TAR Roma, sez. I, sentenza 2016-10-24, n. 201610558

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2016-10-24, n. 201610558
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201610558
Data del deposito : 24 ottobre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/10/2016

N. 10558/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00673/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 673 del 2015, proposto da:
G L, rappresentato e difeso dagli avvocati A C C.F. CNCRTR55C13H501S, G R C.F. RNLGNN65R28L117M, con domicilio eletto presso A C in Roma, via G. Mercalli, 13;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

L D M, Alberto Scali, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

previa sospensione dell’esecuzione

del verbale n. 55 del 4.2.2014 con il quale la Commissione Esaminatrice del concorso a 250 posti di Notaio, indetto con D.D. 22.3.2013, ha dichiarato il dott. G L non idoneo per l’ammissione alle prove orali del concorso per 250 posti di notaio, conosciuto successivamente all’accesso documentale richiesto dall’odierno ricorrente in data 24.11.2014;

della lista-graduatoria approvata dal Ministero della Giustizia, pubblicata sul sito istituzionale del predetto Ministero in data 14 novembre 2014, nella parte in cui il dott. G L non è stato ammesso alle prove orali del concorso a 250 posti di Notaio, indetto con D.D. 22.3.2013;

di ogni altro atto presupposto, connesso preparatorio e/o consequenziale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2016 la dott.ssa Rosa Perna e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il ricorso in epigrafe il dott. G L, premesso di aver partecipato al concorso, per esame a 250 posti di notaio, indetto con decreto del Direttore Generale della Giustizia Civile del 22 marzo 2013, ha impugnato, tra gli altri, il provvedimento di mancata ammissione alle prove orali del concorso medesimo.

Espone, in fatto, di essere stato dichiarato “non idoneo” dalla Commissione esaminatrice per asseriti errori riscontrati nella lettura dei compiti e, conseguentemente, non è stato ammesso a sostenere le prove orali. Aggiunge che la suddetta Commissione esaminatrice, dopo la disamina della prima prova scritta, ha deciso a maggioranza di passare all’esame della seconda atteso che la riscontrata insufficienza della prima non presentava la gravità richiesta dall’art. 11, comma 7, d.lgs. 24 aprile 2006, n. 166 per esprimere un giudizio di inidoneità. Anche nei riguardi della seconda prova scritta era stato espresso un giudizio di insufficienza non grave, che aveva consentito l’esame anche del terzo elaborato, l’atto di diritto civile “inter vivos, conclusosi però con un giudizio di inidoneità, con conseguente non ammissione alle prove orali.

2. Ciò premesso, deduce le seguenti censure:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 del d.lgs. 24.4.2006, n. 166. Violazione dei principi di imparzialità e buon andamento. Eccesso di potere per superficialità delle operazioni di correzione, carenza di istruttoria, sviamento. Ingiustizia manifesta.

Risulta per tabulas che la seduta del 4 febbraio 2014 sia durata un tempo inferiore alle 4 ore minime prescritte dall’art. 10, comma 5, del d.lgs. n. 166/2006, e tanto determina l’illegittimità del verbale e del conseguente giudizio di inidoneità espresso nei riguardi del ricorrente.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 del d.lgs. 24.4.2006, n. 166 in combinato disposto con l’art. 8 del Bando indetto con D.D. del 22.3.2013. Violazione del principio del giusto procedimento. Violazione dei principi di trasparenza, correttezza e buon andamento dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di istruttoria e di motivazione. Illogicità ed irrazionalità manifeste.

Dall’esame del verbale n. 55 emerge che il primo e il secondo elaborato redatti dal dott. Li sono stati ritenuti validi, ovvero non sono stati giudicati nulli o gravemente insufficienti;
dal verbale non emerge, invece, che la Commissione abbia effettuato una valutazione complessiva e globale delle tre prove, applicando, se del caso, il criterio della compensazione nel giudizio definitivo sull’idoneità del candidato;
né vi si dà conto del peso del terzo elaborato sul giudizio finale.

Non è ammissibile, alla luce del metodo valutativo previsto dal citato art. 11, che la Commissione proceda all’esclusione, nel caso in cui ravvisi la nullità o la grave insufficienza del terzo elaborato quando i primi due siano stati valutati positivamente.

