TAR Roma, sez. 3B, sentenza 2019-02-06, n. 201901510
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Pubblicato il 06/02/2019
N. 01510/2019 REG.PROV.COLL.
N. 07319/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7319 del 2010, proposto da
Provincia Religiosa di San Pietro, ospedale San Giovanni di Dio, ospedale Fatebenefratelli, ospedale Villa San Pietro, Ospedale Buon Consiglio Fatebenefratelli e Ospedale Sacro Cuore di Gesù, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentati e difesi dall'avvocato S B, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Regina Margherita, 1;
contro
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
della nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali — Direzione Generale degli ammortizzatori sociali e I.O. Divisione IV - Prot. 14/15099 del 9/6/2010 con cui non è stato riconosciuto "...l'esonero dal versamento dei contributi per l'assicurazione contro la disoccupazione involontaria relativo agli ospedali San Pietro di Roma, Sacro Cuore di Gesù di Benevento, Buon Consiglio di Napoli e Buccheri la Ferla di Palermo...";
di ogni altro atto presupposto, conseguente e connesso, ivi compreso il parere dell'Ufficio legislativo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 18 gennaio 2019 il dott. Vincenzo Blanda e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Gli enti ricorrenti sono ospedali classificati, accreditati con il servizio sanitario nazionale, disciplinati dall'art. 4, comma 12, del d.lgs. n. 502/92, che fa riferimento agli ospedali classificati ai sensi della 1. n. 132/68, così come individuati tramite il riferimento all'art. 41 della 1. n. 833/78.
Con provvedimento in data 17 novembre 1993, il Ministero del Lavoro ha disposto l'esonero dal versamento dei contributi per l'assicurazione contro la disoccupazione involontaria nei confronti del personale degli ospedali di Roma, Napoli e Benevento.
Il predetto esonero è stato stabilito dallo stesso Ministero anche in relazione all'Ospedale Buccheri La Ferla di Palermo con decreto del 9.2.2000, successivamente confermato con decreto del 20.2.2008, che dispongono l'esonero "ai fini dell'applicazione dell'art. 40 del R.D.L. n.1827/35 e dell'art. 32 L. n. 264/49".
A seguito dell'entrata in vigore dell'art. 20, commi 4 e 5, del decreto legge n. 112/08, convertito in legge n. 133/08 è cessata l'efficacia, a partire dal 1.1.2009, dei predetti provvedimenti di esonero.
La Provincia Religiosa con nota del 6.5.2009 ha chiesto che il Ministero disponesse nuovamente l'esonero dal versamento dei contributi per l'assicurazione contro la disoccupazione involontaria nei confronti del personale degli ospedali di Roma, Napoli, Benevento e Palermo.
Con nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali — Direzione Generale degli ammortizzatori sociali e I.O. Divisione IV - Prot. 14/15099 del 9/6/2010, l'Amministrazione in risposta alla richiesta di esonero inoltrata dalla congregazione ricorrente ha affermato: "...Si fa riferimento alla nota di codesta Provincia Religiosa di S. Pietro prot. 525/09/GEST del 6 maggio 2009 e successive integrazioni.
Relativamente alla problematica concernente l'esonero dal versamento dei contributi per l'assicurazione contro la disoccupazione involontaria relativo agli ospedali San Pietro di Roma, Sacro Cuore di Gesù di Benevento, Buon Consiglio di Napoli e Buccheri la Ferla di Palermo, la scrivente (sulla base dell'allegato parere dell'Ufficio Legislativo) ritiene di non poter riconoscere ai predetti ospedali l'esonero dal versamento dei contributi in oggetto. Si resta a disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento".
Avverso gli atti in epigrafe ha quindi proposto ricorso la ricorrente deducendo i seguenti motivi:
1) violazione dell'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001. Violazione dell'art. 4 comma 12 del d.lgs. n. 502/92 dell'art. 8 quinquies, comma 2, del d.lgs. n. 502/92. Violazione dei principi di trasparenza di cui alla legge n. 241/1990. Eccesso di potere per disparità di trattamento e difetto di motivazione.
Gli ospedali classificati rientrerebbero tra gli enti del servizio sanitario nazionale.
