TAR Roma, sez. I, sentenza 2019-12-05, n. 201913945
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Pubblicato il 05/12/2019
N. 13945/2019 REG.PROV.COLL.
N. 04234/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4234 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati M S, C C e L C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo Studio Legale Sanino in Roma, viale Parioli, 180;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia “ex lege” in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Commissione Esaminatrice del Concorso bandito con D.D. del 26.9.2014, non costituita in giudizio;
nei confronti
-OMISSIS-, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
1) per quanto riguarda il ricorso introduttivo, previa sospensiva:
- del provvedimento di cui al verbale n. 595 del 10 gennaio 2018 della Commissione Esaminatrice, con il quale il ricorrente è stato dichiarato non idoneo a sostenere le prove orali del concorso notarile bandito con D.D. 21.4.2016 a 500 posti di notaio;
- del verbale n. 9 del 13 dicembre 2016 della Commissione Esaminatrice, di definizione dei criteri di valutazione degli elaborati;
- di ogni altro atto a questo annesso, connesso, presupposto o conseguenziale, ivi compresa la comunicazione dei risultati delle prove scritte ed ammissione agli orali pubblicata il 15 febbraio 2018;
2) per quanto riguarda i motivi aggiunti:
- della graduatoria dei vincitori del concorso, pubblicata il 19 febbraio 2019 ed approvata con decreto 15 febbraio 2019 del Ministro della Giustizia;
- nonché sia del verbale n. 595 del 10 gennaio 2018 della Commissione Esaminatrice, sia della graduatoria dei vincitori del concorso approvata con d.m. 15 febbraio 2019 e comunque di tutti gli atti del procedimento, per la partecipazione alla Commissione di una componente (dott.ssa Elvira Bellelli) non abilitata in quanto condannata con sentenza penale.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia, con la relativa documentazione;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 6 novembre 2019 il dott. I C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con rituale ricorso a questo Tribunale il dr. -OMISSIS-, premesso di aver partecipato al concorso, per esame a 500 posti di notaio, indetto con decreto del Direttore Generale della Giustizia Civile del 21 aprile 2016, chiedeva l’annullamento, previa sospensione, dei provvedimenti in epigrafe, concernenti la sua mancata ammissione alle prove orali del concorso medesimo.
Esponendo la normativa di cui all’art. 11 lgs. n. 166/2006 applicabile alla fattispecie e di essere stato dichiarato “non idoneo” dalla Commissione dopo la lettura dei tre elaborati su cui verteva la prova scritta, con una serie di censure, affidate a due motivi di impugnazione, deduceva in sintesi quanto segue.
I - VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 11, COMMA 2 D. LGS. N. 166/2006 .”
L’art. 11, comma 2, del d. lgs. n. 166/2006, stabilisce espressamente che “La sottocommissione delibera a maggioranza se il candidato merita la idoneità” ma il relativo verbale di correzione dei tre elaborati del ricorrente, al punto 17, recitava unicamente: “La Commissione delibera ai sensi dell’art. 11, comma 6, d. lgs. 166/2006”, per cui non risultava specificato se la delibera fosse stata assunta a maggioranza né quali voti favorevoli e/o quali no fossero stati espressi dai singoli commissari, tenuto anche conto della lunghezza della seduta nella quale risultavano corretti gli elaborati quel giorno, con conseguente violazione di legge.
“ II - VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 10 E 11 DEL D.LGS. N. 166/2006. ECCESSO DI POTERE IN TUTTE LE SUE FIGURE SINTOMATICHE;IN PARTICOLARE ILLOGICITA', IRRAGIONEVOLEZZA, DIFETTO DI ISTRUTTORIA, CARENZA DI MOTIVAZIONE. ”
Richiamando quanto previsto negli artt. 10 e 11 d.lgs. cit., secondo cui – in sintesi - la Commissione ha l'onere di effettuare una valutazione contestuale dei tre elaborati esprimendo il giudizio finale solo dopo aver constatato la preparazione del concorrente emergente da tale complessiva valutazione, il ricorrente ricordava anche che la norma permetteva che la Commissione potesse non proseguire nella correzione se ravvisava gravi insufficienze anche in un solo elaborato, mentre, pur in presenza di insufficienze, se “non gravi”, la Commissione doveva proseguire la lettura di tutti gli elaborati, al fine di esprimere un giudizio unitario, onde eventualmente consentire che imprecisioni o errori modesti potessero essere superati dalla valutazione delle altre prove, con possibilità di “compensazione”.
