TAR Venezia, sez. I, sentenza 2018-05-17, n. 201800537

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. I, sentenza 2018-05-17, n. 201800537
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 201800537
Data del deposito : 17 maggio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/05/2018

N. 00537/2018 REG.PROV.COLL.

N. 02661/2001 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2661 del 2001, proposto da:
R C, rappresentato e difeso dall'avv. F D M, e, per successiva rinuncia al mandato da parte di quest’ultimo, dall’avv. M L nonchè dell’avv. E B, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Venezia-Mestre, via Fapanni, 46 /1,

contro

Comune di Noventa Vicentina, in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituito in giudizio;
Regione Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale Venezia, domiciliata in Venezia, San Marco, 63;

nei confronti

C T, rappresentato e difeso dall'avvocato Claudio Michelon, con domicilio eletto presso il suo studio in Padova, Piazzale Stazione, 6 e con domicilio ex lege presso la Segreteria del T.A.R.;

per l'annullamento:

- della deliberazione del Consiglio Comunale di Noventa Vicentina n. 52 del 25 giugno 2001, nella parte in cui ha accolto l’osservazione n. 28 n. 9444 prot. del 21 maggio 2001 presentata dal Sig. C T, sul parere favorevole dello Studio Cassella-Pietrogrande alla variante al P.R.G. adottata con deliberazione n. 31 del 30 marzo 2001;

- del provvedimento 9 agosto 2001 n. 4722/30156 con il quale il Dirigente regionale della Direzione Urbanistica e Beni Ambientali ha espresso parere favorevole alla variante de qua ;

- della deliberazione del Consiglio Comunale di Noventa Vicentina n. 68 del 22 settembre 2001, pubblicata all’Albo Pretorio il 1° ottobre 2001, con la quale il Consiglio Comunale di Noventa Vicentina ha definitivamente approvato la variante al P.R.G. adottata con delibera n. 31 del 30 marzo 2001;

- nonché di tutti gli atti presupposti e conseguenti, e in particolare dell’accordo, denominato “Atto unilaterale d’obbligo”, sconosciuta la data, stipulato tra il Sig. C T ed il Sindaco di Noventa Vicentina ed avente ad oggetto l’adozione da parte del Comune di Noventa Vicentina di una variante al P.R.G. riguardante il terreno di proprietà del Sig. T in Comune di Noventa Vicentina, Fg. 5, mappali nn. 29, 124, 180/a, 1213/b, 30/b e 33/a, da rendersi edificabile a fronte dell’impegno del Sig. T stesso di cedere gratuitamente al Comune di Noventa Vicentina un’area di mq 981 da destinare a parcheggio ed un’ulteriore area di circa mq 952 resa edificabile grazie alla variante in questione;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Veneto e di C T;

Viste le memorie difensive;

Visto l’art. 35, co. 1, cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 maggio 2018 il dott. G G A D e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente ha impugnato gli atti in epigrafe esponendo di essere proprietario di un immobile di civile abitazione con giardino circostante, adiacente l’area di proprietà del controinteressato Sig. C T nel Comune di Noventa Vicentina (quest’ultima di estensione di circa 4.600 mq così catastalmente individuata: Fg 5, mappali nn. 29, 124, 180/a, 1213/b, 30/b e 33/a).

Secondo l’esposizione del ricorrente, il Consiglio comunale di Noventa Vicentina adottava con deliberazione n. 31 del 30 marzo 2001 una variante al P.R.G. - ai sensi dell’art. 50, commi 4 e 9, della legge regionale Veneto n. 61/1985, così come modificato dall’art. 1 della legge regionale Veneto n. 21/1998 - che non riguardava il terreno di proprietà del Sig. T, né i terreni vicini. La deliberazione di adozione veniva pubblicata, come prescritto dalla normativa, e su di essa venivano raccolte le osservazioni degli interessati.

Il Sig. T presentava al Comune le proprie osservazioni che, tuttavia, precisa il ricorrente, non riguardavano il contenuto della variante adottata bensì l’opportunità di mutare la destinazione urbanistica dell’area di proprietà del medesimo Sig. T, nel senso di attribuire alla stessa la destinazione urbanistica C.1.1. (di espansione per edificazione residenziale privata) in luogo di quella prevista dall’allora vigente P.R.G. F3.1 - zone a verde naturale ed attrezzato. La nuova destinazione urbanistica avrebbe dovuto divenire appetibile per il Comune - secondo quanto espone il ricorrente - attraverso un “atto unilaterale d’obbligo” con il quale il Sig. T si impegnava a cedere gratuitamente al Comune di Noventa Vicentina un’area di mq 981 da destinare a parcheggio pubblico con onere della realizzazione dello stesso a carico del Comune ed un ulteriore appezzamento di circa mq 952 per edificazione residenziale privata. Entrambe le aree erano comprese in quella di proprietà del Sig. T al quale la variante avrebbe dovuto imprimere la nuova destinazione urbanistica. Inoltre, il Sig. T, a fronte della predetta cessione gratuita, al momento di procedere alla edificazione della sua restante proprietà non avrebbe dovuto versare gli oneri previsti dalla legge ma solo quelli relativi all’urbanizzazione secondaria ed al costo di costruzione.

