TAR Trento, sez. I, sentenza 2016-11-30, n. 201600404

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trento, sez. I, sentenza 2016-11-30, n. 201600404
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trento
Numero : 201600404
Data del deposito : 30 novembre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/11/2016

N. 00404/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00181/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento

(Sezione Unica)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 181 del 2016, proposto da:
C.M.B. Societa' Cooperativa Muratori e Braccianti di Carpi in proprio e Mandataria R.T.I., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio ed in qualità di mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese con le imprese mandanti Consorzio Stabile Techint Infrastrutture, Consorzio Lavoro Ambiente Societa' Cooperativa, Collini Lavori S.p.A., Misconel S.r.l., Coopsette Societa' Cooperativa, Ediltione S.p.A., Garbari S.p.A., Cordioli e C. S.p.A. con socio unico, Martinelli &
Benoni S.r.l., Impresa di Costruzioni Pretti &
Scalfi S.p.A., Benedetti S.r.l., Elettrica S.r.l., Grisenti S.r.l., Mase' Termoimpianti S.r.l., Trentino Impianti S.r.l. - Consorzio Stabile, D.S. Medica S.r.l., Servizi Ospedalieri S.p.A. a socio unico, Manutencoop Facility Management Societa' Per Azioni, Trentina Calore S.r.l., Lavanderia Industriale Z.B.M. S.p.A. a socio unico, Servizi Italia S.p.A., Pulinet Servizi S.r.l. e Sico Societa' Italiana Carburo Ossigeno S.p.A., rappresentati e difesi dagli Avv.ti P C, Maria Bruna Chito e Andrea Maria Valorzi, con domicilio eletto nello studio di quest’ultimo in Trento, via Calepina n. 65;

contro

Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Francesco di Ciommo, Nicolò Pedrazzoli e G F, presso quest’ultima pure elettivamente domiciliata nella sede dell’Avvocatura provinciale in Trento, piazza Dante n. 15;

nei confronti di

Società Salini Impregilo S.p.A. (già Impregilo S.p.A.), in persona del legale rappresentante in carica, in proprio e quale mandataria delle imprese temporaneamente riunite società Codelfa S.p.A e SST-Consorzio Stabile Servizi per la Sanità del Trentino;
Impresa Pizzarotti &
C. S.p.A., in persona del legale rappresentante in carica, in proprio e quale mandataria delle imprese temporaneamente riunite Astaldi S.p.A, Astaldi Concessioni S.r.l. e Cristoforetti Servizi Energia S.r.l.;
Società Ing. E. Mantovani S.p.A., in persona del legale rappresentante in carica, in proprio e quale mandataria delle imprese temporaneamente riunite Guerrato S.p.A., Gelmini cav. Nello S.p.A, Medipass S.r.l. e Unifarm S.r.l., non costituiti in giudizio;

per l'annullamento e/o declaratoria di nullità

- della determinazione dirigenziale della Provincia autonoma di Trento, Dipartimento infrastrutture e mobilità con la quale è stata disposta "revoca del provvedimento a contrarre per la realizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino";

- della deliberazione della Giunta provinciale n. 438 di data 25 marzo 2016 avente ad oggetto "Atto indirizzo in ordine alla realizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino";

- di tutti gli atti presupposti richiamati nella determinazione n. 37/2016 e nella deliberazione n. 438/2016 impugnati, fra cui specificamente la nota prot. PAT/RFD330-15/06/2016-0316563 con relativi allegati e l'atto della Giunta provinciale in data 13 giugno 2016, nonché di ogni ulteriore atto presupposto, correlato, consequenziale e comunque connesso;

- della clausola di cui al punto 4, lettera x) del disciplinare di gara;

nonché, in via subordinata, per la declaratoria della responsabilità precontrattuale e/o procedimentale della Provincia autonoma di Trento e della conseguente condanna della resistente al risarcimento dei danni patiti dalla ricorrente in ragione della "revoca del provvedimento a contrarre per la realizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino";

nonché, in subordine, per il riconoscimento dell'indennizzo di cui all'art. 21 quinquies della legge n. 241/1990.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia autonoma di Trento;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 novembre 2016 il cons. P D e uditi l’Avv. P C per la ricorrente e gli Avv.ti F D C e G F per la Provincia di Trento;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La Giunta provinciale della Provincia Autonoma di Trento (di seguito denominata anche PAT), con la deliberazione n. 939 in data 6 maggio 2011 ha approvato “il piano di lavoro per la realizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino” e con la successiva deliberazione n. 2385 in data 11 novembre 2011 ha approvato, ai sensi dell’art. 47 della legge provinciale 27 dicembre 2010, n. 27, la revisione straordinaria del “Piano degli investimenti per l’edilizia sanitaria per la XIV Legislatura”, stabilendo di utilizzare lo strumento della finanza di progetto per la realizzazione del nuovo ospedale. Con deliberazione n. 2618 di data 2 dicembre 2011 la Giunta ha poi approvato il piano di finanziamento dell’opera e, quindi, con la determinazione n. 365 del 2011 è stata autorizzata l’indizione della gara per l’affidamento del contratto.

In particolare, con bando del 15 dicembre 2011, la PAT ha indetto una procedura aperta per l’affidamento, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi degli articoli 30-bis e 50-quater della legge provinciale 10 settembre 1993, n. 26, della concessione per la progettazione definitiva ed esecutiva, la costruzione e la successiva gestione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino in località “Al Desert”, nonché per la gestione di alcuni servizi commerciali non sanitari. Il bando ha previsto: A) il costo di costruzione in € 300.000.000,00, IVA inclusa;
B) la corresponsione al concessionario di un prezzo di € 160.000.000,00 oltre IVA (restando la residua quota del costo di costruzione a carico del concessionario);
C) la corresponsione al concessionario di un canone annuale per la disponibilità nella misura di € 17.300.000,00, oltre IVA, riconosciuto dalla messa in esercizio dell’ospedale;
D) il diritto del concessionario di gestire i servizi specificati nello stesso bando e nello studio di fattibilità per un valore complessivo annuo stimato di € 42.600.000,00, oltre IVA.

Alla gara hanno partecipato - oltre al RTI avente come mandataria la società C.M.B., società cooperativa muratori e braccianti s.c.a.r.l. - la società Impresa Pizzarotti &
c. S.p.a., il RTI avente come mandataria la società Impregilo S.p.a. ed il RTI avente come mandataria la società Ing. E. Mantovani S.p.a.

All’esito della valutazione della Commissione tecnica è stata redatta la seguente graduatoria: 1) RTI Impregilo con punti 85,541;
2) RTI Mantovani con punti 78,671;
3) RTI Pizzarotti con punti 78,522;
4) RTI CMB con punti 71,025, e dunque la gara è stata provvisoriamente aggiudicata al RTI Impregilo, nominato promotore ai sensi dell’art. 50-quater, comma 10 lett. b), della legge provinciale n. 26/1993.

L’aggiudicazione è stata però impugnata dagli altri soggetti partecipanti innanzi a questo Tribunale, che - riuniti i diversi ricorsi - si è pronunciato con la sentenza n. 30 del 31 gennaio 2014.

Tale sentenza è stata poi appellata innanzi al Consiglio di Stato, che ha deciso gli appelli riuniti con la sentenza n. 5057 del 13 ottobre 2014. In particolare tale pronuncia: A) da un lato, ha confermato la sentenza di questo Tribunale nella parte in cui ha annullato il provvedimento di nomina della Commissione tecnica e tutti gli atti di gara successivi;
B) dall’altro, ha accolto, in parte, l’appello di due concorrenti (RTI Impregilo e RTI C.M.B.) riammettendoli in gara, evidenziando altresì che “la Provincia può procedere alla rinnovazione della gara a partire dalla fase di presentazione delle offerte. Peraltro, anche alla luce delle criticità emerse nei motivi sollevati dalle parti nei loro ricorsi, si ritiene che l’Amministrazione possa anche intervenire, nell’occasione, per perfezionare alcuni profili contestati delle disposizioni di gara. Sono fatti salvi ovviamente gli ulteriori atti dell’Amministrazione”.

A seguito della pronuncia del Consiglio di Stato la PAT ha proceduto a rivalutare le modalità per la realizzazione del nuovo ospedale. In particolare la Giunta provinciale - previo confronto con altri soggetti interessati, quali l’Azienda provinciale per i Servizi Sanitari (di seguito denominata APSS), il Comune di Trento e la società Cassa del Trentino S.p.a. (di seguito denominata Cassa del Trentino) - con la deliberazione n. 438 del 25 marzo 2016 ha adottato un apposito atto di indirizzo recante la decisione strategica di non ricorrere più alla finanza di progetto, bensì di utilizzare una forma di appalto integrato complesso.

L’Amministrazione provinciale con note del 29 marzo 2016 ha, quindi, comunicato ai quattro originari concorrenti l’avvio del procedimento finalizzato alla revoca della determina a contrarre relativa alla gara indetta nel 2011, con caducazione degli atti di gara conseguenti. Le società interessate, e tra queste il RTI C.M.B, hanno inviato le proprie osservazioni, contestando la legittimità dell’ipotizzata revoca e rappresentando che la PAT avrebbe comunque dovuto corrispondere, ai sensi dell’art. 21-quinquies della legge n. 241/1990, un congruo indennizzo: tuttavia tali osservazioni non sono state ritenute foriere di elementi significativi e, quindi, con la determinazione n. 37 del 16 giugno 2016 è stata disposta la revoca della gara indetta nel 2011, senza concedere alcun indennizzo.