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 del d.lgs. 24.4.2006, n. 166 in combinato disposto con l’art. 3 della l. n. 241/1990. Violazione del principio di trasparenza e par condicio tra i concorrenti. Disparità di trattamento. Eccesso di potere per incongruità e inadeguatezza della motivazione, per travisamento, illogicità ed irrazionalità manifeste.

Il giudizio della Commissione, nel dichiarare “inidoneo” il candidato in quanto l’elaborato di diritto civile inter vivos sarebbe nullo o gravemente insufficiente in quanto il candidato avrebbe ipotizzato una “divisione con effetti reali definitivi senza la presenza di tutti i comunisti”, risulta viziato da travisamento dei fatti e da profili di illogicità e irragionevolezza, in quanto contesta un errore che in fatto non sussiste. Al contrario di quanto sostenuto dalla Commissione (… “non considerare nell’atto di divisione uno dei comunisti”), il candidato ha considerato i diritti e le ragioni del condividente non comparso, mediante lo strumento della proposta irrevocabile nei suoi riguardi;
la soluzione prescelta dal ricorrente è conforme ai principi di diritto e agli orientamenti della giurisprudenza, risulta coerente con il testo della traccia ed è adeguatamente motivata.

Il giudizio della Commissione risulta altresì viziato per aver valutato nel senso opposto al ricorrente altre situazioni di fatto e di diritto perfettamente analoghe.

Il medesimo giudizio di non ammissione risulta infine affetto da difetto di motivazione, considerata anche l’assenza di glosse o segni grafici sugli elaborati, e non potendo l’onere motivazionale ritenersi soddisfatto dall’utilizzo delle c.d. formule standard di cui all’art. 11, comma 5, del d.lgs. n. 166/2006.

4) Eccesso di potere per mancata corrispondenza della stessa ai criteri di valutazione degli elaborati preliminarmente fissati dalla Commissione- Contraddittorietà. Difetto di motivazione e di istruttoria sotto ulteriore profilo. Violazione degli artt. 10 e 11 del d.lgs. 24.4.2006, n. 166. Violazione dei principi di congruità e logicità dei criteri valutativi. Illegittimità derivata.

La Commissione non ha seguito i parametri valutativi specificati nella seduta del 4.12.2013.

In ogni caso, il ricorrente contesta le modalità di fissazione di tali criteri e il contenuto dei medesimi, poiché lamentando che le ipotesi di nullità e di grave insufficienza degli elaborati sarebbero state individuate in modo assolutamente generico.

E’ nullo il verbale n. 8 del 4.12.2013, poiché in base a quanto in esso rappresentato sarebbero stati presenti alla seduta 24 componenti, mentre in esso, pur risultando la firma del Presidente e del Segretario, non risulta la firma di tutti detti componenti, la cui presenza dunque non sarebbe comprovata.

Il ricorrente chiede pertanto l’annullamento degli atti oggetto di censura.

3. Il Ministero della giustizia si è costituito in giudizio per resistere al ricorso, e ne ha domandato la reiezione nel merito, sul rilievo della piena legittimità delle operazioni di correzione degli elaborati e della sufficienza, logicità e congruità della motivazione del giudizio negativo, insindacabile nel suo contenuto valutativo.

4. Con ordinanza n. 610 del 12 febbraio 2015, confermata dalla sez. IV del Consiglio di Stato (ord. n. 2638 del 17 giugno 2015), è stata respinta la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato.

5. Con memoria depositata il 26 luglio 2016 il ricorrente ha ripreso e sviluppato le censure svolte nel ricorso insistendo per l’accoglimento del gravame.

6. I dott.ri Alberto Scali e L D M non si sono costituiti in giudizio.

7. Alla pubblica udienza del 5 ottobre 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Come esposto in narrativa, il dott. G L non è stato ammesso a sostenere le prove orali del concorso notarile per essere stato dichiarato non idoneo a conclusione della disamina delle sue prove scritte. In particolare, pur non essendo emerse gravi insufficienze nella lettura dei primi due elaborati (rispettivamente, atto mortis causa di diritto civile e atto inter vivos di diritto commerciale) tali da precludere alla Commissione esaminatrice, ai sensi dell’art. 11, comma 7, d.lgs. 24 aprile 2006, n. 166, di passare alla lettura del terzo elaborato (atto inter vivos di diritto civile), su quest’ultimo il giudizio è stato di “gravemente insufficiente”.