Per il -OMISSIS-, la Commissione aveva operato illegittimamente sin dal momento in cui si era dotata dei criteri di massima che avrebbero dovuto regolare la valutazione degli elaborati, perché dalla lettura del relativo verbale emergeva che se aveva individuato una serie di puntuali ipotesi che consentivano di non proseguire nella lettura degli elaborati, per quanto atteneva alla valutazione qualitativa degli elaborati dei candidati giunti invece alla correzione della terza prova, i criteri prefissati risultavano assolutamente scarni e generici, e quindi inadeguati e comunque sovrapponibili a quelli che individuavano i casi delle “gravi” insufficienze.
La Corte di Cassazione aveva infatti osservato che i criteri valutativi individuati da una commissione di concorso non possono ridursi a tautologiche formule di stile ma devono essere “regole guida” - predeterminate e pertanto non mutabili - di quanto con la traccia proposta viene richiesto e di quanto ci si attende, in termini di risultato finale rappresentante lo “standard” minimo per una valutazione di idoneità;da qui, derivava che l'illegittimità dell'atto presupposto non poteva che coinvolgere tutti gli atti successivi del procedimento, sino alla valutazione finale del ricorrente.
“III - ECCESSO DI POTERE IN TUTTE LE SUE FIGURE SINTOMATICHE;IN PARTICOLARE ILLOGICITA', IRRAGIONEVOLEZZA, DIFETTO DI ISTRUTTORIA, CONTRADDITTORIETA', CARENZA DI MOTIVAZIONE, CONFUSIONE E PERPLESSITA'”.
Il ricorrente poneva in evidenza che quelle riscontrate dalla Commissione erano delle mere “imperfezioni” che non potevano portare alla dichiarazione di inidoneità.
In particolare, per quel che riguardava l’atto “inter vivos” di diritto commerciale, riportando il relativo rilievo della Commissione, il -OMISSIS-, analizzando tale soluzione nel merito, non ravvisava alcuna violazione dell'art. 2438 c.c., come invece osservato, ma ribadiva la sua soluzione, conforme anche a una “massima” del Consiglio Notarile di Milano (n. 70 del 22/11/2005), espressione dell'orientamento della prassi notarile sull'ambito di applicazione del divieto in commento, la quale ammette la possibilità di sottoscrivere e liberare un ulteriore aumento di capitale anche in presenza di un aumento pendente.
Riguardo alla seconda osservazione, per la quale “Il candidato prevede poi l'approvazione del verbale da parte di tutti i comparenti nonostante la costituzione in atti del solo amministratore T”, il -OMISSIS- evidenziava che risultava “per tabulas” come il verbale redatto contenesse correttamente in calce la sottoscrizione del solo “T” ed in ogni suo passaggio la menzione di un solo “comparente”, senza alcuna invalidità del verbale ai sensi dell’art. 51 l.n. (Legge Notarile).
Il ricorrente, poi, esaminando le ulteriori osservazioni della Commissione sull’atto “inter vivos” di diritto civile e su quello “mortis causa”, contestava nella sostanza la valutazione operata.
Il Ministero della Giustizia si costituiva in giudizio per resistere al ricorso, domandandone la reiezione nel merito, sul rilievo della piena legittimità delle operazioni di fissazione dei criteri e di correzione degli elaborati nonché della sufficienza, logicità e congruità della motivazione del giudizio negativo finale, insindacabile nel suo contenuto valutativo discrezionale.
Alla camera di consiglio per la trattazione cautelare, l’avvocato difensore di parte ricorrente chiedeva la cancellazione della causa dal ruolo delle sospensive, al fine della definizione nel merito.
Con successivi motivi aggiunti, il -OMISSIS- chiedeva anche l’annullamento della graduatoria finale della procedura, nel frattempo approvata, per illegittimità derivata, e di tutti gli atti della procedura per la partecipazione di una componente della commissione esaminatrice del concorso in violazione dell’articolo 35-bis del d. lgs. n. 165/2001, che stabilisce che coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale non possono fare parte di commissioni per l’accesso o la selezione a pubblici impieghi.
In prossimità dell’udienza pubblica della trattazione della controversia, la difesa erariale insisteva nella reiezione del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti, eccependo altresì la tardività di quest’ultimi. Per il Ministero resistente, infatti, era onere del ricorrente porre tempestivamente in essere tutte le iniziative idonee ad acquisire cognizione dei documenti amministrativi volti ad accertare l’asserita illegittimità della nomina a componente della Commissione e, ne conseguiva, come necessario corollario logico-giuridico, che i motivi aggiunti erano irricevibili in quanto la tardiva conoscenza dell’asserita causa di incompatibilità era colposa, ossia imputabile a negligenza del -OMISSIS-. Inoltre, erano anche inammissibili per la mancata impugnazione del decreto ministeriale di nomina di tale componente della Commissione.
