TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2020-11-16, n. 202011996
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Pubblicato il 16/11/2020
N. 11996/2020 REG.PROV.COLL.
N. 03948/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3948 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Inps Direzione Provinciale Viterbo non costituito in giudizio;
per l'annullamento
del diniego del -OMISSIS-dell'INPS Direzione Provinciale di Viterbo di accesso agli atti amministrativi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 novembre 2020 il dott. M S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente riferisce quanto segue:
a) con sentenza del Tribunale di Pesaro del -OMISSIS-è stata dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio celebrato in Roma il -OMISSIS- e -OMISSIS- con determinazione di assegno divorzio a favore di quest’ultima;
b) successivamente alla pronuncia di divorzio -OMISSIS-è andato in pensione;
c) visto l’art. 12-bis della legge n. 898 del 1970 (il quale stabilisce che: “1. Il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell'art. 5, ad una percentuale dell'indennità di fine rapporto percepita dall'altro coniuge all'atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l'indennità viene a maturare dopo la sentenza.
2. Tale percentuale è pari al quaranta per cento dell'indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio” ), con lettera del -OMISSIS-è stato chiesto a -OMISSIS-(ed infatti: la citata sentenza del Tribunale di Pesaro aveva stabilito l’assegno di divorzio a favore di -OMISSIS- e quest’ultima non era passata a nuove nozze);
d) l’invito veniva rifiutato dal sig. -OMISSIS-il quale ad ogni modo confermava, con lettera del -OMISSIS-;
e) veniva a questo punto inoltrata richiesta ai sensi dell’art. 22 della legge n. 241 del 1990, prima all’INPS Direzione Regionale Marche e poi all’INPS di Viterbo competente esclusivo come da nota del-OMISSIS-del Centro Informatico Amministrativo -OMISSIS-, onde ottenere l’accesso agli atti per conoscere la data di liquidazione e l’importo del TFS mediante la consegna del riepilogo dei contributi che risultano registrati negli archivi INPS, nonché ad ogni altro documento detenuto dall’Amministrazione attestante l’erogazione di eventuali indennità, sussidi o altre provvidenze economiche liquidate all’ex coniuge;
f) con lettera del -OMISSIS-l’INPS di Viterbo ha tuttavia negato l’accesso affermando in particolare che: “… in merito alla sua richiesta, in assenza di provvedimento giudiziario o in assenza di esplicita autorizzazione del titolare del TFS, non è possibile quantificare l’ammontare e la decorrenza del pagamento del TFS spettante al titolare” . Tale diniego veniva poi reiterato dalla stessa INPS di Viterbo con successiva nota del -OMISSIS-(veniva in tale circostanza affermato che l’INPS non avrebbe potuto corrispondere la quota di spettanza del TFS alla ricorrente se non dietro espresso ordine del giudice);
Veniva a questo punto proposto gravame dinanzi a questo TAR, ai sensi dell’art. 116 c.p.a., per violazione degli artt. 22 ss della legge n. 241 del 1990.
Non si costituiva in giudizio l’intimata amministrazione.
Alla camera di consiglio del consiglio del 10 novembre 2020 la causa veniva infine trattenuta in decisione.
