TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-08-17, n. 202313357

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-08-17, n. 202313357
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202313357
Data del deposito : 17 agosto 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/08/2023

N. 13357/2023 REG.PROV.COLL.

N. 02144/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2144 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato E S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del provvedimento emesso dal Ministero dell’Interno in data 27 settembre 2018, prot. n. -OMISSIS-, con il quale è stata respinta l'istanza di concessione della cittadinanza italiana avanzata dal ricorrente ai sensi dell'art. 9, comma 1, lett. f), l. 5 febbraio 1992 n. 91.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di riduzione dell'arretrato del giorno 30 giugno 2023 il dott. A G L e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con decreto Ministro dell’Interno, 27 settembre 2019, n. -OMISSIS-, notificato in data 23 novembre 2018, il Ministero resistente ha respinto l’istanza di concessione della cittadinanza italiana ex art. 9, c. 1, lett. f), l. 5 febbraio 1992, n. 91 proposta dal sig. -OMISSIS-, ritenendo che « non si ravvisa la coincidenza tra l’interesse pubblico e quello del richiedente alla concessione della cittadinanza italiana ».

A sostegno della propria decisione la p.a. ha evidenziato:

- per un verso, che « i redditi acquisiti a corredo dell’istanza risultavano insufficienti alla luce dei parametri [previsti dall’art. 3, d.l. 25 novembre 1989, n. 382, convertito con modificazioni dalla l. 25 gennaio 1990, n. 8 e confermati dall’art. 2, comma 15, l. 28 dicembre 1995, n. 549]».

- per altro verso, che erano emerse più circostanze indicative di una mancata integrazione dell’istante nella comunità nazionale e segnatamente: a) una n.d.r. del 16 ottobre 2013 da parte della Polizia Municipale di Vicenza per il reato di cui all’art. 485 c.p.;
b) una n.d.r. del 15 gennaio 2012 da parte del Distaccamento Polstrada di Bassano del Grapp, per il reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. b) del C.d.S.;
c) una n.d.r. del 6 novembre 2009 da parte della Polizia Municipale di Vicenza per il reato di cui all’art. 337 c.p. e all’art. 6, comma 3, del d.gs. n. 286/1998;
d) una n.d.r. del 5 luglio 2007 da parte della Polizia Municipale di Vicenza per i reati di cui agli artt. 337 e 651 c.p.;
e) un fermo di P.G. e denuncia in base all’art. 384 c.p.p. da parte della Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico in data 22 aprile 2004 per i reati di cui all’art. 600 c.p. (in concorso) e art. 3 l. n. 75/1958 (in concorso).

2. Con l’atto introduttivo del giudizio, il sig. -OMISSIS- ha lamentato l’illegittimità di tale provvedimento, articolando avverso lo stesso tre motivi di ricorso.

2.1. Con il primo motivo, ha contestato la decisione dell’amministrazione per « eccesso di potere per travisamento dei fatti;
errore sui presupposti;
difetto di motivazione e istruttoria
[nonché per] violazione dell’art. 10-bis, l. n. 241/1990;
dell’art. 3, d.p.r. n. 394/1999 e dell’art. 18, commi 2 e 3, l. n. 241 del 1990
», osservando che la p.a. ha fondato la propria valutazione su « notizie di reato risalenti a 10 anni or sono, [su] denunce che verosimilmente non sono sfociate in procedimenti penali e che sono rimaste nella fase di notizie di reato, senza alcun seguito oppure [su] procedimenti rispetto alle quali il ricorrente è stato assolto ».

2.2. Con il secondo motivo ha lamentato l’illegittimità dell’atto gravato per « violazione e falsa applicazione dell’art. 3, l. n. 241/1990;
eccesso di potere per motivazione incongrua ed insufficiente;
contraddittorietà e illogicità della valutazione
[e] sviamento », evidenziando che la p.a. non avava considerato che « il ricorrente ha lavorato sempre per la stessa ditta a partire dal 2008 e solo nel 2016 quest'ultima falliva » e che « nonostante queste vicissitudini il ricorrente ha pur sempre prodotto un congruo reddito: nel 2015 euro 7.382,00, nel 2016 euro 9.837,00 e nel 2017 euro 5.978,00 »;

2.3. Con il terzo motivo ha contestato il provvedimento adottato dal Ministero per « violazione dell’art. 8, comma 2, l. n. 91/1992;
eccesso di potere per violazione del combinato disposto di cui all’art. 3, d.p.r. n. 362/1994 e all’art. 1 del D.M. n. 228/1995 per superamento del termine di 730 giorni
[e] violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 20 l. n. 241/1990 e dei principi in tema di procedimento di secondo grado », sostenendo la formazione del silenzio assenso e l’illegittimità del provvedimento adottato dall’amministrazione (che in tesi sarebbe un provvedimento di riesame adottato in assenza dei presupposti sostanziali e procedurali).