L'art. 42 della L. n. 132/68, con riferimento al personale dipendente degli enti ospedalieri di cui al punto precedente, dispone che "lo stato giuridico e le attribuzioni siano regolati con criteri di uniformità e in conformità dei principi delle leggi vigenti che regolano il rapporto di pubblico impiego; ad esse dovrà adeguarsi il regolamento del personale di ciascun ente ospedaliero";il medesimo art. 42 inoltre prevede che "le assunzioni devono avere luogo esclusivamente per pubblico concorso".
L'equiparazione dello stato giuridico del personale degli ospedali classificati, con i pubblici dipendenti, è confermata anche dalla possibilità di trasferimenti da e verso le strutture pubbliche, espressamente prevista dall'art. 25 del d.P.R. 20.12.1979 n. 761.
L'art. 15 undicies del D.lgs. n. 502/92 ha previsto che gli ospedali classificati adeguano il proprio ordinamento del personale ai principi del d.lgs. 502/1992, confermando la natura pubblica degli ospedali classificati;suffragata dalla possibilità di trasferimenti da e verso le strutture pubbliche.
Gli ospedali classificati avrebbero una posizione peculiare, tanto da essere onerati da una serie di obblighi organizzativi e ordinamentali, tanto che il loro regolamento organizzativo deve essere coerente con i principi organizzativi propri delle Amministrazioni pubbliche sanitarie.
Gli ospedali classificati farebbero parte degli enti nazionali del servizio sanitario, cui all'art. 1 comma 2 del d.lgs. n. 165/2001.
Ciò troverebbe conferma nella circolare del Ministero della Sanità prot. n. 100.1/2195.
La classificazione, quale atto conclusivo di un processo di verifica dell'identità sostanziale tra l'organizzazione dei servizi degli ospedali dipendenti dagli enti ecclesiastici e quelli propri dell'organizzazione ospedaliera pubblica, incide direttamente sul tipo di assistenza ospedaliera erogata, che assume valenza pubblicistica al pari di quella erogata dalle strutture pubbliche (allora Enti ospedalieri) in quanto inserisce detti ospedali nella programmazione ospedaliera e nei piani regionali ospedalieri.
L’ospedale classificato, in quanto ospedale equiparato al pubblico, farebbe parte del servizio sanitario nazionale;
2) violazione dell'art. 36 del d.p.r. 818/1957. Eccesso di potere per contraddittorietà e sviamento.
Il regolamento organizzativo degli ospedali ha previsto che i principi che regolano lo stato giuridico del personale dipendente delle Amministrazioni sanitarie pubbliche si applicano anche ai dipendenti degli ospedali di cui si discute.
L’approvazione in sede ministeriale del regolamento organizzativo degli ospedali attesterebbe l’esistenza di un trattamento giuridico dei dipendenti degli ospedali classificati identico a quello dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni sanitarie.
L'omogeneità di trattamento dei dipendenti pubblici e dei dipendenti classificati si estenderebbe alla disciplina di tutto il rapporto, ivi compreso la normativa sul licenziamento.
Prima della modifica legislativa di cui all'art. 20 della legge n. 133/08, gli ospedali ricorrenti beneficiavano dell'esonero dai contributi di cui si discute. Ciò evidenzierebbe il riconoscimento per gli ospedali classificati del requisito della stabilità di impiego, che giustifica l'esonero dai contributi oggetto del presente ricorso.
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali si è costituito in giudizio per resistere al ricorso.
All’udienza del 18 gennaio 2019 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso è infondato.
1. In sostanza e in via assorbente, l’istante fonda la propria impugnazione sulla mancata equiparazione delle strutture ospedaliere classificate a quelle pubbliche, che impedisce l’esonero dal versamento dei contributi per l'assicurazione contro la disoccupazione involontaria nei confronti del personale dipendente degli ospedali.
In relazione alla dedotta disparità di trattamento tra la parte pubblica e quella privata, che impedirebbe alle strutture ospedaliere gestite dalla provincia religiosa ricorrente di beneficiare del predetto esonero contributivo, si osserva che in materia sanitaria le strutture private accreditate e gli ospedali pubblici non hanno tratti del tutto identici, in quanto le prime rivestono il ruolo di concessionarie di un servizio pubblico, conservando però natura privatistica, mentre i secondi hanno i ben differenti tratti degli enti pubblici (ospedalieri), con tutto ciò che ne consegue in termini di rapporto di lavoro con i rispettivi dipendenti.
Tutto ciò non senza considerare che le strutture private restano libere anche di non erogare prestazioni con onere a carico del SSR potendo indirizzare la loro attività imprenditoriale nel libero mercato (cfr. CdS Ad. Plen. nn. 3 e 4/2012;CdS Sez. V, 25.1.2002, n. 418;Tar Lazio Roma, Sez. III quater, 26.5.2014, n. 5547).
