TAR Roma, sez. 3S, sentenza 2022-10-28, n. 202213974

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3S, sentenza 2022-10-28, n. 202213974
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202213974
Data del deposito : 28 ottobre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/10/2022

N. 13974/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01776/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1776 del 2016, proposto da
G M, G S, N G, B S, V P, D'Ippolito Antonino, Q F, V L (Esercente Potesta' Genitoriale), E M, rappresentati e difesi dall'avvocato A R, con domicilio eletto presso lo studio Maria Vittoria Piacente in Roma, via Tibullo, 10;

contro

Cri - Croce Rossa Italiana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ente Strumentale Alla Croce Rossa Italiana, Associazione della Croce Rossa Italiana, non costituiti in giudizio;

risarcimento dei danni per tardiva assunzione


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Cri - Croce Rossa Italiana;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 14 ottobre 2022 il dott. R T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con l’atto introduttivo del giudizio i ricorrenti chiedevano la condanna dell’amministrazione resistente al risarcimento del danno subito per tardiva assunzione nella misura corrispondente agli emolumenti che gli stessi avrebbero dovuto percepire se fossero stati regolarmente assunti, nell’arco temporale compreso tra l’atto formale di nomina degli altri vincitori del predetto concorso e la data della loro effettiva assunzione avvenuta il 1 giugno 2002, comprensivi della quota di TFR, tenendo conto degli automatismi di progressione economica, oltre al valore delle contribuzioni previdenziali obbligatorie, come precisato in ricorso.

Si costituiva l’amministrazione resistente chiedendo rigettarsi il ricorso.

2. Il ricorso proposto deve trovare accoglimento nei termini che seguono.

I ricorrenti, nel 1999, proponevano ricorso giurisdizionale chiedendo l’annullamento delle determinazioni dirigenziali nn. 22, 23, 25 e 26 del 1 aprile 1999 con cui la Croce Rossa Italiana li escludeva dalla partecipazione ai concorsi pubblici per titoli per il conferimento di 308 posti nella V qualifica di operatore specializzato, 338 posti della IV qualifica di operatore qualificato, di 26 posti nella quarta qualifica funzionale profilo di archivista.

Con ordinanza cautelare n. 1329 del 28 luglio 1999, il Tar accoglieva la domanda cautelare ordinando alla resistente l’ammissione con riserva a tutti i concorsi di parte ricorrente. Gli stessi venivano quindi utilmente collocati nella graduatoria del concorso a 338 posti nella IV qualifica, ma la CRI non li immetteva in servizio.

Con sentenza n. 8550 del 17 aprile 2001, il Tar accoglieva il ricorso e annullava i provvedimenti di esclusione dei ricorrenti relativamente al citato concorso. La sentenza non veniva impugnata ma i ricorrenti non erano assunti e immessi in servizio.

Solo in data 30 maggio 2002 l’amministrazione inviava ai ricorrenti le lettere di assunzione, con la conseguenza che i ricorrenti chiedevano il risarcimento del danno da tardiva assunzione con riferimento al periodo 30 dicembre 1999 – 1 giugno 2002.

I ricorrenti rappresentavano che l’amministrazione aveva provveduto alla retrodatazione degli effetti giuridici della nomina a far data dal 30 dicembre 1999, ma non aveva provveduto alla ricostruzione della carriera dei ricorrenti ai fini economici e previdenziali.

Occorre considerare che in tema di risarcimento del danno, come noto, la ripartizione dell’onere della prova tra ricorrente e resistente segue le regole previste dall’art. 2697 c.c., con la conseguenza che spetta al danneggiato allegare e provare tutti gli elementi probatori dell’illecito, di natura aquiliana dell’amministrazione, ivi inclusa la spettanza del bene della vita e il nesso di causalità tra la condotta dell’amministrazione e questo. Il risarcimento potrà essere riconosciuto se l’esercizio illegittimo del potere amministrativo abbia leso un bene della vita del privato, che questo avrebbe avuto titolo per mantenere od ottenere. Infatti, “diversamente da quanto avviene nel settore della responsabilità contrattuale, il cui aspetto programmatico è costituito dal rapporto giuridico regolato bilateralmente dalle parti mediante l’incontro delle loro volontà concretizzato con la stipula del contratto-fatto storico, il rapporto amministrativo si caratterizza per l’esercizio unilaterale del potere nell’interesse pubblico, idoneo, se difforme dal paradigma legale e in presenza degli altri elementi costitutivi dell’illecito, a ingenerare la responsabilità aquiliana dell’amministrazione”.

