TAR Roma, sez. I, sentenza 2017-10-19, n. 201710496
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Pubblicato il 19/10/2017
N. 10496/2017 REG.PROV.COLL.
N. 09845/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9845 del 2016, proposto da:
R T, rappresentata e difesa dall'avvocato prof. A S, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, v.le Gorizia, 14;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
S T, non costituito in giudizio;
per l'annullamento, previa sospensione degli effetti,
del provvedimento di esclusione della ricorrente dall'ammissione alle prove orali del concorso a 300 posti di notaio indetto con d.d. del 26 settembre 2014, e di cui al verbale della Commissione esaminatrice n. 200 del 4 novembre 2015, relativo alla valutazione degli elaborati contenuti nella busta distinta con il n. 465 riconducibile alla odierna ricorrente; di ogni altro atto presupposto, successivo e comunque connesso al provvedimento impugnato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Vista l’ordinanza cautelare di questa Sezione n. 5934 del 6.10.2016;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 4 ottobre 2017 il dott. Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso a questo Tribunale, ritualmente notificato e depositato, la dr.ssa R T, premettendo di aver partecipato al concorso per esame a 300 posti di notaio, indetto con d.d. 26 settembre 2014, chiedeva l’annullamento, previa sospensione, dei provvedimenti in epigrafe con i quali era stata espressa valutazione di “non idoneità”, con conseguente mancata ammissione alle prove orali del concorso in questione.
Tale giudizio negativo da parte della Commissione esaminatrice era stato assunto, ai sensi dell’art. 11, comma 7, d.lgs. n. 166/2006, già all’esito della valutazione della prima prova scritta, consistente nella redazione di un atto “inter vivos” di diritto civile.
La ricorrente lamentava, in particolare, violazione di legge, contraddittorietà, illogicità e carenza sostanziale della motivazione nonché diverse figure sintomatiche di eccesso di potere.
In primo luogo, la dr.ssa T rilevava che, su una “griglia” di 17 ipotesi di inidoneità dell’elaborato come preventivamente stabilite dalla Commissione, solo tre ipotesi erano state considerate. In dettaglio erano state ritenute: a) la violazione dell’art. 29, comma 1bis, l. n. 52/1985, per aver fatto rendere la dichiarazione di conformità in riferimento a una sola planimetria pur avendo descritto il fabbricato come composto da distinte unità immobiliari, quindi ciascuna dotata di un autonomo subalterno e rappresentata da autonoma planimetria;b) la violazione dell’art. 35 d.l. n. 223/2006, conv. in l. n. 248/2006, per aver fatto rendere la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà circa il pagamento del prezzo alla sola parte acquirente e non a tutte le parti della vendita, nonché la violazione dell’art. 6 d.lgs. n. 192/2005 circa l’obbligo di inserimento, nel contratto di vendita, di dichiarazione dell’acquirente di aver ricevuto le “informazioni” in ordine all’attestazione della prestazione energetica limitata alla sola documentazione;c) la sussistenza di carenza nella trattazione degli istituti giuridici attinenti alla traccia, con riferimento a quelli specifici ivi indicati.
Su tali tre punti la ricorrente contestava il giudizio della Commissione, rilevando che: 1) in relazione a quanto supra sub a), la dichiarazione era in realtà sussistente e la planimetria richiamata nell’atto era individuata come “planimetria…di cui all’immobile sub A)”, dovendosi intendere questo come l’intero fabbricato e con la conseguenza per cui il riferimento doveva effettuarsi con riguardo a tutte le planimetrie corrispondenti a tutte le unità immobiliari, allegate in un'unica fascicolazione;2) in relazione a quanto supra sub b), la ricorrente aveva chiaramente indicato nel suo elaborato, all’art. 4, che “Le parti dichiarano che il prezzo della presente vendita…”, dovendosi intendere quindi “tutte” le parti, e così pure che il prezzo era integralmente corrisposto dal signor Primo per un importo di cui il costituito T rilasciava finale e liberatoria quietanza;per quanto riguardava, poi, l’attestazione di prestazione energetica, la ricorrente evidenziava che nell’atto era scritto che le parti si dichiaravano edotte circa le prescrizioni di cui al d.lgs. n. 192/2005 per le informazioni sulla prestazione energetica e che la parte acquirente dichiarava di avere ricevuto dalla venditrice tutta la documentazione, incluso l’attestato di prestazione energetica che si allegava.
