TAR Roma, sez. I, sentenza 2018-01-26, n. 201800958

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2018-01-26, n. 201800958
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201800958
Data del deposito : 26 gennaio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/01/2018

N. 00958/2018 REG.PROV.COLL.

N. 10235/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10235 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
L N, rappresentato e difeso dagli avvocati prof. M S, M D L, P S, L P e F V, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Sanino in Roma, viale Parioli, 180;

contro

Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

G V e G L, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

1) quanto al ricorso:

del provvedimento - non comunicato - con il quale la ricorrente non è stata ammesso a sostenere le prove orali del concorso notarile bandito con D.D. 26.9.2014 a 300 posti di notaio e di ogni altro atto a questo annesso, connesso, presupposto e/o conseguenziale, ivi compresi le delibere e/o verbali della Commissione di concorso concernenti la formazione dei criteri di massima, i criteri stessi, i provvedimenti di nomina dei Commissari, l'approvazione della graduatoria finale;

2) quanto ai motivi aggiunti:

- del decreto del Ministro della Giustizia del 16 giugno 2017 con il quale è stata approvata la graduatoria dei vincitori del concorso, per esame, a 300 posti di notaio, indetto con D.D. 26 settembre 2014, di cui è stato pubblicato avviso sul sito internet del Ministero della Giustizia in data 21 giugno 2017;

- del decreto di nomina del 25.7.2017 con cui sono stati nominati i nuovi notai vincitori del concorso per 300 posti di notaio, indetto con D.D. 26 settembre 2014, di cui è stato pubblicato avviso sul sito internet del Ministero della Giustizia in data 1 agosto 2017.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia, con la relativa documentazione;

Vista l’ordinanza cautelare di questa Sezione n. 6407/16 del 20.10.2016;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 20 dicembre 2017 il dott. I C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso a questo Tribunale, ritualmente notificato e depositato, il dr. L N, premettendo di aver partecipato al concorso per esame a 300 posti di notaio, indetto con d.d. 26 settembre 2014, chiedeva l’annullamento, previa sospensione, dei provvedimenti in epigrafe con i quali era stata espressa valutazione di “non idoneità”, con conseguente mancata ammissione alle prove orali del concorso in questione.

In particolare, tale giudizio negativo da parte della commissione esaminatrice era stato assunto all’esito della valutazione della prima prova scritta, concernente atto “inter vivos” di diritto civile.

Ciò premesso e dopo aver richiamato e riportato la normativa di riferimento, il ricorrente lamentava, in sintesi, quanto segue.

I - Violazione e falsa applicazione degli artt.10 e 11 del D.lgs. n.166/2006. Violazione e falsa applicazione dell’art.10, comma 7, del D.lgs. n.166/2006. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche;
in particolare illogicità, irragionevolezza, difetto di istruttoria, contraddittorietà, carenza di motivazione, confusione e perplessità. Violazione della legge 7 agosto 1990 n.241
.”

Il dr. N riportava le osservazioni critiche della commissione sull'elaborato in questione.

In merito, era dapprima stata ritenuta una nullità ai sensi dell’art. 11, comma 7, d.lgs. n. 166/06, per riscontrata violazione dell’art. 29, comma 1 bis, della l. n. 52/85 in vigore, legata all’omissione dell’identificazione catastale delle soffitte e alla mancata analitica loro indicazione;
erano poi state ritenute due gravi insufficienze, pure ai sensi del richiamato comma 7, per incompletezza dell’atto consistita nel mancato trasferimento delle soffitte, stante la loro omessa identificazione catastale, nonché per carente trattazione degli istituti giuridici di maggior rilievo attinenti alla traccia, in riferimento alla trascrizione della “cessio bonorum”, al contratto a favore di terzo e alla prelazione urbana, in ordine alla quale risultava solo un breve cenno alla “vendita in blocco”.

Ebbene, il ricorrente, con riferimento alla nullità indicata, evidenziava che nel punto “II, A)” della premessa aveva in realtà descritto e identificato catastalmente l’intero fabbricato oggetto del trasferimento.