3. Con memoria del 29 maggio 2023, il Ministero resistente – dopo aver depositato documentazione – ha insistito per il rigetto del ricorso.

4. In data 26 giugno 2023, parte ricorrente ha depositato ulteriore documentazione a sostegno delle argomentazioni spiegate nel ricorso.

5. All’udienza straordinaria di riduzione dell’arretrato del 30 giugno 2023 – viste le note depositate dalla p.a. resistente in data 23 giugno 2023 – la causa è stata discussa e trattenuta in decisione.

6. Tutti i motivi di ricorso sono infondati per le ragioni di seguito illustrate, tenuto conto delle disposizioni vigenti in materia di concessione della cittadinanza e dei consolidati principi espressi dalla giurisprudenza in materia.

7. È noto, infatti, che ai sensi dell’art. 9, c. 1, lett. f), l. n. 91/1992, la cittadinanza italiana « può » essere concessa allo straniero che risieda legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.

Tale espressione comporta che la residenza nel territorio per il periodo minimo previsto dal legislatore è solo un presupposto per proporre la domanda, a cui segue « una valutazione ampiamente discrezionale sulle ragioni che inducono lo straniero a chiedere la nazionalità italiana e delle sue possibilità di rispettare i doveri che derivano dall’appartenenza alla comunità nazionale » (cfr. Consiglio di Stato, III, 23 luglio 2018, n. 4447).

8. È noto, poi, che l’ampia discrezionalità esercitata dalla p.a. nel provvedimento di concessione della cittadinanza « si esplica in un potere valutativo che si traduce in un apprezzamento di opportunità circa lo stabile inserimento dello straniero nella comunità nazionale, sulla base di un complesso di circostanze, atte a dimostrare l’integrazione del soggetto interessato nel tessuto sociale, sotto il profilo delle condizioni lavorative, economiche, familiari e di irreprensibilità della condotta » (Consiglio di Stato, III, 23 luglio 2018, n. 4446) e che l’inserimento dello straniero nella comunità nazionale è considerato legittimo « quando quest’ultimo sia detentore di uno status illesae dignitatis morale e civile » (Consiglio di Stato, II, 31 maggio 2021, n. 4151), ovvero quando l’amministrazione « ritenga che quest'ultimo possieda ogni requisito atto ad inserirsi in modo duraturo nella comunità mediante un giudizio prognostico escluda che il richiedente possa successivamente creare inconvenienti o commettere fatti di rilievo penale » (Tar Lazio, I- ter , 11 febbraio 2021, n. 1719).

9. Va ricordato, poi, che « nel giudizio ampiamente discrezionale che l’amministrazione svolge ai fini della concessione della cittadinanza italiana rientra anche l’accertamento della sufficienza del reddito, in quanto la condizione del possesso di adeguati mezzi di sostentamento dell’istante non è solo funzionale a soddisfare primarie esigenze di sicurezza pubblica, considerata la naturale propensione a deviare del soggetto sfornito di adeguata capacità reddituale (cfr. Consiglio di Stato, VI, 3 febbraio 2011, n. 766;
e 16 febbraio 2011, n. 974) – ratio che è alla base delle norme che prescrivono il possesso di tale requisito per l’ingresso in Italia, per il rinnovo del permesso di soggiorno e per il rilascio della carta di soggiorno – ma è anche funzionale ad assicurare che lo straniero possa conseguire l’utile inserimento nella collettività nazionale, con tutti i diritti e i doveri che competono ai suoi membri, cui verrebbe ad essere assoggettato;
in particolare, tra gli altri, al dovere di solidarietà sociale di concorrere con i propri mezzi, attraverso il prelievo fiscale, a finanziare la spesa pubblica, funzionale all’erogazione dei servizi pubblici essenziali
(cfr. ex multis Tar Lazio, I-ter, 31 dicembre 2021, n. 13690) » e che « la valutazione del requisito reddituale va effettuata tenendo conto sia di quello già maturato al momento della presentazione della domanda ( cfr. Tar Lazio, I ter, 31 dicembre 2021, n. 13690) – che deve essere corredata dalla dichiarazione dei redditi dell’ultimo triennio sia di quello successivo, dovendo essere mantenuto fino al momento del giuramento, come previsto dall’art. 4, comma 7, d.p.r. 12 ottobre 1993, n. 572 (Tar Lazio, V bis, 14 febbraio 2022, n. 1724 e I-ter, 31 dicembre 2021, n. 13690) » ovvero che « lo straniero deve dimostrare di possedere una certa stabilità e continuità nel possesso del requisito [che tuttavia] non viene meno in caso di flessioni meramente transitorie e suscettibili di recupero in breve tempo » (Tar Lazio, V- bis , 13 marzo 2023, n. 4262).

