TAR Napoli, sez. II, sentenza 2021-05-26, n. 202103489

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. II, sentenza 2021-05-26, n. 202103489
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202103489
Data del deposito : 26 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/05/2021

N. 03489/2021 REG.PROV.COLL.

N. 03278/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3278 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Aurora Immobiliare S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A L, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, piazza Carità n.32;

contro

Comune di Marano di Napoli in persona del Sindaco pro tempore, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso R M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Agenzia delle Entrate - Riscossione, non costituito in giudizio;

Quanto al ricorso principale

per l'annullamento

a) dell'ordinanza del Dirigente Area Tecnica del Comune di Marano di Napoli n. 08/15 del 31.3.2015, successivamente notificata, con la quale è stata ordinata la demolizione di opere, che si assumono abusive, realizzate sul suolo di proprietà della ricorrente;

b) di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente, ivi compreso il verbale di accertamento di violazione e sequestro n. 09/15 del 23.3.2015 e la relazione istruttoria prot. n. 724 del 30.3.2015;

quanto ai motivi aggiunti depositati in data 11.12.2015:

per l'annullamento

a) del provvedimento di "accertamento di inottemperanza" n. 15/15 del 18.9.2015, successivamente conosciuto, a firma del Dirigente dell'Area tecnica del Comune di Marano di Napoli;

b) del provvedimento di "irrogazione ne amministrativa pecuniaria" prot. 2267 del 23.10.2015 a firma del medesimo Dirigente, successivamente conosciuto;

c) "verbale del Comando di P.M. di inottemperanza all'ordinanza di demolizione, prot. 128/15 PG/PE del 20/07/2015";

d) di ogni altro atto presupposto, connesso e/ o conseguente

quanto ai motivi aggiunti depositati il 25.06.2018,

per la declaratoria di nullità ovvero per l'annullamento

a) della cartella di pagamento n. 087 2018 00063729 11 000 emessa dalla Agenzia delle entrate – Riscossione, Agente della riscossione – Prov. di Pisa avente ad oggetto il pagamento della somma di 28.845,88 a titolo di sanzioni, interessi ed oneri di riscossione con riferimento al provvedimento di “irrogazione sanzione amministrativa pecuniaria” prot. 2267 del 23.10.2015 a firma del Dirigente dell'Area tecnica del Comune di Marano di Napoli, già impugnato con motivi aggiunti nell'ambito del presente giudizio;

b) del relativo ruolo emesso dal Comune di Marano di Napoli n. 2018/001186, reso esecutivo in data

26.2.2018, menzionato nell'atto sub a);

c) di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Marano di Napoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 18 maggio 2021 celebrata da remoto la dott.ssa A L;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato in data 11.06.2015 la società ricorrente invoca l’annullamento degli atti in epigrafe lamentando:

- Violazione e falsa applicazione degli artt. 29, 31 e 33 del D.P.R. n. 380/2001- Eccesso di potere - Difetto dei presupposti - Illogicità - Difetto di istruttoria - Difetto di pubblico interesse;

- Violazione e falsa applicazione degli artt. 29, 31 e 33 del D.P.R. n. 380/2001 - Difetto dei presupposti di fatto e di diritto - Illogicità - Difetto di istruttoria;

-In via subordinata: Violazione dell'art. 3 della L. n. 241/1990 e degli artt. 31 e 33 del D.P.R. n. 380/2001- Difetto dei presupposti - Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione - Violazione dell'art. 24 Cost. - Contraddittorietà – Illogicità

Espone la società ricorrente di avere acquistato, in data 22.1.2010, un terreno agricolo di circa 1.100 mq. nel territorio del Comune di Marano di Napoli, catastalmente ubicato nel foglio 34 particella 525 e di avere appreso, solo attraverso la notifica del provvedimento impugnato, dell’occupazione da parte di ignoti di parte del terreno di sua proprietà e della successiva realizzazione, su di esso e in gran parte sul terreno limitrofo, di due fabbricati ad uso abitativo, attualmente abitati, recintati da muro e cancelli che interdicono alla ricorrente l'accesso, in assenza di qualsivoglia titolo edilizio.

Nonostante l’assoluta estraneità della ricorrente alla realizzazione degli abusi, il Comune di Marano di Napoli le ha ingiunto l’abbattimento degli immobili in questione, preannunziando altresì l’acquisizione degli stessi al patrimonio comunale in caso di mancata esecuzione dell’ordine impartito.

