TAR Salerno, sez. II, sentenza 2023-05-25, n. 202301231
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Testo completo
Pubblicato il 25/05/2023
N. 01231/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00205/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 205 del 2023, proposto da:
A C, A C e C C, rappresentati e difesi dall'avvocato P M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Mercogliano, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato D S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
S F H G E K, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
a)della nota prot. n. 21825 del 25/11/2022 del Comune di Mercogliano, con la quale si rende nota l'Autorizzazione in Sanatoria n.13 del 1991 per il muro di recinzione;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Mercogliano;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 maggio 2023 la dott.ssa G M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;
FATTO e DIRITTO
I ricorrenti in epigrafe sono comproprietari, a seguito di donazione, di un immobile sito in Mercogliano, confinante col fondo di proprietà della controinteressata, catastalmente identificato al foglio 13, particella 1644 (ex 327) e condotto in locazione per l’esercizio di un’attività di autolavaggio.
Al confine della suddetta proprietà, era realizzato un muro di 3 metri e sullo stesso era installata una recinzione, nello specifico una pensilina con montanti in ferro e telo plastificato, con una altezza di cm 80, il tutto raggiungendo una altezza complessiva di m 3,80.
Adiacente al muro era costruito un blocco di cemento di 20 cm, al di sopra del quale era posto un lamierato di altezza 2,50 cm con, al di sopra dello stesso, un telone di altezza 85 cm, il tutto raggiungendo un’altezza complessiva di 3, 55 m.
Il 13.09.2022, era richiesta la rimozione della pensilina.
In riscontro a tale istanza, il Responsabile del Settore Urbanistica del Comune di Mercogliano, con nota del 14.09.2022, prot. n. 17095, comunicava che sarebbe stato effettuato un sopralluogo il 19.09.2022.
Il 19.10.2022, i ricorrenti in epigrafe presentavano una successiva istanza, avente ad oggetto oltre la pensilina, anche la tela apposta sul lamierato.
A seguito delle istanze di accesso del 19.10.2022 e del 16.11.2022, il Comune, con nota prot. 21825 del 25.11.2022, comunicava che “1) il muro di recinzione, a seguito di regolare richiesta prot. n. 9785 del 24/08/1990 è stato assentito con Autorizzazione in Sanatoria n.13 del 1991, 2) per la recinzione sovrapposta a tele muro, nella fattispecie una pensilina con montanti in ferro e telo plastificato, è stata presentata regolare D.I.A. in data 12.05.1999 prot. n. 7133 … 3) in data 5.07.1999 con nota prot. n. 1177, l’allora Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Mercogliano, Arch. G P, rispondeva alla richiesta prot. n. 9150 prodotta in data 11.06.1999 sostenendo che “le opere a realizzarsi (pensilina con montanti in ferro e telo plastificato) non costituiscono volume urbanistico e non concorrono al computo del calcolo delle altezze”.
Con gravame, notificato il 19.01.2023 e depositato il 31.01.2023, i ricorrenti in epigrafe censurano la nota prot. n. 21825 del 25/11/2022 del Comune di Mercogliano, con la quale si rende nota l’Autorizzazione in Sanatoria n.13 del 1991 per il muro di recinzione, nonchè il verbale di sopralluogo del 19.09.2022 e gli atti connessi;
il ricorso è sorretto dalle seguenti censure di illegittimità, così di seguito sintetizzate:
1.SULLA TEMPESTIVITÀ DEL RICORSO
La parte ricorrente rimarca la tempestività del gravame, sottolineando che il termine d’impugnazione di un titolo in sanatoria decorre dal momento in cui si conosce la circostanza del rilascio del medesimo atto per una determinata opera già esistente.
2. SULLA GIURISDIZIONE DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO.
Secondo la prospettazione attorea, la giurisdizione va devoluta al giudice amministrativo.
3.VIOLAZIONE DI LEGGE – VIOLAZIONE DELL’ART. 886 c.c. – ECCESSO DI POTERE – DIFETTO DI MOTIVAZIONE.