La società CMB, società cooperativa muratori e braccianti, ha impugnato gli atti indicati in epigrafe deducendo le seguenti censure:

1) Violazione di legge (artt. 1229, 1343 e 1355 cod. civ;
nullità ed inefficacia).

Il motivo si appunta sulla clausola contenuta al punto 4 lett. x) dell’originario disciplinare di gara, il quale prevedeva che la PAT “a suo insindacabile giudizio e senza che ciò comporti alcun onere a proprio carico, si riserva la facoltà di sospendere, revocare o annullare la procedura, senza che i concorrenti possano avanzare alcuna pretesa risarcitoria, anche alla luce di quanto previsto al successivo punto 10 ed in considerazione del grave stato di crisi generale e congiunturale”.

Detta clausola, secondo quanto dedotto con il rubricato motivo, si configurerebbe come una condizione meramente potestativa, contraria alle norme imperative rubricate in titolo, di talché sarebbe nulla, con la conseguenza che alla stessa non potrebbe essere in alcun modo ricondotta l’asserita legittimità del provvedimento di revoca.

2) Eccesso di potere per errore nei presupposti;
elusione del giudicato e sviamento.

I provvedimenti impugnati, sostiene la ricorrente, ricondurrebbero alle statuizioni contenute nella citata sentenza del Consiglio di Stato, intervenuta nella vicenda nel grado d’appello, la sussistenza delle condizioni per poter legittimamente riconsiderare l’interesse pubblico sotteso all’intervento e per consentire la revoca degli atti della precedente gara.

Una siffatta “lettura” della sentenza, tuttavia, non sarebbe condivisibile, ed anzi risulterebbe elusiva del giudicato, posto che all’esito della sentenza del Consiglio di Stato, la PAT avrebbe dovuto in realtà procedere alla rinnovazione della gara, a partire dalla fase della presentazione dell’offerta, salva una del tutto limitata possibilità di intervenire per perfezionare alcuni profili contestati nelle disposizioni di gara.

3) Eccesso di potere per difetto di motivazione.

La PAT non avrebbe adeguatamente corrisposto alle osservazioni critiche inoltrate dall’interessata a seguito della comunicazione di avvio del procedimento finalizzato alla revoca della precedente gara, e non avrebbe neppure trasmesso il documento (denominato PAT/RFD330-15/06/2016-0316563), in ipotesi contenente l’analisi dettagliata dei motivi ed il raffronto fra le osservazioni e le esigenze dell’amministrazione, da ciò conseguendo anche la correlata istanza istruttoria, formulata dalla ricorrente per ottenere l’esibizione della documentazione richiesta.

4) Eccesso di potere per errore nei presupposti, travisamento dei fatti ed illogicità.

Le ragioni enucleate dall’amministrazione negli atti impugnati non sarebbero comunque idonee, secondo quanto diffusamente dedotto nel motivo, a legittimare il provvedimento di revoca, né in relazione alla normativa intervenuta in materia di spending review , né in riferimento all’asserita acquisizione e/o individuazione di nuove e diverse aree rispetto a quelle originariamente previste per la realizzazione della struttura ospedaliera, né – infine – con riguardo al preteso favorevole coinvolgimento della Banca Europea degli Investimenti (BEI).

5) Violazione di legge (artt. 1175, 1176,1337 e 1338 del cod. civ.;
art. 2 L. n. 241/1990).

Peraltro, aggiunge la ricorrente, nell’ipotesi in cui dovesse ritenersi legittimo il provvedimento di revoca, ciò non esonerebbe l’amministrazione da una sua responsabilità precontrattuale e procedimentale, atteso - quanto alla prima di queste - che le ragioni esposte per giustificare la decisione di revocare la precedente gara erano già da tempo conosciute dall’amministrazione, o comunque conoscibili secondo il criterio della dovuta diligenza, e considerato – quanto alla seconda – il ritardo con cui la PAT si sarebbe determinata ad assumere il provvedimento di revoca.

6) Obbligo di risarcire il danno.

Nel caso in cui non risultasse percorribile l’annullamento degli atti impugnati ed il riavvio della procedura di gara, conseguirebbe comunque la condanna della PAT al risarcimento dei danni per equivalente pecuniario, questo quantificato in Euro 4.224.899,01 per il danno emergente ed in Euro 5.117.563,24 per il lucro cessante, nonché il riconoscimento dell’ulteriore danno curriculare da liquidarsi in via equitativa, oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi sull’intera somma rivalutata.

Peraltro, in via subordinata, spetterebbe in ogni caso alla ricorrente il risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale e/o procedimentale, quantificato in Euro 4.224.899,01 per il danno emergente ed in Euro 200.000,00 per spese e consulenze legali, ed a ciò andrebbe aggiunto il mancato utile conseguente alla perdita di chance, da liquidarsi in via equitativa.

7) In ulteriore subordine, deduce la ricorrente, dovrebbe essere riconosciuto quanto meno l’indennizzo spettante ex art. 21 quinquies L. n. 241/1990, quantificato nella misura di Euro 4.224.899,01 ed accessori.

Ciò posto, nel derivato giudizio si è costituita la Provincia autonoma di Trento.

La difesa dell’amministrazione ha anzitutto eccepito l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di legittimazione in capo al RTI C.M.B ricorrente, considerato che, a seguito delle verifiche condotte dall’Agenzia provinciale per gli appalti e contratti, sarebbero emerse numerose “criticità” in capo ai soggetti componenti i vari RTI (e tra questi quello di C.M.B.) che avevano partecipato alla gara originaria, tali da precludere, per gli effetti conseguenti dalla messa in liquidazione coatta amministrativa, dall’intervenuto fallimento, concordato preventivo o liquidazione volontaria, o infine per l’emersione di precedenti penali non dichiarati, ogni risultato utile ancorché astrattamente conseguibile dall’accoglimento delle prospettate censure.

Nel merito la difesa della PAT ha diffusamente e puntualmente contestato la fondatezza dei sopra visti motivi del ricorso, instando per l’integrale rigetto dello stesso.

Nel prosieguo le parti hanno depositato memorie difensive e di replica instando per l’accoglimento delle rispettive contrapposte conclusioni.

All’ esito della pubblica udienza del giorno 10 novembre 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Prima di procedere all’esame delle molteplici questioni poste all’attenzione del Collegio, giova evidenziare che il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5057/2014 da un lato ha confermato la sentenza di questo Tribunale n. 30/2014 nella parte in cui ha annullato il provvedimento di nomina della Commissione tecnica e tutti i successivi atti della gara bandita nel 2011 per la realizzazione del nuovo ospedale di Trento con il sistema della finanza di progetto, e dall’altro che, pur riammettendo - nella parte riformata - la partecipazione di RTI C.M.B. e di RTI Impregilo, ha altresì accertato l’impossibilità di procedere ad un nuovo esame, da parte di una nuova Commissione, delle offerte tecniche già presentate dalle concorrenti, dovendo all’opposto essere consentita una nuova valutazione di offerte non condizionata dalla conoscenza delle offerte economiche, “possibile attraverso la riapertura dei termini per la presentazione di nuove offerte sia tecniche che economiche” (punto 29 di pag. 42).

2. Pertanto la determinazione dirigenziale n. 37 del 2016, impugnata nel presente ricorso, va ad incidere su un atto avente limitata valenza esterna, qual è la risalente determinazione dirigenziale n. 365 del 2011 con la quale era stata autorizzata l’indizione della gara con il sistema della finanza di progetto.

3. Quanto precede consente anzitutto di apprezzare i notevoli limiti e la consistente attenuazione dell’effettivo affidamento che C.M.B. (e di ciascuno degli altri RTI concorrenti) poteva riporre sull’esito di quella gara, viepiù considerando che, secondo una consolidata giurisprudenza (ex multis, T.A.R. Puglia Lecce, Sez. II, 29 luglio 2014, n. 2026), la determina a contrarre è un atto endoprocedimentale, di regola inidoneo a costituire in capo ai terzi posizioni di interesse qualificato, perché la sua funzione attiene essenzialmente alla corretta assunzione di impegni di spesa da parte dell’amministrazione.

4. In via preliminare il Collegio ritiene poi che, quanto all’istanza volta ad ottenere l’esibizione degli atti relativi all’istruttoria sulle osservazioni presentate dalla ricorrente, vada dichiarata l’improcedibilità della stessa, attesa l’avvenuta produzione dei documenti richiesti ed i chiarimenti resi dalla difesa della PAT nella memoria depositata in data 25.10.2016, il che consente di reputare improcedibile il correlato terzo motivo del ricorso, sul quale – invero – parte ricorrente non ha più insistito nel prosieguo del giudizio.

5. Ancora in via preliminare, il Collegio ritiene che si possa prescindere dall’esame delle surriferite eccezioni processuali, sollevate dalla PAT nelle sue difese ed incentrate sulla carenza di legittimazione della Cooperativa ricorrente, attesa l’infondatezza nel merito dei prospettati motivi e delle domande azionate con il ricorso qui in esame.

6. Quanto al primo motivo, deve convenirsi con la difesa dell’amministrazione provinciale allorché questa sottolinea come il provvedimento di revoca impugnato riposi espressamente sul potere spettante all’amministrazione in virtù della norma contenuta nell’art. 21 quinquies della L. n. 241/1990 (“Revoca del provvedimento”), e non tanto nella clausola (punto 4 lett. x) del disciplinare della precedente gara, di cui la ricorrente eccepisce la nullità e dal cui tenore la stessa pretende desumere il contestato fondamento del potere di revoca esercitato nella fattispecie dall’amministrazione.

Pertanto, a fronte del potere di revoca legislativamente riconosciuto ex art. 21 quinquies ed espressamente richiamato negli atti impugnati, appare del tutto irrilevante, ai fini della presente decisione, indagare sulla natura meramente potestativa o meno, e/o sulla eventuale nullità, della clausola contenuta nel disciplinare della precedente gara.