Sul punto, d’altro canto, la giurisprudenza del Consiglio di Stato (si veda Cons. Stato, Ad. plen. n. 7 del 2021) ha osservato che l’ingiustizia del danno che fonda la responsabilità dell’amministrazione per lesione di interessi legittimi si correla alla dimensione sostanzialistica di questi ultimi, per cui solo se dall’illegittimo esercizio della funzione pubblica sia derivata per il privato una lesione della sua sfera giuridica quest’ultimo può ottenere il risarcimento per equivalente monetario: secondo un orientamento della giustizia amministrativa, mai posto in discussione, il risarcimento è escluso quando l’interesse legittimo riceva tutela idonea con l’accoglimento dell’azione di annullamento, ma questo sia determinato da una illegittimità, solitamente di carattere formale, da cui non derivi un accertamento di fondatezza della pretesa del privato ma un vincolo per l’amministrazione a rideterminarsi, senza esaurimento della discrezionalità ad esse spettante;
in caso di ritardata conclusione del procedimento amministrativo, il requisito dell’ingiustizia esige la dimostrazione che il superamento del termine di legge abbia impedito al privato di ottenere il provvedimento ampliativo favorevole, per il quale aveva presentato istanza.

Nel caso di specie, la parte ricorrente ha fornito adeguati elementi istruttori per ritenere sussistente la responsabilità dell’amministrazione in relazione alla tardiva assunzione, alla luce del contenuto del provvedimento giurisdizionale e della mancanza di elementi giustificativi della condotta della stessa amministrazione.

Come evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa “A seguito della tardiva assunzione di un dirigente di seconda fascia, in conseguenza della illegittima pretermissione dello stesso nella graduatoria finale del concorso, a titolo risarcitorio spettano le differenze retributive quantificate tenendo conto di quanto già percepito dallo stesso e quanto corrisposto ad un vincitore del medesimo concorso dal momento dell'attribuzione della qualifica di seconda fascia in attesa di conferimento dell'incarico;
spetta, inoltre, l'ammontare delle contribuzioni pensionistiche (ivi incluse la liquidazione e il fondo pensionistico) che in relazione a dette differenze retributive l'Amministrazione avrebbe dovuto versare all'ente di previdenza obbligatoria. Su dette somme dovranno essere riconosciuti gli interessi legali e la rivalutazione monetaria come per legge, atteso che sul dovuto a titolo di risarcimento del danno, che è debito di valore, competono rivalutazione monetaria e interessi nella misura legale fino al soddisfo.” (TAR Lazio sez. II Roma 19/09/2019 n.11111)

I ricorrenti hanno pertanto diritto a ottenere il risarcimento del danno relativo al periodo richiesto consistente nella ricostruzione della carriera retributiva e previdenziale degli stessi ricorrenti con riferimento al periodo in contestazione, al netto delle somme dagli stessi percepite nel periodo di riferimento quale aliunde perceptum come risultanti dagli estratti contributivi depositati. Spettano pertanto ai ricorrenti:

a) le differenze retributive quantificate tenendo conto di quanto percepito dal ricorrente e quanto corrisposto ad un vincitore del medesimo concorso;

b) l'ammontare delle contribuzioni pensionistiche (ivi inclusi la liquidazione e il fondo pensionistico) che in relazione a dette differenze retributive l'Amministrazione avrebbe dovuto versare all'ente di previdenza obbligatoria;

c) sulle somme di cui i punti a) e b) dovranno essere riconosciuti gli interessi legali e la rivalutazione monetaria come per legge, atteso che sul dovuto a titolo di risarcimento del danno, che è debito di valore, competono rivalutazione monetaria e interessi nella misura legale fino al soddisfo.

Pertanto, l’amministrazione è tenuta a risarcire il danno subito quantificato nella misura corrispondente agli emolumenti che gli stessi avrebbero dovuto percepire, in caso di regolare assunzione, nell’arco temporale intercorrente tra il 30 dicembre 1999 e il 1 giugno 2002, tenendo conto del TFR, degli automatismi della progressione economica, del valore delle contribuzioni previdenziali obbligatorie che avrebbero dovute essere versate, oltre interessi di legge dalla insorgenza dei singoli crediti al saldo, oltre tutte le somme dovute contrattualmente, al netto dell’aliunde perceptum per le attività lavorative svolte nei periodi in rilievo come risultanti dalla documentazione depositata.

Alla luce dei parametri sovra indicati l’amministrazione, entro il termine di novanta giorni dalla notificazione o, se anteriore, dalla comunicazione della presente sentenza, dovrà quindi formulare una proposta risarcitoria ai singoli ricorrenti, ai sensi dell’art. 34, comma 4, cod. proc. amm.

3. Le spese di lite seguono la soccombenza per legge e sono liquidate d’ufficio come in dispositivo in mancanza di nota spese.

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