Con i primi motivi aggiunti depositati il 11.12.2015 la società ricorrente invoca l’annullamento del provvedimento di "accertamento di inottemperanza" n. 15/15 del 18.9.2015, del provvedimento di "irrogazione di sanzione amministrativa pecuniaria" prot. 2267 del 23.10.2015, nonché del verbale del Comando di P.M. di inottemperanza all'ordinanza di demolizione, prot. 128/15, mentre con i secondi motivi aggiunti depositati il 25.06.2018, la ricorrente agisce per la declaratoria di nullità ovvero per l'annullamento della cartella di pagamento n. 087 2018 00063729 11 000 emessa dalla Agenzia delle entrate – Riscossione, Agente della riscossione – Prov. di Pisa avente ad oggetto il pagamento della somma di 28.845,88 a titolo di sanzioni, interessi ed oneri di riscossione con riferimento al provvedimento di “irrogazione sanzione amministrativa pecuniaria” prot. 2267 del 23.10.2015 a firma del Dirigente dell'Area tecnica del Comune di Marano di Napoli, già impugnato con i precedenti motivi aggiunti e del relativo ruolo emesso dal Comune di Marano di Napoli n. 2018/001186.

Si è costituito in giudizio il Comune di Marano di Napoli eccependo l’inammissibilità e comunque l’infondatezza del ricorso per come integrato dai motivi aggiunti e all’udienza di smaltimento del 18.05.2021, la causa è stata trattenuta per la decisione.

Ciò posto, osserva il Collegio che il ricorso principale è infondato mentre i primi motivi aggiunti possono trovare applicazione solo nei limiti di seguito indicati, laddove invece i secondi motivi aggiunti sono inammissibili per difetto di giurisdizione.

Ed invero, quanto al ricorso principale, osserva il Tribunale come risultino infondati, innanzi tutto, il primo e secondo motivo di gravame di cui allo spiegato ricorso principale, con cui parte ricorrente (in buona sostanza) lamenta che l’ordinanza di demolizione sia stata emessa nei suoi confronti, pur essendo la medesima totalmente estranea alla costruzione delle opere abusive.

Al riguardo, il Tribunale evidenzia in primo luogo come, secondo consolidata giurisprudenza, “l'abuso edilizio costituisce illecito permanente e l'ordinanza di demolizione ha carattere ripristinatorio, non richiedente l'accertamento del dolo o della colpa grave del soggetto cui si imputa la trasgressione. Pertanto, l'ordine di demolizione di opere abusive è legittimamente notificato al proprietario catastale dell'area, il quale fino a prova contraria è quantomeno corresponsabile dell'abuso” (cfr. C.d.S. Sez.VI n. 6148 del 15.12.14).

E’pur vero che altra condivisibile giurisprudenza ha pure osservato che "è illegittima l'ingiunzione di demolizione che non venga notificata al responsabile dell'abuso né al proprietario dell'opera abusiva, ma solo al proprietario dell'area sulla quale è stata realizzata la stessa opera" (cfr. T.A.R. Lazio, Roma n. 5968 del 3.7.2007).

Tuttavia, nella fattispecie per cui è controversia, l’impugnata ordinanza è stata notificata alla società ricorrente in qualità di proprietaria e committente delle opere abusive ed è peraltro noto come, per giurisprudenza costante, la sola sanzione dell’acquisizione del bene e dell’area di sedime al patrimonio comunale prevista dall’art. 31 D.P.R. 380/01, - e dunque non l’ordinanza di demolizione delle opere abusive - a determinate condizioni, non può trovare applicazione nei confronti del proprietario del bene incolpevole dell’abuso edilizio realizzato da altri.

