atti si evince come nelle osservazioni del 31.7.2015 i ricorrenti abbiano precisato di avere acquistato l’impianto “chiavi in mano” e pertanto di poter consegnare soltanto le “fatture emesse dall’installatore (Elettrodinamica spa) nei nostri confronti le quali non avevano allegati i DDT dei componenti”. E hanno precisato, ancora, di essere riusciti a farsi consegnare “copia di buona parte dei DDT dei componenti installati che alleghiamo e anche le fatture pagate da Elettrodinamica a Solaria Energia (produttore dei pannelli)” (all. 31 cit.).

L’all. 32 consiste effettivamente (come asserito da parte istante e a quanto è dato comprendere) di documentazione, redatta in inglese (a eccezione dei termini di pagamento), relativa a due operazioni, del 27.5.2010 e del 15.10.2010: si tratterebbe di due “ordini” (o “fatture”, come deducono i ricorrenti), ai quali sono allegati due fogli denominati “paking [ sic ] list”, che integrerebbero, a dire degli stessi ricorrenti, le “bolle di consegna […] unico documento di trasporto che la società spagnola emette per individuare il contenuto della merce imballata e trasportata” (v. mem. 9.10.17, pag. 31).

Sennonché, anche a voler condividere tale ricostruzione, si tratterebbe comunque di documenti non idonei a dimostrare l’avvenuta consegna del materiale nel sito indicato, in assenza di sottoscrizione del destinatario o comunque di elementi che consentano di presumere che la merce sia stata recapitata a destinazione entro il termine previsto.

Ciò indipendentemente dal preteso riconoscimento operato dal Gestore circa la “validità” della documentazione relativa alla fornitura del 15.10.2010 (quella concernente 3.196 pannelli;
v. pagg. 30 ss. mem. 9.10.17), non essendo possibile concludere con certezza, alla stregua di quanto in precedenza osservato, che il Gse avrebbe considerato “valida” (anche) la documentazione relativa all’ordine del 27.9.2010 (concernente i restanti 1.252 moduli).

2.6. Gli istanti deducono, con il sesto mezzo, che le contestazioni sollevate dal Gestore non integrerebbero alcuna delle violazioni rilevanti ex All. 1 d.m. 31.1.2014;
in particolare, la sentenza Cons. Stato, sez. IV, 18 maggio 2016, n. 2006, si fonderebbe sulla necessità di tener conto, nell’ambito dei procedimenti di controllo sugli impianti, degli aspetti sostanziali, in linea con l’art. 42 d.lgs. cit. e con gli artt. 1 e 11 d.m. cit.;
nel caso concreto, la fattispecie non sarebbe ascrivibile né alle violazioni di cui alle lettere a) ed m) , All. 1, cit. (che riguarderebbero unicamente la presentazione dei dati al Gse e non al gestore di rete), né all’ipotesi generale contemplata dall’art. 11, co. 1, 2° per., d.m. cit. (in assenza di violazioni, elusioni o inadempienze di sora alla disciplina dell’accesso agli incentivi);
ciò si trarrebbe dalla conseguenza ricollegata dallo stesso Gestore alla mancata messa a disposizione della documentazione attestante il trasporto presso il sito d’installazione (declinata in termini di impossibilità di “affermare in modo inequivocabile l’avvenuta conclusione dei lavori entro il 31.12.2010”);
mentre il mancato tempestivo inoltro al gestore di rete della comunicazione a esso dovuta sarebbe “un mero formalismo”, sia pure richiesto dalla l. n. 129/10;
tanto più che ai sensi dell’art. 15 l. n. 183/11 sarebbe stato il Gse a dover chiedere a Enel Distribuzione conferma dell’avvenuta ricezione, entro il termine previsto, dell’informativa di conclusione dei lavori;
infine, il Gestore non avrebbe minimamente tenuto conto dell’assoluta assenza di colpa del committente (dante causa dei ricorrenti).

Anche queste censure vanno disattese, avuto riguardo al ricordato indirizzo della Sezione (v. sentt. n. 11619/16 cit., 6 maggio 2016, n. 5340, e 30 maggio 2016, n. 6262, cui si rinvia ai sensi dell’art. 88, co. 2, lett. d , c.p.a;
v. anche Cons. Stato, sez. IV, ord. 11 marzo 2016, n. 896, con cui è stata confermata l’ord. della Sezione n. 5081/15).

Si è detto, infatti, che il regolare adempimento della comunicazione al gestore di rete nel termine previsto è indispensabile ai fini dell’accesso agli incentivi, dal momento che in questo ambito (concessione di incentivi pubblici) “le norme che prevedono termini a pena di decadenza ovvero requisiti anche di carattere meramente formale vanno rispettate in modo puntuale, preciso e rigoroso, preferendosi comunque una interpretazione formalistica delle regole che presiedono alla concessione di danaro pubblico che garantisca la par condicio tra i soggetti beneficiari”.

Si è, poi, affermato che appartiene al novero di tali norme l’art. 2- sexies , co. 1, d.l. n. 3/2010 pure nella parte relativa alla comunicazione di fine lavori al gestore di rete.

Ciò in quanto è proprio il co. 1- bis dello stesso articolo, laddove demanda anche al gestore di rete la potestà di “effettuare controlli […] per la verifica delle comunicazioni”, a dimostrare la rilevanza dell’adempimento in questione ai fini dell’accesso agli incentivi, con la conseguenza che va riconosciuta natura perentoria al dies ad quem previsto dalla legge per la sua effettuazione.