Premettendo che l’identificazione catastale delle soffitte non era stata ritenuta come analogo parametro valutativo negativo in elaborati di altri candidati, di cui riportava sintesi, il dr. N richiamava la normativa in materia, evidenziando che nel caso di specie non era stato specificato nella traccia se le soffitte presentavano potenzialità di autonomia funzionale, così da poter essere accatastate autonomamente, ma anzi poteva dedursi che le stesse fossero meri accessori dei sei appartamenti facendone così parte di ciascuna unità immobiliare, nei sensi ricavabili anche da una Circolare e da “Chiarimenti operativi” dell’Agenzia delle Entrate che erano riportati, secondo la prassi notarile e catastale.

Risultava, inoltre, che la medesima omissione era stata ritenuta per altri candidati come mera insufficienza non “grave”, con evidente contraddittorietà, illogicità e travisamento dei fatti, in quanto tali delibabili nella presente sede. Inoltre, nell’elaborato era precisato, all’art. 5, che l’acquirente dichiarava di conoscere e accettare quanto trasferito nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava, “con ogni accessorio”.

Sulla rilevata incompletezza della trattazione di istituti giuridici, il ricorrente osservava che nella parte teorica aveva trattato gli argomenti relativi alla cessione dei beni ai creditori, con particolare riferimento agli effetti della trascrizione, e alla prelazione agraria (non a quella urbana), senza fare breve cenno alla “vendita in blocco” o al contratto a favore di terzo, soffermandosi invece sull’amministratore di sostegno, contrariamente a quanto richiamato dalla commissione esaminatrice, con altrettanto evidente travisamento valutabile nella presente sede.

II - Violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 11 del d.lgs. n. 166/2006. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche: in particolare illogicità, irragionevolezza, difetto di istruttoria, contraddittorietà, carenza di motivazione, confusione e perplessità, arbitrarietà. Violazione della legge 7 agosto 1990 n. 241 ”.

Richiamando il contenuto degli artt. 10 e 11 d.lgs. n. 166/06, il ricorrente contestava i “criteri di massima” adottati dalla commissione, che aveva esteso arbitrariamente l’eccezione di cui al comma 7 dell’art. 11 cit., che consente di interrompere l’esame degli elaborati, laddove la norma prevede, come regola, la lettura di tutte le tre prove scritte per giungere a una valutazione complessiva della preparazione del candidato.

Inoltre, tali criteri non erano tassativi ma generici, con tautologiche formule di stile.

Si costituiva in giudizio il Ministero della Giustizia, affidando a una memoria per la camera di consiglio l’illustrazione delle tesi che evidenziavano l’infondatezza del ricorso.

Con l’ordinanza cautelare in epigrafe, questa Sezione respingeva, con ampia motivazione, la domanda cautelare.

In seguito, il ricorrente proponeva rituali motivi aggiunti avverso gli atti definitivi del concorso nelle more adottati, concernenti l’approvazione della graduatoria finale e la nomina dei vincitori, rilevandone l’illegittimità derivata e riportando il contenuto del ricorso.

Da ultimo, in prossimità della pubblica udienza del 22 novembre 2017, parte ricorrente depositava anche una memoria a sostegno delle sue tesi ma la trattazione della causa era rinviata a nuova udienza per il rispetto dei termini processuali collegati al deposito della prova di avvenuta notifica dei motivi aggiunti.

Alla pubblica udienza del 20 dicembre 2017, infine, la causa era trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il Collegio, anche al non più sommario esame della fattispecie di cui all’art. 55 c.p.a., ritiene di confermare l’orientamento già motivatamente espresso in sede cautelare, rilevando l’infondatezza del ricorso.