2. Le censure relative alla disparità di trattamento sono, pertanto, infondate, atteso che è ormai pacifico che le strutture private sono sempre libere di sottoscrivere l’accordo o di regolarsi diversamente ai fini dell’esercizio della propria attività, nella piena esplicazione della propria autonomia imprenditoriale.
Ed ancora, in ordine all’invocata equiparazione tra strutture pubbliche e ospedali classificati, è ormai pacifico e consolidato l’orientamento del giudice amministrativo sull’illegittimità di tale assunto, anche ante 2009, agli ospedali classificati ( ex plurimis , Cons. di Stato, 16.01.2017, n. 109;Tar Lazio, Roma, sez. III quater, n. 9377/2017;Tar Puglia, Lecce, n. 483/16).
In relazione all’ulteriore profilo di censura secondo cui gli ospedali c.d. “classificati” avrebbero speciale natura, tal che gli stessi dovrebbero godere delle medesime prerogative degli ospedali pubblici in tema di esonero dal versamento dei contributi per l'assicurazione contro la disoccupazione involontaria nei confronti del personale degli ospedali, un ormai costante orientamento della giurisprudenza amministrativa esclude una totale assimilazione alle strutture sanitarie pubbliche delle strutture sanitarie private appartenenti agli ordini religiosi. (c.f.r. T.A.R. Lazio 7075/2009;S.U. Cass n. 8088/2007;Cons. di Stato, sez V n. 3096/2000).
La giurisprudenza ha ormai chiarito da tempo quanto ribadito dal Consiglio di Stato, Sez. II n. 3069, 3070, 3071 del 2013, anche in sede di Adunanza Generale del 18 dicembre 2013, n. 4949, che tale classificazione (e qualificazione) non vale a mutare la struttura autonomistica della proprietà intestata agli enti religiosi, la autonomia operativo-gestionale di queste strutture e la loro personalità giuridica, che resta di diritto privato.
3. La rivendicata equiparazione tra strutture pubbliche e religiose, sulla cui base poggiano le censure della ricorrente, in definitiva, non tiene conto dell’effettivo ambito di operatività di tale equiparazione, limitato ad un punto di vista funzionale, che è quello volto ad assicurare alle strutture private una piena autonomia operativo – gestionale, salvaguardandone però la piena autonomia giuridico amministrativa dei propri titolari, con tutto ciò che ne consegue in termini di gestione del rapporto di lavoro con il personale dipendente.
4. Infine, va sottolineato, altresì, che il quadro normativo di settore risulta, per quel che qui rileva, innovato dall'entrata in vigore dell'art. 20, commi 4 e 5, del decreto legge n. 112/08, convertito in legge n. 133/08, che a decorrere dal 1.1.2009 ha fatto cessare ogni provvedimento di esonero dal pagamento dei contributi in esame.
In tal senso, di recente questo Tribunale (sez. III Quater) con la sentenza n. 9786/17, ha così ribadito: “…il Collegio – ancorché in altra composizione – non ha concordato sulla prospettazione che gli ospedali classificati debbano essere equiparati alle strutture pubbliche ed anzi ha specificato di ritenerla non condivisibile “alla stregua del tenore letterale e del senso logico dell’art. 15 comma 14 del DL n. 95/2012. Tale norma si riferisce espressamente, invero, a tutti i contratti ed accordi per acquisto di prestazioni sanitarie “da soggetti privati accreditati”. Ora, non v’è dubbio che gli ospedali classificati siano nondimeno soggetti privati, retti da regole privatistiche e gestiti secondo principi di economia, se non lucrativi. E’ pacifico tra l’altro, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. sez. un. 02/04/2007 n. 8088), che gli enti ecclesiastici esercenti attività ospedaliera, non sono da includersi, secondo l'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui al D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, tra dette amministrazioni, che ai sensi dell'art. 1 di detto testo normativo comprendono le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale. La classificazione, invero, degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti non vale ad attribuire ad essi natura di ente ospedaliero o di ente pubblico, ma ne comporta l’equiparazione agli ospedali pubblici solo per effetti determinati e limitati, quali, attualmente, l’inserimento nell’ambito della programmazione sanitaria e il riconoscimento delle medesime tariffe.