Lo Studio di Urbanistica incaricato della redazione della variante in sede di esame delle osservazioni prospettava, relativamente a quella del Sig. T, una controdeduzione nella quale proponeva di accogliere l’osservazione (soffermandosi poi sulle ragioni, sulla volumetria massima assentibile e precisando che l’attuazione della previsione urbanistica era soggetta ad intervento unitario convenzionato).

Nello stesso documento di controdeduzione, preso dal Consiglio comunale a base delle proprie decisioni, il Tecnico incaricato precisava anche che la vigente classificazione urbanistica del terreno in questione “F3.1 – area attrezzata a parco, gioco e sport con vincolo decaduto”.

Dunque, il Consiglio comunale accoglieva le osservazioni del Sig. T con deliberazione n. 52 del 25 giugno 2001, e, successivamente il Comune trasmetteva con nota 13315 del 17 luglio 2001 gli atti alla Regione Veneto per l’acquisizione del parere di cui all’art. 50 della legge reg. Veneto n. 61/1985;
il dirigente regionale, con nota 4722/30156 del 9 agosto 2001 esprimeva favorevolmente il parere di cui sopra.

Il Comune di Noventa Vicentina, quindi, nonostante alcune proteste di enti privati e le dichiarazioni espresse a verbale da alcuni consiglieri comunali di opposizione, con deliberazione consiliare n. 68 del 22 settembre 2001, definitivamente approvava la variante de qua .

Il Sig. C - proprietario di un immobile di civile abitazione con giardino circostante, adiacente all’area interessata dalla variante, di proprietà del Sig. T - ha, pertanto, impugnato gli atti in epigrafe indicati in quanto illegittimi e lesivi degli interessi del medesimo ricorrente <<ad un corretto ed equilibrato uso del territorio>>
(pag. 6 del ricorso);
lo stesso ricorrente ha altresì formulato delle richieste istruttorie.

2. Si è costituita in giudizio la Regione Veneto la quale ha chiesto il rigetto del gravame, dichiarando poi di non aver alcun interesse alla decisione atteso che essendo richiesto l’annullamento di un provvedimento in materia di varianti urbanistiche comunali la competenza appartiene al Comune, insistendo successivamente (pag. 2 della memoria difensiva depositata in data 6 aprile 2018) sul fatto che il ricorrente è privo di interesse perché non spiega le ragioni per cui sarebbe danneggiato dalla modifica urbanistica introdotta dal Comune.

3. Si è costituito in giudizio il Sig. T, chiedendo il rigetto del gravame, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese legali e al risarcimento del danno nella quantificazione che sarà determinata in corso di causa, secondo i parametri di cui alla legge n. 205/01 o, in subordine, ex art. 96 c.p.c..

4. Non si è costituito in giudizio il Comune di Noventa Vicentina.

5. All’udienza pubblica del 9 maggio 2018 la difesa di parte ricorrente ha dichiarato che permane l’interesse alla decisione solo ai fini delle spese processuali per le quali insiste;
la medesima difesa ha eccepito l'inammissibilità della memoria di replica della Regione Veneto prodotta in data 18 aprile 2018. Il Presidente ha informato le parti, ex art. 73 c.p.a., che il Collegio avrebbe valutato l'ammissibilità della richiesta di risarcimento contenuta nella memoria difensiva non notificata del controinteressato e la sua eventuale configurabilità o meno come domanda riconvenzionale. Il Collegio, riservandosi di provvedere, ha trattenuto la causa in decisione.

6. In limine litis , il Collegio deve rilevare d’ufficio l’inutilizzabilità dei documenti depositati dalla parte ricorrente in data 29 marzo 2018 (alle ore 16:03, come risulta dal sistema), in quanto tardivi, alla luce della disciplina ex art. 4, comma 4, delle norme di attuazione c.p.a. (allegato 2 c.p.a.), come sostituito dall’art. 7, comma 2, lett. b), del decreto legge 31 agosto 2016, n. 168, convertito in legge 25 ottobre 2016, n. 197, non essendo stata invocata neppure l’applicazione dell’art. 54, comma 1, c.p.a..