7. Passando all’esame del secondo motivo deve osservarsi quanto segue.

7.1. Con la sentenza n. 5057/2016 il Consiglio di Stato: A) ha confermato l’appellata sentenza di questo Tribunale n. 30/2014 nella parte in cui ha annullato il provvedimento di nomina della Commissione Tecnica e tutti gli atti di gara successivi;
B) ha accolto, in parte, l’appello del RTI C.M.B. e del RTI Impregilo e per l’effetto ha riformato l’appellata sentenza nella parte in cui questa aveva disposto l’esclusione dalla procedura dei suddetti RTI;
C) ha accolto in parte, l’appello del RTI C.M.B. e del RTI Impregilo e per l’effetto ha riformato, nei sensi di cui in motivazione, l’appellata sentenza nella parte in cui ha disposto la rinnovazione della procedura di gara a decorrere da detto passaggio procedimentale;
D) ha respinto tutti gli altri motivi sollevati con appello principale o appello incidentale dalla PAT, dal RTI Impregilo, dal RTI Mantovani, dal RTI Pizzarotti e dal RTI C.M.B.

7.2. La censura prospettata con il motivo in esame, contenente la dedotta violazione/elusione del giudicato formatosi sulla sentenza n. 5057/2016 - sul presupposto che tale pronuncia non prevede anche la possibilità di revocare la gara indetta nel 2011 - risulta inammissibile.

7.3. Si deve infatti rammentare che ai sensi dell’art. 113 comma 1, cod. proc. amm. il criterio al quale occorre far riferimento per stabilire quale sia il giudice competente a definire il giudizio di ottemperanza va ricercato nel dispositivo della sentenza di secondo grado nel senso che, ove esso si limiti a rigettare l’appello, il giudizio di ottemperanza deve essere proposto al giudice di primo grado;
ove invece contenga statuizioni che evidenzino un diverso percorso motivazionale e, conseguentemente, uno scostamento dal dispositivo della decisione gravata, allora la competenza è del giudice d’appello (Consiglio di Stato, Sez. V, 24 luglio 2013, n. 3958). Inoltre la giurisprudenza ha precisato che, al fine di consentire l’unitarietà di trattazione di tutte le censure svolte dall’interessato a fronte della riedizione del potere, conseguente ad un giudicato amministrativo, le relative doglianze devono essere dedotte innanzi al giudice dell’ottemperanza, sia perché questi è il giudice naturale dell’esecuzione della sentenza, sia in quanto è il giudice competente per l’esame della forma patologica più grave dell’atto, qual è la nullità;
pertanto, in presenza di una tale opzione processuale, il giudice dell’ottemperanza è chiamato in primo luogo a qualificare le domande prospettate, distinguendo quelle attinenti propriamente all’ottemperanza da quelle che, invece, hanno a che fare con il prosieguo dell’azione amministrativa, traendone le necessarie conseguenze quanto al rito ed ai poteri decisori. In particolare, nel caso in cui il giudice dell’ottemperanza ritenga che il nuovo provvedimento emanato dall’Amministrazione configuri una violazione o elusione del giudicato, dichiarandone così la nullità, a tale dichiarazione non potrà che seguire l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse della seconda domanda;
invece, in caso di rigetto della domanda di nullità il giudice disporrà la conversione dell’azione per la riassunzione del giudizio innanzi al giudice competente per la cognizione (in tal senso Consiglio di Stato, Ad. Plen., 15 gennaio 2013, n. 2).

7.4. Pertanto, posto che la sentenza del Consiglio di Stato n. 5057/2014 reca statuizioni che evidenziano un diverso percorso motivazionale e uno scostamento dal dispositivo della sentenza di questo Tribunale n. 30/2014, il Collegio ritiene che la ricorrente, per contestare la violazione/elusione del giudicato, avrebbe dovuto adire il Consiglio di Stato, denunciando in tale sede la nullità degli atti impugnati con i ricorsi in epigrafe indicati.

8. Ribadita l’improcedibilità, per le ragioni esposte al punto 4 che precede, in ordine al terzo motivo, è così possibile passare alla disamina delle ulteriori censure.

9. Con il quarto motivo la Cooperativa C.M.B. lamenta la difettosità del processo motivazionale seguito dalla PAT per giungere alla decisione di revocare la precedente gara, impostata secondo i criteri della finanza di progetto, e di ricorrere viceversa ad una forma (più tradizionale) di appalto integrato complesso.

Le contestazioni della ricorrente si appuntano dunque sulla legittimità e/o congruità delle ragioni poste alla base della decisione di revoca che, come sopra visto, consistono nella normativa introdotta in materia di spending review , nell’acquisizione di nuove e diverse aree rispetto a quelle originariamente previste per il realizzo della struttura ospedaliera e nel favorevole coinvolgimento della Banca europea degli Investimenti (BEI).

9.1. Tali motivazioni si evincono sia dalla deliberazione n. 438 del 2016, recante “atto di indirizzo in ordine alla realizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino” adottato dalla Giunta Provinciale a seguito degli approfondimenti istruttori successivi alla pubblicazione della sentenza n. 5057/2016, sia dalla relazione del Responsabile del procedimento sulla valutazione dei motivi di revoca della gara per la realizzazione del nuovo ospedale, nella quale sono compendiate e valutate le osservazioni presentate dalle imprese (ivi compresa la ricorrente) che hanno preso parte alla gara indetta nel 2011.

9.2. Dalla deliberazione n. 438 del 2016 emerge che la PAT - muovendo dal presupposto che la sentenza del Consiglio di Stato n. 5057/2016 consentisse di rinnovare la procedura di gara, oppure di procedere in altro modo per la realizzazione e gestione del nuovo ospedale - in considerazione del periodo trascorso tra la pubblicazione del bando (dicembre 2011) e la pubblicazione della predetta sentenza ha provveduto ad “un aggiornamento delle più recenti esigenze operativo-gestionali dei servizi sanitari provinciali, nonché dei profili economico-finanziari e della sostenibilità dell’opera per i bilanci della Provincia rispetto a quanto elaborato nel 2011”, seguendo tre distinte direttrici.

9.3. In particolare l’aggiornamento ha avuto ad oggetto in primo luogo le novità in materia di politiche sanitarie, con particolare riferimento all’evoluzione del quadro normativo sulla spending review . Al riguardo nella suddetta delibera viene evidenziato quanto segue: “I nuovi standard, individuati dalla normativa nazionale e provinciale in un’ottica di efficientamento della spesa pubblica per il servizio sanitario allo scopo di assicurare la sostenibilità della stessa, nonché l’appropriatezza e la qualità delle prestazioni sanitarie erogate, evidenziano una significativa contrazione di tale spesa rispetto al 2011. L’APSS ha effettuato le necessarie valutazioni sull’impatto delle disposizioni sopravvenute in materia di spending review e delle normali evoluzioni delle prestazioni sanitarie sull’originaria impostazione della gara del 2011 ed ha stimato, in particolare, una riduzione apprezzabile dei costi annuali per servizi non sanitari. La politica sanitaria, in termini di volumi e caratteristiche dei servizi offerti, si è evoluta negli ultimi anni, connotandosi per una forte esigenza di flessibilità operativa in relazione a tipologia, durata e costi della spesa sanitaria. È evidente che questa impostazione risulta scarsamente coerente con le caratteristiche di contratti di partenariato pubblico privato. Le novità sopravvenute nell’organizzazione sanitaria trentina e in materia di spending review condurrebbero oggi ad una diversa impostazione della gara, in termini quantitativi e soprattutto qualitativi in relazione ai servizi richiesti”.

9.4 Un ulteriore aggiornamento ha riguardato gli aspetti di natura strettamente economico-finanziaria del progetto, in ragione delle mutate condizioni dei mercati finanziari intervenute dopo il 2011. Al riguardo nella delibera viene evidenziato quanto segue: “A partire dal 2012 Cassa del Trentino S.p.A. ha avviato un’intensa collaborazione con la Banca Europea per gli Investimenti. La BEI ha manifestato l’interesse a sostenere la realizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino mediante concessione di un finanziamento, a tassi di interesse molto bassi e senza oneri di strutturazione/commissioni. L’intervento della BEI consentirebbe di beneficiare di condizioni di finanziamento particolarmente favorevoli e, dunque, di avere un minore impatto sul bilancio provinciale rispetto ad altre forme di finanziamento. Dagli approfondimenti di Cassa del Trentino S.p.A. emerge come i benefici attesi per la Provincia dal nuovo contesto di riferimento dei mercati finanziari rispetto al 2011 siano oggi maggiori nell’ipotesi di appalto tradizionale, principalmente in ragione delle condizioni finanziarie applicate dalla BEI (tasso fisso stimato nell’analisi pari al 2% anche se quotato dalla BEI, a marzo 2015, pari all’1,35%). L’aggiornamento circa le modalità di realizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino non può, infine, prescindere dall’analisi della sostenibilità per i bilanci provinciali dei prossimi 30 anni degli oneri di realizzazione e gestione dell’opera (la concessione del 2011 prevedeva, infatti, 5 anni di progettazione-costruzione e 25 anni di gestione). Il nuovo quadro della finanza provinciale ha risentito del progressivo contributo che la Provincia è stata chiamata a dare al risanamento dei conti pubblici nazionali in questi ultimi anni e, da ultimo, con il Patto di Garanzia (come recepito dalla legge n. 190/2014, articolo 1, commi 406-416). In questo contesto per la Provincia si rende necessario sia valutare con particolare prudenza gli impegni da assumere per lunghe durate, sia attivare forme di contenimento/razionalizzazione della spesa pubblica in parte corrente ed in conto capitale”.