Ne risultava, quindi, per la ricorrente, la palese illogicità delle conclusioni della Commissione, con conseguente inapplicabilità nel caso di specie di un profilo di insindacabilità dell’esercizio del potere tecnico-discrezionale dell’organo esaminatore.
Per quanto riguardava quanto supra sub c), la dr.ssa T lamentava il difetto di motivazione, in quanto non risultava specificato in cosa era consistita la ritenuta carenza nella trattazione degli istituti giuridici e quali erano in dettaglio i lamentati errori e inesattezze.
In secondo luogo, la ricorrente lamentava anche disparità di trattamento, in quanto al candidato S T (suo omonimo), seduto al posto retrostante e con cui aveva avuto un’intensa “collaborazione” nei limiti consentiti, erano state valutate le tre prove scritte ed era stata disposta la sua ammissione all’esame orale, pur contenendo la prova di diritto civile “inter vivos” gli stessi contenuti ritenuti fonte di grave insufficienza per la ricorrente oltre ad alcune omissioni e un’evidente nullità, in relazione alla mancata descrizione catastale di una soffitta e alla mancata trattazione della problematica della c.d. “vendita in blocco”, pure contestata alla ricorrente.
A tale proposito, la dr.ssa T specificava che, in realtà, lei si era limitata a trattare l’istituto della prelazione in generale, perché l’istituto della “vendita in blocco” è riconducibile a elaborazione giurisprudenziale, come tale soggetta a possibili mutamenti.
Si costituiva in giudizio il Ministero della Giustizia, chiedendo la reiezione del ricorso.
Alla camera di consiglio per la trattazione della domanda cautelare, parte ricorrente rinunziava alla stessa e questa Sezione, con l’ordinanza in epigrafe, ne dava atto.
In prossimità della pubblica udienza, le parti costituite depositavano memorie illustrative delle proprie tesi (la ricorrente anche “di replica”).
Alla pubblica udienza del 4 ottobre 2017, la causa era quindi trattenuta in decisione.
DIRITTO
Come esposto in narrativa, il presente contenzioso trae origine dalla mancata ammissione della ricorrente alla prova orale del concorso notarile a 300 posti indetto con d.d. del 26 settembre 2014, per essere stata dichiarata non idonea a conclusione della disamina della prima delle tre prove scritte, consistente nella redazione di un atto “inter vivos” di diritto civile, senza che si procedesse alla lettura anche del secondo e del terzo elaborato, ai sensi dell’art. 11, comma 7, d.lgs. n. 166/2006 per il quale: “ Nel caso in cui dalla lettura del primo o del secondo elaborato emergono nullità o gravi insufficienze, secondo i criteri definiti dalla commissione, ai sensi dell'articolo 10, comma 2, la sottocommissione dichiara non idoneo il candidato senza procedere alla lettura degli elaborati successivi .”
La motivazione di tale giudizio era rinvenibile nella scheda allegata al verbale contenente la descrizione delle operazioni di correzione dell’elaborato, ove erano individuate una nullità e due gravi insufficienze.
In dettaglio, la nullità consisteva nella riscontrata violazione dell’art. 29, comma 1 bis, della legge n. 52/1985 per avere fatto rendere, all’art. 8 dell’atto, la dichiarazione di conformità oggettiva tra lo stato di fatto e una sola planimetria depositata in catasto, pur avendo la candidata descritto il fabbricato come composto da più distinte unità immobiliari, ciascuna dotata di un autonomo subalterno e quindi rappresentata da una autonoma planimetria.
La prima delle gravi insufficienze era rinvenibile sotto due profili: a) per la riscontrata violazione dell’art. 35 del d.l. n. 223/2006, convertito in legge n. 248/2006, per avere fatto rendere la dichiarazione sostitutiva di atto notorietà ivi prevista circa le modalità di pagamento del prezzo alla sola parte acquirente e non a tutte le parti della vendita, sottoponendo le stesse alla irrogazione delle sanzioni previste dal medesimo articolo;b) per la violazione dell’art. 6 del d.lgs. n. 192/2005 circa l’obbligo di inserimento nel contratto di vendita di dichiarazione dell’acquirente di aver ricevuto ‘le informazioni’ in ordine alla attestazione della prestazione energetica, dichiarazione che la candidata aveva limitato alla sola documentazione, sottoponendo le parti alla possibile irrogazione di una sanzione amministrativa.
