TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2023-04-11, n. 202306225
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Pubblicato il 11/04/2023
N. 06225/2023 REG.PROV.COLL.
N. 10430/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10430 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da
C R, rappresentato e difeso dall'avvocato A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, come da procura in atti;
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
E C, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
Per quanto riguarda il ricorso introduttivo
1. della scheda di valutazione dei titoli del ricorrente effettuata dalla IV Sotto-Commissione il 26 aprile 2016 e del relativo verbale n. 23;
2. del verbale della Commissione d'esame n. 2 del 10 febbraio 2016 e del relativo allegato, con cui sono stati fissati i criteri di valutazione dei titoli dei partecipanti al concorso indetto con bando pubblico per il reclutamento di 175 dirigenti di seconda fascia di cui al provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, prot. n. 146687/2010, del 29 ottobre 2010, nei limiti indicati nei motivi di impugnazione;
3. del verbale della Commissione d'esame n. 39 del 10 maggio 2016 e relativo allegato con cui la Commissione d'esame ha fornito risposta alle Sotto-commissioni in merito ai dubbi dalle stesse sollevate circa i criteri di valutazione dei titoli;
4. del provvedimento a firma del Direttore dell'Agenzia delle entrate nota prot. n. 173327 del 30 giugno 2021 recante approvazione della graduatoria finale di merito (allegato A del provvedimento) e della graduatoria finale dei vincitori del concorso (Allegato B), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, IV serie speciale concorsi ed esami del 2 luglio 2021;
5. del provvedimento di rettifica delle graduatorie prot. n. 198385 del 22 luglio 2021, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, IV serie speciale concorsi ed esami del 10 agosto 2021 e delle relative graduatorie (A e B) rettificate;
6. di ogni altro atto presupposto, connesso, collegato e/o consequenziale, ancorchè allo stato attuale non conosciuto.
NONCHÉ PER L'ACCERTAMENTO
dell'illegittimità dell'operato dell'Agenzia delle entrate e della Commissione d'esame, della sussistenza e fondatezza delle ragioni dell'odierno ricorrente con conseguente diritto della stessa ad essere valutata secondo le disposizioni di legge e del bando di concorso
NONCHÉ PER LA CONDANNA
dell'Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore legale rappresentante pro tempore, al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi,
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da C R il 23/3/2022:
1) della graduatoria di merito e dell'elenco dei vincitori del concorso a 175 dirigenti indetto dall'Agenzia delle entrate con bando prot. n. 146687/2010 del 29 ottobre 2010, come da ultimo rettificati con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate prot. n. 26189 del 27 gennaio 2022, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, IV serie Concorsi ed Esami n. 14 del 18 febbraio 2022;
2) del verbale della Commissione d'esame del suddetto concorso n. 6 del 23 febbraio 2016;
3) del verbale della Commissione n. 7 del 24 febbraio 2016
4) del verbale della Commissione n. 8 del 24 febbraio 2016
5) del verbale della Commissione n. 9 del 29 febbraio 2016
6) del verbale della Commissione n. 39 del 10 maggio 2016 e del relativo allegato
7) del verbale della Commissione n. 51 del 21 giugno 2016
8) di tutti i verbali in cui la Commissione ha reso chiarimenti o fornito indicazioni alle Sottocommissioni in merito alla valutazione dei titoli, anche non conosciuti o non resi disponibili dall'Agenzia delle entrate;
9) di tutti gli atti indicati nel ricorso introduttivo del presente giudizio.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Agenzia delle Entrate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2023 il consigliere A S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. - Con ricorso notificato il 30 settembre 2021 e depositato il successivo 2 di ottobre, il dott. Rodolfo Caminiti, dipendente dell’Agenzia delle Entrate, ha impugnato gli atti in epigrafe, relativi alla selezione pubblica per l’assunzione a tempo indeterminato di 175 dirigenti di seconda fascia, derivante dal bando di concorso n. 146687/2010 del 29 ottobre 2010.
2. – In punto di fatto il ricorrente espone di avere conseguito il punteggio finale di 71,545, e lamenta la pretermissione in suo danno di titoli che, se valutati, gli avrebbero permesso di conseguire un punteggio complessivo di 77,24, e dunque punti 7,31 in più di quelli ottenuti.