9.5. A tali considerazioni si è aggiunto quello relativo ad un’eventuale ricollocazione del nuovo ospedale su altra area ubicata nel Comune di Trento, in ragione dell’aggiornamento - che nel 2011 era ancora in fase di definizione finale - dell’Accordo di programma quadro concernente “Interventi per la razionalizzazione delle sedi e delle strutture statali e provinciali nella città di Trento”, stipulato tra Ministero dell’Interno, Ministero della Giustizia, Ministero della Difesa, Ministero dello Sviluppo economico, Agenzia del Demanio, Agenzia delle Entrate, Provincia autonoma di Trento e Comune di Trento, in base all’intesa istituzionale di programma tra il Governo e la Provincia autonoma di Trento del 2001.

9.6. A tal riguardo nella suddetta delibera - premesso che la Giunta provinciale e la Giunta del Comune di Trento nel corso dell’incontro tenutosi in data 23 ottobre 2015 hanno convenuto di costituire un apposito gruppo tecnico paritetico per lo svolgimento degli approfondimenti inerenti le diverse opzioni relative all’area su cui localizzare il nuovo ospedale - viene conclusivamente evidenziato quanto segue: “Sulla base delle valutazioni svolte dal gruppo tecnico paritetico, Provincia e Comune di Trento nel corso dell’incontro del 23 febbraio 2016, hanno convenuto sulla vocazione urbana del Nuovo Ospedale del Trentino. Il comune di Trento ha inviato in data 8 marzo 2016, prot. n. 46574, una nota di conferma della localizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino nell’area di via al Desert e con l’impegno espresso a disporre la cessione alla Provincia delle aree dell’adiacente zona sportiva da finalizzare alle necessità di riprogettazione delle strutture sanitarie proposte dalla Provincia”.

9.7. Tali approfondimenti hanno, quindi, indotto la Giunta a ritenere: A) “conveniente procedere ad una nuova programmazione dell’opera in oggetto, da realizzare con modalità progettuali, operative ed esecutive diverse da quelle originariamente programmate e, dunque, non più con gli strumenti della finanza di progetto”;
B) “necessario procedere ad una progettazione dell’opera che tenga conto delle nuove aree rese attualmente disponibili dal Comune di Trento;
tale disponibilità aggiuntiva di aree consentirà di rivedere la distribuzione funzionale delle volumetrie e degli spazi, nonché di definire un diverso sviluppo delle dotazioni infrastrutturali (in primis quelle viarie), al fine di ottimizzare l’utilizzo degli spazi urbani ed il raccordo con la mobilità urbana ed extraurbana. A questo riguardo, considerato che la progettazione riguarda lavori, servizi e forniture di interesse provinciale - e di particolare rilevanza e complessità sotto il profilo architettonico, ambientale e tecnologico - è opportuno che l’Amministrazione valuti il ricorso alla procedura del concorso di progettazione”;
C) preferibile procedere alla realizzazione dell’opera mediante contratto di appalto, “considerate le indicazioni fornite da APSS (riduzione dei costi annuali per i servizi non sanitari ed esigenze di flessibilità gestionale) ed in base alle analisi di Cassa del Trentino S.p.A. ed all’esperienza della stessa nell’utilizzo delle risorse BEI (utilizzabili per un importo pari al 50% del costo dell’opera mediante finanziamento da rimborsare in 25 anni al tasso fisso quotato a marzo 2015 pari all’1,35% ed a febbraio 2016 all’1,30%)”.

9.8. Pertanto la Giunta provinciale con la delibera in questione ha adottato un apposito atto di indirizzo, prevedendo: “1) di riconoscere che per sopravvenuti motivi di interesse pubblico riportati in premessa - approfondimenti di natura sanitaria dell’APSS, di natura finanziaria (e coinvolgimento della BEI) di Cassa del Trentino S.p.a., nonché in ragione delle politiche di spending review attivate in campo sanitario - non è più conveniente per la Provincia procedere alla realizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino mediante finanza di progetto, come originariamente stabilito negli atti che hanno portato alla gara bandita nel 2011;
2) di stabilire la necessità di procedere ad una nuova programmazione dell’opera da realizzare con modalità tradizionali di affidamento tramite appalto, secondo le indicazioni fornite in premessa;
3) di stabilire, per le motivazioni indicate in premessa, che devono essere dichiarate conseguentemente non più da perseguire, per interesse pubblico sopravvenuto, le indicazioni a suo tempo impartite dalla Giunta provinciale in relazione alla costruzione e gestione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino mediante ricorso alla finanza di progetto;
4) di disporre che, in conseguenza dei precedenti punti del dispositivo, l’Allegato n. 1 alla deliberazione n. 939 del 2011 con oggetto “Approvazione del piano di lavoro per la realizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino”, risulta allo stato della attuale programmazione sanitaria non più esaustivo in relazione alla definizione degli elementi contenuti nel documento preliminare per la progettazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino”.

10. Le suesposte motivazioni già consentono di evidenziare che la revoca della gara indetta nel 2011 viene giustificata prioritariamente adducendo sopravvenuti motivi di pubblico interesse, che hanno determinato una rimeditazione della scelta della finanza di progetto come modalità di realizzazione dell’opera.

11. Passando alla relazione del Responsabile del procedimento, dalla stessa si evince che le osservazioni delle imprese che avevano partecipato alla gara hanno riguardato le tre direttrici lungo le quali si sono svolti gli approfondimenti istruttori della PAT.

11.1. Le imprese hanno evidenziato che l’obbligo di riduzione dei costi nel settore sanitario era già noto antecedentemente all’indizione della gara e, quindi, non si configurava come un fatto sopravvenuto. A tal riguardo il Responsabile del procedimento ha replicato che: A) anche a non voler qualificare la spending review come un fatto sopravvenuto, purtuttavia la vigente normativa in materia consentirebbe una “nuova valutazione dell’interesse pubblico originario”, cioè anche in relazione ad esigenze finanziarie preesistenti alla gara;
B) “non è neppure vero che le disposizioni di spending review siano state tutte definite in un’epoca antecedente alla gara (indetta il 15 dicembre 2011) in quanto ve ne sono di successive che hanno gradualmente ridotto la capacità di spesa non solo nel settore sanitario ma in generale”;
C) “solo negli ultimi periodi, per effetto di un accordo che ha portato a modificare lo Statuto speciale di autonomia proprio in materia finanziaria e di razionalizzazione della spesa pubblica e per effetto di una recente sentenza della Corte costituzionale, sono state precisate meglio le competenze della Provincia autonoma che, ora, può consapevolmente e responsabilmente procedere ad effettuare determinate scelte”;
D) “gli obiettivi di spending review vanno esaminati e perseguiti anche indipendentemente da precisi obblighi stabiliti dal contesto normativo ed amministrativo generale di riferimento, potendo essere comunque addotti a giustificazione di singoli provvedimenti di revoca. Al riguardo, va ricordato che la giurisprudenza afferma che è da considerarsi legittimo il provvedimento di revoca di una gara di appalto, disposta in una fase non ancora definita della procedura concorsuale, prima del consolidarsi delle posizioni delle parti e quando il contratto non è stato ancora concluso, motivato anche con riferimento al risparmio economico che deriverebbe dalla revoca stessa, ciò in quanto l’articolo 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241 ammette un ripensamento da parte della amministrazione a seguito di una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario”.

11.2. Quanto ai mutamenti del contesto economico-finanziario e alla comparazione tra l’ipotesi di realizzazione e gestione del nuovo ospedale in forma diretta (appalto tradizionale) e mediante il coinvolgimento di capitali privati (partenariato pubblico privato), evidenziati nell’analisi della Cassa del Trentino, le osservazioni delle imprese hanno riguardato: A) il fatto che il mutato contesto economico-finanziario si traduca nell’opportunità di una riduzione dei costi anche per i privati, con conseguente possibilità di migliorare le offerte;
B) il fatto che le possibilità di accedere ad un finanziamento BEI sia soltanto presunto e, quindi, non dimostrato. A tal riguardo il Responsabile del procedimento ha replicato che: A) “non è possibile parlare di equivalenza delle condizioni di accesso al credito da parte di soggetti privati e da parte di un ente pubblico, dato che i primi sono soggetti a rischio d’impresa (con conseguente assunzione, in certa misura, degli oneri derivanti da maggiori costi di costruzione di gestione e con possibilità di assoggettamento alla disciplina fallimentare per motivi legati all’attività svolta dai promotori e dalla stessa società di progetto) mentre il secondo non agisce con analoga assunzione di rischio d’impresa: il che si traduce in differenti condizioni di accesso al mercato finanziario”;
B) “l’affermazione della predetta equivalenza, oltre ad essere generica, è anche del tutto indimostrata dato che è fatto notorio che le condizioni di accesso al mercato creditizio da parte dei privati non è migliorata negli ultimi anni e, anzi, i maggiori rischi di azione sul mercato privato e il prolungarsi dell’incertezza di prospettiva economica si sono tradotti, semmai, in restrizioni all’erogazione di finanziamenti a soggetti privati”;
C) “altra rilevante differenza è che l’amministrazione, per procurarsi finanziamenti, potrebbe comunque accedere al credito tramite società di sistema (in particolare tramite Cassa del Trentino), indipendentemente dalla stessa possibilità di accesso alla BEI”;
D) “per quanto attiene all’accesso alla BEI, è ovvio che la sua attivazione è condizionata, necessariamente, dalla revoca della gara: non ha senso, pertanto, obiettare che non esiste un finanziamento già formalmente concesso essendo sufficiente, allo stato attuale delle cose, che vi sia una possibilità di accesso sulla base dei relativi presupposti e sulla base della semplice disponibilità”;
E) “esiste già una pregressa esperienza che dimostra che l’accessibilità ai prestiti BEI da parte della PAT è già stata concretizzata in almeno tre episodi di un certo rilievo, in occasione dei quali sono stati riscontrati, oggettivamente, notevoli vantaggi rispetto al ricorso al finanziamento da parte di privati”.