10. La giurisprudenza amministrativa ha poi chiarito che « il provvedimento di concessione della cittadinanza italiana è fondato su determinazioni che rappresentano un’esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadin i» (Consiglio di Stato, III, 28 maggio 2021, n. 4122) e che « l’interesse pubblico sotteso al provvedimento di concessione della particolare capacità giuridica, connessa allo status di cittadino, impone che si valutino, anche sotto il profilo indiziario, le prospettive di ottimale inserimento del soggetto interessato nel contesto sociale del Paese ospitante […] , atteso che la concessione della cittadinanza – lungi dal costituire per il richiedente una sorta di diritto che il Paese deve necessariamente e automaticamente riconoscergli ove riscontri la sussistenza di determinati requisiti e l'assenza di fattori ostativi – rappresenta il prodotto di una meticolosa ponderazione di ogni elemento utile al fine di valutare la sussistenza di un concreto interesse pubblico ad accogliere stabilmente all'interno dello Stato comunità un nuovo componente e dell’attitudine dello stesso ad assumersene anche tutti i doveri ed oneri » (cfr. Tar Lazio, I- ter , 3 giugno 2021, n. 6541).

11. In considerazione dell’elevata discrezionalità del potere esercitato dalla p.a. in detta materia, la giurisprudenza ha quindi evidenziato che « il sindacato sulla valutazione compiuta dalla stessa, non può che essere di natura estrinseca e formale;
non può spingersi, quindi, al di là della verifica della ricorrenza di un sufficiente supporto istruttorio, della veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione e dell’esistenza di una giustificazione motivazionale che appaia logica, coerente e ragionevole
» (cfr. Tar Lazio, V- bis , 15 marzo 2022, n. 2943).

12. Ciò premesso sulla natura del potere esercitato dalla p.a. e sui limiti del sindacato del giudice amministrativo in materia, il Collegio ritiene che il provvedimento di cui al presente giudizio sia scevro dai vizi lamentati e che l’amministrazione resistente abbia correttamente esercitato la propria sfera di attività discrezionale, evidenziando legittimi motivi di rigetto dell’istanza del ricorrente per la non compiuta integrazione dello stesso nella comunità nazionale.

13. In particolare non è innanzitutto fondato il terzo motivo di ricorso – che appare logico trattare prioritariamente – tento conto che nella materia oggetto del presente giudizio « il ritardo con cui è stato adottato il provvedimento non ne determina l’invalidità, né l’amministrazione perde il potere di determinarsi sulla domanda non operando l’istituto del silenzio assenso alla luce di quanto prevede l’art. 20 della legge 241/1990 » (Tar Lazio, I- ter , 26 ottobre 2022, n. 13872).

14. Ciò chiarito non è inoltre fondato il secondo motivo di ricorso, con cui parte ricorrente ha contestato le valutazioni formulate dall’amministrazione in ordine alla sua posizione reddituale.

E, infatti, al fine di valutare la sufficienza del reddito – secondo i criteri elencati supra sub 9 (in ragione dei quali i requisiti reddituali debbono essere mantenuti fino al momento del giuramento) – l’amministrazione resistente ha legittimamente valutato che i redditi conseguiti dal ricorrente negli anni precedenti alla decisione sull’istanza del ricorrente erano inferiori alla soglia stabilita dall’art. 3 del d.l. n. 382/1989 (che stabilisce che sono esentati dalla partecipazione alla spesa sanitaria i titolari di pensione di vecchiaia con reddito imponibile fino a € 8.263,31, incrementato fino a € 11.362,05 di reddito complessivo in presenza del coniuge a carico e in ragione di ulteriori € 516,00 per ogni figlio a carico).

Tale parametro – per consolidata giurisprudenza – costituisce un valido « indicatore di un livello di adeguatezza reddituale che consente al richiedente di mantenere adeguatamente e continuativamente sé e la famiglia senza gravare (in negativo) sulla comunità nazionale » (cfr. da ultimo Tar Lazio, V- bis , 7 giugno 2023, n. 9573).

A fronte di tale considerazione, parte ricorrente non ha fornito – né in sede procedimentale né in sede processuale – elementi idonei a confutare quanto rilevato dalla p.a. o a smentire la correttezza del giudizio prognostico operato dalla p.a.

Lo stesso ricorrente, al contrario, ha comprovato di aver conseguito negli anni 2015 e 2017 redditi – pari ad € 7.382,00 ed € 5.978,00 – evidentemente inferiori alla soglia di cui sopra – i quali pertanto sono stati correttamente ritenuti insufficienti a fondare un giudizio prognostico positivo in ordine alla possibilità che il richiedente possa contribuire in modo continuativo al proprio sostentamento, adempiendo agli obblighi fiscali e partecipando alla spesa pubblica necessaria per assicurare i servizi pubblici essenziali.

