TAR Napoli, sez. V, sentenza breve 2022-12-19, n. 202207919

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. V, sentenza breve 2022-12-19, n. 202207919
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202207919
Data del deposito : 19 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/12/2022

N. 07919/2022 REG.PROV.COLL.

N. 04276/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 4276 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Emanuele D'Alterio, Michele D'Alterio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, - Ufficio Territoriale del Governo Napoli, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz 11;

per la declaratoria di illegittimità del silenzio-inadempimento formatosi sull'istanza presentata dal ricorrente in data 14.6.22 di revoca del divieto di detenzione armi, munizioni e materiale esplodente di cui al decreto prot. N. 13307 del 16.1.19

nonché

per il conseguente accertamento dell'obbligo di provvedere.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno - Ufficio Territoriale del Governo Napoli -;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 novembre 2022 il dott. Fabio Maffei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


1.- Il ricorrente ha domandato all'intestato Tribunale di accertare l'illegittimità del silenzio serbato dalle amministrazioni resistenti sull'istanza presentata in data 14 giugno 2022 con cui era stato richiesto il riesame del decreto ex art. 39 T.U.L.P.S. emesso dal Prefetto di Napoli nell'anno 2019, con cui era stato disposto il divieto di detenzione di armi e munizioni e da cui era conseguita, in via derivata, la revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia di cui il ricorrente era titolare.

Quest'ultimo, essendo trascorsi tre anni dall'adozione del provvedimento ed essendo nelle more mutate le condizioni in forza delle quali era stato emesso il decreto prefettizio - tenuto conto che, con sentenza n. 579/2022, il Tribunale di Napoli Nord, previa riqualificazione del fatto ascrittogli, su cui era stata fondata dalla P.A. la misura interdittiva, nel delitto tentato di cui agli artt. 56 e 648 bis c.p., aveva condannato l’istante alla pena di anni uno di reclusione ed euro 1.200,00 di multa, con sospensione dell’esecuzione della pena -, aveva dunque domandato alla competente Prefettura di riesaminare il provvedimento ex art. 39 T.U.L.P.S., rappresentando la sopravvenuta carenza dei summenzionati presupposti ostativi. L'istanza, tuttavia, è rimasta inevasa.

L'Amministrazione si è costituita in giudizio con memoria di mero stile.

2.- Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

È noto che può configurarsi una situazione di silenzio-inadempimento dell'Amministrazione soltanto quando a monte sussista, in capo alla medesima, un obbligo giuridico di provvedere sull'istanza del privato. Tale obbligo non sorge, ordinariamente, per le istanze di riesame di atti sfavorevoli precedentemente emanati, data la natura ufficiosa e ampiamente discrezionale (anche nell’an) del potere di autotutela (vedi da ultimo TAR Sicilia - Catania, Sez. IV, 30 settembre 2020, n. 2353), rispetto al cui esercizio il privato potrebbe avanzare esclusivamente mere sollecitazioni, prive di valore giuridico cogente.

Nel caso di specie, tuttavia, possono formularsi considerazioni in parte differenti, alla luce delle sopravvenienze dedotte (riqualificazione in sede penale dell'unica vicenda pregiudizievole ascritta al ricorrente), del tempo trascorso dai fatti che avevano determinato l'adozione del diniego e della sua durata potenzialmente illimitata, in difformità al generale principio di temporaneità dei provvedimenti limitativi della sfera giuridica del destinatario.

Proprio a questo ultimo riguardo, il ricorrente ha in effetti plausibilmente sostenuto che a fronte di tali elementi, sopravvenuti rispetto al decreto prefettizio, la Prefettura avrebbe dovuto valutare l'istanza di riesame, avviando l'istruttoria e compiendo una nuova valutazione sulle ragioni originariamente ritenute ostative al mantenimento del titolo legittimante la detenzione delle armi. Evidenziando, ancora, come, sebbene l'art. 39 R.D. n. 773/1931 non stabilisca una durata del divieto in questione, il provvedimento inibitorio non possa avere una efficacia sine die, ponendosi diversamente in contrasto con i principi costituzionali, in relazione a quello di buon andamento dell'amministrazione pubblica (art. 97 Cost.) e ai correlati canoni di ragionevolezza e proporzionalità, non rispondendo ad alcun interesse pubblico la protrazione a tempo indeterminato del divieto qualora sia venuta meno l'attualità del giudizio di pericolosità espresso in passato.

Il Collegio, richiamando la giurisprudenza pronunciatasi su fattispecie del tutto analoghe (v. T.A.R. Campania, sez. V, 4 giugno 2020, n. 2210;
TAR Sicilia, sez. III, 4 febbraio 2020, n. 293), ritiene di dare un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 39 T.U.L.P.S. che contemperi i contrapposti interessi, secondo i principi di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e buon andamento della Pubblica Amministrazione (art. 97 Cost.), cui è corollario il principio di proporzionalità dell'azione pubblica.