11.3. Infine, con riferimento alle nuove aree messe a disposizione dal Comune di Trento ed alla conseguente necessità di progettare le nuove infrastrutture viarie a servizio dell’opera, le imprese concorrenti hanno osservato che tali aree sono marginali in quanto non modificano le scelte sull’ubicazione del nuovo ospedale, ma solo la viabilità di accesso. A tal riguardo il responsabile del procedimento ha replicato che: A) “la modifica dell’area interessata si traduce, in realtà, in una profonda modificazione dell’idea originaria che era stata posta in gara”;
B) “il contesto normativo, oggi profondamente cambiato a seguito del recepimento delle recenti normative comunitarie, che impongono un’attenzione maggiore, rispetto al passato, al progetto: l’affermazione che si può sistemare l’opera “strada facendo” è oggi assolutamente inaccettabile proprio sul piano giuridico oltre che sul piano fattuale, dato che il nuovo regime delle “modifiche contrattuali” è assai più stringente rispetto al passato. La centralità del progetto, che non può più essere modificato a piacimento in un momento successivo (in sede esecutiva), impone una maggiore attenzione sulle scelte preliminari che vanno, quindi, attentamente valutate e programmate con tutte le sfaccettature, senza lasciare più nulla al caso o all’improvvisazione: l’affermazione che con una semplice modifica della convenzione si può dare soluzione a problematiche che, invece, avrebbero dovuto essere considerate prima ancora di indire una gara o, comunque, prima di proseguirla, è dunque scorretta perché il nuovo quadro normativo di riferimento vieta la realizzazione di “modifiche sostanziali” ai sensi del comma 5 dell’articolo 27 della LP 9 marzo 2016, n. 2 (vedasi anche, negli stessi termini: considerando n. 107 e articolo 72 della Direttiva 24/2014). In particolare, il fatto che la possibilità di includere le nuove aree comunali non fosse prevista neppure come opzione possibile al momento dell’indizione della gara, inficia la possibilità di ricondurre tale variante nell’ambito delle previsioni della lettera “a” del comma 2 dell’articolo 27 della citata LP 2/2016 e né, d’altra parte, sono ravvisabili i presupposti previsti dalle restanti lettere da “b” a “d” del medesimo comma 2”;
C) “per effetto delle nuove disponibilità di aree, si realizzano sicuramente le condizioni per considerare “sostanziale” qualunque futura modificazione contrattuale, essendo evidente che la modifica realizzativa comporta conseguenze sulle scelte da effettuarsi in offerta, tali da rendere la gara anche appetibile a soggetti differenti dagli originari promotori”;
D) “la nuova disciplina delle modifiche contrattuali è di immediata applicabilità in quanto, in base al comma 12 dell’articolo 73 della LP 2/2016, essa si applica anche ai contratti in essere e quindi, a maggior ragione, alle procedure di gara in corso”.

12. Tenuto conto di quanto precede, il Collegio osserva anzitutto che i provvedimenti di revoca si configurano come tipici atti di natura discrezionale e che la discrezionalità dell’Amministrazione, nell’adozione di provvedimenti della specie, risulta ancor più ampia quando la revoca va ad incidere su rapporti non ancora consolidati.

12.1. Emblematica in tal senso appare la giurisprudenza in materia di revoca dell’aggiudicazione provvisoria: difatti - muovendo dal presupposto che il passaggio dall’aggiudicazione provvisoria all’aggiudicazione definitiva non è oggetto di un obbligo della stazione appaltante, né un diritto dell’aggiudicatario provvisorio, sicché la possibilità che all’aggiudicazione provvisoria della gara d’appalto non segua quella definitiva è un evento del tutto fisiologico - da un lato, si afferma che l’aggiudicatario provvisorio è titolare di una posizione differenziata (rispetto a chi aggiudicatario provvisorio non è) e di un’aspettativa tutelata a che l’aggiudicazione provvisoria divenga definitiva;
dall’altro, si riconosce che la scelta di revocare l’aggiudicazione provvisoria costituisce esercizio di un’ampia discrezionalità amministrativa, come tale sindacabile solo per vizi quali la manifesta illogicità, oppure travisamenti di fatto. Tra le ragioni che possono giustificare la revoca dell’aggiudicazione provvisoria figurano (per quanto interessa in questa sede): A) l’insostenibilità dell’impegno economico assunto dell’Amministrazione (Consiglio di Stato, Sez. III, 31 gennaio 2014, n. 467);
B) le esigenze dell’amministrazione collegate agli obiettivi di razionalizzazione e contenimento della spesa (Consiglio di Stato, Sez. V, 5 maggio 2016, n. 1797);
C) una generale rivisitazione degli intenti dell’Amministrazione in merito alla complessiva politica di gestione di un settore (Consiglio di Stato, Sez. V, 21 aprile 2016, n. 1600).

12.2. A ciò si deve poi aggiungere che l’ampiezza della discrezionalità nell’esercizio del potere di revoca è ancor più evidente laddove tale potere venga esercitato prima dello spirare del termine di presentazione delle offerte. In tal caso la giurisprudenza (ex multis, T.A.R. Lazio Roma, Sez. III, 16 maggio 2016, n. 5733) perviene a negare la possibilità di configurare, in capo alle imprese partecipanti o solo intenzionate a partecipare alla procedura selettiva, un affidamento sulla favorevole conclusione della stessa.

12.3. Peraltro, nel caso in esame, i limiti al sindacato di legittimità di questo Tribunale sono ancor più marcati, perché, come si è detto, il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5057/2014 ha caducato tutti gli atti della gara bandita nel 2011 a partire dalla nomina della Commissione tecnica (gara al termine della quale era, peraltro, risultato aggiudicatario provvisorio il RTI Impregilo) e, quindi, l’impugnata determinazione dirigenziale n. 37 del 2016 va ad incidere su un atto avente limitata valenza esterna, qual è la determinazione dirigenziale n. 365 del 2011, con la quale era stata espressa la preferenza per il ricorso al sistema dell’appalto in luogo del sistema della finanza di progetto.

13. Ciò posto, le censure in esame non possono essere accolte in quanto le ragioni di carattere economico e gestionale fondanti la determinazione n. 37 del 2016 valgono senz’altro a giustificare l’esercizio dello jus poenitendi da parte dell’amministrazione e non risultano inficiate da manifesta illogicità, oppure da travisamenti di fatto. Difatti superano indenni il sindacato di legittimità di questo Tribunale sia le articolate valutazioni svolte dall’amministrazione, alla luce dell’analisi commissionata alla Cassa del Trentino, sugli aspetti finanziari dell’intervento e, in particolare, sugli effetti della crisi dei mercati finanziari e sulla maggior convenienza del ricorso ad un appalto complesso, in luogo del project financing , sia le ulteriori valutazioni incentrate sull’esigenza di ridurre e razionalizzare la spesa sanitaria.

13.1. Quanto agli effetti della crisi dei mercati finanziari, è notorio che tale crisi, pur avendo comportato un abbassamento generalizzato dei tassi d’interesse, tuttavia ha determinato una contrazione del credito per il finanziamento degli investimenti privati, ivi compresi quelli destinati ad operazioni di finanza di progetto. Inoltre è notorio che le condizioni di finanziamento variano in funzione di molteplici fattori, tra i quali assume, oggi più che mai, particolare rilievo il merito di credito (c.d. rating ) del soggetto che richiede il prestito.

13.2. Pertanto non vi è motivo per dubitare della attendibilità delle valutazioni della Provincia, come dettagliatamente illustrate nelle memorie depositate in data 25 e 28 ottobre 2016, ed in effetti condivisibili.

13.3. Particolarmente significativo al riguardo appare il riferimento - contenuto nella relazione del Responsabile del procedimento - alla relazione della Cassa del Trentino del 17 marzo 2015, denominata “Analisi della convenienza economica circa la realizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino mediante appalto tradizionale o finanza di progetto e scenari conseguenti”, ove conclusivamente si afferma quanto segue: “L’analisi di convenienza economica aggiornata al 2015 evidenzia i benefici attesi per la PAT dal nuovo contesto di riferimento con conseguente riduzione del canone annuo di disponibilità (da corrispondere per tutta la durata della concessione) e, dunque, dell’esborso complessivo nel caso di Finanza di Progetto;
tuttavia, nell’ipotesi di Appalto Tradizionale, l’applicazione di un tasso fisso BEI molto conveniente (stimato al 2% anche se quotato dalla BEI a marzo 2015 pari all’1,35%) con completa assenza di oneri di strutturazione finanziaria, determina per la PAT un risparmio ancora maggiore”. Difatti la PAT nelle sue difese - tenuto conto della concreta esperienza maturata nei rapporti con la BEI (contratto di finanziamento per un massimo di 60 milioni di euro per la realizzazione del Depuratore Trento Tre e Contratto di finanziamento per un massimo di massimo 85 milioni di euro per la realizzazione di infrastrutture medio-piccole) e degli ulteriori contatti intercorsi con la BEI (cfr. la nota della Cassa del Trentino prot. n. 202 del 10 febbraio 2016) - ha ribadito che: A) le commissioni e gli oneri vari nei contratti di prestito della BEI sono pari a zero;
B) la quotazione del tasso fisso applicato dalla BEI per cofinanziare la realizzazione del nuovo ospedale è risultata pari all’1,50% in data 8 gennaio 2015, all’1,25% in data 3 marzo 2015, all’1,30% in data 3 febbraio 2016 ed allo 0,75% in data 8 settembre 2016.