Parte ricorrente controdeduceva alle tesi dell’Amministrazione nella sue memorie (anche di replica) e, alla pubblica udienza del 6 novembre 2019, la causa era trattenuta in decisione.
DIRITTO
Come esposto in narrativa, il ricorrente non è stato ammesso a sostenere le prove orali del concorso notarile per essere stato dichiarato non idoneo a conclusione della disamina delle tre prove scritte, in ragione della presenza di insufficienze, sia pure non gravi, ai sensi dell’art. 11, comma 6, d.lgs. n. 166/06, in ciascuno dei tre elaborati.
Con il primo motivo di ricorso, il -OMISSIS- lamenta la mancata indicazione della eventuale decisione “a maggioranza” o meno della Commissione, di cui al relativo verbale.
In merito, il Collegio non può che richiamare quanto già precisato da questa Sezione sul punto, laddove è stato posto in evidenza che non è necessario indicare espressamente a verbale se una singola deliberazione sia stata adottata all’unanimità, atteso che, a norma dell’art. 11 d.lgs. n. 166/2006, i giudizi di idoneità o di inidoneità sono deliberati “a maggioranza” (TAR Lazio, Sez. I, 26.11.15, n. 13365. E’ evidente che, in assenza di elementi - anche solo indiziari forniti come principio di prova dal ricorrente - idonei a far ritenere un contrasto di opinioni tale da inficiare la presenza di una maggioranza, non si riscontra alcuna violazione di legge nel senso propugnato, risultando anzi la circostanza della lunga durata della seduta di correzione come una conferma del particolare approfondimento a cui la Commissione aveva dato luogo.
Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso.
Il Collegio evidenzia che la predeterminazione dei criteri di valutazione degli elaborati, nonché dei criteri di determinazione delle nullità e gravi insufficienze, costituiva ineludibile attività propedeutica della commissione esaminatrice, avuto riguardo alla previsione dell’art. 10, comma 2, del d.lgs. 166/2006.
Ai sensi di tale disposizione, “ La commissione, prima di iniziare la correzione, definisce i criteri che regolano la valutazione degli elaborati e l'ordine di correzione delle prove stesse” .
Risulta dunque di immediata evidenza che alla generale attività di fissazione dei “criteri che regolano la valutazione degli elaborati” (art. 10, comma 2) si collega quella di specifica individuazione delle tipologie di errori che sostanziano le ipotesi di “nullità”, “gravi insufficienze” o semplici insufficienze, legittimanti l’arresto della correzione degli elaborati e/o la conseguente esclusione del candidato dalla partecipazione alle prove orali;e ciò, anche considerato che l’art. 11, commi 6 e 7, in esame, si limita alla menzione delle suddette ipotesi senza individuarne i contorni né i contenuti.
Ne consegue che per la commissione esaminatrice costituiva solo uno specifico obbligo il precisare siffatte categorie mediante l’individuazione delle tipologie di “errori” suscettibili di essere ricondotte nell’ambito della generica declaratoria di legge, come la Sezione, del resto, ha già avuto modo di precisare a questo riguardo (da ultimo, TAR Lazio, Sez. I, 26.1.18, n. 958;13.12.17, n. 12305 e nn. 4118, 3560 e 2900 del 2012).
Non condivisibile, quindi, si palesa la censura secondo la quale, nella fissazione dei predetti parametri, la commissione si sarebbe dotata di regole di giudizio, in relazione ai criteri generali di valutazione diversi da quelli relativi al riscontro di “nullità” o “gravi insufficienze”, del tutto generiche e omnicomprensive, senza alcuna specificazione.
L’art. 10, comma 2, d.lgs. n. 166 del 2006, infatti, non indica come i criteri devono essere predeterminati. A ciò si aggiunga che nella seduta del 13 dicembre 2016 la Commissione ha individuato le condizioni per il giudizio complessivo di inidoneità, debitamente elencandole.