La seconda delle gravi insufficienze era riscontrata invece per carenza di trattazione degli istituti giuridici attinenti alla traccia, con riferimento, nel caso di specie, “…alla prelazione agraria e urbana, alla delegazione di pagamento, al contratto a favore di terzo, istituti in relazione ai quali il candidato si limita ad una esposizione generica, spesso ripetitiva del dato normativo e non priva di errori ed inesattezze, avendo in particolare il candidato ignorato la problematica connessa alla c.d. vendita in blocco per l’immobile commerciale” .
Ebbene, con un unico, articolato, motivo di impugnazione, la ricorrente contestava la valutazione operata dalla Commissione esaminatrice, in quanto affetta da violazione di legge e da profili di illogicità, irragionevolezza e disparità di trattamento.
Prima di esaminare le singole censure, il Collegio ritiene opportuno richiamare l’ambito entro il quale è consentito il vaglio giurisdizionale legato a giudizi discrezionali operati da Commissioni tecniche concorsuali.
In tal senso, valga richiamare la giurisprudenza di questa Sezione che, proprio in relazione a concorsi notarili, ha avuto più volte modo di precisare che il conseguente giudizio di legittimità non può trasmodare in un rifacimento, ad opera dell'adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, trovando applicazione il principio per cui l'apprezzamento tecnico della Commissione è sindacabile soltanto ove risulti “macroscopicamente” viziato da illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà (per tutte, da ult.: TAR Lazio, Sez. I, 5.6.17, n. 6539).
Il giudizio della Commissione, infatti, comportando una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione dei candidati, attiene alla sfera della discrezionalità tecnica, censurabile unicamente sul piano della legittimità per i profili ora richiamati (cui possono aggiungersi l’evidente superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità), laddove tali profili risultino emergenti dalla stessa documentazione e siano tali da configurare un palese eccesso di potere, senza che, con ciò, il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione, finanche interpretando la volontà e/o le intenzioni del candidato non immediatamente rinvenibili dalla lettura dell’elaborato (TAR Lazio, Sez. I, 6.9.13, n. 4626).
Il giudizio di legittimità non può, infatti, trasmodare in un rinnovo, ad opera dell'adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, per cui deve ritenersi infondata ogni censura che miri unicamente a proporre una diversa valutazione dell’elaborato in sede giudiziale.
Nel caso di specie può anticiparsi la mancanza dei connotati della manifesta illogicità e irragionevolezza e l’assenza del “travisamento dei fatti” invocato dalla ricorrente, considerato che la valutazione censurata appare al Collegio, pur nella sua necessaria sinteticità, sufficientemente motivata sotto ogni profilo, con riferimento sia ai criteri di valutazione predeterminati sia alla gravità delle insufficienze riscontrate e alla rilevata nullità.
Passando quindi all’esame delle doglianze specifiche della ricorrente, del tutto irrilevante si manifesta l’osservazione della dr.ssa T secondo cui solo tre delle diciassette ipotesi in formulazione “standard”, di cui ai commi 6 e 7 dell’art. 11 cit., risultavano nel caso di specie invocate dalla Commissione, dato che la stessa norma di cui al su riportato comma 7 evidenzia che risultano sufficienti una nullità o gravi insufficienze per pervenire alla dichiarazione di inidoneità e, nel caso di specie, sono state riscontrate entrambe le ipotesi.
Si ricorda, poi, che i criteri di valutazione delle prove scritte non si prestano ad un meccanismo rigido ed automatico basato su meri riscontri tra gli elaborati ed una serie di ipotesi e definizioni predeterminate che guidino il giudizio, né necessitano di particolare analiticità, risolvendosi il giudizio in una verifica essenzialmente qualitativa della preparazione dei candidati, a differenza di altri procedimenti concorsuali, quali quelli ad evidenza pubblica, in cui l’intensità della discrezionalità dell’Amministrazione discende anche dalla variabilità degli elementi da valutare, con la conseguente necessità di individuare ed esplicitare analiticamente i criteri cui ancorare il giudizio (TAR Lazio, Sez. I, 22.5.17, n. 6069).
