TAR Roma, sez. I, sentenza 2012-04-19, n. 201203560

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2012-04-19, n. 201203560
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201203560
Data del deposito : 19 aprile 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02753/2011 REG.RIC.

N. 03560/2012 REG.PROV.COLL.

N. 02753/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2753 del 2011, proposto da:
L C, rappresentata e difesa dagli avv.ti L P, M S, C C, e M D L, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Sanino in Roma, viale Parioli, 180;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato e presso la stessa domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

D R, A M, n.c.;

per l'annullamento

del provvedimento - non comunicato - con il quale la ricorrente non è stato ammessa a sostenere le prove orali del concorso notarile bandito con D.D.G. 10/04/08 a 350 posti di notaio;

di ogni altro atto a questo annesso, connesso, presupposto e/o conseguenziale, ivi compresi le delibere e/o verbali della Commissione di formazione dei criteri di massima, i criteri stessi, i provvedimenti di nomina dei Commissari, l'approvazione della graduatoria finale


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 marzo 2012 il Consigliere S C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso indicato in epigrafe, la ricorrente, premesso di aver partecipato al concorso, per esame a 350 posti di notaio, indetto con decreto del Direttore Generale della Giustizia Civile del 10 aprile 2008, esponeva di essere stata giudicata “non idonea” per gli errori riscontrati nella correzione dei primi due elaborati e, conseguentemente, di non essere stata ammessa a sostenere le prove orali, senza che si passasse alla lettura anche del terzo elaborato.

Pertanto, la ricorrente impugnava il giudizio di non idoneità e la conseguente non ammissione all’orale, nonché i presupposti verbali della Commissione, deducendo due articolati gruppi di doglianze:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 11, d.lgs. 24 aprile 2006 n. 166 e della l. n. 241 del 1990, nonchè eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche ed, in particolare, illogicità, irragionevolezza, difetto di istruttoria, contraddittorietà, carenza di motivazione, confusione e perplessità, arbitrarietà, poiché la Commissione, in violazione della normativa richiamata si sarebbe sin dall’inizio dotata di criteri tali da estendere la fattispecie derogatoria di cui all’art. 11 comma 7, d.lgs. n. 106 del 2006, contraddicendo il generale principio della necessità di una valutazione complessiva della preparazione del candidato;

2) violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 11, d.lgs. 24 aprile 2006 n. 166 e della l. n. 241 del 1990, nonchè eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche ed, in particolare, illogicità, irragionevolezza, difetto di istruttoria, contraddittorietà, carenza di motivazione, confusione e perplessità, sotto l’ulteriore profilo del travisamento dei fatti nella lettura degli elaborati della ricorrente.

Per l’effetto, la ricorrente chiedeva l’annullamento degli atti oggetto di censura.

L’Amministrazione intimata si è costituiva in giudizio con memoria di rito.

Alla pubblica udienza del 7 Marzo 2012 il ricorso era trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1 – Con il primo motivo la ricorrente censurava l’illegittimità della determinazione dei criteri per la correzione effettuata dalla Commissione nella riunione del 23 aprile 2009 e, conseguentemente, il giudizio espresso con riferimento agli elaborati.

Sosteneva, infatti, la ricorrente che la Commissione avrebbe erroneamente determinato i criteri di valutazione, travisando il disposto di cui agli artt. 10 e 11, d.lgs. n. 166 del 2006 ed ampliando l’ipotesi eccezionale prevista dal comma 7 dell’art. 11.

L’istante, pur richiamando la disciplina contenuta nel d.lgs. n. 166 del 2006, in forza della quale è stabilito che la Commissione, prima di iniziare la correzione, deve definire i criteri che regolano la valutazione degli elaborati e l’ordine di correzione delle prove stesse, contestava la legittimità dei criteri fissati dalla Commissione ai fini della valutazione e per la determinazione delle gravi insufficienze.

Le doglianze, peraltro, si sviluppano su un’articolata confutazione della valutazione svolta dalla Commissione in ordine al contenuto delle prove, in quanto in ogni caso la tesi sostenuta negli atti oggetto di esame non potrebbero essere considerate come gravemente errate ed a sostegno di ciò l’istante richiamava riferimenti dottrinari.