Ed ancora, si è precisato (Cass. Sez. Lav., sent. n. 3623 del 28-03-1995) come debba escludersi, nei confronti degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, nella disciplina della legge 12 febbraio 1968 n. 132, non modificata in materia dalla legge 23 dicembre 1978 n. 833, la qualifica di enti ospedalieri cioè di enti pubblici non economici, in mancanza di un'espressa qualificazione in tal senso resa con Decreto del Presidente della Repubblica, mentre resta a tal fine irrilevante la circostanza che l'ente ecclesiastico abbia ottenuto la classificazione del proprio ospedale fra quelli soggetti alla programmazione ospedaliera (art. 1, sesto comma, in relazione agli artt. 20 e segg. della legge 132 del 1968). Si applica quindi nei loro confronti, ad avviso di questo Collegio, l’art. 15 comma 14 del DL di cui trattasi n. 95/2012. D’altra parte, si tratta pur sempre di soggetti destinatari di accreditamento istituzionale, ai sensi dell’art. 8 quater del D.Lgs- n. 502/92 e di tetto di spesa prestabilito e delimitato a carico del SSN”.
5. Dello stesso tenore risulta anche il recente orientamento assunto dal Consiglio di Stato, sez. III, con la sentenza n. 109/2017, in cui si precisa che “la giurisprudenza consolidata, in conformità al quadro normativo di riferimento, non ha affermato che gli ospedali religiosi siano completamente assimilati alle strutture ospedaliere pubbliche, rilevando, invece, che restano, tra l’altro, enti di diritto privato con autonomia gestionale e sono sottratti al sistema della finanza pubblica di cui alla legge n.468/1978.
Infatti la distinzione degli ospedali classificati (secondo la terminologia usata nella legge n.132/1968) dalle strutture pubbliche del SSN è stata confermata sia dalla legge n.833/1978 (che ha istituito il SSN) sia dalla normativa successiva introdotta con il d.lgs. n.502/1992 e succ. modifiche, che ha espressamente escluso qualsiasi innovazione per la disciplina relativa agli ospedali classificati (di cui all’art 41 della legge n.833/1978).
Anche il più recente D.L. n.112/2008 (convertito nella legge n.133/2008) conferma la distinzione tra strutture sanitarie pubbliche ed ospedali classificati, ove si consideri che, all’art 79, dispone che le attività assistenziali delle strutture equiparate con oneri a carico del SSN sono esercitate esclusivamente nei limiti di quanto stabilito dagli specifici accordi di cui all’art 8 quinquies del d.lgs. n.502/1992.
(…)”
6. Quanto, infine, alla natura del rapporto di lavoro tra il personale sanitario e le strutture religiose accreditate, su cui parte ricorrente insiste al fine di dimostrare la necessità di equiparare le medesime strutture agli ospedali pubblici ai fini dell’esonero dall’obbligo contributivo in questione, è possibile richiamare una illuminante decisione della Corte di Cassazione a Sez. Unite del 2.4.2007, n. 8088.
La Corte, in proposito, ha osservato che i rapporti di lavoro dei dipendenti degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, esercenti attività ospedaliera e classificati ai fini della loro inserzione nel servizio sanitario pubblico, hanno natura privatistica, di modo che le norme e i principi di tutela operanti per i rapporti di lavoro subordinato di diritto privato non trovano alcun limite alla loro applicazione nel rapporto del personale dipendente da detti enti.
Siffatta qualificazione - prosegue la Corte - in difetto di disposizioni espresse in questo senso, non comporta, con l'adeguamento dell'ordinamento di tali rapporti di lavoro di diritto privato a quello del personale delle unità sanitarie locali, secondo le disposizioni del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, l'assoluta parificazione della regolamentazione degli stessi rapporti a quello dei dipendenti degli enti pubblici ospedalieri, e ciò anche alla stregua delle successive norme introdotte per il riordino della disciplina in materia sanitaria dai d.lgs. n. 502 del 1992 e n. 517 del 1993.
Alla stregua di tale quadro normativo, pertanto, si deve escludere che gli enti ecclesiastici esercenti attività ospedaliera, previsti dalle citate disposizioni, siano inclusi, secondo l'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui al d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, tra dette amministrazioni, che ai sensi dell'art. 1 del citato testo normativo comprendono le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale.
7. In conclusione, per le considerazioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Sussistono tuttavia i presupposti di legge per compensare le spese di lite tra le parti in causa.