Da ciò l’infondatezza del secondo motivo di ricorso.

15. Quanto sopra è sufficiente a fondare il rigetto del presente ricorso, tenuto conto che:

- il diniego è fondato su due autonomi motivi ostativi – l’insufficienza reddituale e l’esistenza di procedimenti penali a carico del sig. -OMISSIS- indicativi di una sua mancata integrazione dell’istante nella comunità nazionale – ciascuno dei quali di per sé idoneo a fondare la decisione della p.a.;

- in presenza di atto plurimotivato «è sufficiente la legittimità di una sola delle giustificazioni per sorreggere l'atto in sede giurisdizionale, dal momento che nel caso di un atto fondato su una pluralità di ragioni indipendenti ed autonome le une dalle altre, il rigetto delle censure proposte contro una di tali ragioni rende superfluo l'esame di quelle relative alle altre parti del provvedimento » (Tar Catanzaro, II , 29 maggio 2023, n. 818).

16. Fermo quanto appena rilevato, il Collegio ritiene opportuno precisare che non appare fondato neppure il primo motivo di ricorso, con cui è stata contestata la legittimità del capo di motivazione relativo alla commissione di condotte penalmente rilevanti da parte del ricorrente.

E, infatti, non può non considerarsi che la documentazione offerta dal ricorrente non risulta idonea a scalfire la valutazione svolta dall’amministrazione, tenuto conto della pluralità di gravi condotte per il quale il ricorrente è stato sottoposto a procedimento penale.

Anche a non considerare, infatti, i procedimenti in cui il ricorrente è stato assolto, è provato in atti che:

- con sentenza Tribunale di Vicenza, -OMISSIS-, n. -OMISSIS- il giudice penale ha dichiarato la prescrizione del reato di cui all’art. 186, commi 1 e 2, d.lgs. n. 285/1992 (per aver guidato in stato di ebbrezza provocando un incidente stradale) sottolineando che non sussistono elementi per il proscioglimento nel merito;

- la Procura della Repubblica di Vicenza ha attestato che il procedimento iscritto al n. -OMISSIS- RGNR (per i reati di cui agli artt. 651 e 337 c.p.) è stato archiviato solamente per intervenuta prescrizione;

- la Procura della Repubblica di Vicenza ha attestato che il procedimento iscritto al n. -OMISSIS- RGNR (per i reati di cui agli artt. 337 c.p. e 6, d.lgs. n. 286/1998) è stato archiviato solamente per intervenuta prescrizione.

Il coinvolgimento dell’istante in tali procedimenti penali – senza che sia stata fornita prova alcuna della sua estraneità ai fatti – è stato ragionevolmente considerato dalla p.a. indice di una non compiuta integrazione del ricorrente nella comunità nazionale, tenuto conto che:

- le condotte di cui alle superiori vicende penali (una delle quali, la guida in stato di ebbrezza, posta in essere appena tre anni prima della domanda di concessione di cittadinanza) costituiscono elementi di sicuro rilievo nell’ambito del giudizio tipico del procedimento di concessione della cittadinanza (cfr. – con riferimento alla guida in stato di ebbrezza – Tar Lazio, V- bis , 8 luglio 2022, n. 9355 e – con riferimento alla resistenza a pubblico ufficiale – Tar Lazio, II- quater , 2 febbraio 2015, n. 1833);

- è irrilevante che il ricorrente non sia stato condannato per le condotte poste in essere a causa dell’intervenuta prescrizione poiché è noto che « le valutazioni finalizzate all’accertamento di una responsabilità penale si pongono su di un piano del tutto diverso ed autonomo rispetto alla valutazione del medesimo fatto ai fini dell'adozione di un provvedimento amministrativo;
da ciò deriva la possibilità che le risultanze fattuali oggetto della vicenda penale possono valutarsi negativamente, sul piano amministrativo, anche a prescindere dagli esiti processuali
» (cfr. Tar Lazio, V- bis , 15 marzo 2022, n. 2943) e che, quindi, anche in caso di intervenuta prescrizione, « il comportamento del ricorrente, valutato come fatto storico può ragionevolmente essere considerato come indicativo di una personalità non incline al rispetto delle norme penali e delle regole di civile convivenza e, come tale, giustificare il diniego del rilascio della cittadinanza italiana » (cfr. ex multis Tar Lazio, V- bis , 13 giugno 2022, n. 7815).

17. Per tutto quanto sopra illustrato, il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

18. Le spese processuali – liquidate nella misura indicata nel dispositivo – seguono la soccombenza.

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