Prima di esaminare il merito delle censure proposte dal ricorrente, si ritiene necessario ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, le valutazioni espresse dalle commissioni giudicatrici in merito alle prove di concorso, seppure qualificabili quali analisi di fatti (correzione dell'elaborato del candidato con attribuzione di punteggio o giudizio) e non come ponderazione di interessi, costituiscono pur sempre l'espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l'idoneità tecnica, culturale o attitudinale dei candidati, con la conseguenza che esse non sono sindacabili dal giudice amministrativo, se non nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico, un errore di fatto o, ancora, una contraddittorietà immediatamente rilevabile (per tutte: Tar Lazio, Sez. I, 5.6.17, n. 6532 e 6.9.13, n. 4626;
Cons. Stato, Sez. IV, 15.12.11, n. 6601;
Cass. Civ., SS.UU, 21.6.10, n. 14893).

Premesso ciò, il Collegio rileva che il ricorso, pur sembrando aderire, in linea di principio, a tale giurisprudenza, trascura di farne corretta applicazione, analizzando invece in modo particolareggiato le censure formulate dalla commissione esaminatrice e impegnandosi nel replicare a ciascuna di esse. Si tratta, però, di giudizi che esorbitano – come detto - dall’ambito delle competenze del Giudice amministrativo, avanti al quale la valutazione della commissione di esame può essere apprezzata solo “ab extrinseco”, nei termini sopra richiamati.

Ebbene, ad opinione del Collegio, irragionevolezza e travisamento non si colgono nella fattispecie, anche perché i giudizi contestati, pur essendo inevitabilmente sintetici, sono comunque articolati e consentono di ricostruire il percorso logico seguito dalla Commissione per giungere alla valutazione di “non idoneità” al termine dell’esame già del primo elaborato (Cons. Stato, Sez. IV, 26.9.13, n. 4790).

Riguardo al primo motivo di ricorso, il Collegio osserva che questa Sezione ha più volte precisato che le prove concorsuali scritte per l’accesso a posti di notaio, per la peculiarità della funzione professionale da svolgere, sono connotate anche da particolare esigenza di formalità, pure descrittiva, e che nel redigere l’elaborato il candidato deve provvedere a illustrare alla commissione l’intero ambito della sua preparazione, desumibile sia dall’assetto “pratico” sia dall’esposizione nella parte “teorica”.

In relazione a quanto lamentato, quindi, sulla riscontrata “nullità” per la mancata analitica indicazione delle soffitte e per la conseguente grave insufficienza legata al mancato relativo trasferimento, stante la omessa identificazione catastale delle stesse, il Collegio evidenzia che – come sopra anticipato in linea generale - non è consentito introdurre in giudizio osservazioni legate all’applicazione di deduzioni solo implicitamente rinvenibili nel contesto dell’elaborato o su collegamenti ipertestuali che nella pratica della redazione notarile non possono essere considerati ai fini di una completezza formale dell’atto, dato che le prove concorsuali scritte per l’accesso a posti di notaio, per la peculiarità della funzione professionale da svolgere, sono connotate da particolare esigenza di formalità, anche descrittiva (TAR Lazio, Sez. I, 19.10.17, n. 10496).

Come correttamente ricostruito dalla difesa erariale, peraltro, la nullità in questione deriva dalla lettera dell’art. 29, comma 1 bis, cit., che la prevede esplicitamente, né risulta che nell’elaborato, sempre come osservato nelle difese dell’Amministrazione, sia stato specificato che le singole soffitte erano accatastate insieme al singolo appartamento, pur se dalla traccia ciò non si evinceva. Se pure detta traccia fosse stata di dubbia interpretazione, come sostenuto dal ricorrente, quest’ultimo avrebbe dovuto comunque soffermarsi sul punto, giustificando il suo operato nella parte teorica, attività, questa, del tutto mancata.

Inoltre, ai sensi della normativa edilizia applicabile, di cui alla l. n. 47/1985 e all’art. 2, comma 58, l. n. 662/1996, non si desumeva che le soffitte fossero da considerarsi mere pertinenze, in assenza anche dell’ulteriore elemento della destinazione a tale fine.