13.4. Risulta, quindi, priva di fondamento non solo la censura incentrata su fatto che del ribasso dei tassi di interesse potrebbero giovarsi tanto le pubbliche Amministrazione quanto i soggetti privati, essendo evidente che non sono paragonabili le condizioni di finanziamento accordate da un soggetto pubblico come la BEI ad un soggetto pubblico come la PAT rispetto alle condizioni che una banca potrebbe accordare ad un’impresa privata, ma anche quella incentrata sul fatto che il ribasso dei tassi di interesse è noto da tempo;
difatti al riguardo si deve considerare che: A) il provvedimento di revoca non si fonda necessariamente su fatti sopravvenuti, ben potendo essere giustificato da una nuova valutazione dell’interesse pubblico, che nel caso in esame implica evidentemente anche una valutazione sulla procedura di gara più conveniente da seguire per la realizzazione dell’opera;
B) la quotazione del tasso fisso applicato dalla BEI per finanziare il nuovo ospedale presenta un trend discendente nell’ultimo biennio, sì da rendere progressivamente più vantaggioso il ricorso diretto della PAT ad un finanziamento della BEI.

13.5. Né miglior sorte merita l’ulteriore censura incentrata sul fatto che la Cassa del Trentino non abbia già concluso accordi con la BEI in ordine ad un eventuale finanziamento della realizzazione del nuovo ospedale. Difatti coglie nel segno il Responsabile del procedimento quando afferma che, allo stato, può ritenersi sufficiente la semplice disponibilità fornita dalla BEI, anche perché tale disponibilità trova conferma nei suddetti rapporti già in essere con la BEI.

13.6. Quanto alle ulteriori valutazioni della PAT in ordine alla maggior convenienza del ricorso ad un appalto complesso, giova preliminarmente rammentare che - come ben evidenziato dalla Cassa del Trentino nella relazione del 17 marzo 2015 - l’istituto della finanza di progetto si caratterizza A) per la presenza di “un progetto idoneo a generare dei flussi di cassa che consentano di autofinanziare l’intervento rimborsando il debito contratto per la sua realizzazione e remunerando il capitale di rischio;
flussi derivanti dall’applicazione di tariffe sull’utenza (opere calde) o di canoni esclusivamente/prevalentemente posti a carico dell’Amministrazione (opere fredde). Pertanto, assumendo che l’intervento risponda ad esigenze alle quali è necessario/ opportuno far fronte e che ne venga assicurata la corretta gestione, il piano economico- finanziario (“PEF”) deve tradurre le assunzioni tecnico/operative/finanziarie in indicatori e gli stessi devono dare evidenza della capacità del progetto di generare flussi di cassa stabili e sufficienti a far fronte, per un determinato periodo, al rimborso del debito contratto ed alla remunerazione del capitale apportato dal privato”;
B) il trasferimento in capo al soggetto privato del rischio dell’operazione, in quanto l’art. 143, comma 9, del D.Lgs. n. 163/2006 prescrive per le concessioni destinate all’utilizzazione diretta dell’Amministrazione (c.d. opere fredde) l’allocazione in capo al concessionario “dell’alea economico-finanziaria della gestione dell’opera”. L’art. 3, comma 15-ter, del D.Lgs. n. 163/2006, nel definire i contratti di partenariato pubblico privato (“PPP”), di cui fanno parte le concessioni di lavori, specifica che per tali contratti deve esserci una “allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni comunitarie vigenti”;
l’ultimo periodo di tale comma precisa che alle operazioni di PPP “si applicano i contenuti delle decisioni Eurostat”. Secondo le indicazioni contenute nella decisione Eurostat n. 18 dell’11 febbraio 2004, nelle operazioni di PPP il privato deve sostenere il rischio di costruzione e, in relazione alla fase di gestione, almeno uno fra il rischio di domanda e il rischio di disponibilità affinché le operazioni in questione non vengano registrate nei conti delle pubbliche amministrazioni.

13.7. Tali prescrizioni sono oggi contenute nelle disposizioni degli articoli 3 e 180 del decreto legislativo n. 50/2016. In particolare l’art. 3, comma 1, lett. eee), definisce il “contratto di partenariato pubblico privato” come “il contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto con il quale una o più stazioni appaltanti conferiscono a uno o più operatori economici per un periodo determinato in funzione della durata dell’ammortamento dell’investimento o delle modalità di finanziamento fissate, un complesso di attività consistenti nella realizzazione, trasformazione, manutenzione e gestione operativa di un’opera in cambio della sua disponibilità, o del suo sfruttamento economico, o della fornitura di un servizio connesso all’utilizzo dell’opera stessa, con assunzione di rischio secondo modalità individuate nel contratto, da parte dell’operatore”, e precisa che, “fatti salvi gli obblighi di comunicazione previsti dall’articolo 44, comma 1-bis, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, si applicano i contenuti delle decisioni Eurostat”. L’art. 180 dispone (per quanto interessa in questa sede) che nei contratti di partenariato pubblico privato: A) “i ricavi di gestione dell’operatore economico provengono dal canone riconosciuto dall’ente concedente e/o da qualsiasi altra forma di contropartita economica ricevuta dal medesimo operatore economico, anche sotto forma di introito diretto della gestione del servizio ad utenza esterna” (comma 2);
B) “il trasferimento del rischio in capo all’operatore economico comporta l’allocazione a quest’ultimo, oltre che del rischio di costruzione, anche del rischio di disponibilità o, nei casi di attività redditizia verso l’esterno, del rischio di domanda dei servizi resi, per il periodo di gestione dell’opera”, laddove il predetto art. 3 definisce il “rischio di costruzione” come “il rischio legato al ritardo nei tempi di consegna, al non rispetto degli standard di progetto, all’aumento dei costi, a inconvenienti di tipo tecnico nell’opera e al mancato completamento dell’opera” (lett. aaa), il “rischio di disponibilità” come “il rischio legato alla capacità, da parte del concessionario, di erogare le prestazioni contrattuali pattuite, sia per volume che per standard di qualità previsti” (lett. bbb) e il “rischio di domanda” come “il rischio legato ai diversi volumi di domanda del servizio che il concessionario deve soddisfare, ovvero il rischio legato alla mancanza di utenza e quindi di flussi di cassa” (lett. ccc).

13.8. In definitiva, a differenza dell’appalto tradizionale, la finanza di progetto è basata essenzialmente sull’equilibrio economico-finanziario del PEF per l’intera durata della concessione e su un’allocazione dei rischi in capo al concessionario, in conformità ai criteri innanzi indicati.

14. Il Collegio osserva che le valutazioni della PAT in ordine alla maggior convenienza del ricorso ad un appalto complesso sono frutto di un’accurata istruttoria che tiene conto dell’analisi svolta dalla Cassa del Trentino e trovano puntuale riscontro nelle motivazioni dei provvedimenti impugnati.

Innanzi tutto la Cassa del Trentino: A) nella relazione del 17 marzo 2015 ha posto a confronto i benefici e le criticità di tre scenari alternativi, costituiti da “una procedura in finanza di progetto tra i quattro concorrenti con documentazione e PEF 2011”, “una procedura in finanza di progetto, ma con un nuovo disciplinare ed un PEF aggiornato” e “una procedura di appalto complesso con apertura a tutti gli operatori interessati”;
B) nell’allegato n. 2 alla predetta relazione - utilizzando la metodologia indicata nel documento denominato “Analisi delle tecniche di valutazione per la scelta del modello di realizzazione dell’intervento: il metodo del Public Sector Comparator e l’analisi del valore”, redatto nel 2009 dall’Unità Tecnica Finanza di Progetto e dell’AVCP - ha ulteriormente sviluppato, sotto il profilo della diversa allocazione dei rischi, il confronto tra i due scenari costituiti dal ricorso all’appalto tradizionale e dal ricorso alla finanza di progetto.