2. Venendo all’esame dei singoli motivi di ricorso, in merito alla lamentata esiguità dei tempi di correzione degli elaborati, di cui al primo mezzo, con conseguente dubbio sulla correttezza della valutazione effettuata da parte della Commissione, osserva il Collegio che, per costante giurisprudenza, non sono normalmente sindacabili in sede di legittimità i tempi dedicati dalla Commissione giudicatrice alla valutazione dei candidati, soprattutto allorché tali tempi siano stati calcolati in base ad un computo presuntivo dato dalla suddivisione della durata di ciascuna seduta per il numero dei concorrenti (o degli elaborati) esaminati, in quanto non è possibile, di norma, stabilire quali concorrenti abbiano fruito di maggiore o minore considerazione e, quindi, se il vizio dedotto infici in concreto il giudizio contestato (Cons. Stato, sez. VI, 10 aprile 2003, n. 1906;
T.A.R. Molise 26 luglio 2002, n.553;
T.A.R Campania sez. III 30 aprile 2003, n. 4255, 31 luglio 2003, n. 10738).

In ogni caso, come già ritenuto durante la fase cautelare del presente giudizio, il termine di durata di ogni seduta non è perentorio, con la conseguenza che la durata inferiore di quindici minuti rispetto alle quattro ore previste non può certamente inficiare la valutazione che degli elaborati è stata effettuata durante la seduta stessa.

3. Con il secondo motivo la ricorrente censura il giudizio di inidoneità, per non avere la Commissione proceduto alla valutazione complessiva dei tre elaborati, come prevista dall’art. 11, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 166/2006, malgrado che nella lettura dei primi due non fossero emerse gravi insufficienze.

La censura è destituita di giuridico fondamento, in quanto fondata su una lettura parziale e non sistematica della disciplina recata dall’art. 11 cit..

E’ infatti evidente che, per ragioni di coerenza sistematica e logica, la norma di cui all’art. 11, comma 7- per la quale il candidato va dichiarato immediatamente non idoneo, senza procedere alla lettura degli elaborati successivi e al conseguente giudizio complessivo, qualora dalla lettura del primo o del secondo compito emergano nullità ovvero gravi insufficienze – trova necessariamente applicazione anche nei casi in cui le dette nullità o gravi insufficienze si evidenzino nel corso della lettura del terzo compito, imponendo, anche in tal caso, la dichiarazione di inidoneità, indipendentemente dall’esito delle prove precedenti, con esclusione, quindi, del giudizio complessivo previsto dall’art. 11, comma 1, cit..

Non sarebbe infatti logicamente sostenibile che un errore grave, suscettibile di determinare la dichiarazione di inidoneità del candidato sulla base della lettura di un solo elaborato, possa assumere una rilevanza ed un’efficacia causale diverse a seconda che lo stesso riguardi l’ultima prova oggetto di correzione da parte della Commissione ovvero gli elaborati precedenti.

Ne discende che la valutazione di non idoneità anche di un solo elaborato è tale da precludere l’ammissione alle prove orali del concorso a posti di notaio, a nulla rilevando che si tratti del compito letto e valutato per ultimo;
e, pertanto, correttamente, nel caso di specie, rinvenuta la sussistenza di gravi insufficienze nel corso della lettura del terzo compito relativo all’atto inter vivos di diritto civile, la Commissione ha formulato giudizio di inidoneità del candidato, ritenendo tali insufficienze assorbenti e tali da giustificare autonomamente l’inidoneità stessa, senza ricorrere al giudizio complessivo basato su una valutazione integrata e bilanciata delle tre prove;
mentre per ragioni di completezza ha rilevato anche le insufficienze meno gravi presenti nel compito medesimo.

4. Con il terzo motivo il ricorrente in primo luogo contesta la valutazione di “gravemente insufficiente” che del terzo elaborato è stata operata dalla Commissione, in quanto asseritamente affetta da travisamento dei fatti e da profili di illogicità e irragionevolezza.