2. –Le vicende che hanno interessato il concorso in questione, sono, in sintesi, le seguenti:
- il bando era stato impugnato dalla associazione Dirpubblica, con ricorso accolto con sentenza T.A.R. Lazio, Sez. II, n. 7636 del 2011 e conseguente annullamento parziale del bando di concorso e del decreto ministeriale presupposto;
- l’Agenzia delle Entrate ha proposto appello contro la sentenza del Tribunale e, nelle more del giudizio di secondo grado, è entrato in vigore l’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, che ha elevato a norma di legge la previsione di cui al regolamento di amministrazione dell’Agenzia contestata in quel giudizio;
- con la sentenza n. 37 del 2015, la Corte Costituzionale, a seguito di rimessione di questione di legittimità costituzionale da parte del Consiglio di Stato, ha ritenuto fondata la prospettata questione, affermando che l’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, così come convertito, ha contribuito all’indefinito protrarsi nel tempo di un’assegnazione asseritamente temporanea di mansioni superiori, senza provvedere alla copertura dei posti dirigenziali vacanti da parte dei vincitori di una procedura concorsuale aperta e pubblica: ne ha, quindi, dichiarato l’illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione;
- pertanto, con sentenza n. 4641 del 2015 il Consiglio di Stato ha respinto l’appello dell’Agenzia delle Entrate, affermando che: «Il regolamento dell’Agenzia delle Entrate ha violato sia il principio di eguaglianza dei cittadini nell’accesso ai pubblici uffici (nella specie, dirigenziali), espresso dall’art. 51 Cost., sia il principio secondo il quale ai pubblici uffici si accede mediante concorso (ex art. 97 Cost.). … Si tratta di una violazione di normativa primaria (d. lgs. n. 165/2001, appunto), e di principi costituzionali (di cui agli artt. 3, 51, 97 Cost.) di estrema gravità, in base alla quale si è proceduto al conferimento di diverse centinaia di incarichi dirigenziali, con ripercussioni evidenti non solo sul principio di buon andamento amministrativo, ma anche sulla stessa immagine della Pubblica amministrazione e sulla sua “affidabilità”, per di più nel delicato settore tributario, dove massima dovrebbe essere la legittimità e la trasparenza dell’agire amministrativo. … La reiterata applicazione della norma regolamentare illegittima ha, di fatto, determinato una grave situazione di illegittimità in cui ha versato per anni l’organizzazione dell’Agenzia delle Entrate, determinandosi uno scostamento di proporzioni notevoli tra situazione concreta e legittimità dell’organizzazione amministrativa. … In sostanza, l’amministrazione finanziaria nel suo complesso è stata oggetto di una conformazione che l’ha posta, nelle proprie strutture di vertice, e per anni, al di fuori del quadro delineato dai principi costituzionali»;
- per quanto qui rileva, in quella sentenza il Consiglio di Stato ha affermato che l’art. 7 del bando, relativo alla valutazione dei titoli, è illegittimo nella parte in cui comprende (o non esclude), tra i «titoli di servizio valutabili: incarichi di direzione e gestione di uffici», eventuali incarichi conferiti a soggetti non titolari di qualifica dirigenziale, ai sensi del più volte citato art. 24 del regolamento di amministrazione;mentre l’art. 8 («Prova di verifica dei requisiti e delle attitudini professionali integrata da colloquio») è illegittimo nella misura in cui comprende (o non esclude) i predetti incarichi dirigenziali illegittimamente conferiti dalla valutazione del «percorso formativo e professionale» (esposto dal candidato), ai fini dell’accertamento delle «competenze acquisite», del «possesso delle capacità manageriali», «mediante valutazione dell’attitudine allo svolgimento delle funzioni dirigenziali»;
- ancora, il Consiglio di Stato ha affermato che «il bando di “selezione-concorso per il reclutamento di 175 dirigenti di seconda fascia, in attuazione ed ai sensi del D.M. Economia e Finanze 10 settembre 2010”, è stato annullato nella parte in cui esso può costituire una deroga volta a “sanare” l’illegittima situazione in cui hanno versato una pluralità di soggetti destinatari di incarichi illegittimamente conferiti (e, dunque, in particolare, con riferimento agli artt. 7 e 8, laddove applicabili nei sensi sopra invece esclusi)»;
- in seguito alla sentenza del Consiglio di Stato, l’Agenzia delle Entrate ha riattivato la procedura concorsuale, nominando i membri della Commissione esaminatrice con atto del Direttore n. 2270 dell’8 gennaio 2016, con atto impugnato da un gruppo di candidati già destinatari di incarichi dirigenziali a tempo determinato, il cui ricorso è stato respinto da questo T.A.R. con la sentenza della Sezione II-Ter n. 7811 del 2017, confermata in appello dalla sentenza del Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 5522 del 2018;
- la Commissione esaminatrice si è quindi riunita il 10 febbraio 2016 per la definizione dei criteri di valutazione dei titoli ai sensi dell’art. 7 del bando.