In particolare, secondo il Consiglio di Stato “il proprietario incolpevole di abuso edilizio commesso da altri, che voglia sfuggire all’effetto sanzionatorio di cui all’art. 31 del testo unico dell’edilizia della demolizione o dell’acquisizione come effetto della inottemperanza all’ordine di demolizione, deve provare la intrapresa di iniziative che, oltre a rendere palese la sua estraneità all’abuso, siano però anche idonee a costringere il responsabile dell’attività illecita a ripristinare lo stato dei luoghi nei sensi e nei modi richiesti dall’autorità amministrativa. Perché vi siano misure concretanti le “azioni idonee” ad escludere l’esclusione di responsabilità o la partecipazione all’abuso effettuato da terzi, prescindendo dall’effettivo riacquisto della materiale disponibilità del bene, si ritiene necessario un comportamento attivo, da estrinsecarsi in diffide o in altre iniziative di carattere ultimativo nei confronti del conduttore (“che si sia adoperato, una volta venutone a conoscenza, per la cessazione dell’abuso”, tra tante, si veda Cassazione penale, 10 novembre 1998, n.2948), al fine di evitare l’applicazione di una norma che, in caso di omessa demolizione dell’abuso, prevede che l’opera abusivamente costruita e la relativa area di sedime siano, di diritto, acquisite gratuitamente al patrimonio del Comune, non bastando invece a tal fine un comportamento meramente passivo di adesione alle iniziative comunali” (cfr. Cons. Stato sent. n. 2211 del 4 maggio 2015, Cons. Stato sent. n. 3897 del 07 agosto 2015).

Tuttavia appare evidente come tale giurisprudenza mal si attagli alla fattispecie oggetto del ricorso principale, non solo perché in tal caso risulta impugnata la sola ordinanza di demolizione delle opere abusivamente realizzate che, per le ragioni anzidette, risulta legittimamente notificata anche all’odierna ricorrente, ma anche perché, in ogni caso, il comportamento concretamente assunto dalla ricorrente, non è tale da integrare le condizioni richieste dalla condivisibile giurisprudenza amministrativa per evitare gli effetti riconnessi all’eventuale inottemperanza all’ordinanza di demolizione, ed in particolare l’acquisizione del bene al patrimonio comunale.

Parimenti infondate si palesano altresì le doglianze espresse dalla ricorrente nell’ultimo motivo di ricorso inerenti l’asserita violazione dell’art. 3 della Legge n° 241/1990, in quanto l’ordinanza impugnata non conterrebbe un’adeguata istruttoria e motivazione in ordine al carattere abusivo dell’intervento edilizio realizzato sull’immobile di sua proprietà.

A tale ultimo riguardo, il Tribunale si limita a richiamare la prevalente e condivisibile giurisprudenza amministrativa che afferma che «il provvedimento di repressione degli abusi edilizi (ordine di demolizione e ogni altro provvedimento sanzionatorio) costituisce atto dovuto della p.a., riconducibile ad esercizio di potere vincolato, in mera dipendenza dall’accertamento dell’abuso e della riconducibilità del medesimo ad una delle fattispecie di illecito previste dalla legge;
ciò comporta che il provvedimento sanzionatorio non richiede una particolare motivazione, essendo sufficiente la mera descrizione e rappresentazione del carattere illecito dell’opera realizzata, né è necessaria una previa comparazione dell’interesse pubblico alla repressione dell’abuso, che è in re ipsa, con l’interesse del privato proprietario del manufatto;
e ciò anche se l’intervento repressivo avvenga a distanza di tempo dalla commissione dell’abuso, ove il medesimo non sia stato oggetto di sanatoria in base agli interventi legislativi succedutisi nel tempo» (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 20 luglio 2011, n. 4254;
Consiglio di Stato, sez. V, sent. 7 settembre 2009, n. 5229;
Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 14 maggio 2007, n. 2441;
Consiglio di Stato, sez. V, sent. 29 maggio 2006, n. 3270).

Peraltro, la stessa Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha di recente espressamente sancito che: “Il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata che impongano la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino” (sentenza 17 ottobre 2017 n. 9).

Orbene, considerato che, nella fattispecie che occupa, il provvedimento impugnato contiene l’esatta indicazione delle opere da abbattere, e ritenute abusive perché realizzate in totale difformità dal titolo edilizio a suo tempo rilasciato, anche le doglianze spiegate dalla ricorrente nel secondo motivo di ricorso appaiono infondate, alla luce del carattere doveroso del provvedimento repressivo per cui è controversia.

Per contro il Tribunale ritiene parzialmente fondati i primi motivi aggiunti spiegati dalla società ricorrente e con cui la predetta impugna sia il provvedimento di accertamento di inottemperanza ed acquisizione al patrimonio comunale n. 15/15 del 18.9.2015, che il provvedimento di irrogazione ne amministrativa pecuniaria prot. 2267 del 23.10.2015, che vanno pertanto accolti nei sensi e termini di seguito indicati.