Sull’attività di predeterminazione in questione, quindi, il Collegio ritiene che la Commissione, nell’esercizio della propria discrezionalità tecnica, ha correttamente predeterminato i criteri di valutazione, per categorie generali ben definite e con riferimento ad ogni possibile giudizio (inidoneità immediata per nullità o gravi insufficienze, inidoneità per insufficienze meno gravi), secondo formulazioni inequivoche, che rinviano ad istituti del diritto positivo ed alla relativa scienza giuridica, nonché ad altri precisi parametri propri di ambiti di conoscenze logiche, tecniche e linguistiche generalmente condivise e ritenute indispensabili per l’esercizio della professione notarile (TAR Lazio, Sez. I, 26.11.15, n. 13365).
Ne discende la non ravvisabilità, nei predetti criteri “generali”, della contestata genericità della formulazione.
Ad ogni modo, giova a riguardo rammentare che la giurisprudenza, anche di questa Sezione, ha più volte affermato che l’attività di determinazione dei criteri di valutazione rientra nell'ampia discrezionalità della Commissione esaminatrice ed è pertanto sottratta al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, impingendo nel merito dell'azione amministrativa, salvo che non sia "ictu oculi” inficiata da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti (Cons. Stato, Sez. IV, 8.6.07, n. 3012 e 11.4.07, n. 1643;nonché TAR Lazio, Sez. I, nn. 3560 e 2900 del 2012 e n. 35387 del 2010).
Tale condizione non ricorre nella fattispecie in esame ove la Commissione ha utilizzato criteri di valutazione chiari e pertinenti per una prova di carattere “discorsivo” e “sistematico” come è quella scritta per l’accesso alla professione notarile, garantendo il principio di trasparenza dell'attività amministrativa, che rappresenta il fine perseguito dal legislatore, nel determinare la necessità di (pre)fissazione e verbalizzazione dei criteri in un momento nel quale non possa sorgere il sospetto che questi ultimi siano volti a favorire o sfavorire alcuni concorrenti (cfr. Cons. Stato , Sez. V, n. 1398/2011).
Non risulta, infine, che vi sia stata una “sovrapposizione” tra criteri, individuandosi a sufficienza da parte della Commissione, come peraltro avvenuto nel caso concreto nei confronti del ricorrente, ipotesi ben distinte - e distinguibili come tali in concreto – riconducibili a incompletezza dell’atto, contraddittorietà intrinseca, omessa o carente trattazione di istituti giuridici, presenza di un uso improprio delle preposizioni e dei modi dei verbi, secondo ben otto criteri di valutazione (da n. 10 a n.17) come espressi nella seduta del 16 dicembre 2016.
Con il terzo motivo di impugnazione, parte ricorrente contesta la valutazione dei suoi elaborati operata dalla Commissione, in quanto asseritamente affetta da travisamento dei fatti e da profili di illogicità e irragionevolezza.
Valga riportare quanto rilevato dalla Commissione nella relativa scheda di valutazione:
“ Nell'atto di diritto commerciale il candidato sceglie di dare corso a tre distinti aumenti di capitale per ultimo quello di €. 200.000,00 destinato alla sottoscrizione di tutti i soci, procedendo poi alla sottoscrizione ed alla liberazione del terzo aumento di capitale da parte del socio Secondo nonostante la mancala sottoscrizione e liberazione del secondo aumento riservato al socio T in violazione dell'art. 2438 c.c.;il candidato prevede poi l'approvazione del verbale da parte di tutti i comparenti nonostante la costituzione in atti del solo amministratore T.
Nell'atto di diritto civile il candidato omette di menzionare l'intenzione di T di cessare l'attività d'impresa e di precisare e quale titolo questi abbia liquidato al figlio Secondo la somma di €. 100.000,00;nel trasferimento dell'azienda vengono inserite clausole di stile non pertinenti, stante la presenza di soli beni mobili;nel trasferimento dell'immobile individua solo indirettamente l'oggetto, indicato con la dicitura "quanto sopra", senza che in alcuno dei negozi funzionali all'acquisizione della proprietà da parte di T venga mai indicato alcun valore - nemmeno convenzionale - dell'immobile;il candidato poi non indica la causa del trasferimento dell' immobile di T a T.
Nell'atto mortis causa, in relazione alla legge applicabile alle successione, viene fatto improprio riferimento al regolamento n. 593/2008 non attinente alla fattispecie;con riferimento alla costituzione d'ipoteca il candidato prevede impropriamente la ‘risoluzione’ del diritto di abitazione di L in caso di “vendita forzata”.
In tutti gli atti si ravvisa un uso improprio delle preposizioni e dei modi dei verbi. ”.