2 – Osserva il Collegio che in via prioritaria deve essere esaminata la censura mossa dall’istante avverso il metodo utilizzato dalla Commissione e l’interpretazione data dalla stessa alla normativa sopra richiamata.

La tesi di parte ricorrente non può essere condivisa.

In vero, la Sezione ha già avuto modo di precisare a riguardo che la “possibilità di escludere un candidato dalla partecipazione alle prove orali, nel caso in cui dal primo o dal secondo elaborato emergano “nullità” o “gravi insufficienze”, postula, con ogni evidenza, che siffatte categorie vengano adeguatamente precisate mediante l’individuazione delle tipologie di “errori” suscettibili di essere ricondotte nell’ambito della generica declaratoria di legge” (da ultimo, TAR Lazio, Sez. I, n. 2900 del 2012) ovvero la specificazione degli elementi che per la gravità e la presenza di inesattezze consentano di poter escludere con immediatezza il candidato dalla procedura selettiva.

Nella specie, la Commissione, nel verbale del 23 aprile 2009, anch’esso oggetto di impugnazione, quale atto presupposto, specificava che “non si procederà alla lettura del secondo o del terzo elaborato, dichiarando non idoneo il candidato:

a) in caso di nullità, comprese quelle formali, previste dalla legge notarile, dal codice civile o da altre leggi dello Stato;

b) in presenza di una delle seguenti “gravi insufficienze” e precisamente:

- travisamento della traccia o esposizione illogica delle soluzioni prescelte ovvero contraddittorietà tra le soluzioni adottate o tra le soluzioni medesime e le relative motivazioni;

- gravi errori di diritto nella scelta delle soluzioni, nell’illustrazione delle parti teoriche o nella redazione dell’atto notarile;

- mancanza sostanziale delle ragioni giustificative della soluzione adottata o delle argomentazioni giuridiche a supporto dei ragionamenti svolti;
gravi carenze della parte teorica anche per omessa trattazione di punti significativi della stessa;

- evidente inidoneità nell’analisi e nella risoluzione dei temi posti nella traccia;

- gravi violazioni di legge nella redazione dell’atto notarile;

- errori di ortografia, grammatica o sintassi”.

Con riferimento ai criteri di valutazione degli elaborati, peraltro, ai sensi dell’art. 10, comma 2, d.lgs. n. 166 del 2006, la Commissione, procedeva all’individuazione dei criteri “generali” di correzione cui attenersi nella valutazione degli elaborati, decidendo preliminarmente di approvare solo le soluzioni adottate dai candidati che presentassero il carattere di logicità e coerenza rispetto al contenuto della traccia, alle norme e ai principi dell’ordinamento giuridico ed alla pratica notarile.

Tanto osservato, rileva il Collegio che la griglia di valutazione “generale” si dimostra correttamente enucleata attraverso l’individuazione dei criteri sopra riportati.

Da un lato deve, dunque, essere escluso che le determinazioni assunte dalla Commissione nella seduta del 23 aprile 2009 si prestino a fondate censure sotto il profilo della legittimità, e, soprattutto, che le stesse non siano da valutarsi idonee ai fini di orientare uniformemente le operazioni di correzione. Peraltro, i criteri determinati ai fini della modalità prevista dal comma 7 dell’art. 11 debbono trovare la loro integrazione sistemica attraverso la lettura dei criteri generali specificati per la correzione, sicchè i gravi errori di diritto trovano la loro concreta esplicazione nella gravità delle inesattezze e delle carenze degli elementi indicati come necessari ai fini dell’approvazione dell’elaborato.

Del resto, a riguardo la giurisprudenza anche di questo Tribunale, ha più volte affermato che “L'attività di determinazione dei criteri di valutazione rientra nell'ampia discrezionalità della Commissione esaminatrice ed è pertanto sottratta al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, impingendo nel merito dell'azione amministrativa, salvo che non sia "ictu oculi" inficiata da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti” (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 06 dicembre 2010 , n. 35387).