Tutto ciò premesso si osserva in via preliminare che, come anche affermato da orientamenti dai quali non si ha ragione di doversi discostare (cfr. T.A.R. Napoli, sez. VI, 21 dicembre 2018, n. 7288;T.A.R. Napoli, sez. VI, 2 ottobre 2018, n. 5763): “Con riferimento alla dichiarazione dei redditi del coniuge … deve rilevarsi come, in pendenza di un giudizio di separazione, debba riconoscersi, in capo all’altro coniuge richiedente l’accesso agli atti, la sussistenza di un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è stato chiesto l’accesso” . Dunque: “per risolvere la questione della ostensibilità di tali dati occorre riferirsi alle norme dettate dalla l. 241/90 e in particolare dall'art. 24, comma 7, a mente del quale: "... Deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici” . In questa direzione: “Ove taluno, essendo parte di un giudizio di separazione personale, manifesti l'interesse a conoscere la situazione reddituale e patrimoniale del coniuge e proponga istanza di accesso alle dichiarazioni dei redditi … l'agenzia delle entrate deve consentire all'istante di prendere visione ed estrarre copia” . Ed ancora è stato affermato che: “l'art. 22, comma 3, della legge 241/90 (nel testo novellato dalla legge 15/2005), sancisce il principio fondamentale secondo cui "tutti i documenti amministrativi sono accessibili ad eccezione di quelli indicati all'art. 24, commi. 1, 2, 3, 5 e 6", mentre il successivo art. 24, comma 7, precisa che "deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici", sancendo in tal modo la regola della prevalenza, ai fini dell'accesso, del diritto alla cura o alla difesa dei propri interessi giuridici sulle contrapposte esigenze sottese alle cause di esclusione di cui ai precedenti commi” (Cons. Stato, sez. III, 30 ottobre 2017, n. 5004)” . Infine che: “In tema di accesso ai documenti amministrativi le necessità difensive, riconducibili alla effettività della tutela di cui all'art. 24 Cost., devono ritenersi, di regola, prevalenti rispetto a quelle della riservatezza, ma l'applicazione di tale principio va adeguatamente bilanciata allorché vengano in considerazione dati sensibili (origine razziale ed etnica, convinzioni religiose, opinioni politiche, adesione a partiti, sindacati, etc.) ovvero dati sensibilissimi, ossia i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute del soggetto interessato;in questi casi l'accesso è consentito a particolari condizioni, nello specifico disciplinate dall'art. 60 del Codice della Privacy, approvato con d.lg. 30 giugno 2003, n. 196, secondo cui il diritto di accesso può essere esercitato soltanto se, in seguito ad una delicata operazione di bilanciamento di interessi, la situazione giuridica rilevante sottesa al diritto di accesso viene considerata di rango almeno pari al diritto alla riservatezza riferito alla sfera della salute dell'interessato;tale valutazione va effettuata in concreto, sulla base dei principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza (Cons. Stato, sez. III, 21 dicembre 2017, n. 6011)” .
Ne deriva da quanto detto l’affermazione di un principio generale secondo cui, in presenza di una separazione personale dei coniugi, quello dei due che risulti direttamente interessato può avere accesso alla documentazione reddituale o pensionistica dell’altro (per tale intendendosi ogni forma di entrata a qualsiasi titolo percepita) onde poter esercitare, se del caso anche mediante specifica azione giudiziale, i diversi diritti che da tale separazione possono scaturire (nel caso di specie: diritto a percepire quota parte del TFS).
Ebbene alla luce di quanto sopra riportato emerge in sintesi che:
a) l’intimata amministrazione non ha in alcun modo indicato quali possano essere i dati sensibili o sensibilissimi riportati negli atti idonei a disvelare l’importo del TFS che si intende conoscere (e non parzialmente percepire, come si è visto);
b) l’amministrazione stessa non ha operato il benché minimo bilanciamento tra le esigenze difensive del ricorrente (innegabili ed ormai evidenti, dato che una volta conosciuti tali elementi dovrà nuovamente fare ricorso al giudice competente, in caso di persistente rifiuto dell’ex coniuge, onde vedersi assegnate le somme cui avrebbe titolo) e quelle eventualmente (ma mai dispiegate) connesse alla riservatezza di terzi soggetti, ossia del coniuge che semplicemente si oppone a far conoscere tali dati;
c) ha anzi ostinatamente reiterato il diniego travisando erroneamente la richiesta di accesso che, come puntualmente evidenziato dalla difesa di parte ricorrente, aveva come finalità quella di conoscere l’importo del TFS e non certo quella di chiedere all’INPS di sostituirsi al giudice per l’accertamento ed il pagamento del relativo trattamento (sul cui an e quantum dovrà unicamente esprimersi, se del caso, il competente giudice civile);
Da quanto complessivamente detto discende la fondatezza della richiesta ostensiva di parte ricorrente e dunque la fondatezza del presente ricorso che deve di conseguenza essere accolto.
La necessaria documentazione, idonea a far conoscere l’importo del suddetto TFS, dovrà essere esibita nel termine perentorio di trenta giorni decorrenti dalla comunicazione/notificazione della presente decisione.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.