I ricorrenti in epigrafe si dolgono del fatto che il muro di cinta non può avere un’altezza superiore a tre metri. Perché un muro possa avere natura di muro di cinta di cui all’art. 878 c.c, deve essere essenzialmente destinato a recingere una determinata proprietà onde separarla dalle altre, non superare un’altezza di tre metri ed avere le facce isolate da altre costruzioni.
Nel caso di specie, il muro di cinta che separa la proprietà dei fratelli ricorrenti è già di tre mt., ma con l’installazione su tale muro di una pensilina con montanti in ferro (quindi inamovibile) e telo plastificato, supera il limite massimo raggiungendo i 3.80.
Situazione analoga si è verificata per il lamierato costruito al confine su un blocco di cemento, che con il telone sovrastante supera i tre mt di altezza, arrecando inevitabilmente pregiudizio ai fratelli, in termini di diritto di veduta.
Secondo la ricostruzione attorea, poi, la pensilina con montanti in ferro costruita al di sopra del muro di cinta presenta le caratteristiche del nuovo volume.
Una pensilina di rilevanti dimensioni non può, a suo dire, qualificarsi come pertinenza ai fini edilizi, determinando oggettivamente una significativa alterazione del territorio e la sagoma del muro di cinta.
4)VIOLAZIONE DELLE NORME IN MATERIA DI DISTANZE LEGALI.
La parte ricorrente lamenta il fatto che l’attività di autolavaggio non rispetta le distanze legali previste dall’art 873 c.c. rispetto al muro di cinta.
Resiste in giudizio il Comune di Mercogliano, mediante documentazione e memoria difensiva, nella quale, controdeducendo alle avverse prospettazioni di parte ricorrente, conclude per l’inammissibilità ed il rigetto del gravame.
Nell’udienza pubblica del 24 maggio 2023, la causa è introitata per la decisione.
Il gravame è inammissibile.
E’meritevole di accoglimento l’eccezione dedotta dal Comune, nella sua memoria difensiva.
Il gravame è, infatti, inammissibile per carenza della condizione dell’azione dell’interesse a ricorrere.
Sulla scorta dell'indirizzo nomofilattico impartito da Cons. Stato, ad. plen., n. 22/2021, la Sezione, nella sentenza del 20/03/2023, n.626, ha già avuto modo di statuire che:
"Nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, ferma restando la distinzione e l'autonomia tra la legittimazione e l'interesse al ricorso quali condizioni dell'azione, è necessario che il giudice accerti, anche d'ufficio, la sussistenza di entrambi;e il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, non vale da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell'interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall'atto impugnato ... La vicinitas, cioè lo stabile collegamento con la zona interessata dall'intervento, può fondare la legittimazione ad agire a condizione che ad essa si accompagni la lesione concreta ed attuale della posizione soggettiva di chi impugna il provvedimento. In altri termini, lo stabile collegamento con l'area interessata dall'intervento edilizio non è sufficiente a comprovare anche l'interesse a ricorrere che è, invece, derivante da un concreto pregiudizio per l'interessato. La vicinitas, pertanto, non rappresenta un dato decisivo per riconoscere l'interesse ad agire (che nel giudizio di legittimità davanti al giudice amministrativo si identifica con l'interesse ad impugnare), nel senso che di per sé non è sufficiente, dovendosi dimostrare che l'intervento contestato abbia capacità di determinare una lesione attuale e concreta in capo al ricorrente (TAR Veneto, Venezia, sez. II, 14 settembre 2021, n. 1090;Cons. Stato, sez. VI, n. 2408/2022)”.
Ed invero, traslando le coordinate ermeneutiche nella fattispecie in esame, il Collegio ritiene che i ricorrenti non hanno adeguatamente e puntualmente dimostrato la concreta lesione di una situazione giuridicamente rilevante, che verrebbero, perciò solo, a subire a causa della realizzazione dell’intervento edilizio in contestazione.
Non hanno, infatti, prodotto in giudizio allegazioni probatorie, di tipo documentale, volte a comprovare materialmente il pregiudizio sofferto.
E tanto basta al Collegio.
Il gravame è inammissibile.
La natura processuale della presente decisione consente di compensare le spese di giudizio tra le parti.