3. – A seguito di tali determinazioni, in affermata ottemperanza alla sentenza n. 4641 del 6 ottobre 2015 del Consiglio di Stato, l’art. 7 del bando ha previsto, in particolare, che «la valutazione dei titoli avviene previa individuazione dei criteri stabiliti dalla commissione esaminatrice. Per la valutazione la commissione esaminatrice dispone complessivamente di un punteggio pari a 100.
… 2. La commissione esaminatrice individua il punteggio da attribuire ai titoli nell’ambito delle sotto indicate categorie, nel limite dei seguenti punteggi massimi attribuibili:
a) Titoli accademici e di studio: fino a 20 punti;
b) Titoli di servizio: incarichi di direzione e gestione di uffici, di consulenza, di studio e di ricerca, presso soggetti pubblici o privati: fino a 30 punti;
c) Incarichi conferiti formalmente da amministrazioni pubbliche: docenze, commissioni d’esame, nuclei di valutazione e altri incarichi assimilabili: fino a 10 punti;
d) Pubblicazioni 6 scientifiche e accademiche attinenti alla materia tributaria e all’attività istituzionale dell’Agenzia: fino a 10 punti;
e) Partecipazione documentata a commissioni o gruppi di lavoro o comitati presso amministrazioni pubbliche attinenti alla materia tributaria e all’attività istituzionale dell’Agenzia: fino a 15 punti;
f) Giudizio globale sul profilo culturale e professionale: fino a 15 punti».
4. – Il ricorso introduttivo consta dei motivi come di seguito rubricati.
1) Sui criteri individuati per la valutazione dei titoli. Valutazione illogica, eccessivamente stringente al fine di rendere irrilevante il concorso dei titoli nella valutazione complessiva del candidato. Eccesso di potere per sviamento. Indebita trasformazione di un concorso per titoli ed esame in un concorso per esame. Eccesso di potere per travisamento degli articoli 7 e 10 del bando. Definizione impropria ed illogica degli aspetti rilevanti ai fini del “Giudizio globale sul profilo culturale e professionale” dei candidati. Difetto assoluto di motivazione;motivazione incongrua e illogica. Eccesso di potere per evidente disparità di trattamento da parte delle Sottocommissioni nella valutazione dei titoli.
2) Eccesso di potere per ingiustificata disparità di trattamento tra i concorrenti i cui titoli sono stati valutati dopo i chiarimenti resi dalla Commissione il 10 maggio 2016 e quelli i cui titoli sono stati valutati prima di tale data. Violazione di legge in relazione all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 per difetto assoluto di motivazione nella valutazione dei titoli del ricorrente. Eccesso di potere per essere la valutazione dei titoli effettuata con motivazione ellittica, eccessivamente stringata e incomprensibile. Eccesso di potere per ingiustificata disparità di trattamento nelle modalità di valutazione dei titoli e di espressione della motivazione seguiti dalle Sotto-Commissioni nella valutazione dei titoli. Violazione di legge in relazione agli articoli 6 e 10-bis della legge n. 241 del 1990 ed eccesso di potere per mancato rispetto del principio di leale collaborazione.
3) Eccesso di potere per violazione dei criteri di valutazione dei titoli fissati dalla Commissione in occasione delle riunioni del 16 febbraio e del 10 maggio 2016.
Il ricorrente ha altresì formulato domanda risarcitoria.
4. – L’Agenzia delle Entrate si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso con memoria.
5. – Con atto di motivi aggiunti notificato l’11 marzo 2022 e depositato il 30 successivo, poi, il ricorrente ha proposto avverso la rettifica della graduatoria le seguenti doglianze.
1) Eccesso di potere per ingiustificata ed evidente disparità di trattamento tra i candidati. Eccesso di potere per avere le Sottocommissione utilizzato modelli e criteri difformi nella valutazione dei titoli. Eccesso di potere per non avere le Sottocommissioni rispettato i criteri fissati dalla Commissione per la valutazione dei titoli ed i chiarimenti dalla stessa resi. Eccesso di potere per avere omesso la Commissione di controllare e indirizzare l’attività delle Sottocommissioni.
2) Difetto assoluto di motivazione, violazione di legge in relazione all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, motivazione apparente, incongrua, inidonea. Eccesso di potere per mancato rispetto delle indicazioni emanate dalla Commissione. Eccesso di potere per disparità di trattamento tra i candidati.
3) Eccesso di potere per sviamento, eccesso di potere per aver la Commissione fissato un criterio di attribuzione del punteggio relativo al profilo professionale e culturale illogico e non applicabile, né ma applicato. Eccesso di potere per elusione e falsa applicazione del bando. Illegittima trasformazione di un concorso per titoli ed esame in un concorso per solo esame.
6. – Le parti hanno scambiato le memori di rito.
Il ricorso è passato in decisione alla pubblica udienza del 10 gennaio 2023.