Ed invero, premesso che il provvedimento di acquisizione in questione reca l’analitica indicazione dell’intervento abusivo e dei beni da acquisire, con la conseguenza che tutte le doglianze spiegate al riguardo nei motivi aggiunti vanno respinti, anche considerato che la società ricorrente non ha posto in essere condotte tali da far ritenere inapplicabile nei sui confronti – in conformità alla giurisprudenza in precedenza richiamata -, la sanzione acquisitiva, il Collegio ritiene però che i predetti motivi aggiunti vadano accolti nella parte in cui si dispone, in assenza di specifica motivazione, l’acquisizione dell’intera particella di proprietà della ricorrente, per una superficie complessiva di mq 1140, laddove invece nel medesimo provvedimento si evidenzia che la superficie complessivamente occupata dal sanzionato intervento edilizio è pari a soli 250 mq.

Al riguardo va richiamata la condivisibile giurisprudenza che sostiene che qualora il Comune disponga ai sensi dell'art. 31 del D.P.R. n. 380/2001 l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'opera abusiva, tale acquisizione - in assenza di motivazioni che ne giustifichino l'estensione ad un'area ulteriore - debba essere limitata all'area su cui insistono le sole opere abusive e non all'intera e più ampia area in cui tali opere sono ricomprese, in quanto l'automatismo dell'effetto acquisitivo rende superflua ogni motivazione solo con riguardo all'area di su cui poggia l'opera abusiva (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, n. 4259/2011 e sez. VI, n. 4336/2005, T.A.R. Sicilia - Catania, Sez. I, n. 2268/2016).

Per tali ragioni, i predetti motivi aggiunti vanno accolti limitatamente al profilo in precedenza evidenziato, con consequenziale annullamento dell’impugnato provvedimento di accertamento di inottemperanza ed acquisizione al patrimonio comunale n. 15/15 del 18.9.2015 nella parte in cui dispone l’acquisizione al patrimonio comunale di un’area eccedente i 250 mq occupati dall’intervento edilizio sanzionato, mentre invece vanno respinti per il resto;
in particolare, i predetti motivi aggiunti vanno respinti anche quanto all’impugnativa del provvedimento di irrogazione della sanzione pecuniaria, considerato che il provvedimento di accertamento di inottemperanza all’ingiunta demolizione e di acquisizione al patrimonio comunale costituisce un valido presupposto per l’applicazione della predetta sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 31 31 comma 4 bis del D.P.R. 380/2001 nella specie applicata.

Va infine dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione il secondo ricorso per motivi aggiunti specificamente riguardante la cartella emessa successivamente all’irrogazione della sanzione pecuniaria impugnata con i primi motivi aggiunti.

Al riguardo, il Tribunale si riporta alla giurisprudenza della Suprema Corte che in punto di riparto di giurisdizione sottolinea come la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo comporti che ad esso spetti la tutela di ogni situazione di interesse del privato correlata al potere della pubblica amministrazione di accertare la violazione e applicare la sanzione (Cassazione, Sezioni Unite, 3 marzo 2003, n. 3149). Tuttavia, ove il potere sia esercitato e l'Amministrazione provveda all'esazione coattiva del credito sorto dall'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria, la reazione del privato che non investa il presupposto dell'esercizio della pretesa comporta che "la controversia [venga] a cadere non sul provvedimento che applica la sanzione, ma sul diritto a procedere ad esecuzione forzata per la riscossione coattiva del credito" (Cassazione, sezioni unite cit.). Infatti, "sul piano della giurisdizione ed ai fini del riparto tra quella amministrativa e quella ordinaria, si riproduce la stessa scansione che si presenta, sul piano della competenza nell'ambito della giurisdizione ordinaria, tra impugnazioni del provvedimento giurisdizionale fatto valere come titolo esecutivo e opposizioni all'esecuzione (art. 623 cod. proc. civ.), le prime di pertinenza dei giudici davanti ai quali può continuare a costituire oggetto di controversia il rapporto, le seconde attribuite in base a specifiche regole di competenza ai giudici deputati al controllo dell'esistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata e del rispetto delle norme che ne regolano l'esercizio" (Cassazione, sezioni unite cit.).

Pertanto, i menzionati secondi motivi aggiunti esulano dalla giurisdizione di questo plesso giurisdizionale, appartenendo alla cognizione del Giudice ordinario.

Sussistono i presupposti di legge, anche in considerazione della reciproca parziale soccombenza, per dichiarare integralmente compensate tra le parti le spese di lite.

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