Nel rispetto del dettato normativo della disposizione, configurante una misura preventiva sine die, può riconoscersi al destinatario l'interesse giuridicamente protetto ad ottenere dall'Amministrazione un riesame della propria posizione, quando sia rappresentato un mutamento sostanziale delle circostanze valorizzate nel provvedimento e sia trascorso un ragionevole lasso di tempo dallo stesso.

Entrambi questi presupposti si riscontrano nel caso di specie, essendo trascorsi tre anni dal provvedimento e avendo il ricorrente allegato l'elemento sopravvenuto che, nella sua non insignificante incidenza, appare astrattamente in grado di condizionare la revisione della precedente determinazione sfavorevole.

A fronte della diversa qualificazione giuridica della vicenda storica che aveva contributo a fondare il giudizio di inaffidabilità dell'istante e tenendo conto degli ulteriori elementi caratterizzanti in concreto la vicenda nel suo complesso - quali l'occasionalità del fatto, la sua risalenza nel tempo, la mancanza di circostanze sopravvenute nel corso degli anni idonee a palesare una qualche reiterazione di comportamenti espressivi di inaffidabilità -, ricorreva l'obbligo dell'amministrazione di riscontrare l'istanza di riesame, considerando tutti gli elementi, originari o sopravvenuti, anche diversi da quelli posti a base del pregresso provvedimento di diniego, che avrebbero potuto concorrere alla rivalutazione, in senso favorevole o meno, della condizione del richiedente ai fini della prognosi complessiva di affidabilità rispetto alla detenzione di armi (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 19 novembre 2019, n. 7901).

Ed invero il comportamento inerte tenuto dall'Amministrazione resistente, a fronte dell'istanza del privato, alla luce degli esaminati presupposti, si pone in contrasto con il disposto contenuto nell'art. 2 legge 241/90, nella parte in cui impone alle P.A. il dovere di concludere il procedimento amministrativo mediante l'adozione di un provvedimento espresso, in virtù delle "ragioni di giustizia e di equità" nonché in connessione "al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica" (Consiglio di Stato, sez. IV, sent. n. 2468 del 27.04.2012).

Nello specifico il ricorso è dunque meritevole di accoglimento, dovendosi riconoscere in capo al destinatario un interesse giuridicamente protetto diretto ad ottenere, dopo il decorso di un termine ragionevole ed in presenza delle predette positive sopravvenienze, che in tesi avrebbero mutato il quadro giuridico posto a base della pregressa valutazione di assenza della necessaria affidabilità, un aggiornamento della propria posizione, per cui l'Amministrazione è chiamata a concludere il procedimento attivato con l'istanza di revisione mediante un provvedimento espresso e adeguatamente motivato quanto all'eventuale giudizio sulla perdurante pericolosità sociale, con conseguente ordine all'Amministrazione intimata di provvedere in tal senso (cfr., in tal senso, la sentenza di questa Sezione 16/01/2020 n. 208).

A tal riguardo il Collegio evidenzia peraltro come l'art. 2, comma 1, l. 241/90 preveda che "Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo".

La circostanza che l'amministrazione possa concludere il procedimento mediante provvedimento semplificato ai sensi dell'art. 2, comma 1, l. 241/90 rende ancora più cogente l'obbligo di conclusione mediante provvedimento espresso dei procedimenti atteso che, anche nei casi di manifesta non spettanza della pretesa, l'amministrazione deve esprimersi, sia pure in forma semplificata (T.A.R. Liguria, sez. I, 27 marzo 2021 n. 265).

Il ricorso va pertanto accolto e per l'effetto va dichiarato l'obbligo del Ministero dell’Interno -U.T.G. Prefettura di Napoli di concludere il procedimento avviato su domanda della ricorrente con l'istanza predetta, entro 30 (trenta) giorni dalla comunicazione o notificazione a cura della parte ricorrente della presente decisione.

In caso di persistente inadempienza nel termine suindicato, si nomina quale Commissario ad acta il Dirigente individuato dal Capo del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell'Interno che vi provvederà, in luogo e a spese della intimata amministrazione, nell'ulteriore termine di 30 (trenta) giorni dalla comunicazione del perdurare dell'inadempimento (comunicazione da eseguirsi a cura della parte ricorrente), ed in favore del quale, con separato provvedimento, verrà corrisposto un compenso in relazione all'attività svolta e alle spese sostenute.

Va peraltro disposta la trasmissione della presente pronuncia alla Corte dei Conti - Procura Regionale presso la Sezione Giurisdizionale per la Regione Campania - Napoli, ai sensi dell'art. 2 comma 8 l. 241/1990, al passaggio in giudicato della presente sentenza.

3.- Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

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