TAR Roma, sez. I, sentenza 2017-05-17, n. 201705869

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2017-05-17, n. 201705869
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201705869
Data del deposito : 17 maggio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/05/2017

N. 05869/2017 REG.PROV.COLL.

N. 05975/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5975 del 2013, proposto da:
G R A R, rappresentato e difeso dagli avvocati M V, G R e F P, elettivamente domiciliato in Roma, viale Maresciallo Pilsudski, 118, presso lo studio dell’avv. F P;

contro

Il Ministero della giustizia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

D L V, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del provvedimento con cui, mediante affissione all’albo del Ministero della giustizia, avvenuta in data 12 aprile 2013, si rendevano noti i risultati della correzione delle prove scritte per il concorso di notaio;

del verbale della Commissione n. 118 del 13 giugno 2012, nella parte in cui formula un giudizio di non idoneità in capo al ricorrente;

del verbale della Commissione esaminatrice n. 15 recante data 6 marzo 2012, con il quale si determinavano le ipotesi in cui poteva pronunciarsi la non idoneità di un candidato sulla base della correzione della sola prima (o seconda) prova scritta;

di ogni altro atto correlato, antecedente e/o consequenziale al suindicato provvedimento.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 maggio 2017 la dott.ssa Roberta Cicchese e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso in epigrafe il dottor G R A R, premesso di aver partecipato al concorso per esame a 200 posti di notaio, indetto con decreto del Direttore Generale della Giustizia civile del 27 dicembre 2010, impugna, unitamente agli atti presupposti indicati in epigrafe, il provvedimento di mancata ammissione alle prove orali del concorso medesimo.

Espone, in fatto, di essere stato dichiarato “non idoneo” dalla Commissione esaminatrice a seguito di correzione avvenuta il 13 giugno 2012.

Il ricorso è affidato alle seguenti censure:

1) Illegittimità costituzionale dell’art. 11, comma 7, del d.lgs. 166/2006 per violazione dell’art. 97 Cost. - eccesso di potere legislativo per violazione del principio di coerenza interna;

2) Illegittimità del verbale della commissione d’esame del 23 aprile 2009 per violazione e falsa applicazione dell’art. 11, comma 7, e art. 10, comma 2, d.lgs. n. 166/2006, eccesso di potere per illogicità, arbitrio perplessità ed ingiustizia manifesta.

3) Difetto di istruttoria, eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza ed ingiustizia manifesta, violazione e falsa applicazione dei criteri generali di correzione cui attenersi nella valutazione degli elaborati, approvati con delibera della commissione di concorso del 23 aprile 2009, eccesso di potere violazione del principio di proporzionalità, violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. 241/1990, difetto di motivazione;

Il Ministero della giustizia si è costituito in giudizio per resistere al ricorso e ne ha domandato la reiezione nel merito.

Il controinteressato evocato non si è costituito in giudizio.

All’udienza del 10 maggio 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Con il primo motivo di doglianza il ricorrente ha sostenuto che l’art. 11, comma 7, del d.lgs. 166/2006, laddove prevede che “ Nel caso in cui dalla lettura del primo o del secondo elaborato emergono nullità o gravi insufficienze , secondo i criteri definiti dalla commissione, ai sensi dell’art. 10, comma 2, la sottocommissione dichiara non idoneo il candidato senza procedere alla lettura degli elaborati successivi”, sarebbe in contrasto con lo spirito complessivo dell’intero provvedimento normativo, teso ad una ponderata e approfondita valutazione dei candidati, tale da consentire un giudizio complessivo dell’intera preparazione.

La prospettazione non può essere condivisa.

Deve infatti osservarsi come tale previsione appaia perfettamente coerente con il principio di buona amministrazione, sotteso all’intero provvedimento normativo di riforma del concorso notarile.

La disposizione censurata, infatti, mira a coniugare l’efficacia del risultato con l’efficienza dell’azione amministrativa, della quale garantisce la celerità, oltre che la rispondenza alla finalità di selezione dei migliori candidati.

Con il secondo motivo di doglianza il ricorrente sostiene che la Commissione avrebbe errato nell’individuare i criteri sulla cui base ritenere l’inidoneità dei candidati, riferiti a concetti vaghi e imprecisi.

La griglia individuata, inoltre, non porrebbe alcun limite alla discrezionalità valutativa della commissione, talmente ampia da sconfinare nell’arbitrio.

Il motivo è infondato.

Il Collegio evidenzia in primo luogo che l’art. 10, comma 2, d.lgs. n. 166/2006 non indica come i criteri devono essere predeterminati.

Inoltre, nel verbale n. 15 del 6 marzo 2012, la Commissione ha individuato prima le ipotesi di esclusione per inidoneità - quali la “nullità dell’atto, anche solo parziale, per ragioni di natura formale o sostanziale”, e le “gravi insufficienze consistenti” - e poi ha indicato le “condizioni per il giudizio complessivo di idoneità”, debitamente elencandole.

Sui contenuti dell’attività di predeterminazione dei criteri, osserva il Collegio che la Commissione, nell’esercizio della propria discrezionalità tecnica, ha correttamente predeterminato i criteri di valutazione per categorie generali ben definite e con riferimento ad ogni possibile giudizio (inidoneità immediata per gravi insufficienze, idoneità/inidoneità per insufficienze meno gravi), secondo formulazioni inequivoche, che immediatamente rinviano ad istituti del diritto positivo ed alla relativa scienza giuridica, nonché ad altri precisi parametri propri di ambiti di conoscenze logiche, tecniche e linguistiche generalmente condivise e ritenute indispensabili per l’esercizio della professione notarile.