Il vaglio giurisdizionale sollecitato con le proposte censure suggerisce di soffermarsi preliminarmente sull’ambito entro il quale lo stesso è consentito, al fine di parametrare specularmente l’ammissibilità delle doglianze sollevate avverso l’esercizio della discrezionalità valutativa, confluito nell’adozione del giudizio gravato.
In tale direzione, occorre rammentare che, dal momento che il giudizio di legittimità non può trasmodare in un pratico rifacimento, ad opera dell’adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, trova espansione il principio per cui l’apprezzamento tecnico della Commissione è sindacabile soltanto ove risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà.
Come più volte affermato in giurisprudenza, anche da questa Sezione (TAR Lazio, Sez. I, n. 2467/2012 e n. 26342/2010), il giudizio della Commissione, comportando una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione scientifica dei candidati, attiene alla sfera della discrezionalità tecnica, censurabile – unicamente sul piano della legittimità – per evidente superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità, laddove tali profili risultino emergenti dalla stessa documentazione e siano tali da configurare un palese eccesso di potere, senza che, con ciò, il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione (ex multis, TAR Lazio, Sez. I, 6.9.13, n. 4626).
Il giudizio a cui è chiamato questo giudice nella presente di legittimità non può, infatti, trasmodare in un rifacimento, ad opera dell’adito organo di giustizia, di quello espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, potendo l’apprezzamento tecnico dell’organo collegiale essere sindacabile soltanto ove risulti macroscopicamente viziato nei limiti sopra evidenziati.
Deve, pertanto, ritenersi infondata ogni censura che miri unicamente a proporre una diversa valutazione dell’elaborato, atteso che, in tal guisa, verrebbe a giustapporsi alla valutazione di legittimità dell’operato della Commissione una – preclusa – cognizione del merito della questione.
Premesso ciò, il Collegio rileva che il terzo motivo di ricorso, pur sembrando aderire, in linea di principio, a tale giurisprudenza, trascura di farne corretta applicazione, analizzando invece in modo particolareggiato le censure formulate dalla Commissione esaminatrice e impegnandosi nel replicare a ciascuna di esse. Si tratta, però, di giudizi che esorbitano – come detto - dall’ambito delle competenze del giudice amministrativo, avanti al quale la valutazione della Commissione di esame può essere apprezzata solo “ab extrinseco”, nei termini sopra richiamati.
Ebbene, ad opinione del Collegio, irragionevolezza e travisamento non si colgono nella fattispecie, anche perché i giudizi contestati, pur essendo inevitabilmente sintetici, sono comunque articolati e consentono di ricostruire il percorso logico seguito dalla Commissione per giungere alla valutazione di “non idoneità” al termine dell’esame dei tre elaborati (Cons. Stato, Sez. IV, 26.9.13, n. 4790).
Nel caso di specie, il giudizio espresso dall’organo di valutazione risulta pertanto scevro dai lamentati vizi e ciò anche per la ragione secondo la quale la valutazione della Commissione è stata frutto di una ponderazione generale dell’insieme di quanto elaborato dal ricorrente nelle tre prove scritte, valutate e valutabili nel loro insieme. Deve peraltro rilevarsi come non sia condivisibile l’approccio di fondo “atomistico” con il quale il ricorrente ha isolato ciascuna delle carenze e insufficienze evidenziate dalla Commissione: infatti, è evidente che la gravità e l’incidenza di un errore non necessariamente risultano apprezzabili sulla base della lettura della sola parte dell’elaborato in cui è contenuto l’errore medesimo, dovendo tenersi conto di come questa si inserisce all’interno dello svolgimento della traccia nel suo complesso (cfr., TAR Lazio, Sez. I, 17.5.17, n. 5869;Cons. Stato, Sez. IV, 5.1.17, n. 11 e 23.5.16, n. 2110).
Diversamente da quanto prospettato, poi, la Commissione - il giudizio della quale va formulato in maniera sintetica - non era tenuta a chiarire quale fosse la soluzione alternativa corretta rispetto a quella prescelta dal candidato e giudicata erronea, sia pure senza nullità o gravi insufficienze, dato che comunque la presenza di plurime, “semplici”, insufficienze può comportare, a giudizio della Commissione, la valutazione di “non idoneità”, ai sensi del precedente comma 6 dell’art. 11 cit..
In particolare, la Commissione ha rilevato testualmente l’inidoneità “… per difetto di completezza e/o di coerenza logica c/o di ordine e/o di chiarezza e/o di esattezza sotto il profilo giuridico sia in relazione alla motivazione delle scelto compiute, sia in relazione allo svolgimento della parte teorica, con riferimento a tutti elaborati ”, secondo le specifiche osservazioni dettagliate sopra riportate.