4.1 - Il vaglio giurisdizionale sollecitato con le proposte censure suggerisce di soffermarsi preliminarmente sull’ambito entro il quale lo stesso è consentito, al fine di parametrare specularmente l’ammissibilità delle doglianze sollevate avverso l’esercizio della discrezionalità valutativa, confluito nell’adozione del giudizio gravato.

4.2 In tale direzione, occorre rammentare che, dal momento che il giudizio di legittimità non può trasmodare in un pratico rifacimento, ad opera dell'adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, trova espansione il principio per cui l'apprezzamento tecnico della Commissione è sindacabile soltanto ove risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà.

Come più volte affermato in giurisprudenza, anche della Sezione (Tar Lazio, sez. I, n. 2467 del 2012 e n. 26342 del 2010), il giudizio della Commissione, comportando una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione scientifica dei candidati, attiene alla sfera della discrezionalità tecnica, censurabile – unicamente sul piano della legittimità – per evidente superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità, laddove tali profili risultino emergenti dalla stessa documentazione e siano tali da configurare un palese eccesso di potere, senza che, con ciò, il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 172 del 2006;
Tar Lazio, sez. I, 6 settembre 2013, n. 4626).

Il giudizio di legittimità non può, infatti, trasmodare in un rifacimento, ad opera dell'adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, potendo l'apprezzamento tecnico dell’organo collegiale essere sindacabile soltanto ove risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà. Deve, pertanto, ritenersi infondata una censura che miri unicamente a proporre una diversa valutazione dell’elaborato, atteso che in tal modo verrebbe a giustapporsi alla valutazione di legittimità dell'operato della Commissione una – preclusa – cognizione del merito della questione.

La mancanza dei connotati della manifesta illogicità e irragionevolezza e l’assenza del “travisamento dei fatti” invocato dal ricorrente preclude, quindi, all’adìto Giudice di sindacare il merito della valutazione effettuata dalla Commissione, valutazione che, peraltro, appare al Collegio, nella sua sinteticità, ben motivata sotto ogni profilo contestato, con riferimento sia ai criteri di valutazione dalla stessa predeterminati sia alla gravità degli errori.

Il candidato è stato giudicato inidoneo in quanto la Commissione ha ritenuto che una divisione, quale quella da lui elaborata, con effetti reali immediati, stipulata in assenza di alcuno dei comunisti, sia radicalmente nulla.

4.3 Il ricorrente non può quindi essere seguito laddove indirizza le sue censure avverso i dirimenti rilievi formulati dalla Commissione sull’elaborato in rassegna, e ciò in quanto, pur denunciando un “travisamento” degli elementi forniti dal candidato, egli viene in realtà a confutare nel merito i rilievi che il predetto Organismo ha sollevato in ordine alla interpretazione della traccia, alle tesi enunciate e alle soluzioni individuate dal candidato medesimo.

Il Collegio non può dunque prendere cognizione delle contestate valutazioni della Commissione, non trattandosi nella fattispecie dell’accertamento di un fatto o del rilievo di una manifesta illogicità valutativa, quanto piuttosto del compimento di un’attività valutativa e comparativa, dell’elaborato del candidato e dei rilievi della Commissione, a tutta evidenza preclusa all’adìto Giudice.

4.4 Con evidenza, gli stessi profili non permettono di conferire rilevanza all’operazione pure svolta dal ricorrente di messa a confronto del giudizio su singole parti del proprio elaborato con quello espresso su altre parti di elaborati di altri candidati valutati idonei per inferirne la disparità di trattamento ai propri danni.

La Commissione ha proposto temi che prevedevano non già soluzioni corrette predeterminate in astratto, bensì più soluzioni possibili in concreto, purché correttamente costruite sul piano giuridico ed adeguatamente motivate;
ne consegue che qualsiasi richiamo ad elaborati di altri candidati che abbiano astrattamente utilizzato gli stessi istituti giuridici non risulta in sé conferente, essendo di contro necessario verificare la concreta applicazione dell’istituto nel singolo atto e, di conseguenza, gli effetti che nel caso concreto ne derivano oltre che l’enunciazione delle ragioni giuridiche che ne giustificano l’impiego.