Non risultava, poi, dal contesto dell’elaborato, che le planimetrie depositate in catasto si riferivano alle unità immobiliari negoziate.

La nullità formale ai sensi dell’art. 29, comma 1 bis, cit. comportava logicamente la conseguente incompletezza del trasferimento.

Il Collegio rileva anche che il richiamo a una ritenuta disparità di trattamento – rispetto ad altri candidati che pure avrebbero dato luogo alla medesima omissione contestata - non è condivisibile, in quanto, per giurisprudenza costante, vi è la necessità di considerare l’intero percorso logico-giuridico seguito da ciascun candidato nella prova presa a confronto – ivi compresa la parte “teorica” - e, comunque, un giudizio favorevole reso a prova scritta di altro candidato non servirebbe a sanare gli errori in cui è incorso comunque il ricorrente che tale disparità lamenta (TAR Lazio, Sez. I, 5.6.17, n. 6522;
6.10.16, n. 5945 e 10.11.15, n. 12704).

Premesso che la riscontrata presenza di una “nullità” ha legittimato di per sé l’arresto della correzione degli elaborati del ricorrente ai sensi dell’art. 11, comma 7, d.lgs. n. 166/06, il Collegio rileva che comunque anche le ulteriori doglianze non possono trovare condivisione.

Per quanto riguarda la contestazione sull’omessa trattazione di istituti giuridici rilevanti, il Collegio rileva che essa attiene al merito del giudizio della commissione e, nelle sue difese, il Ministero costituito ha illustrato le ragioni sostanziali alla base del giudizio negativo, specificando che nel richiamo alla “cessio bonorum” non vi era approfondimento alcuno sulla natura (costitutiva o dichiarativa) della relativa trascrizione o sulla opponibilità rispetto ai creditori anteriori non partecipanti alla cessione né sulla diversa soluzione prospettabile in caso di vendita frazionata o cumulativa, con ciò confermando che la valutazione critica sul punto era coerente con quanto indicato dalla commissione nella scheda di valutazione relativa.

Passando all’esame del secondo motivo di ricorso, il Collegio evidenzia che la predeterminazione dei criteri di valutazione degli elaborati, nonché dei criteri di determinazione delle nullità e gravi insufficienze, costituiva ineludibile attività propedeutica della commissione esaminatrice, avuto riguardo alla previsione dell’art. 10, comma 2, e dell’art. 11, comma 7, del d.lgs. 166/2006.

Ai sensi della prima disposizione, “La commissione, prima di iniziare la correzione, definisce i criteri che regolano la valutazione degli elaborati e l'ordine di correzione delle prove stesse”;
mentre secondo l’art. 11, comma 7, precitato, “Nel caso in cui dalla lettura del primo o del secondo elaborato emergono nullità o gravi insufficienze, secondo i criteri definiti dalla Commissione, ai sensi dell'articolo 10, comma 2, la sottocommissione dichiara non idoneo il candidato senza procedere alla lettura degli elaborati successivi”.

Risulta dunque di immediata evidenza che alla generale attività di fissazione dei “criteri che regolano la valutazione degli elaborati” (art. 10, comma 2) si collega quella di specifica individuazione delle tipologie di errori che sostanziano le ipotesi di “nullità” o “gravi insufficienze”, legittimanti l’arresto della correzione degli elaborati e la conseguente esclusione del candidato dalla partecipazione alle prove orali;
e ciò, anche considerato che l’art. 11, comma 7, in esame, si limita alla menzione delle suddette ipotesi senza individuarne i contorni né i contenuti.

Ne consegue che per la commissione esaminatrice costituiva uno specifico obbligo il precisare adeguatamente siffatte categorie mediante l’individuazione delle tipologie di “errori” suscettibili di essere ricondotte nell’ambito della generica declaratoria di legge, come la Sezione, del resto, ha già avuto modo di precisare a questo riguardo (da ultimo, TAR Lazio, Sez. I, 13.12.17, n. 12305 e nn. 4118, 3560 e 2900 del 2012).