Il ricorrente si sofferma, nei punti da “A” a “I” del terzo motivo di ricorso, come illustrato anche nelle sue memorie, sui singoli rilievi operati dalla Commissione ma tale analisi riguarda censure avverso i giudizi formulati sui tre elaborati che, pur denunciando un sostanziale “travisamento” del ragionamento effettuato dal candidato, vengono in realtà a confutare nel merito le conclusioni a cui il predetto organo è giunto in ordine alla interpretazione della traccia, alle tesi enunciate e alle soluzioni individuate dal candidato medesimo.
Valga osservare che, in prove come quelle scritte del concorso notarile, si verte sull'applicazione della norma tecnica e tale applicazione non sempre si traduce in una legge scientifica universale, caratterizzata dal requisito della certezza;anzi, quando contiene concetti giuridici indeterminati, dà luogo ad apprezzamenti tecnici ad elevato grado di opinabilità (già TAR Lazio, Sez. I, 25.6.04, n. 6209 di questa Sezione), in ordine ai quali è richiesta al candidato una particolare idoneità al relativo svolgimento pratico.
Deve, pertanto, ritenersi infondata una censura che miri unicamente a proporre una diversa modalità di interpretazione del contenuto della prova, come avvenuto nel caso di specie.
Ciò è confermato dalla circostanza per la quale, nelle stesse difese erariali è posta l’illustrazione dei motivi per i quali sono state ritenute sussistenti le criticità che, lungi dal costituire mere imperfezioni, si sono tradotte in un numero sostanzioso di insufficienze, discrezionalmente giudicate atte dalla Commissione a sostenere il giudizio finale di inidoneità.
La mancanza dei connotati della manifesta illogicità e irragionevolezza e l’assenza del “travisamento dei fatti” invocato dalla parte ricorrente preclude, quindi, all’adìto Giudice di sindacare il merito della valutazione effettuata dalla Commissione, valutazione che, peraltro, appare al Collegio, nella sua sinteticità, ben motivata sotto ogni profilo contestato, con riferimento sia ai criteri di valutazione dalla stessa predeterminati sia alla evidenza degli errori.
Parte ricorrente non può quindi essere seguita laddove indirizza le sue censure avverso i dirimenti rilievi formulati dalla Commissione sugli elaborati in rassegna, non trattandosi nella fattispecie dell’accertamento di un fatto o del rilievo di una manifesta illogicità valutativa, quanto piuttosto del compimento di un’attività valutativa e comparativa dell’elaborato da parte della Commissione stessa, a tutta evidenza preclusa nella presente sede all’adìto Giudice.
Per le ragioni che precedono il ricorso non può trovare accoglimento.
Quanto ai motivi aggiunti, essi sono irricevibili in quanto tardivamente proposti, come rilevato dalla difesa erariale, nonché infondati nella parte in cui impugnavano la graduatoria finale per illegittimità “derivata”.
Come già rilevato dalla Sezione con riferimento al medesimo profilo di doglianza proposto da altro concorrente alla stessa procedura “… le censure formulate …. sono tardive, atteso che quelle dedotte a sostegno dell’illegittimità [….], a distanza di quasi un anno, sono circostanze di fatto agevolmente conoscibili al momento della proposizione del ricorso originario, mediante l’accesso agli atti dell’Amministrazione, dai quali risulta che ai singoli componenti della Commissione di concorso viene chiesto di autocertificare i requisiti previsti dalla legge, segnatamente dall’art. 5 del D.Lgs. 166/06. Accesso, infatti, esperito (come riferisce la difesa erariale) dalla concorrente […], le cui argomentazioni la ricorrente invoca quale precedente ” (TAR Lazio, Sez. I, 9.4.19, n. 4625, confermata sul punto, ancorché con decisione cautelare, da Consiglio di Stato, Sez. IV, 7.6.19, n. 2888;nel senso della tardività, cfr. pure;TAR Lazio, Sez. I, ord. 12.9.19, n. 5868).
Può quindi prescindersi dall’esaminare l’ulteriore eccezione dell’Amministrazione, secondo cui i motivi aggiunti erano anche inammissibili per omessa impugnazione del decreto di nomina del componente contestato.
Alla luce di quanto illustrato, pertanto, il gravame non può trovare nel suo complesso accoglimento.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo in favore del Ministero resistente.