Nel caso di specie, la Commissione ha utilizzato criteri di valutazione chiari e pertinenti, garantendo anzi il principio di trasparenza dell'attività amministrativa, che rappresenta il fine perseguito dal legislatore nel determinare la necessità di fissazione e verbalizzazione dei criteri “in un momento nel quale non possa sorgere il sospetto che questi ultimi siano volti a favorire o sfavorire alcuni concorrenti” (cfr. Consiglio Stato , sez. V, 04 marzo 2011 , n. 1398).

Svolte siffatte considerazioni, deve ulteriormente rilevarsi che la griglia predisposta dalla Commissione per valutazione dei candidati e la motivazione dei giudizi si appalesa rispondente ai criteri sopra riportati, sicchè non appaiono fondate le censure prospettate con riferimento alla motivazione del giudizio di non idoneità.

3 – Per quanto concerne il secondo gruppo di censure deve rilevarsi che esse si sostanziano nell’inammissibile sindacato del merito del giudizio della Commissione.

Secondo la costante giurisprudenza amministrativa “Le valutazioni espresse dalle Commissioni giudicatrici in merito alle prove di concorso, seppure qualificabili quali analisi di fatti (correzione dell'elaborato del candidato con attribuzione di punteggio o giudizio) e non come ponderazione di interessi, costituiscono pur sempre l'espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l'idoneità tecnica e/o culturale, ovvero attitudinale, dei candidati, con la conseguenza che le stesse valutazioni non sono sindacabili dal giudice amministrativo, se non nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico od un errore di fatto, o ancora una contraddittorietà ictu oculi rilevabile. Ne consegue che il giudicante non può ingerirsi negli ambiti riservati alla discrezionalità tecnica dell'organo valutatore (e quindi sostituire il proprio giudizio a quello della Commissione), se non nei casi in cui il giudizio si appalesi viziato sotto il profilo della logicità” (ex multis, Consiglio Stato , sez. VI, 09 febbraio 2011 , n. 871).

Peraltro, come da ultimo ricordato da questa Sezione, “anche il superamento dell’equazione concettuale tra discrezionalità tecnica e merito non pone nel nulla il limite del controllo giurisdizionale, dato dal fatto che l'applicazione della norma tecnica non sempre si traduce in una legge scientifica universale, caratterizzata dal requisito della certezza: ed anzi, quando contiene concetti giuridici indeterminati, dà luogo ad apprezzamenti tecnici ad elevato grado di opinabilità (sul punto, Tar Lazio, Roma, I, 25 giugno 2004, n. 6209)” ( Tar Lazio, n. 2900 cit.).

Tali circostanze debbono essere escluse nel caso di specie, in cui, la Commissione ha diffusamente e puntualmente motivato il giudizio, in riferimento ai criteri determinati e sopra specificati ed alla gravità degli errori.

Sicchè la valutazione della Commissione non appare viziata da quei profili di eccesso di potere, contraddittorietà, irragionevolezza ed illogicità, risultando al contrario compiutamente motivata in ordine ai profili di logicità e coerenza rispetto al contenuto della traccia, alle norme e ai principi dell’ordinamento giuridico ed alla pratica notarile.

4 - Né il giudizio espresso può essere smentito attraverso il richiamo effettuato dalla ricorrente alla dottrina, atteso che, secondo quanto espresso dalla consolidata giurisprudenza, spetta in via esclusiva alla Commissione “la competenza a valutare gli elaborati degli esaminandi e che, a meno che non ricorra l'ipotesi residuale del macroscopico errore logico”, mentre non è consentito al giudice della legittimità sovrapporre alle determinazioni da essa adottate opinioni di soggetti terzi (Cons. St., sez. IV, 30 maggio 2007, n. 2781).

In forza dei richiamati canoni ermeneutici, il Collegio non rinviene nella fattispecie la possibilità di procedere ad uno scrutinio delle singole valutazioni espresse dalla Commissione in relazione ai vari aspetti fatte oggetto di negativo apprezzamento, come sostanzialmente dalla medesima suggerito con il secondo motivo di gravame.

5 – Con evidenza, gli stessi profili non permettono di conferire rilevanza all’operazione pure svolta dalla ricorrente di messa a confronto del giudizio su singole parti del proprio elaborato con quello espresso su altre parti di elaborati di altri candidati valutati idonei.

6. Per tutto quanto precede, il ricorso deve essere respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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