In particolare nell’allegato n. 2 alla predetta relazione sono state dettagliatamente indicate le ragioni che hanno indotto la Cassa del Trentino a non considerare rischi ulteriori rispetto a quelli di extra costi e ritardi nella costruzione, di seguito indicate: secondo la metodologia proposta dall’UTFP-AVCP, si procedeva alla quantificazione dei rischi trasferibili dal sistema pubblico al privato nell’ipotesi di ricorso alla Finanza di Progetto. Tale stima veniva effettuata in considerazione dei rischi trasferibili relativi alla sola fase di realizzazione dell’opera come sopra identificati (rischio di extra costi e ritardi nella costruzione);
non venivano, infatti, considerati i rischi relativi alla fase di gestione (ad es. rischio incremento costi di manutenzione, incremento costi operativi, rischio adeguamento tecnologico etc.) per i seguenti motivi: 1) se per i rischi legati alla fase realizzativa ci sono riferimenti ufficiali e statistiche relative agli appalti dal 2000 al 2007 (fonte: AVCP), la stima dei rischi di gestione veniva considerata eccessivamente discrezionale e di scarsa attendibilità anche in ragione della lunga durata del periodo gestionale;
2) nell’ambito dello schema di Convenzione si prevedeva di attenuare il rischio derivante da eccessivi scostamenti del costo dei servizi offerti dal Concessionario rispetto ai valori di mercato durante il periodo della Concessione mediante il c.d. market test (Schema di Convenzione - allegato Q dello Studio di Fattibilità). Si tratta, sostanzialmente, di una verifica periodica da effettuare sul mercato per allineare, in caso di scostamenti osservati oltre una soglia predefinita (10%), i valori dei servizi alle nuove condizioni del mercato, attenuando, da un lato, il rischio per l’Amministrazione di incorrere in extracosti per i servizi in caso di condizioni del mercato migliorative (riduzione prezzi di mercato) ma, allo stesso tempo, riconoscendo al Concessionario un adeguamento del valore dei servizi in caso di valori di mercato superiori a quelli iniziali contrattualizzati. In tal modo, si attenuava l’entità del trasferimento del rischio gestionale al Concessionario per incremento dei costi operativi rispetto all’Appalto Tradizionale;
3) il Canone annuale di disponibilità, oltre all’onere per l’investimento iniziale, remunerava il Concessionario anche per i rinnovi di arredi ed attrezzature proposti in sede di gara (nel c.d. Piano di sostituzione Attrezzature da allegare alla Convenzione);
tuttavia, si prevedeva in Convenzione che qualora la PAT avesse optato per l’acquisto di attrezzature diverse da quelle inserite nel Piano di sostituzione Attrezzature proposto dal Concessionario l’eventuale maggior costo sarebbe stato riconosciuto al Concessionario mediante riequilibrio del PEF. Sostanzialmente la PAT si assumeva il rischio di incremento degli investimenti per rinnovo di arredi ed attrezzature rispetto a quanto programmato;
pertanto, nessun trasferimento del rischio dalla PAT al Concessionario era stato prudenzialmente previsto.

15. Tali considerazioni sono del tutto condivisibili, e tali si rivelano, sempre con riferimento alla mancata allocazione dei rischi in capo al concessionario in caso di ricorso ad una procedura di appalto, anche le considerazioni svolte dal Responsabile del procedimento nella sua relazione, ove è stato sottolineato che: A) in caso di realizzazione di un ospedale, l’allocazione dei rischi nel caso di ricorso alla finanza di progetto è solo apparentemente traslata a carico dei soggetti privati mentre, in realtà, essa appare abbastanza assimilabile a quella dell’appalto tradizionale. Trattandosi, infatti, di opera fredda, cioè non finanziata ricorrendo a tariffe di mercato, la remunerazione del risultato è tutta garantita da canoni corrisposti dall’utilizzatore (l’amministrazione provinciale/sanitaria), con la conseguenza che viene del tutto a mancare il “rischio della domanda” ed è notevolmente ridotto, se non azzerato, anche il “rischio di disponibilità”: infatti, per quanto attiene al primo rischio, è da tener presente che esso è, in realtà, inesistente dato che al concessionario è assicurato un canone indipendentemente dall’effettiva richiesta di utilizzazione;
per quanto attiene al secondo rischio, va tenuto altrettanto presente che il servizio da rendere al cittadino è quello sanitario che è erogato dall’APSS e non dal concessionario (che si limita, invece, a mettere a disposizione solo alcuni servizi “di contorno” ed il cui fruitore diretto e pagante è la stessa amministrazione sanitaria, secondo modalità remunerative sottoposte ad adeguamento automatico, e non il degente ospedaliero);
B) il rischio di costruzione è invariato nello schema della finanza di progetto rispetto all’appalto tradizionale;
C) il rischio finanziario “è sicuramente maggiore per il promotore privato rispetto all’amministrazione aggiudicatrice: infatti, nel caso di utilizzo di strumenti di indicizzazione nel finanziamento privato ..., i margini di incertezza sono assai maggiori rispetto al finanziamento utilizzato da un soggetto pubblico che può ricorrere allo strumento dell’indebitamento a tasso fisso (ad esempio tramite prestiti obbligazionari di Cassa del Trentino) o, meglio ancora e come prospettato, ricorrendo al tasso fisso BEI”.

16. Risulta allora evidente che anche le valutazioni della PAT sulla diversa allocazione dei rischi e dei costi non è censurabile da parte di questo Tribunale in quanto frutto di una dettagliata attività di analisi che non appare affetta da macroscopici vizi logici o travisamenti della situazione di fatto.

17. Del resto non è neppure pertinente il rilievo secondo cui l’amministrazione non avrebbe considerato i costi legati alla necessità di indennizzare le imprese che hanno inutilmente partecipato alla precedente gara: ed infatti il Responsabile del procedimento nella sua relazione ha correttamente affermato che nel caso in esame “non ci sono né danni né indennizzi da corrispondere per il semplice fatto che non ci sono valide offerte presentate che l’amministrazione omette di prendere in considerazione”.

18. In definitiva il Collegio - nel ribadire ancora una volta l’ampiezza della discrezionalità di cui dispone l’Amministrazione nel valutare la convenienza dei diversi sistemi di realizzazione di un’opera pubblica come un ospedale e, in particolare, nel valutare quale sia la migliore allocazione dei rischi connessi al finanziamento, alla progettazione, alla realizzazione e alla gestione dell’opera - ritiene che nel caso in esame la valutazione della PAT sulla prevalenza dei vantaggi connessi al ricorso ad un appalto complesso (specie in considerazione dei ridotti tassi di interesse e dell’assenza di commissioni nel caso di cofinanziamento dell’intervento da parte di un soggetto pubblico come la BEI, nonché del regime IVA più favorevole e della massima flessibilità operativa garantita dal ricorso all’appalto tradizionale in un contesto dinamico come quello delle politiche sanitarie provinciali, caratterizzato da scenari operativi poco prevedibili e oggetto dei ben noti interventi di spending review ) rispetto ai vantaggi connessi al ricorso alla finanza di progetto (in ragione del trasferimento in capo al concessionario dei rischi connessi alla progettazione, realizzazione, gestione e manutenzione dell’opera) superino indenni il sindacato di legittimità.

19. In ragione di quanto precede il Collegio osserva che la motivazione incentrata sulla maggior convenienza del ricorso ad un appalto complesso in luogo del project financing sia, di per sé, sufficiente per ritenere adeguatamente giustificata l’adozione della determinazione dirigenziale n. 37 del 2016. Difatti, secondo la giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 luglio 2016, n. 3194), in caso di provvedimento plurimotivato il rigetto della doglianza diretta a contestare una delle ragioni giustificatrici dell’atto lesivo comporta la carenza di interesse della parte ricorrente all’esame delle ulteriori censure volte a contestare le altre ragioni giustificatrici dell’atto medesimo, atteso che, seppur tali ulteriori censure si rivelassero fondate, il loro accoglimento non sarebbe comunque idoneo a soddisfare l’interesse del ricorrente a ottenere l’annullamento del provvedimento lesivo, che resterebbe supportato dall’autonomo motivo riconosciuto legittimo.

20. Fermo quanto precede, anche l’ulteriore motivazione addotta dall’Amministrazione, incentrata sull’evoluzione del quadro normativo sulla spending review rispetto al 2011, supera indenne il sindacato di questo Tribunale.

In primo luogo le considerazioni svolte dalla PAT nelle proprie difese - a chiarimento di quelle contenute nella deliberazione n. 438 del 2016 e nella relazione del Responsabile del procedimento - consentono di apprezzare tale evoluzione, che ha determinato, quale effetto della contrazione della spesa sanitaria, l’intento di perseguire una riduzione dei costi annuali per i servizi non sanitari. In particolare l’amministrazione ha evidenziato che: A) l’art. 15, comma 13, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, alle lettere c) e c-bis), ha introdotto disposizioni per la contrazione dei posti letto e per l’avvio della sperimentazione sanitaria a fini di spending review , subordinando la contrazione dei posti letto ad un apposito provvedimento da adottare entro il 31 ottobre 2012, sicché la contrazione programmata sarebbe divenuta operativa solo dopo la scadenza del bando;
B) la Corte costituzionale, dichiarando incostituzionale la lettera c) del predetto comma 13 con la sentenza 1° luglio 2015, n. 125 - ossia dopo la scelta del promotore, avvenuta nel 2013, e la sentenza di questo Tribunale, intervenuta nel 2014 - ha chiarito che spetta alla PAT effettuare scelte autonome, e non meramente imposte, di razionalizzazione della spesa sanitaria, perché la declaratoria dell’illegittimità della norma statale che impone meccanismi di fissazione del numero dei posti-letto comporta la competenza delle Province autonome di Trento e di Bolzano nella scelta delle concrete modalità di conseguimento della riduzione della spesa sanitaria, fermo restando l’obbligo in tal senso;
C) con il decreto legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, sono state introdotte ulteriori disposizioni incidenti sulla definizione dei LEA e, quindi, sui fabbisogni di spesa (art. 5), nonché sull’edilizia residenziale, come l’art. 6, che - prevedendo la cessione all’aggiudicatario, come componente del corrispettivo, di immobili ospitanti strutture ospedaliere da dismettere, anche ove l’utilizzazione comporti il mutamento di destinazione d’uso - renderebbe necessaria una valutazione (non consentita all’epoca dell’indizione della gara del 2011) in merito all’opportunità di dismettere, in tutto o in parte, l’Ospedale S. Chiara;
D) con il cosiddetto “Accordo di Roma” - ottobre 2014 - , con l’obiettivo di superare talune incertezze interpretative e le forti tensioni innescate dal contenzioso costituzionale sugli interventi statali di spending review , è stato riconosciuto alle Province autonome di Trento e Bolzano il ruolo di soggetti attuatori degli obiettivi generali di contenimento della spesa pubblica a livello di finanza provinciale;
E) in particolare, in base all’art. 79 dello Statuto speciale di autonomia, novellato a seguito del predetto Accordo del 2014, è ora riconosciuto alle Province un più solido ruolo propositivo delle misure di contenimento della spesa pubblica nei confronti degli enti pubblici del sistema finanziario provinciale, ivi inclusa la stessa APSS. In definitiva - anche alla luce di questo nuovo quadro ordinamentale, in base al quale spetta alla PAT il compito di attribuire, responsabilmente, le risorse finanziarie disponibili e di stabilire i vincoli alla spesa sanitaria - vi è motivo per ritenere che l’amministrazione con la determinazione dirigenziale n. 37 del 2016 abbia correttamente perseguito l’obiettivo di ridurre e razionalizzare la spesa sanitaria, obiettivo che, come già evidenziato in precedenza, costituisce uno dei presupposti tipici in presenza dei quali la giurisprudenza riconosce il legittimo esercizio dello ius poenitendi in materia di gare pubbliche.

