TAR Roma, sez. I, sentenza 2020-11-23, n. 202012404
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 23/11/2020
N. 12404/2020 REG.PROV.COLL.
N. 09885/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9885 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato Luigi Maria D'Angiolella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Giovanni Antonelli n. 49;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Commissione esaminatrice del concorso, non costituita in giudizio;
nei confronti
-OMISSIS-, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
del provvedimento – non comunicato – con il quale la ricorrente non è stata ammessa a sostenere le prove orali del concorso notarile bandito con D.D. 2.10.2017 a 300 posti di notaio, e di ogni altro atto a questo annesso, connesso, presupposto e/o conseguenziale, ivi compresi le delibere e di tutti i verbali della Commissione di concorso concernenti la formazione dei criteri di massima, i criteri stessi, i provvedimenti di nomina dei Commissari nonché, segnatamente, l'esame delle prove della ricorrente e il verbale n. 213 del 9/10/2018 ed il relativo allegato A, la approvazione della graduatoria finale, con riserva di proporre motivi aggiunti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2020 la dott.ssa F P;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe sono stati impugnati il giudizio negativo per effetto del quale la ricorrente non è stata ammessa a sostenere le prove orali del concorso notarile bandito con D.D.G. 2.10.2017, a 300 posti di notaio, e i presupposti atti della procedura concorsuale.
La ricorrente ha esposto che la Commissione di concorso aveva predisposto nel corso della seduta del 5 giugno 2018 la scheda tipo con le formule standard per la valutazione degli elaborati;nella medesima seduta era stato determinato l'ordine di correzione degli elaborati nel seguente modo: “atto mortis causa , atto inter vivos di diritto civile, atto inter vivos di diritto commerciale”.
Gli elaborati della ricorrente erano stati corretti nel corso della seduta del 9 ottobre 2018, riportata nel verbale n. 213;la Commissione, dopo aver letto il primo elaborato (atto mortis causa ) corrispondente alla terza prova scritta, aveva ritenuto di non ammettere la ricorrente alle prove orali, senza procedere alla lettura degli elaborati successivi, assegnando alla prova un giudizio di “grave insufficienza”.
A sostegno del ricorso sono state formulate le seguenti censure:
I - Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost. e dell’art. 10, comma 2, d.lgs. 24 aprile 2006 n. 166. Violazione dei principi in materia di predeterminazione dei criteri di valutazione nei concorsi pubblici.
La Commissione di concorso, anziché predisporre i criteri di valutazione prima dell’inizio delle prove di esame, avrebbe approntato unicamente delle formulazioni standard, allegate al verbale n. 18 del 5.6.2018, che, come tali, non costituirebbero criteri idonei ad evidenziare il percorso logico seguito dalla Commissione giudicatrice nell’esprimere il giudizio tecnico discrezionale sulle prove di esame.
In proposito l’art. 11, comma 5, del d.lgs. 166/2006 distinguerebbe le formulazioni standard, che costituiscono la motivazione dei giudizi, rispetto alla definizione dei criteri che regolano la valutazione delle prove, la cui predisposizione è resa obbligatoria dall’art. 10, comma 2, del d.lgs. 166/2006.
II - Violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 11 del d.lgs. n. 166/2006. Violazione e falsa applicazione dell'art. 11, comma 7, d.lgs. n. 166/2006. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, in particolare illogicità, irragionevolezza, difetto di istruttoria, contraddittorietà, carenza di motivazione, confusione e perplessità. Violazione della legge 7 agosto 1990 n. 241.
La Commissione, nella seduta del 9/10/2018, aveva dichiarato la candidata non idonea all'esito della valutazione della prima busta, corrispondente alla terza prova scritta (atto mortis causa ).
Le motivazioni della valutazione risultavano dalla scheda “formulazione standard” allegata al verbale n. 213 per il candidato busta n. 513 e, in particolare, dalle formule evidenziate ed integrate dalla Commissione in carattere “grassetto”, ai nn. 2, 8, 9, 12, 14 della scheda.
La Commissione esaminatrice aveva dichiarato non idonea la ricorrente con la seguente motivazione: “ il candidato ha richiamato l’operatività dell’articolo 448 bis codice civile per l’esclusione dell’ascendente S dalla successione, prevedendo tuttavia in atto in parte motiva che essa avvenga qualora i presupposti di operatività si verifichino all’apertura della successione sebbene dalla traccia si evince che i comportamenti in danno del testatore si fossero già realizzati ”.
Tale soluzione non costituirebbe un errore, ma sarebbe semmai solo rafforzativa dell’efficacia legale dell’atto, già di per sé collocata dopo la morte del testatore.
Al punto n. 8 del verbale di correzione era stato addotto come motivo di grave insufficienza che “ la clausola di decadenza a carico di L non distingue tra azioni disponibili e indisponibili, distinzione che pur il candidato mostra di conoscere in parte motiva ma non applica ”. Il giudizio sarebbe contraddittorio, essendo stata ravvisata un’insufficienza grave dando atto, al tempo stesso, della preparazione della candidata sulla questione.