7. – Il ricorso è fondato, e va accolto, con riferimento al dirimente punto relativo alla formazione dei criteri di valutazione dei titoli trattato nel primo mezzo, ma che attraversa, per così dire, trasversalmente l’intera impugnazione.
Al riguardo è possibile fare riferimento, anche ai fini dell’art. 74 c.p.a., ai numerosi precedenti conformi della Sezione (tra tante, sentenze n. 16628\2022, n. 14859\2022).
Ritiene il Collegio che – come correttamente denunciato – l’attività di individuazione del punteggio da attribuire ai singoli titoli valutabili, svolta dalla Commissione, nonché quella, conseguente, di materiale attribuzione dello stesso, siano state compiute in violazione delle regole fissate dal Bando di concorso e che inoltre le stesse, pur nella doverosa considerazione della discrezionalità tecnica che tipicamente contraddistingue l’operato delle commissioni di concorso, risultino manifestamente contrarie ai principi di ragionevolezza e logicità dell’azione amministrativa.
Ed invero, sotto il primo profilo deve innanzitutto ricordarsi che il concorso pubblico di cui si discute si doveva svolgere (come da incipit del relativo Bando) “mediante valutazione dei titoli e verifica dei requisiti e delle attitudini professionali integrato da colloquio” e che la stessa lex specialis attribuiva, perlomeno tendenzialmente, pari rilevanza alla valutazione dei titoli posseduti dai candidati ed alla verifica dei requisiti e delle attitudini professionali integrata da colloquio.
In particolare, infatti, nel Bando era stabilito – sia per la valutazione dei titoli (art. 7), che per la valutazione del colloquio (art. 8) – che “la Commissione esaminatrice dispone di un punteggio massimo pari a 100”;inoltre, e soprattutto, nel Bando era altresì stabilito che la votazione finale era conseguentemente espressa “in duecentesimi” e determinata dalla somma dei punteggi conseguiti da ciascun candidato nella valutazione dei titoli e nella prova orale (art. 10).
In altre parole, dunque, con l’approvazione di un Bando siffatto l’Amministrazione ha chiaramente inteso affidare la selezione dei candidati meritevoli ad un equilibrato bilanciamento tra, da un lato, il percorso formativo e professionale degli aspiranti (espresso dalla valutazione dei titoli puntualmente individuati nell’art. 7 del Bando, quali i titoli di accademici e di studio, i titoli di servizio e gli incarichi conferiti da pubbliche amministrazioni, nonché le pubblicazioni scientifiche e accademiche) e, dall’altro lato, le competenze acquisite, le capacità manageriali e la preparazione teorica dei medesimi (da valutare, per contro, nell’ambito della prova orale).
Ciò risulta, peraltro, pienamente confermato dalla previsione di una specifica sottocategoria tra i titoli valutabili (indicata alla lettera f) dell’articolo 7), dedicata ad una formula riassuntiva, distinta dagli altri singoli titoli e concernente un omnicomprensivo “Giudizio globale sul profilo culturale e professionale” dei candidati, da valorizzarsi, come voce a sé stante, meritevole di apposita valutazione, con fino ad un massimo di 15 punti su 100.
Analogamente, anche le modalità indicate dal Bando per lo svolgimento della prova orale depongono nel senso qui indicato: invero, la lex specialis prevedeva che, durante il colloquio, ai candidati fosse richiesto di esporre il proprio percorso formativo e professionale (vale a dire quello oggetto della valutazione per titoli), appunto al fine di accertare le competenze acquisite e il possesso delle capacità manageriali, per valutare l’attitudine allo svolgimento delle funzioni dirigenziali (cfr. art. 8, comma 3, secondo cui “La prova è articolata in due fasi. La prima fase consiste nell’esposizione da parte del candidato del proprio percorso formativo e professionale ed è volta ad accertare, in particolare, le competenze acquisite e il possesso delle capacità manageriali, mediante valutazione dell’attitudine allo svolgimento delle funzioni dirigenziali. La seconda fase consiste in un colloquio che potrà vertere sulle seguenti materie: a) diritto tributario;b) scienza delle finanze;c) diritto amministrativo;d) organizzazione, gestione del personale e diritto del lavoro;e) amministrazione delle risorse materiali;f) pianificazione e controllo di gestione;g) ordinamento e attribuzioni dell’Agenzia delle Entrate.”). Il che conferma, nuovamente, la volontà dell’Amministrazione di selezionare i candidati anche in virtù del percorso formativo e professionale svolto e, quindi, il perlomeno tendenziale equilibrio nel rilievo dei due profili valutativi indicati dal Bando, come due distinti – ma insuperabilmente connessi – aspetti del bagaglio personale e professionale dei candidati, ai quali infatti, come detto, era assegnato identico peso in termini di punteggio complessivo, rilevante per la valutazione finale.