Chiarito ciò, il Collegio rileva che, con la prima doglianza, la ricorrente sostiene l’erroneità delle conclusioni della Commissione, in quanto l’art. 29, comma 1 bis, l. n. 52/1985, nel testo in vigore, prevede solo il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, nell’elaborato in questione, faceva chiaramente riferimento alla richiesta dichiarazione, fermo restando che il richiamo alla “planimetria…di cui all’immobile sub A)” doveva essere inteso coinvolgendo l’intero immobile e quindi le planimetrie corrispondenti a tutte le unità immobiliari (allegate in un’unica fascicolazione).
Ebbene, sul punto, il Collegio evidenzia che non è consentito - per quanto richiamato in precedenza – introdurre in giudizio osservazioni legate all’applicazione di deduzioni solo implicitamente rinvenibili nel contesto dell’elaborato o su collegamenti ipertestuali che nella pratica della redazione notarile non possono essere considerati ai fini di una completezza formale dell’atto, ricordando che le prove concorsuali scritte per l’accesso a posti di notaio, per la peculiarità della funzione professionale da svolgere, sono connotate da particolare esigenza di formalità, anche descrittiva (TAR Lazio, Sez. I, 20.10.16, ord. n. 6416).
Come correttamente ricostruito dalla difesa erariale, infatti, nell’elaborato si richiama una sola planimetria, sia pure genericamente riferita all’immobile “sub A)”, laddove, in precedenza, risultavano descritte tutte le singole unità immobiliari con il proprio subalterno, con la conseguenza per la quale una corretta e formale redazione di un atto notarile richiedeva una corrispondente dichiarazione di conformità delle planimetrie per ciascuna unità immobiliare, riferendosi la norma di cui all’art. 29, comma 1 bis, cit. a tutte le planimetrie depositate in catasto e alla conseguente dichiarazione di conformità.
Non illogica, quindi, secondo i limiti del presente vaglio giurisdizionale, si presenta la conclusione della Commissione che pretendeva una dichiarazione per ogni singola planimetria esistente e depositata in catasto, fermo restando che dal contesto dell’atto non si evince in alcuna parte che più planimetrie erano allegate “in un’unica fascicolazione”, riferendosi anzi l’art. 8 dell’atto elaborato dalla ricorrente solo a un’unica planimetria depositata in catasto.
In sostanza, è mancata la necessaria e rigorosa formalità, anche descrittiva, che la redazione di un atto notarile impone.
Analogamente deve concludersi per l’altra censura della ricorrente, in ordine alla riscontrata violazione dell’art. 35 d.l. n. 223/2006 come convertito.
Sostiene la dr.ssa T che il riferimento di cui all’art. 4 dell’atto comprendente la dizione “Le parti dichiarano che il prezzo…” poteva essere sufficiente a considerare soddisfatto l’obbligo di cui alla norma richiamata ma il Collegio non può non osservare come questa, in realtà, è chiara nell’indicare la previsione per la quale le parti (tutte) devono rendere apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà recante l’indicazione “analitica” delle modalità di pagamento del corrispettivo.
Nel caso di specie risulta il riferimento a dichiarazione di tutte “le parti” solo per il totale del prezzo della vendita ma non anche per le modalità analitiche di corresponsione (che comprendevano una delegazione poi descritta nel successivo art. 9 dell’atto), la cui dichiarazione era riconducibile al solo acquirente, con la conseguenza che anche in questo caso non sussiste alcuna illogicità nelle conclusioni della Commissione.
Anche la terza censura in ordine alla non corretta modalità di dichiarazione sull’attestato di prestazione energetica risulta infondata.