Non emerge cioè la volontà legislativa “di accordare prevalenza al dato ‘sostanziale’ (fine dei lavori) rispetto a quello, […] ‘formalistico’, dell’osservanza del termine per l’invio della comunicazione di cui si tratta”, lettura che avrebbe “l’effetto di derubricare a semplice irregolarità la violazione di un preciso obbligo di legge, con possibile frustrazione delle attribuzioni di vigilanza demandate anche al gestore di rete”.

Con riferimento alla dedotta assenza di “rilevanza”, si può ribadire che il d.m. 31.1.2014 “concerne, dichiaratamente, i controlli ‘sulla documentazione e sugli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, per i quali è presentata istanza di accesso o richiesta di incentivo, ovvero che percepiscono incentivi la cui erogazione è di competenza del GSE’ (art. 1, co. 1)”, trattandosi cioè di una “disciplina di carattere generale, dettata con riferimento a regimi incentivanti non necessariamente caratterizzati dalle medesime modalità di accesso”, il che spiega, per un verso, la formulazione “in termini tendenzialmente generali di taluna delle fattispecie elencate nell’allegato 1” e, per altro verso, “la previsione della clausola (indubbiamente) generale di cui all’art. 11, co. 1, 2° per., relativa ai casi, ‘al di fuori delle ipotesi espressamente previste’, di ‘violazioni, elusioni o inadempimenti cui consegua l’indebito accesso agli incentivi’”.

Con la conclusiva affermazione che non rileva la mancata indicazione nel d.m. “controlli” della fattispecie di “violazione del termine per la presentazione della comunicazione di fine lavori al gestore di rete”;
ciò in quanto “questa condotta, che in concreto può manifestarsi nell’ambito della peculiare procedura di ammissione agli incentivi ex l. n. 129/2010 (c.d. salva Alcoa), integra la violazione di un obbligo discendente direttamente dalla legge”.

Quanto appena detto basta a escludere l’applicabilità dell’art. 43 d.P.R. n. 445/2000 (come modificato dall’art 15 l. n. 183/2011), venendo qui in rilievo una comunicazione dovuta dall’interessato entro un termine perentorio.

Mentre è chiaro che non incombe sul Gestore “l’onere di provare la tardività della comunicazione al gestore di rete”, vertendosi in tema di adempimento a un “obbligo di tipo comunicativo, formale, sicché, in ossequio a principi generali e al canone di prossimità o vicinanza alla prova, a fronte di una contestazione di inadempimento (totale o parziale) è l’obbligato a dover allegare e provare la sussistenza della condotta adempitiva, specie in un contesto, quale quello in esame, caratterizzato dalla presenza di operatori economici professionali, per giunta beneficiari di agevolazioni pubbliche, ai quali può ben essere richiesto un minimo sforzo di diligenza per corrispondere alle sollecitazioni dell’autorità di vigilanza in ordine alla dimostrazione della regolare fruizione del regime incentivante”.

Così come nei rapporti tra il richiedente l’incentivazione (soggetto responsabile) e il Gestore non rilevano, ai fini del riscontro della mancata osservanza di un obbligo comunicativo, profili di imputabilità soggettiva della condotta.

2.7. Da ultimo i ricorrenti, muovendo dall’intervenuta declaratoria di illegittimità costituzionale degli artt. 23, co. 3, e 43, co. 1, d.lgs. n. 28/2011 a opera della sentenza della Corte costituzionale 10 marzo 2017, n. 51, hanno chiesto di sollevare analoga questione con riferimento agli artt. 23 e 42 d.lgs. n. 28/2011 e al d.m. 31.1.2014 (v. conclusioni della mem. 9.10.17;
v. anche pagg. 4 ss.), prospettandone il contrasto con i seguenti articoli della Costituzione: 76, nella parte in cui sarebbe stata introdotta una sanzione interdittiva e non pecuniaria, senza graduarne l’applicazione nel rispetto delle modalità predeterminate dalla l. n. 96/2010, “disciplinando un oggetto privo di copertura da parte della legge di delegazione”;
117, 1° co., in relazione ai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e in particolare alla necessità di rispettare il principio di proporzionalità;
25, in quanto sarebbe stata prevista una misura afflittiva finalizzata a sanzionare comportamenti posti in essere prima dell’entrata in vigore del decreto;
117, 1° co., in relazione all’art. 7 Cedu, in quanto l’assegnazione alla “materia penale” di un significato ampio conduce a ritenere che anche il potere amministrativo sanzionatorio deve essere esercitato nel rispetto dei principi sanciti da detto art. 7, “per il quale non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso”;
3, in considerazione dell’asserita introduzione di un “sistema sanzionatorio rigido applicabile indistintamente a tutte le fattispecie senza che l’autorità amministrativa competente possa modulare l’irrogazione della sanzione a seconda della valenza degli elementi oggettivi e soggettivi della fattispecie stessa”.

A questo riguardo – e osservato preliminarmente che i ricorrenti hanno precisato come la questione riguardi l’art. 42, co 3, d.lgs. n. 28/2011 (non anche l’art. 23, già oggetto della sent. n. 51/2017, né il d.m. 31.1.2014, non avente rango di fonte primaria;
v. pag. 17 mem.

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