Posto che per il deposito dei documenti, nel calcolo del termine ex art. 73, comma 1, c.p.a. deve farsi riferimento ai giorni “liberi” anteriori al giorno fissato per l’udienza pubblica di trattazione del merito, deve constatarsi che il deposito avrebbe dovuto essere effettuato al massimo in data 29 marzo 2018, entro le ore 12:00, appunto in applicazione del combinato disposto dell’art. 4, comma 4, delle norme di attuazione c.p.a. e dell’art. 73 del medesimo c.p.a..

La giurisprudenza ha evidenziato la tassatività del disposto dell’art. 4, comma 4, All. 2 al c.p.a., laddove considera, ai fini del computo dei termini a difesa, il deposito dopo le ore 12:00 equiparato al deposito effettuato il giorno successivo (cfr. T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 6 aprile 2018, n. 99;
T.A.R. Basilicata, sez. I, 30 gennaio 2018, n. 92;
T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 8 gennaio 2018, n. 29) e costantemente afferma che i termini fissati dall'art. 73, comma 1, c.p.a. per il deposito di memorie difensive e documenti hanno carattere perentorio in quanto espressione di un precetto di ordine pubblico processuale posto a presidio del contraddittorio e dell'ordinato lavoro del giudice (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 12 gennaio 2018, n. 221;
T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 20 aprile 2016, n. 245;
T.A.R. Toscana, sez. III, 16 ottobre 2014, n. 1584).

Si deve parimenti dichiarare inutilizzabile la memoria di replica depositata dalla parte resistente in data 18 aprile 2018;
ed invero, la facoltà di replica discende in via diretta dall'esercizio della correlata facoltà di controparte di depositare memoria difensiva nel termine di trenta giorni prima dell'udienza di merito;
facoltà quest’ultima non esercitata, sicché non può consentirsi la produzione di memoria definita di replica (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. V, 31 dicembre 2014, n. 6450;
T.A.R. Liguria, sez. I, 25 febbraio 2015, n. 220).

7. Occorre premettere che nel giudizio amministrativo l’interesse a ricorrere è caratterizzato dalla presenza degli stessi requisiti che caratterizzano l’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., vale a dire la prospettazione di una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del ricorrente e l’effettiva utilità che potrebbe derivare a quest’ultimo dall’eventuale annullamento dell’atto impugnato, così che il ricorso deve essere considerato inammissibile per carenza di interesse in tutte le ipotesi in cui l’annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo non sia in grado di arrecare alcun vantaggio all’interesse sostanziale del ricorrente (cfr., ex plurimis , Cons. Stato, sez. IV, 5 febbraio 2018, n. 707;
T.A.R. Lazio, Roma, sez. I quater, 13 aprile 2018, n. 4089).

8. Orbene, alla stregua dell’indirizzo giurisprudenziale consolidato (cfr., ex multis , Cons. Stato, sez. IV, 4 dicembre 2017, n. 5674;
Cons. Stato, sez. IV, 12 maggio 2014, n. 2403;
Cons. Stato, sez. IV, 24 dicembre 2007, n. 6619), sono inammissibili per carenza d’interesse le censure concernenti la disciplina urbanistica di aree estranee a quelle di proprietà del ricorrente, giacché le prescrizioni dello strumento urbanistico vanno considerate scindibili ai fini del loro eventuale annullamento in sede giurisdizionale, rimanendo peraltro salva la possibilità di proporre impugnativa ove la nuova destinazione di zona, pur concernendo un’area non appartenente al ricorrente, incide direttamente su interessi propri e specifici dello stesso.

Ed infatti, costituisce ius receptum (cfr. T.A.R. Umbria, sez. I, 10 aprile 2018, n. 222) il principio in base al quale nel caso di impugnazione di strumenti urbanistici, anche particolareggiati, o di loro varianti, il semplice rapporto di vicinitas , se dimostra al più la sussistenza di una generica legittimazione, non è però sufficiente a fondare anche l’interesse a ricorrere, occorrendo l’allegazione e la prova di uno specifico e concreto pregiudizio a carico dei suoli in proprietà della parte ricorrente per effetto degli atti di pianificazione impugnati (dai quali, per definizione, quei suoli non sono incisi direttamente). Tale pregiudizio non può risolversi nel generico pregiudizio all’ordinato assetto del territorio, alla salubrità dell’ambiente e ad altri valori la cui fruizione potrebbe essere rivendicata da qualsiasi soggetto residente, anche non stabilmente, nella zona interessata dalla pianificazione (cfr. cit. Cons. Stato, sez. IV, 12 maggio 2014, n. 2403;
T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 22 gennaio 2018, n. 175;
T.A.R. Toscana, sez. I, 19 settembre 2016, n. 1368) e che, oltre tutto, porrebbe l’ulteriore problema di individuare il limite al di là del quale non si sia più in presenza di una lesione specifica e differenziata, ma di un pregiudizio assimilabile a quello che qualsiasi cittadino potrebbe lamentare (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 18 dicembre 2013, n. 6082;
T.A.R. Emilia Romagna, Parma, sez. I, 13 marzo 2015, n. 75).

