TAR Bari, sez. II, sentenza 2020-01-31, n. 202000121
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Pubblicato il 31/01/2020
N. 00121/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00899/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 899 del 2017, proposto dalla C.B.H. Città di Bari Hospital s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato G A, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato T S in Bari, piazza Luigi di Savoia n. 37;
contro
Azienda sanitaria locale Bari, non costituita in giudizio;
nei confronti
Casa di cura Santa Maria s.p.a., non costituita in giudizio;
per l'annullamento
- del “Contratto per la erogazione ed acquisto di prestazioni specialistiche ambulatoriali da parte di Professionisti e Strutture sanitarie in regime di accreditamento istituzionale per l'intero anno 2017”, (prestazioni di Patologia clinica), sottoscritto dal legale rappresentante della società ricorrente in data 23.5.2017 (prot. n. 119765/1 del 24.5.2017);
- di ogni altro atto ad essi presupposto, connesso, collegato e/o conseguenziale, ancorchè non conosciuto;
in sede di giurisdizione esclusiva
- per la declaratoria di nullità del contratto impugnato, perché predisposto e sottoscritto in violazione di norme imperative;
- per la declaratoria di annullamento del contratto impugnato per violenza ai sensi degli artt. 1427, 1434, 1435 e per minaccia di far valere un diritto ai sensi dell'art. 1438 c.c.
- per l'accertamento e la declaratoria del diritto della società ricorrente a concludere il contratto per la erogazione ed acquisto di prestazioni di specialistica ambulatoriale di patologia clinica da parte di Professionisti e Strutture sanitarie operanti in regime di accreditamento istituzionale riferito all'anno 2017 nel rispetto della normativa di cui si è dedotta la violazione.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2020 il consigliere Giuseppina Adamo e udito l’avvocato G A;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso depositato il 4 settembre 2017 è stato impugnato il “Contratto per la erogazione ed acquisto di prestazioni specialistiche ambulatoriali da parte di Professionisti e Strutture sanitarie in regime di accreditamento istituzionale per l'intero anno 2017”, riguardante le prestazioni di patologia clinica, sottoscritto dal legale rappresentante della società ricorrente in data 23 maggio 2017. Tale accordo conteneva la cosiddetta clausola di salvaguardia (ovvero la rinuncia alla contestazione in sede giurisdizionale dei provvedimenti di fissazione dei tetti di spesa, costituita dalla determinazione del limite di budget assegnato alla singola struttura privata per l’erogazione dei servizi a carico della finanza pubblica regionale).
Sulla legittimità e sugli effetti di tale clausola si registra una giurisprudenza costante, compendiata nella recente sentenza della sezione 18 dicembre 2019, n. 1678, che, per chiarezza espositiva, si riporta nelle parti d’interesse.
“In ordine all’efficacia di una siffatta clausola di rinuncia, la giurisprudenza ha già avuto modo di pronunciarsi per la piena validità della stessa, in quanto comporta l’acquiescenza, manifestata in modo espresso e inequivocabile, alle determinazioni dell’amministrazione, che la coinvolgono, avendo invero dichiarato di rinunciare, sul piano sostanziale, alla posizione giuridica ritenuta in via assertiva come lesa e, sul correlato piano processuale, al proprio diritto a ricorrere (cfr. T.A.R. Puglia, sez. II, 27 settembre 2019 n. 1231;T.A.R. Puglia, sez. II, 27 settembre 2019 n. 1236;T.A.R. Puglia, sez. II, 27 settembre 2019 n. 1237;T.A.R. Puglia, sez. II, 27 settembre 2019 n. 1238;Cons. St., sez. III, 28 marzo 2019 n. 2075;T.A.R. Puglia, sez. II, 22 febbraio 2019 n. 293;Cons. St., sez. III, 25 settembre 2018 n. 5511;Cons. St., sez. III, 23 agosto 2018 n. 5039;Cons. St., sez. III, 13 agosto 2018 n. 4936;T.A.R. Puglia, sez. st. di Lecce, 13 settembre 2018 n. 1342;Cons. St., sez. III, 18 gennaio 2018 n. 321;Cons. St., sez. III, 1° gennaio 2018 n. 137 e n. 138;Cons. St., sez. III, 1° febbraio 2017 n. 430).
Segnatamente, la richiamata giurisprudenza ha ben ritenuto legittima la c.d. clausola di salvaguardia, ovverosia quella particolare clausola, che preveda l’accettazione, da parte degli operatori privati, dei tetti di spesa con la rinuncia alla impugnazioni dei relativi provvedimenti di determinazione.
Una simile clausola è invero presente in numerosi schemi-tipo di contratto, ai sensi dell’art. 8- quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502, predisposti da diverse Regioni, già soggette a piano di rientro.
Peraltro, l’eventuale apposizione di riserve a siffatte clausole - come avvenuto nel caso di specie - non è consentita e le eventuali riserve vanno intese come per non apposte, in quanto finiscono per contraddire l’atto di adesione manifestato (Cons. St., sez. III, 28 marzo 2019 n. 2075), sempreché le strutture accreditate non preferiscano prescinderne e operare come semplici strutture private.
Chi intende operare nell’ambito della sanità pubblica deve, infatti, accettare i limiti a cui la stessa è stata costretta, dovendo comunque e, in primo luogo, assicurare, pur in presenza di restrizioni finanziarie, beni costituzionali di superiore valore, quale i livelli essenziali relativi al diritto alla salute.
Per cui alle strutture private, seppure accreditate con il S.S.N., si pone l’alternativa di accettare le condizioni derivanti dalle esigenze di programmazione pubblica finanziaria e, dunque, il budget che è stato possibile assegnare, onde permanere nel campo della sanità pubblica, oppure, di collocarsi esclusivamente nel mercato della sanità privata ed agire quindi come soggetti privati nel mercato sanitario.
[…] Sul punto, va infine rilevato come la legge costituzionale 20 aprile 2012 n. 1 di riforma della Costituzione abbia eretto a principio fondamentale l’interesse pubblico finanziario, introducendo il nuovo primo comma all’art. 97 della Costituzione, che segnatamente prevede la necessità per le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’U.E., di assicurare l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico, così come il novellato art. 81 della Costituzione e la legge 24 dicembre 2012 n. 243 hanno declinato in maniera dettagliata il principio del pareggio di bilancio.
Pertanto, è imposto alle pubbliche amministrazioni e ai soggetti concessionari di pubbliche funzioni e servizi, se destinatari di risorse finanziarie pubbliche, di operare nei limiti dei budget prestabiliti.
Detta ratio della clausola de qua deve ravvisarsi a prescindere dalla situazione in cui versa la Regione (nel caso di specie la fase successiva al piano di rientro, ovvero la fase del c.d. piano operativo che comunque ha la stessa finalità di contenimento della spesa sanitaria, con la conseguenza che devono ritenersi operanti sempre e comunque i principi di cui alle menzionate sentenze)” (p. 6.1).
Della questione di cui sopra, decisiva per la sorte del giudizio, è stato dato espresso avviso ai sensi dell’articolo 73, terzo comma, del codice del processo amministrativo.
Da quanto premesso discende dunque l’inammissibilità del ricorso.
Non occorre statuire sulle spese di giudizio, non essendosi costituite le parti intimate.