4.5 Inconferenti devono infine ritenersi le censure rivolte a sostenere la non correttezza degli ulteriori rilievi formulati per completezza dalla Commissione sul medesimo elaborato che, non riferendosi a ipotesi di nullità o di gravi insufficienze, non sono autonomamente idonei a giustificare la dichiarazione di inidoneità, del candidato.

5. Con riguardo all’ultimo gruppo di censure, giova premettere che, nella fattispecie all’esame dell’adìto Giudice, la predeterminazione dei criteri di valutazione degli elaborati nonché dei criteri di determinazione delle gravi insufficienze costituiva ineludibile attività propedeutica della Commissione esaminatrice, avuto riguardo alla previsione dell’art. 10, comma 2, come richiamata, ai fini che ne occupano, dall’art. 11, comma 7, del d.lgs. 166/2006.

5.1 E, invero, ai sensi della prima disposizione, “La commissione, prima di iniziare la correzione, definisce i criteri che regolano la valutazione degli elaborati e l'ordine di correzione delle prove stesse”;
mentre secondo l’art. 11, comma 7, precitato, “Nel caso in cui dalla lettura del primo o del secondo elaborato emergono nullità o gravi insufficienze, secondo i criteri definiti dalla Commissione, ai sensi dell'articolo 10, comma 2, la sottocommissione dichiara non idoneo il candidato senza procedere alla lettura degli elaborati successivi”.

Risulta dunque di immediata evidenza che alla generale attività di fissazione dei “criteri che regolano la valutazione degli elaborati” (art. 10, comma 2) acceda quella di specifica individuazione delle tipologie di errori che sostanziano le ipotesi di “nullità” o “gravi insufficienze”, legittimanti l’arresto della correzione degli elaborati e la conseguente esclusione del candidato dalla partecipazione alle prove orali;
e ciò, anche considerato che l’art. 11, comma 7, in esame, si limita alla menzione delle suddette ipotesi senza individuarne i contorni né i contenuti.

Ne consegue che per la Commissione esaminatrice costituiva uno specifico obbligo il precisare adeguatamente siffatte categorie mediante l’individuazione delle tipologie di “errori” suscettibili di essere ricondotte nell’ambito della generica declaratoria di legge, come la Sezione, del resto, ha già avuto modo di precisare a questo riguardo (da ultimo, TAR Lazio, Sez. I, nn. 4118, 3560 e 2900 del 2012).

5.2 Alla luce delle superiori considerazioni, destituita di fondamento risulta la censura secondo la quale, nella fissazione dei predetti parametri, la Commissione avrebbe declinato le ipotesi di nullità dell’atto in modo del tutto generico, senza alcuna specificazione, così rimettendo alla propria valutazione l’individuazione delle singole ipotesi di nullità nel caso concreto.

5.2.1 L’art. 10, comma 2, d.lgs. n. 166 del 2006 non indica come i criteri devono essere predeterminati. Aggiungasi che nella seduta del 4 dicembre 2013 (verbale n. 8) la Commissione ha individuato prima le ipotesi di esclusione per inidoneità - id est la “nullità dell’atto, anche solo parziale, per ragioni di natura formale o sostanziale”, e “gravi insufficienze consistenti ….” - e poi ha indicato le “condizioni per il giudizio complessivo di idoneità”, debitamente elencandole;
in ogni caso, essendo le condizioni per il giudizio di idoneità individuate nel dettaglio, e non in via residuale, non rileva averle indicate dopo quelle di inidoneità.

5.2.2 In merito ai contenuti dell’attività di predeterminazione dei criteri, osserva il Collegio che Commissione, nell’esercizio della propria discrezionalità tecnica, ha correttamente predeterminato i criteri di valutazione, per categorie generali ben definite e con riferimento ad ogni possibile giudizio (inidoneità immediata per gravi insufficienze, idoneità/inidoneità per insufficienze meno gravi), secondo formulazioni inequivoche, che immediatamente rinviano ad istituti del diritto positivo ed alla relativa scienza giuridica, nonché ad altri precisi parametri propri di ambiti di conoscenze logiche, tecniche e linguistiche generalmente condivise e ritenute indispensabili per l’esercizio della professione notarile (Tar Lazio, sez. I, 26 novembre 2015, n. 13365).