Ritiene il Collegio di dover ulteriormente precisare che affinché si possa contestare in giudizio la disciplina urbanistica di aree estranee a quelle di proprietà del ricorrente è necessario che la nuova destinazione urbanistica (per l’appunto concernente un’area non appartenente al ricorrente) incida direttamente sul godimento o sul valore di mercato dell'area viciniore o comunque su interessi propri e specifici del medesimo esponente, dovendo di tanto l'interessato fornire se non una rigorosa dimostrazione, almeno idonei principi di prova (Cons. Stato, sez. IV, 15 novembre 2011, n. 6016;
T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 28 marzo 2018, n. 1961);
detto diversamente, occorre che il ricorrente medesimo alleghi in maniera specifica i pregiudizi subiti o temuti, onde evitare che l’impugnativa finisca per fondarsi sulla generica lesione all'ordinato assetto del territorio da parte di un qualunque soggetto residente nel territorio in questione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 febbraio 2016, n. 719;
Cons. Stato, sez. IV, 9 luglio 2015, n. 3432;
Cons. Stato, sez. IV, 16 luglio 2015, n. 3579;
T.A.R. Toscana, sez. I, 6 settembre 2016, n. 1315).

Si deve ribadire, a questo punto, che il ricorrente - proprietario di un immobile di civile abitazione con giardino circostante, adiacente all’area interessata dalla variante, di proprietà del Sig. T - si è limitato ad affermare che gli atti in epigrafe sono illegittimi e lesivi dei suoi interessi <<ad un corretto ed equilibrato uso del territorio>>
(pag. 6 del ricorso);
tanto, alla luce del richiamato indirizzo giurisprudenziale - dal quale il Collegio non intende decampare – in accoglimento dell’eccezione formulata dalla difesa di parte resistente (pag. 2 della memoria difensiva depositata in data 6 aprile 2018), fa sì che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile.

Il Collegio ritiene di dover precisare che, in difetto della ragione di inammissibilità per originaria carenza di interesse, il ricorso sarebbe stato dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, atteso che – come eccepito anche in questo caso dalla difesa di parte resistente – essendosi dotato il Comune di Noventa Vicentina di nuovi strumenti urbanistici avrebbe comunque dovuto farsi applicazione del consolidato orientamento interpretativo secondo cui ove venga impugnata la prescrizione contenuta in un piano urbanistico, qualora nelle more del giudizio tale strumento sia interamente sostituito da un altro piano, non vi è più interesse a discutere sul precedente strumento, anche laddove il nuovo abbia riprodotto la prescrizione impugnata (cfr., ex multis , Cons. Stato, sez. IV, 24 febbraio 2004, n. 731;
T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 21 febbraio 2017, n. 434).

9. In ordine alla richiesta risarcitoria avanzata dal controinteressato nei confronti del ricorrente (da qualificare come domanda riconvenzionale), il Collegio la ritiene inammissibile, perché racchiusa nella memoria di costituzione non notificata alle controparti;
inoltre, ad evidenziare una ulteriore ragione di inammissibilità, per difetto di giurisdizione, il Collegio intende richiamare il consolidato indirizzo interpretativo secondo cui l’art. 103 Cost. non consente di ritenere che il Giudice amministrativo possa conoscere di controversie di cui non sia parte una P.A. o soggetti ad essa equiparati (arg. ex Cass. civ., ord. 3 ottobre 2016, n. 19677).

10. Infine, il Collegio non ravvisa nella fattispecie gli estremi della lite temeraria, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., atteso che il comportamento della parte ricorrente non risulta connotato da profili di mala fede o colpa grave;
oltre a ciò si rileva che la domanda di risarcimento dei danni ex art. 96, comma 1, c.p.c. non può trovare accoglimento laddove la parte istante non abbia assolto - come nella fattispecie - l'onere di allegare (almeno) gli elementi di fatto necessari alla liquidazione, pur equitativa, del danno lamentato (cfr. Cons. Stato, sez. V, 30 marzo 2017, n. 1462;
Cass. civ., sez. III, 27 ottobre 2015, n. 21798);
pertanto, anche la domanda di condanna in tal senso formulata sempre dalla parte controinteressata nei confronti della parte ricorrente non merita di essere accolta.

11. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per originaria carenza di interesse e inammissibile la domanda risarcitoria del controinteressato.

12. Le spese del giudizio devono essere integralmente compensate, in ragione della soccombenza reciproca, fra la parte ricorrente e la parte controinteressata;
invece, nel rapporto fra la parte ricorrente e l’Amministrazione resistente le spese del giudizio devono seguire la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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