Al punto n. 9 del verbale di correzione era stato addotto come motivo di grave insufficienza che “ l’indegnità di C è fondata sul presupposto normativo dell’art. 463 bis c.c. che si riferisce all’istituto della sospensione dalla successione mancando ogni richiamo espresso e diretto all’art. 537 bis c.p.p. ”. Sul punto il giudizio sarebbe illogico, considerato che la disciplina, ai fini che interessano l’ambito mortis causa , sarebbe tutta contenuta nell’art. 463 bis c.c..
Al punto n. 12 del verbale di correzione era stata qualificata grave insufficienza la mancata
interlineatura che, nella tecnica redazionale notarile, era irrilevante.
Con riferimento alla grave insufficienza di cui al punto 14, l’irragionevolezza del giudizio espresso emergerebbe dal fatto che la parte motiva e quella teorica, esaustivamente trattate, avrebbero dovuto indurre la Commissione a ritenere gli errori riscontrati come dovuti a mera distrazione.
III - Violazione e falsa applicazione dell'art. 11, comma 7, d.lgs. n. 166/2006. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, in particolare illogicità, irragionevolezza, difetto di istruttoria, contraddittorietà, carenza di motivazione, confusione e perplessità nell’individuazione delle ipotesi determinanti la “grave insufficienza”. Violazione della legge 7 agosto 1990 n. 241.
L’ulteriore profilo d’illegittimità consisterebbe nell’aver escluso la valutazione degli elaborati successivi al primo sulla base di un giudizio di “grave insufficienza”, in realtà non rispondente a criteri prefissati, nella specie del tutto mancanti.
Né ricorrerebbe, negli elaborati della ricorrente, alcuna ipotesi di nullità, con conseguente difetto dei presupposti per dichiarare l’inidoneità del candidato prima della valutazione di tutte le prove.
Si è costituito il Ministero della Giustizia resistendo al ricorso.
Alla camera di consiglio dell’11 settembre 2019 il procuratore della parte ricorrente ha chiesto che la trattazione della causa fosse rinviata alla fase di merito.
All’udienza pubblica del 21 ottobre 2020 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato.
La ricorrente non è stata ammessa a sostenere le prove orali del concorso notarile per essere stata dichiarata non idonea a conclusione della disamina della prima delle tre prove scritte (atto mortis causa );conseguentemente non è stata ammessa a sostenere le prove orali, senza che si procedesse alla lettura anche del secondo e del terzo elaborato.
Con riguardo al primo motivo di impugnazione, deve rilevarsi che la predeterminazione dei criteri di valutazione degli elaborati nonché dei criteri di determinazione delle gravi insufficienze costituisce ineludibile attività propedeutica della Commissione esaminatrice, avuto riguardo alla previsione dell’art. 10, comma 2, richiamata dall’art. 11, comma 7, del d.lgs. 166/2006.
E, invero, ai sensi della prima disposizione, “La commissione, prima di iniziare la correzione, definisce i criteri che regolano la valutazione degli elaborati e l'ordine di correzione delle prove stesse”;mentre secondo l’art. 11, comma 7, citato, “Nel caso in cui dalla lettura del primo o del secondo elaborato emergono nullità o gravi insufficienze, secondo i criteri definiti dalla Commissione, ai sensi dell'articolo 10, comma 2, la sottocommissione dichiara non idoneo il candidato senza procedere alla lettura degli elaborati successivi”.
L'art. 34, comma 50, lettera f), del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, come sostituito dalla legge di conversione 17 dicembre 2012, n. 221, ha previsto poi che l'eventuale giudizio di non idoneità deve essere sinteticamente motivato con ricorso a "formulazioni standard", che la Commissione deve predisporre contestualmente alla definizione dei criteri cui si atterrà nella correzione dei compiti: ciò al fine di semplificare e snellire il lavoro della Commissione, di rendere omogenea l'applicazione dei criteri prestabiliti e di rendere più semplice la verifica, ab externo , della osservanza dei criteri che la Commissione si è data.
Le cause di nullità e le "gravi insufficienze", prefigurate dall'art. 11, comma 7, sono idonee a precludere l'ulteriore corso della correzione degli elaborati di un candidato e la successiva attività valutativa della commissione - che si estrinseca nel giudizio complessivo di idoneità o non idoneità alla prova orale - evidentemente in quanto indici di gravi lacune nella preparazione del candidato;essi sono perciò definiti anche come "errori ostativi" e, come tali, non mutano la loro natura qualora emergano solo nel corso della correzione del terzo elaborato (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 25 ottobre 2016, n. 4459;T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 2 dicembre 2013, n. 10349;id. 9 aprile 2013, n. 3570: giurisprudenza da ultimo richiamata in T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 9 aprile 2019, n. 4591).