Nonostante quanto come sopra chiaramente disposto, il Collegio rileva che la Commissione esaminatrice, allorquando si è riunita al fine di stabilire i criteri di valutazione dei titoli e, in particolare, di individuare il punteggio da attribuire alle singole voci valutabili nell’ambito delle sottocategorie di cui all’art. 7 del Bando e del punteggio massimo ivi indicato, ha operato in sostanziale difformità dalle chiare indicazioni ivi contenute, così pervenendo, nella pratica, a tradire le disposizioni sopra riassunte e le finalità descritte.
Ed invero, nello specifico va ricordato che la lex specialis aveva, da un lato, già individuato le cinque categorie di titoli valutabili e, dall’altro lato, stabilito per ciascuna di esse il punteggio massimo attribuibile, sulla base di un sistema in cui il peso ponderato delle cinque categorie era sensibilmente diverso (per esempio per dare maggiore rilievo agli incarichi di servizio rispetto alle pubblicazioni), fermo restando che la somma dei cinque punteggi massimi era comunque pari a 100, nel rispetto del peso (aritmetico) che la valutazione dei titoli avrebbe dovuto avere, come detto, rispetto alla prova orale, per la valutazione complessiva del candidato, da esprimersi, appunto, in duecentesimi (in particolare, infatti, nell’art. 7 era previsto che “La commissione esaminatrice individua il punteggio da attribuire ai titoli nell’ambito delle sotto indicate categorie, nel limite dei seguenti punteggi massimi attribuibili: a) Titoli accademici e di studio: fino a 20 punti;b) Titoli di servizio: incarichi di direzione e gestione di uffici, di consulenza, di studio e di ricerca, presso soggetti pubblici o privati: fino a 30 punti;c) Incarichi conferiti formalmente da amministrazioni pubbliche: docenze, commissioni d’esame, nuclei di valutazione e altri incarichi assimilabili: fino a 10 punti;d) Pubblicazioni scientifiche e accademiche attinenti alla materia tributaria e all’attività istituzionale dell’Agenzia: fino a 10 punti;e) Partecipazione documentata a commissioni o gruppi di lavoro o comitati presso amministrazioni pubbliche attinenti alla materia tributaria e all’attività istituzionale dell’Agenzia: fino a 15 punti;f) Giudizio globale sul profilo culturale e professionale: fino a 15 punti.”).
Tuttavia, come si legge nel verbale n. 2 del 10 febbraio 2016, la Commissione esaminatrice, dopo aver individuato (sulla base di criteri di attinenza e pertinenza, di rilevanza e di unicità) le singole esperienze formative e professionali valutabili nell’ambito di ciascuna sottocategoria di titoli, ne ha talmente diluito il peso in termini di punteggio attribuibile, da rendere, nella pratica, impossibile non soltanto il conseguimento, in una delle sottocategorie, del punteggio massimo previsto dal Bando, ma pure il conseguimento di un punteggio anche soltanto significativo rispetto al valore assegnato dal medesimo Bando alla valutazione dei titoli, sia con riguardo al peso ponderato delle categorie di titoli, che con riguardo al peso dei titoli sulla valutazione finale.
Al riguardo è infatti sufficiente constatare che il candidato che ha conseguito il più alto punteggio per titoli ha ricevuto una valutazione di 11,60 su 100, dunque pari ad appena poco più del dieci per cento della valutazione astrattamente conseguibile per titoli e, addirittura, pari ad appena il cinque per cento sulla valutazione complessiva che il Bando – per contro – richiedeva di esprimere “in duecentesimi”, ripartendo esso stesso equamente il peso di entrambe le valutazioni (titoli e colloquio).
Ciò è derivato, come spiegato, da una contrazione dei vari punteggi indicati dalla Commissione: infatti, per esempio, nell’ambito della voce a) dell’art. 7, relativa ai Titoli accademici e di studio, per cui il Bando stabiliva il punteggio massimo di 20, la Commissione ha deciso di attribuire ad ogni laurea magistrale ulteriore rispetto a quella utilizzata come requisito di accesso al concorso se conseguito in materie attinenti alle attività istituzionali dell’Agenzia il punteggio di appena “0,5”, per ogni master universitario di secondo livello e di primo livello (sempre attinenti all’attività dell’Agenzia) rispettivamente i punteggi di 0,75 e 0,5;pertanto un candidato teoricamente in possesso di sedici lauree avrebbe conseguito un punteggio di 15 punti su venti.