Non condivisibile, quindi, si palesa la censura secondo la quale, nella fissazione dei predetti parametri, la commissione si sarebbe intenzionalmente dotata di regole di giudizio volte a procedere ad una estesa applicazione delle eccezioni al principio di valutazione contestuale e complessiva degli elaborati, declinando le ipotesi di nullità dell’atto in modo del tutto generico e omnicomprensivo, senza alcuna specificazione, senza che a ciò l’Organo valutativo fosse legittimato dalla disciplina di riferimento del concorso.

L’art. 10, comma 2, d.lgs. n. 166 del 2006, infatti, non indica come i criteri devono essere predeterminati. A ciò si aggiunga che nella seduta del 28 aprile 2015 (verbale n. 7) la Commissione ha individuato prima le ipotesi di esclusione per inidoneità - quale “nullità dell’atto, anche se solo parziale, per ragioni di natura formale o sostanziale”, e “gravi insufficienze consistenti ….” - e poi ha indicato le “condizioni per il giudizio complessivo di idoneità”, debitamente elencandole;
in ogni caso, essendo le condizioni per il giudizio di idoneità individuate nel dettaglio, e non in via residuale, non rileva averle indicate dopo quelle di inidoneità.

Sull’attività di predeterminazione in questione, quindi, il Collegio ritiene che la commissione, nell’esercizio della propria discrezionalità tecnica, ha correttamente predeterminato i criteri di valutazione, per categorie generali ben definite e con riferimento ad ogni possibile giudizio (inidoneità immediata per gravi insufficienze, idoneità/inidoneità per insufficienze meno gravi), secondo formulazioni inequivoche, che immediatamente rinviano ad istituti del diritto positivo ed alla relativa scienza giuridica, nonché ad altri precisi parametri propri di ambiti di conoscenze logiche, tecniche e linguistiche generalmente condivise e ritenute indispensabili per l’esercizio della professione notarile (TAR Lazio, Sez. I, 26.11.15, n. 13365).

Ne discende la non ravvisabilità, nei predetti criteri “generali”, della contestata genericità della formulazione.

Ad ogni modo, giova a riguardo rammentare che la giurisprudenza, anche di questa Sezione, ha più volte affermato che “L’attività di determinazione dei criteri di valutazione rientra nell'ampia discrezionalità della Commissione esaminatrice ed è pertanto sottratta al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, impingendo nel merito dell'azione amministrativa, salvo che non sia "ictu oculi” inficiata da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti” (Cons. Stato, Sez. IV, n. 5862 del 2008;
8 giugno 2007, n. 3012;
11 aprile 2007, n. 1643;
nonché TAR Lazio, sez. I, nn. 3560 e 2900 del 2012 e n. 35387 del 2010).

Tale condizione non ricorre nella fattispecie in esame ove la commissione ha utilizzato criteri di valutazione chiari e pertinenti, garantendo il principio di trasparenza dell'attività amministrativa, che rappresenta il fine perseguito dal legislatore nel determinare la necessità di fissazione e verbalizzazione dei criteri “in un momento nel quale non possa sorgere il sospetto che questi ultimi siano volti a favorire o sfavorire alcuni concorrenti” (cfr. Cons. Stato , Sez. V, n. 1398/2011).

Non risulta, infine, che vi sia stata una “sovrapposizione” tra criteri, individuandosi a sufficienza da parte della commissione, come peraltro avvenuto nel caso concreto nei confronti del ricorrente, ipotesi ben distinte - e distinguibili come tali in concreto - quali travisamento della traccia e incongruità della soluzione prescelta, cui devono aggiungersi quelle di incompletezza dell’atto, contraddittorietà intrinseca, omessa o carente trattazione di istituti giuridici, presenza di errori di diritto.

Per le ragioni che precedono il ricorso e, con esso, l’atto di motivi aggiunti proposto avverso il decreto di approvazione della graduatoria dei vincitori del concorso, meramente riproduttivo del primo, non possono trovare accoglimento.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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