Nel caso di specie, la Commissione, ai sensi dell'art. 10, comma secondo, d.lgs. 166/2006, peraltro sulla base di una prassi concorsuale assolutamente costante ed omogenea, ha elaborato in un prospetto uniforme (verbale del 5 giugno 2018, n. 18) diciotto categorie di errori - undici delle quali specificamente riferite ad errori cd. “preclusivi” (art. 11, comma 7, d.lgs. 166/2006) - da utilizzare come formulazione “standard” della motivazione sintetica di "non idoneità", a norma dell'art. 11, comma 5, d.lgs. 166/2006.
Tale attività è, evidentemente, espressione dell'ampia discrezionalità amministrativa che caratterizza le valutazioni delle commissioni esaminatrici, con la conseguenza che le relative scelte non sono assoggettabili al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano ictu oculi inficiate da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti (Consiglio di Stato, 27 giugno 2019, n. 4432;26 ottobre 2018, n. 1603;25 febbraio 2018, n. 705).
Il primo motivo è quindi infondato.
Anche con riferimento al secondo motivo e al terzo motivo, con i quali è stata contestata la valutazione di insufficienza dell’elaborato, deve rilevarsi che il sindacato effettuabile in sede giurisdizionale è limitato alla verifica di evidenti incoerenze, che nella specie non sono nemmeno state evidenziate dalla ricorrente, le cui doglianze, sotto tale profilo, sono state articolate solo prospettando interpretazioni giuridiche alternative a quelle operate dalla Commissione, senza che siano state messe in luce effettive contraddizioni e illogicità.
L’aver rilevato la preparazione della candidata, pur nell’evidenziarne le omissioni o gli errori, infatti, non è certo indice di contraddittorietà, ma dimostra, di contro, che la Commissione ha effettuato un approfondito esame dell’elaborato corretto, analizzando tutte le parti dello scritto e valutando tanto la completezza della trattazione teorica, quanto l’appropriatezza e la completezza delle soluzioni pratiche adottate.
In particolare la Commissione ha ritenuto la ricorrente inidonea, ai sensi dell'art. 11, comma 7, del d.lgs. 166/2006, giudicando l'elaborato redatto gravemente insufficiente con le seguenti motivazioni: (2) “ il candidato ha richiamato l’operatività dell’articolo 448 bis codice civile per l’esclusione dell’ascendente S dalla successione, prevedendo tuttavia in atto in parte motiva che essa avvenga qualora i presupposti di operatività si verifichino all’apertura della successione sebbene dalla traccia si evince che i comportamenti in danno del testatore si fossero già realizzati ”;(8) “ la clausola di decadenza a carico di L non distingue tra azioni disponibili e indisponibili, distinzione che pur il candidato mostra di conoscere in parte motiva ma non applica ”;(9) “ l’indegnità di C è fondata sul presupposto normativo dell’art. 463 bis c.c. che si riferisce all’istituto della sospensione dalla successione mancando ogni richiamo espresso e diretto all’art. 537 bis c.p.p. ”;(12) “ l’atto reca spazi vuoti non interlineati ”;(14) “ la condizione risolutiva apposta a carico della moglie L è formulata in senso logicamente inverso (che ella “non contesti” anziché che ella “contesti”) ”.
Sul punto deve ribadirsi che il giudizio della Commissione, comportando una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione scientifica dei candidati, attiene alla sfera della discrezionalità tecnica, censurabile - unicamente sul piano della legittimità - per evidente superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità, laddove tali profili risultino emergenti dalla stessa documentazione e siano tali da configurare un palese eccesso di potere, senza che, con ciò, il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione ( ex multis , T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 5 dicembre 2019, n. 13945;14 novembre 2019, n. 13099;21 ottobre 2016, n. 10500).
Il giudizio di legittimità non può, infatti, trasmodare in un rifacimento, ad opera dell'adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, potendo l'apprezzamento tecnico dell'organo collegiale essere sindacabile soltanto ove risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà.
Deve, pertanto, ritenersi inammissibile una censura che miri unicamente a proporre una diversa valutazione dell'elaborato, atteso che in tal modo verrebbe a giustapporsi alla valutazione di legittimità dell'operato della Commissione una - preclusa - cognizione del merito della questione (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 8 febbraio 2019, n. 1690).
Nel caso in esame, le omissioni e ambiguità rilevate dalla Commissione non appaiono affatto frutto di travisamento, atteso che la ricorrente fonda la sua difesa su opzioni ermeneutiche alternative che non possono essere invocate per considerare corretto e completo un elaborato concorsuale, in quanto non mettono in evidenza alcuna erroneità nell’operato della Commissione.
Dunque la mancanza, nel caso di specie, dei connotati della manifesta illogicità e irragionevolezza preclude a questo Giudice di sindacare il merito della valutazione effettuata dalla Commissione, valutazione che, peraltro, appare al Collegio ben motivata sotto ogni profilo contestato, con riferimento sia ai criteri di valutazione dalla stessa predeterminati sia alla gravità e alla pluralità degli errori rilevati, tali da integrare le gravi insufficienze previste dal citato art. 11 del d.lgs. n. 166/2006.
In conclusione il ricorso deve essere respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.