Ne discende la non ravvisabilità, nei predetti criteri “ generali ”, della contestata genericità della formulazione.

In ogni caso, giova a riguardo rammentare che la giurisprudenza, anche di questo Tribunale, ha più volte affermato che “ L’attività di determinazione dei criteri di valutazione rientra nell'ampia discrezionalità della Commissione esaminatrice ed è pertanto sottratta al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, impingendo nel merito dell'azione amministrativa, salvo che non sia "ictu oculi” inficiata da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti ” (Consiglio di Stato, sez. IV, n. 5862 del 2008;
8 giugno 2007, n. 3012;
11 aprile 2007, n. 1643;
nonché TAR Lazio, sez. I, nn. 3560 e 2900 del 2012 e n. 35387 del 2010).

Tale condizione non ricorre nella fattispecie in esame ove la Commissione ha utilizzato criteri di valutazione chiari e pertinenti.

Con il terzo motivo di doglianza il ricorrente ha censurato la valutazione di grave insufficienza espressa dalla Commissione nei confronti del suo elaborato mortis causa .

Le argomentazioni contenute nella motivazione del giudizio di grave insufficienza apparirebbero poco pertinenti e poco conducenti ai fini di una corretta valutazione delle effettive abilità e conoscenze acquisite da esso ricorrente nella materia valutata.

Il giudizio poi sarebbe illogico ed erroneo, come risulterebbe pure dal parere del prof. G d R, ordinario di diritto privato, e ruoterebbe su singole argomentazioni assolutamente non condivisibili.

La doglianza va respinta.

Il vaglio giurisdizionale sollecitato con le censure in questione suggerisce di soffermarsi preliminarmente sull’ambito entro il quale è consentito il sindacato giurisdizionale sull’operato di una commissione di esame, al fine di parametrare l’ammissibilità delle doglianze sollevate avverso l’esercizio della discrezionalità valutativa, confluito nell’adozione del giudizio di inidoneità.

In materia la giurisprudenza ha più volte osservato che il giudizio di legittimità avverso i provvedimenti relativi alla mancata ammissione alle prove orali del concorso notarile non può trasmodare in un pratico rifacimento, ad opera dell'adito organo di giustizia, del giudizio tecnico-discrezionale espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, per cui l'apprezzamento della Commissione è sindacabile soltanto ove risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà (per tutte cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 5 gennaio 2017, n. 11 e 23 maggio 2016, n. 2110).

Ciò perché il giudizio della Commissione, comportando una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione scientifica dei candidati, attiene alla sfera della discrezionalità tecnica, censurabile unicamente - sul piano della legittimità – per “ evidente ” superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità, laddove tali profili risultino emergenti dalla stessa documentazione e siano tali da configurare un palese eccesso di potere, senza che, con ciò, il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione (Tar Lazio, sez. I, , 2 novembre 2016, n. 10814, 24 ottobre 2016, n. 10558).

Il ricorrente non può, dunque, essere seguito laddove indirizza le sue censure avverso i dirimenti rilievi formulati dalla Commissione sull’elaborato in rassegna, e ciò in quanto, pur denunciando un “travisamento” degli elementi utilizzati dal candidato, egli viene in realtà a confutare nel merito i rilievi che il predetto Organismo ha sollevato in ordine alla interpretazione della traccia, alle tesi enunciate e alle soluzioni individuate dal candidato medesimo.

Il Collegio non può dunque prendere cognizione delle contestate valutazioni della Commissione, non trattandosi nella fattispecie dell’accertamento di un fatto o del rilievo di una manifesta illogicità valutativa, quanto piuttosto del compimento di un’attività valutativa e comparativa, dell’elaborato del candidato e dei rilievi della Commissione, a tutta evidenza preclusa all’adìto Giudice.

Deve peraltro rilevarsi come non sia condivisibile l’approccio di fondo “ atomistico ” con il quale il ricorrente ha isolato ciascuna delle carenze e insufficienze evidenziate dalla Commissione: infatti, è evidente che la gravità e l’incidenza di un errore non necessariamente risultano apprezzabili sulla base della lettura della sola parte dell’elaborato in cui è contenuto l’errore medesimo, dovendo tenersi conto di come questa s’inserisce all’interno dello svolgimento della traccia nel suo complesso (cfr., da ultimo Consiglio di Stato, sezione IV, 5 gennaio 2017, n. 11 e 23 maggio 2016, n. 2110).

Diversamente da quanto prospettato, poi, la Commissione - il giudizio della quale va formulato in maniera sintetica - non era tenuta a chiarire quale fosse la soluzione alternativa corretta rispetto a quella prescelta dal candidato e giudicata erronea.

Il Collegio concorda infine con la tesi a più riprese affermata dalla giurisprudenza secondo cui, ai fini della confutazione del giudizio della Commissione di concorso, è irrilevante la presentazione di pareri pro veritate, atteso che spetta in via esclusiva a quest'ultima la competenza a valutare gli elaborati degli esaminandi e — a meno che non ricorra l'ipotesi residuale della abnormità — non è consentito al giudice della legittimità sovrapporre alle determinazioni da essa adottate il parere reso da un soggetto terzo, quale che sia la sua qualifica professionale e il livello di conoscenze e di esperienze acquisite nella materia de qua (cfr. Consiglio di Stato, sezione IV, 5 gennaio 2017, n. 11).

In conclusione il ricorso va respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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