Analogamente, nell’ambito della sottocategoria d), relativa alle Pubblicazioni scientifiche ed accademiche (necessariamente riguardanti, come stabilito dalla Commissione, materie attinenti all’ambito tributario e alle attività istituzionali dell’Agenzia), per cui nel Bando era previsto un punteggio massimo di 10 punti, la Commissione ha indicato il punteggio di “0,6” per ciascun “Libro” pubblicato dal candidato come “Autore”, quello di 0,3 per ciascun “Libro” pubblicato dal candidato come “Coautore”, quello di “0,05” per ciascun “articolo” pubblicato sulle “riviste di settore” e quello di 0,01 per “Pubblicazioni in atti congressuali”: ciò significa, in altri termini, che pure se si fosse verificata l’ipotesi, in verità di scuola, di un candidato che avesse scritto e pubblicato 5 monografie come unico autore 3 monografie come coautore, 40 articoli e 50 pubblicazioni in atti congressuali, tutti attinenti alle materie rilevanti, lo stesso non avrebbe comunque conseguito il massimo punteggio previsto.
Quanto sopra, a giudizio del Collegio, contrasta con la lettera e con lo spirito della lex specialis, poiché proprio la previsione di un punteggio “massimo”, inserito nell’ambito di un sistema di peso ponderato delle cinque sottocategorie dei titoli, manifestava, per contro, in maniera esplicita, la volontà dell’Amministrazione di valorizzare adeguatamente il percorso formativo e professionale dei candidati, garantendo, al contempo, la corretta ripartizione del punteggio fra le cinque voci di titoli valutabili, che lo stesso Bando aveva già predeterminato ed imposto.
Peraltro, a fronte della descritta individuazione del punteggio indicato dal Bando per la valutazione dei titoli dei candidati, ritiene altresì il Collegio che la violazione delle regole si percepisca con ancora maggiore chiarezza avendo riguardo al fatto che, rispetto ai 100 punti parimenti assegnati alla valutazione della prova orale, la stessa lex specialis indicava la votazione minima di 70/100 per il superamento della prova stessa.
Invero, per quanto certamente non fosse prevista una valutazione minima dei titoli presentati dai candidati (a valere, ad esempio, quale requisito di accesso), vista l’identica ripartizione del punteggio operata dal Bando per la valutazione dei titoli e della prova orale, l’indicazione del punteggio minimo di 70/100 per la prova orale, nel sistema della lex specialis, costituiva quantomeno un parametro di riferimento, pure soltanto indicativo, per il corretto “sfruttamento” del range di punteggio messo a disposizione dal Bando per valorizzare anche il percorso formativo e professionale dei candidati ai fini della selezione (d’altro canto, opinando diversamente, non vi sarebbe stata ragione di esprimere il voto finale in duecentesimi).
Per contro, l’attribuzione dei punteggi come sopra operata dalla Commissione ha determinato (come indicato nel ricorso e non contestato) una media di punteggio per titoli di 1,11. Di conseguenza, la selezione dei candidati, in concreto, si è svolta sulla valutazione conseguita nel colloquio orale;tant’è che, effettivamente, nessun candidato ha superato la soglia dei 100 punti sui 200 a disposizione (il che significa che la valutazione selettiva richiesta dal Bando è stata in sostanza dimezzata).
In questo stesso senso, peraltro, in un giudizio del tutto analogo si è pronunciato (sebbene soltanto in fase cautelare) anche il Giudice di appello, che – nell’accogliere l’appello cautelare ai fini della sollecita fissazione dell’udienza di merito – ha rilevato che “inducono ad una favorevole previsione sull’esito del ricorso ex art. 55, comma 9, cod. proc. amm. le censure con cui l’appellante deduce essere stati eccessivamente appiattiti i punteggi per titoli a favore del colloquio orale;” (Consiglio di Stato, sez. VII, ord. n. 488/2022).
Infine, va precisato che certamente il Collegio non dubita della discrezionalità che caratterizza l’operato delle Commissioni di concorso, ampiamente ricordata dalla difesa erariale, mediante richiamo a precedenti giurisprudenziali.
A parere del Collegio, tuttavia, il punto è che la discrezionalità della Commissione incontrava, innanzitutto, il limite delle previsioni della lex specialis, che non potevano essere disattese e che, come sopra ricordato, avevano delineato una procedura selettiva per titoli e colloquio, con eguale ripartizione del peso del relativo punteggio sulla valutazione complessiva finale;inoltre, come pure ricordato, la stessa lex specialis aveva attribuito un peso al percorso formativo e professionale dei candidati anche, e proprio, nell’ambito della prova orale, la cui prima parte era – appunto – dedicata a valutare, sulla base del percorso compiuto dal candidato, le competenze acquisite e il possesso delle capacità manageriali, mediante valutazione dell’attitudine allo svolgimento delle funzioni dirigenziali.