20.1. In definitiva, per le suesposte ragioni, il quarto motivo non merita accoglimento.

22. Con il quinto motivo la ricorrente deduce la violazione delle norme, in buona parte di derivazione civilistica, che configurerebbero una responsabilità precontrattuale e procedimentale in capo all’amministrazione, ancorché l’azione della stessa dovesse considerarsi incensurabile sotto il profilo della legittimità.

Il motivo è infondato.

22.1. In linea di principio deve rilevarsi che la domanda risarcitoria presuppone pur sempre l’ingiustizia dei danni subiti in ragione dell’illegittimità del provvedimento di revoca, il che nella fattispecie va escluso per le sopra viste considerazioni.

22.2. In secondo luogo, pur ammettendo la possibilità di un accertamento di responsabilità di carattere precontrattuale discendente dal complessivo comportamento tenuto dal pubblico contraente che – al pari di ogni contraente privato – è tenuto ad evitare di ingenerare nella controparte privata affidamenti ingiustificati, deve rilevarsi che secondo una consolidata giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 21 aprile 2016, n. 1599) non è configurabile una responsabilità precontrattuale della stazione appaltante anteriormente alla scelta del contraente, vale a dire prima della sua individuazione, allorché gli aspiranti alla posizione di contraenti sono solo partecipanti alla gara e possono solo vantare un interesse legittimo al corretto esercizio del potere pubblico.

In tal senso questo Tribunale ha ribadito recentemente (T.r.g.a. di Trento, 15 novembre 2016, n. 388) che l’amministrazione può ritenersi soggetta alle conseguenze derivanti dall’art. 1337 cod. civ. a condizione che la gara sia giunta ad uno stadio tale da aver ingenerato nel concorrente la ragionevole aspettativa di conseguire l’aggiudicazione e, quindi, la stipulazione del contratto: in altri termini occorre che il concorrente veda frustrato un affidamento consolidato in ordine alla favorevole conclusione della procedura di gara.

Il che, nella fattispecie, è da escludersi, considerato che, come già sopra visto, l’impugnata determinazione dirigenziale n. 37 del 2016 va ad incidere su un atto avente limitata valenza esterna, qual era la risalente determinazione dirigenziale n. 365 del 2011 con cui era stato disposto il ricorso al sistema della finanza di progetto, viepiù rilevando che - a seguito della sentenza n. 5057/2014 - il Consiglio di Stato ha confermato l’annullamento degli atti della precedente gara, intervenuti successivamente alla nomina della Commissione, ivi compresa la fase della presentazione delle offerte inoltrate dai concorrenti, e che secondo quanto previsto nella predetta decisione una legittima ripresa della stessa avrebbe comportato “la riapertura dei termini per la presentazione di nuove offerte sia tecniche che economiche”.

22.3. Ed inoltre non può neppure sottacersi, con specifico riferimento alla posizione della Cooperativa ricorrente, che C.M.B. aveva presentato l’offerta valutata con il minor punteggio rispetto a quello conseguito dagli altri concorrenti, tanto da indurre la stessa ad appellare la sentenza pronunciata da questo Tribunale in primo grado al fine sì di veder riformato il punto di sentenza che aveva determinato la sua esclusione, ma al contempo, ben comprensibilmente, per “ottenere l’annullamento dell’intera procedura di gara” (pag. 12 sentenza Cons. di Stato cit.).

23. Nessun legittimo ed efficace affidamento può dunque riscontrarsi nella fattispecie in esame, rimanendo al più confinata la posizione della ricorrente nell’ambito di un aspirante offerente che deve ancora formulare un’offerta oggetto di valutazione, e ciò vale anche per escludere il risarcimento per l’asserita perdita di chance, dovendosi - a tal riguardo - da un lato considerare, nella fattispecie, l’insussistenza di un’effettiva ed efficace relazione probabilistica fra l’utile risultato sperato ed il comportamento amministrativo censurato, e dall’altro riscontrare che gli esborsi economici sostenuti per la partecipazione alla gara e della perdita di chance subita rientrano nella normale alea di partecipazione a gare ad evidenza pubblica, per loro natura caratterizzate dall’esito incerto, non solo riguardo all’aggiudicazione, ma anche alla possibilità di un eventuale revoca in corso di gara (cfr. Tar Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 19 maggio 2016 n. 516).

24. Quanto al c. d. ritardo procedimentale, cui pure il motivo di ricorso in esame si riferisce, ferme le considerazioni che precedono, appaiono condivisibili le specifiche deduzioni svolte sul punto dalla difesa della PAT.

24.1. In effetti deve considerarsi la complessità del procedimento istruttorio e valutativo conseguente alla sentenza pronunciata dal Consiglio di Stato, che ha richiesto e coinvolto l’intervento non solo delle strutture organizzative interne alla Provincia ma anche il necessario confronto con enti diversi quali il Comune di Trento, l’Azienda per i servizi sanitari e la Cassa per il Trentino s.p.a, soggetti interessati alla realizzazione dell’opera. Peraltro coglie nel segno anche il rilievo della PAT secondo cui, nel periodo di tempo intercorso fra la pronuncia del Giudice d’Appello e la comunicazione di avvio del procedimento di revoca, nessuna attività economicamente valutabile risulta intrapresa dalla ricorrente, di talché non sussiste alcuna relazione fra l’asserito ritardo nella conduzione del procedimento istruttorio e valutativo condotto dall’amministrazione ed un corrispondente pregiudizio della ricorrente che, infatti, inopinatamente riconduce a tale voce di preteso danno, per ritardo del procedimento, le spese sostenute ai fini della partecipazione alla precedente gara (pag. 24 e 25 ricorso).

25. I successivi motivi, rubricati sub n. 6 e 7, attengono alla quantificazione dei pretesi danni e, in subordine, alla misura dell’indennizzo previsto dall’art 21 quinquies della L. n. 241/1990.

25.1. Orbene: quanto ai danni ricondotti dall’interessata all’inutile partecipazione alla precedente gara, deve rilevarsi che l’inerente domanda di condanna risulta tardiva. Coglie infatti nel segno l’eccezione dell’amministrazione resistente quando afferma che – alla luce della disposizione dell’art. 30, co. 5, del cod. proc. amm., secondo cui “nel caso in cui sia stata proposta azione di annullamento la domanda risarcitoria può essere formulata …sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza” – tale domanda avrebbe dovuto essere proposta entro il termine di centoventi giorni dal passaggio in giudicato della sentenza del Consiglio di Stato n. 5057/2014.

Né può ritenersi che la revoca della gara indetta nell’anno 2011 abbia fatto venir meno il risarcimento in forma specifica riconosciuto dal Consiglio di Stato, determinando la reviviscenza della lesione che era stata riparata in forma specifica. Difatti tale ragionamento non tiene conto della ratio della previsione di termini decadenziali come quello di cui all’art. 30, co. 5, cod. proc. amm., che consiste nel garantire la certezza dei rapporti giuridici, ferma restando che la tutela in forma specifica riconosciuta dalla predetta sentenza del Giudice d’Appello n. 5057/2014 non è vanificata dalla revoca della gara, perché la ricorrente ben potrebbe, se ancora interessata, prendere parte alle nuove gare indette per la realizzazione del nuovo ospedale.

25.2. Quanto ai pretesi danni da responsabilità precontrattuale e da c.d. ritardo procedimentale, le sopra viste considerazioni - per le rispettive ragioni - ne escludono la risarcibilità.

25.3. Infine, passando alla domanda di condanna alla corresponsione dell’indennizzo ex art. 21 quinquies L. n. 241/1990, il Collegio rammenta che, secondo una consolidata giurisprudenza (ex multis Cons. di Stato, sez. V, 21 aprile 2016, n. 1600;
idem, sez. IV, 20 aprile 2016, n. 1559), ancorché in presenza di un’aggiudicazione provvisoria, in caso di revoca degli atti di gara non spetta l’indennizzo di cui all’art. 21 quinquies, perché la revoca va ad incidere su un provvedimento destinato ad essere superato dall’emanazione del provvedimento conclusivo del procedimento ad evidenza pubblica, e non su un provvedimento “ad effetti durevoli” come previsto dalla norma legislativa, ed in linea con tale giurisprudenza questo Tribunale (sentenza n. 388/2016), con riferimento ad una fattispecie analoga a quella in esame, ha precisato che, se tale conclusione si impone nel caso in cui sia già stato individuato l’aggiudicatario provvisorio, è tanto più valida laddove non sia stato neppure individuato il potenziale aggiudicatario.

26. In definitiva, dichiarata l’improcedibilità del terzo motivo, per il resto il ricorso deve essere in parte dichiarato inammissibile ed in parte respinto perché infondato.

27. Tenuto conto dell’obiettiva delicatezza delle questioni trattate, sussiste il presupposto per compensare, fra le parti costituite, le spese di lite. Nulla va disposto per le spese con riferimento ai controinteressati, non costituiti in giudizio.

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