Ne discende la non ravvisabilità, nei predetti criteri “generali”, della contestata genericità della formulazione.

Mentre per ciò che specificamente attiene al criterio relativo alla grave insufficienza per “nullità dell’atto, anche soltanto parziale, per ragioni di natura formale e sostanziale”, è evidente che la Commissione abbia stabilito che il possesso della conoscenza della nozione di nullità e della relativa disciplina acceda al complessivo bagaglio di competenze che immancabilmente qualifica il profilo richiesto al candidato per l’esercizio della professione notarile, anche in relazione alla redazione dell’atto notarile.

5.3 In ogni caso, giova a riguardo rammentare che la giurisprudenza, anche di questo Tribunale, ha più volte affermato che “L’attività di determinazione dei criteri di valutazione rientra nell'ampia discrezionalità della Commissione esaminatrice ed è pertanto sottratta al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, impingendo nel merito dell'azione amministrativa, salvo che non sia "ictu oculi” inficiata da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti” (Cons. Stato, sez. IV, n. 5862 del 2008;
8 giugno 2007, n. 3012;
11 aprile 2007, n. 1643;
nonché TAR Lazio, sez. I, nn. 3560 e 2900 del 2012 e n. 35387 del 2010 ).

Tale condizione non ricorre nella fattispecie in esame ove la Commissione ha utilizzato criteri di valutazione chiari e pertinenti, garantendo anzi il principio di trasparenza dell'attività amministrativa, che rappresenta il fine perseguito dal legislatore nel determinare la necessità di fissazione e verbalizzazione dei criteri “in un momento nel quale non possa sorgere il sospetto che questi ultimi siano volti a favorire o sfavorire alcuni concorrenti” (cfr. Consiglio Stato , sez. V, n. 1398 del 2011).

5.4 Nessun pregio riveste infine la censura volta a contestare la mancata sottoscrizione integrale del verbale n. 8 della seduta del 4 dicembre 2013, nella quale la Commissione ha proceduto alla definizione dei criteri per la valutazione degli elaborati e delle relative motivazioni sintetiche con formulazione standard.

Si consideri, infatti, che la mancata sottoscrizione del verbale, cui abbiano apposto la firma il Presidente e il Segretario della Commissione, non costituisce in sé prova della mancata partecipazione del singolo componente alla seduta;
d’altra parte, la disciplina del concorso notarile non annovera alcuna specifica previsione in tema di integrale sottoscrizione dei verbali dei lavori della commissione, tanto che lo schema del verbale in questione è predisposto per accogliere le sole firme del Presidente e del Segretario – che nella specie risultano regolarmente apposte - il primo che dichiara e assume la responsabilità delle attività svolte dall’organo collegiale e il secondo che attesta lo svolgimento delle operazioni che esso stesso annota, mentre non è predisposto per la raccolta delle firme degli altri componenti, la cui mancata sottoscrizione non può quindi inficiare la validità del verbale e delle operazioni in esso riportate.

Ciò, in quanto, il verbale delle operazioni compiute dall’organo collegiale non è esso stesso, per sua natura, un atto collegiale, ma solo un documento che attesta, con le dovute garanzie legali, il contenuto di una volontà collegiale;
pertanto, pur nelle ipotesi in cui la sottoscrizione integrale del verbale sia oggetto di previsione di legge, in linea con gli orientamenti della giurisprudenza del Consiglio di Stato è da ritenere che la mancanza di firma di uno dei commissari, ove non sia determinata dalla mancata partecipazione di questo alla seduta – ciò che non è dedotto né provato dall’odierno esponente - ovvero da un atto volontario di astensione esplicitamente fatto constare, non inficia la validità del verbale stesso, concretando, tutt’al più, una irregolarità sanabile (Cons. Stato, sez. V, 25.01.2003, n. 344).

6. Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere respinto.

7. Quanto alle spese di giudizio, in considerazione della particolarità della vicenda contenziosa, può disporsene l'integrale compensazione fra le parti costituite.

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