Peraltro, va altresì notato che – in realtà – l’ampia discrezionalità tecnica da attribuirsi ad una Commissione di concorso può, logicamente, riguardare il momento valutativo ad essa esclusivamente affidato;per contro, la prodromica attività di fissazione dei punteggi intermedi, pur essendo, a sua volta, espressione di una scelta discrezionale, è delineata da margini ben più contenuti, sia perché deve svolgersi nell’ambito dei criteri-guida indicati dalla lex specialis (nella specie violati), sia perché ha una finalità diversa e strumentale rispetto alla valutazione, di cui serve ad assicurare il buon funzionamento, secondo i principi scolpiti nell’art. 97 della Costituzione.
In quest’ottica, pertanto, le descritte scelte della Commissione di concorso di contrarre così significativamente i punteggi delle singole voci non riescono a trovare una giustificazione logico-razionale rispetto alle esigenze concorsuali, anche alla luce della comune esperienza per procedure di tal genere.
Per esempio, la contrazione dei punteggi non deriva neanche dall’esigenza di salvaguardare la valorizzazione per quelle specifiche voci di titoli suscettibili di ripetizione: difatti, come visto, pure a fronte di ipotesi obiettivamente eccezionali rispetto alla comune esperienza (quali sono quelle del candidato che abbia 16 lauree in materie attinenti o numerosissime pubblicazioni), la valutazione effettuata in virtù dei criteri stabiliti dalla Commissione sarebbe comunque rimasta al di sotto del tetto indicato dal Bando, che avrebbe dovuto invece costituire un tendenziale parametro di riferimento.
Peraltro, in questa stessa ottica, e a maggior ragione, le scelte della Commissione divergono dall’invece necessario canone di razionalità operativa laddove stabiliscono un punteggio estremamente contratto anche per quelle voci di titoli che – notoriamente e tipicamente – sono insuscettibili di ripetizione: è il caso dei “Titoli accademici e di studio”, sottocategoria a), per cui il Bando indicava fino ad un massimo di 20 punti, nell’ambito dei quali, ad esempio, è stato fissato dalla Commissione per “dottorato di ricerca” o per “diploma di laurea o laurea magistrale/specialistica oltre la prima” (titolo, quest’ultimo, non solo tendenzialmente unico, ma invero anche poco frequente) il punteggio di “1” su 20;ovvero è il caso del titolo per “Master universitario di II livello”, valorizzato “0,75” su 20.
Di conseguenza, quand’anche un candidato avesse conseguito due lauree, un dottorato di ricerca e finanche un paio di master universitari di II° livello, per la categoria dei Titoli accademici e di studio lo stesso avrebbe ottenuto un punteggio pari soltanto a 3,50 su 20.
In questo senso sono dunque condivisibili le doglianze dirette a denunciare, oltre alla violazione delle regole della lex specialis, anche il difetto di ragionevolezza dell’agere amministrativo, che – sebbene certamente caratterizzato da discrezionalità tecnica – per quanto detto risulta effettivamente censurabile anche sotto il profilo della logicità e dell’aderenza ai dati di fatto risultanti da nozioni di comune esperienza, così traducendosi, in sostanza, in una decisione manifestamente arbitraria, perciò sindacabile (fra le molteplici più recenti, Consiglio di Stato sez. II, 22/07/2022, n.6456, sez. VI, 03/06/2022, n.4522, sez. VI, 03/02/2022, n.757, sez. IV, 01/03/2022, n. 1445, sez. VI, 04/09/2020, n.5357).
8. - Per quanto detto, il ricorso va accolto per la fondatezza delle censure appena esaminate, ossia con riferimento al domandato annullamento del verbale di riunione n. 2 del 10 febbraio 2016 con il quale la Commissione esaminatrice ha definito i criteri di valutazione dei titoli, con consequenziale obbligo di rivalutazione dei titoli sulla base dei nuovi criteri approvati.
9. – Quanto alle doglianze relative alla mancata valutazione di taluni titoli culturali osserva il Collegio che Occorre premettere che il ricorrente ha ottenuto il punteggio di 71,545, mentre il candidato classificatosi all’ultimo posto utile della graduatoria ha ottenuto punti 73,92.
Pertanto, al fine di dimostrare il proprio interesse al ricorso, il ricorrente dovrebbe allegare la possibilità di conseguire ulteriori 2,375 punti.
Egli sostiene di avere diritto al riconoscimento di 7,31 punti in più.
10. – Va respinto il motivo di doglianza il ricorrente contesta l’omessa valutazione, da parte della sottocommissione esaminatrice, del diploma di specializzazione per le professioni legali, da lui indicato tra i titoli valutabili.
La prospettazione non può essere condivisa.