La ricorrente ritiene sufficiente quanto riportato nell’art. 9 da lei redatto, secondo cui le parti si dichiaravano “informate circa le prescrizioni di cui al D.lgs. n. 192/2005” e l’acquirente dichiarava di aver ricevuto dalla parte venditrice tutta la documentazione, incluso l’attestato di prestazione energetica allegato. Ma il Collegio trova condivisibili le osservazioni della difesa erariale, secondo cui l’art. 6, comma 3, d.lgs. n. 192/2005 impone l’inserimento di una clausola con cui le parti dichiarino di aver ricevuto informazioni e documentazione in ordine all’attestato di prestazione energetica mentre, nel caso di specie, la dichiarazione in questione era limitata alla conoscenza delle prescrizioni di legge e non della specifica prestazione energetica dell’edificio da trasferire.
Nuovamente il Collegio ritiene di evidenziare, quindi, che la redazione di un atto notarile deve essere connotata da particolare esigenza di formalità, anche descrittiva, che nel caso di specie correttamente la Commissione non ha riscontrato, con la conseguenza dell’individuazione di una grave insufficienza perché in tal modo gli stipulanti erano stati predisposti a ricevere una sanzione amministrativa.
Già la legittima individuazione di una forma di nullità e di due gravi insufficienze comporterebbe la carenza di interesse alla contestazione della ulteriore censura riportata in narrativa sub c), legata alla rilevata carenza di trattazione ma, per completezza, il Collegio ritiene di soffermarsi anche su questa, non senza rilevare che, nella sinteticità della motivazione, la Commissione aveva chiaramente fatto riferimento al mancato esame della problematica connessa alla c.d. “vendita in blocco” per l’immobile commerciale, trattazione che coinvolgeva quella degli altri istituti ivi richiamati e che era stata omessa. Né può rilevare, come sostenuto dalla ricorrente che peraltro confermava la mancata trattazione, che tale omissione era dovuta a una caratterizzazione giurisprudenziale, come tale soggetta a possibili mutamenti, in quanto proprio la dimostrazione della conoscenza di problematiche di tipo “giurisprudenziale” - e, quindi, dell’attenzione all’applicazione pratica di un istituto - costituisce un elemento idoneo a valutare in positivo la preparazione del candidato, per cui ben poteva la dr.ssa T trattare l’argomento con la precisazione della sussistenza di eventuali oscillazioni giurisprudenziali.
La ricorrente, poi, non può essere seguita laddove indirizza le sue ulteriori censure avverso i rilievi contenutistici formulati dalla Commissione, in quanto viene in realtà a confutare “nel merito” i rilievi sollevati in ordine alla interpretazione della traccia, alle tesi enunciate e alle soluzioni individuate e il Collegio non può prendere cognizione delle contestate valutazioni, non trattandosi nella fattispecie dell’accertamento di un fatto o del rilievo di una manifesta illogicità valutativa, quanto piuttosto del compimento stesso di un’attività valutativa e comparativa, dell’elaborato della candidata e dei rilievi della Commissione, a tutta evidenza preclusa nella presente sede (TAR Lazio, Sez. I, 2.11.16, n. 10813).
La Commissione ha proposto tracce che prevedevano non già soluzioni predeterminate in astratto, bensì più soluzioni possibili in concreto, purché correttamente costruite sul piano giuridico ed adeguatamente motivate, secondo una valutazione legata alla sua discrezionalità tecnica che nella presente sede non può essere sostituita.
Da ultimo, il Collegio rileva anche che il richiamo a una ritenuta disparità di trattamento – rispetto ad altro candidato collocato nel posto retrostante con cui vi era stata “una intensa ‘collaborazione” secondo non meglio specificati “limiti consentiti” - non è condivisibile, in quanto, per giurisprudenza costante, vi è la necessità di considerare l’intero percorso logico-giuridico seguito da ciascun candidato nella prova presa a confronto e, comunque, un giudizio sfavorevole reso a prova scritta di altro candidato non servirebbe a sanare gli errori in cui è incorso comunque il ricorrente che tale disparità lamenta (TAR Lazio, Sez. I, 5.6.17, n. 6522;6.10.16, n. 5945 e 10.11.15, n. 12704).
Alla luce di quanto dedotto, quindi, il ricorso non può trovare accoglimento.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, tenendo conto della già intervenuta liquidazione per le spese della fase cautelare.