Occorre, in proposito, considerare che l’art. 28 del d.lgs. n. 165 del 2001, nel testo vigente al momento di emanazione del bando, stabiliva che al concorso per esami per l’accesso alla qualifica di dirigente nelle amministrazioni statali “possono essere ammessi i dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio o, se in possesso del dottorato di ricerca o del diploma di specializzazione conseguito presso le scuole di specializzazione individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, almeno tre anni di servizio, svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea”.
I requisiti, per ciascuna singola ipotesi, erano richiesti congiuntamente quali condizioni di accesso, previsione riprodotta nell’art. 2, comma 1, lettera a) del bando.
Ne discende che, per un principio di intrinseca coerenza logica e per identità di ratio, sia per il caso in cui per l’accesso venivano utilizzati un’anzianità di cinque anni e il diploma di laurea sia per il caso in cui venivano utilizzati un’anzianità di tre anni, il diploma di laurea e il diploma di specializzazione, in entrambi i casi (tutti) i titoli di studio che andavano a integrare il requisito di anzianità dovevano essere considerati solo quali titoli di accesso.
Alla luce di tale criterio va dunque valutata la stessa previsione, di cui all’allegato 1 al verbale del 10 febbraio 2016, laddove, con riferimento ai “Titoli accademici e di studio” stabilisce espressamente che può essere attribuito il punteggio ivi previsto solo al “Diploma di laurea o laurea magistrale/specialistica oltre la prima che costituisce requisito di accesso al concorso”, atteso che il riferimento al titolo di studio va inteso come riferito al complesso dei titoli utilizzati per integrare il requisito di ammissione alla procedura.
11. – Vanno inoltre respinte le doglianze inerenti la mancata considerazione degli incarichi di docenza elencati negli atti d’impugnazione.
In proposito assume rilievo dirimente la circostanza per cui il verbale n. 2 dei lavori della Commissione prevedeva che, quanto alla voce “Incarichi formalmente conferiti da Amministrazioni Pubbliche”, tali titoli dovessero essere maturati nell’ambito di rapporti di lavoro subordinato.
Tale specificazione rientra nei poteri discrezionali della Commissione di concorso circa i titoli valutabili, come la omnicomprensiva dizione dell’art. 7 lettera c) del bando consentiva di fare (cfr., con riferimento a identica censura e alla medesima procedura concorsuale, Tar Lazio, Roma, sez. II ter, 5 dicembre 2022, n. 16228).
12. – Neppure la doglianza relativa al punteggio assegnato al titolo relativo a “International auditing” può essere accolta, essendo nella discrezionalità della Commissione stabilirne la pertinenza con l’attività istituzionale, che nella specie è stata disconosciuta.
13. – Non possono essere positivamente scrutinate neppure le censure relative agli incarichi di funzioni dirigenziali declinati dal ricorrente e non valutati dalla Commissione, in quanto nella su citata sentenza il Consiglio di Stato aveva affermato che l’art. 7 del bando, relativo alla valutazione dei titoli, era illegittimo proprio nella parte in cui comprendeva (o non escludeva), tra i «titoli di servizio valutabili: incarichi di direzione e gestione di uffici», eventuali incarichi conferiti a soggetti non titolari di qualifica dirigenziale, ai sensi del più volte citato art. 24 del regolamento di amministrazione;mentre l’art. 8 («Prova di verifica dei requisiti e delle attitudini professionali integrata da colloquio») è stato dichiarato illegittimo nella misura in cui comprende (o non esclude) i predetti incarichi dirigenziali illegittimamente conferiti dalla valutazione del «percorso formativo e professionale» (esposto dal candidato), ai fini dell’accertamento delle «competenze acquisite», del «possesso delle capacità manageriali», «mediante valutazione dell’attitudine allo svolgimento delle funzioni dirigenziali».
Si tratta di incarichi che, se avessero potuto essere valutati, avrebbero in tesi fruttato al candidato 2,79 punti.
14. – Atteso che la reiezione delle su esaminate doglianze comporta che, dei 7,31 punti reclamati dal ricorrente, non possano esserne riconosciuti già 5,16, le restanti censure non potranno trovare accoglimento, in quanto, pure se positivamente scrutinate, frutterebbero al ricorrente solo punti 2,12, insufficienti a utile collocazione in graduatoria.
15. – La domanda risarcitoria va respinta, atteso che la constatata parziale illegittimità degli atti gravati, per quanto detto, non ha comporta la privazione del ricorrente del bene della vita, bensì la riedizione dei criteri di valutazione da parte della Commissione.
16. - Il ricorso dunque va accolto nei limiti di cui sopra.
Le spese di lite seguono la prevalente soccombenza e sono liquidate come nel dispositivo.